Meridio

di Wendigo
(/viewuser.php?uid=123217)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Se avesse dovuto scegliere cosa non sopportasse degli antichi dei, Eos avrebbe immediatamente optato per la loro strana mania di intrufolarsi nei sogni dei comuni mortali.
Eos ne era consapevole che gli antichi dei non lo facessero per puro e semplice divertimento, ma per ammonire la gente contro futuri pericoli e per consigliarla contro le difficoltà della vita quotidiana. 
Eppure una parte di sé non riusciva proprio ad accettare questa evidente violazione di spazio personale, forse l’ultimo rimasto in mano agli uomini, da parte degli dei.
Dopotutto pareva strano agli occhi di Eos che, nonostante gli dei disponessero di immensi poteri, questi non avessero davvero alcun altro modo per mettersi in contatto con i mortali.
“Forse è tutta una scusa”, disse una voce dentro di sé.
“Può anche darsi", ribatté convinto Eos, "ma, anche se fosse, che mi lamento a fare?”, si chiese subito dopo. 
In fin dei conti, era del tutto inutile porsi quei dubbi: come uomo, e non in veste di dio, aveva e avrebbe avuto sempre poca voce sull'argomento. 
Sarebbe stato meglio per lui se avesse accettato il prima possibile questa ingiusta realtà, o anche dimenticarsela se ci fosse riuscito. 
“Ti arrendi ancor prima di combattere?”, disse nuovamente quella voce, “Davvero desideri lasciare che gli dei possano fare questo ed oltre agli umani?”.
“Chi parla!?”, urlò in risposta Eos, ormai conscio che non era solo in quella stanza.
“Un amico”, ridacchiò la voce, “o un nemico: dipende tutto da te”.
“Un dio”, sentenziò Eos con rabbia.
In un primo momento la voce non ribatté, a tal punto che Eos credé se ne fosse andata, ma poi ella tuonò con forza per tutta la stanza. “NON PARAGONARMI A LORO!”
Eos cominciò seriamente a temere quella presenza. “Cosa sei allora?”.
Un velo di nebbia cominciò lentamente a concentrarsi in un unico punto davanti a lui, fino ad assumere una forma vagamente simile a quella umana.  
“Come puoi vedere, giovane figlio di Erun, sono un umile fantasma”, il volto, coperto da uno spesso cappuccio, si mosse in direzione di Eos, “e, come te, odio gli dei”.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3002404