09.
Il
fresco del locale aveva impedito almeno la misera figura di grondare
come un tappetto lavato e steso al sole, tesa come un fuscello appena
piegata sul dondolio di una seduta instabile. Il ticchettio di un
orologio da muro risuonava nella sala di attesa quasi con la stessa
velocità con la quale sbattevano le sue palpebre, incredule
del
lungo tempo trascorso quella mattina fuori casa. Aveva distribuito
curriculum completi e perfettamente ricontrollati a più di
una
compagnia di giornali, studi televisivi, reporter, fotografi e per
ultimo ad alcuni vecchi conoscenti che avrebbero potuto aiutarla a
reinserirsi nella società di un'affollatissima Huntigton
Beach. Le
strade brulicavano di turisti da mesi, il suo splendore era rinsavito
di nuova energia e la litorale era la zona più trafficata
che avesse
mai visto negli ultimi dieci anni. Le mancava addirittura il fiato,
nelle sue strade ci avrebbe lasciato le penne un giorno di questi
oppure sarebbe rimasta inghiottita dalla folla inferocita che
ingombrava le strade facendola scomparire nel nulla fra uno spintone
e l'altro. Ad un ultimo sospiro catturò in sè
tutta la buona
volontà, e all'ennesimo ticchettio si accorse che il rumore
frequente non erano altro che i tacchetti bassi delle scarpe della
segretaria dello studio di registrazione che le porse una nuova busta
di congedo con un flebile sorriso ed una stilettata in petto.
-Grazie
per l'appuntamento, le faremo sapere. - Sperò di scomprarire
fra il
grande vetro specchiato delle lenti che mascheravano maestosamente le
occhiaia, e meno di un minuto dopo era già in strada,
esausta e con
una buona dose di groppi in gola che le bloccavano il respiro. Lo
stivaletto basso in cuoio balenò lungo le strade con passo
spedito;
rifugiarsi in casa era l'unica prospettiva che vedeva possibile in
quelle ultime ore di forsennate corse. Forse Jillian non lo sapeva o
non voleva immaginarlo minimamente come avrebbe compromesso un altro
mese senza lavoro, senza soldi e senza neanche viveri indispensabili.
Al diavolo la tv via cavo, la birra e i piccoli lussi, qui si
trattava di non poter acquistare neanche il pranzo completo per la
giornata. E cosa avrebbe fatto? Chiesto un altro prestito ai suoi
come il mese scorso? Neanche morta. Non se ne era andata di casa per
campare anche da lontano sulle spalle dei suoi vecchi.
Aveva
probabilmente messo a soqquadro la casa in poche ore; Jillian
inorridì e si sporse lungo il disordine, scavò
fra le montagne di
abiti e di oggetti incrastrati a più angoli della casa
trattenendo
il fiato fino a scoppiare. La lampadina da muro ancora nuda di
qualsiasi lampadario da abbellimento ebbe un sussulto e per un
secondo rimase al buio con le iridi sbarrate lungo l'altro lato della
stanza ancora in cerca. Erano spariti. Erano spariti tutti! I
risparmi del mese che aveva trattenuto in previsione dell'affitto
erano stati sottratti e per di più tutta la stanza era un
disastro,
sicuramente più del resto della casa che mostrava solo
qualche
spostamento volontario. Le sue mani scivolarono fra la chioma con
disperata forza, portandoli indietro come una richiesta di aria e di
oppressione che le stava scavando il petto tenacemente, tanto che
crollò al pavimento come senza forze e senza voce per
gridare.
L'aveva
derubata, ancora una volta. Era stata così accecata dalle
faccende e
dalla richiesta di Brian di vedersi che non si era ancora resa conto
che anche LUI mancava da tutta la mattina. Aveva usato quei soldi per
fare cosa? Jillian alzò lo sguardo all'orologio da parete
che stava
lì ad indicare le 10 pm in un ticchettio monotono che
riempiva il
vuoto drastico della stanza e delle pareti della sua testa. Avrebbe
voluto stendersi a terra e piangere, piangere, piangere
finché non
si sarebbe dissolta nel nulla. Ma neanche una lacrima le
uscì.
Jillian
sentì la spigolosità del tappeto premerle la
faccia, con le labbra
schiuse in una curva acida e gli angoli lucidi degli occhi che si
impiantarono in un punto qualsiasi del pavimento senza distinsioni.
Il telefono della casa stava probabilmente suonando da qualche
minuto, era continuo l'eco che partiva dalla bocca del corridoio e
solo quando udì alzò gli occhi, ad ascoltare la
segreteria.
-Altri
tre messaggi registrati in segreteria.-
Aveva
atteso lì fino a sera inoltrata, in quella posizione le si
erano
addirittura indolenzite le gambe, quasi non le sentiva, aveva come
l'impressione che non avrebbero retto il peso del suo corpo. Ora di
certo no, più che per il suo corpo spento, per la sua
mancata
voglia di non voler muovere neanche un muscolo, preferendo ancora un
attimo di quel silenzio al rumore che avrebbe seguito. Le tendine
basse richiamavano solo spettrali fasci di luce argentea, i fanali
delle auto sfrecciavano da una parete all'altra fulminei, ruzzolavano
lungo le curve del corpo, morivano dalla parte opposta alla finestra
poi di nuovo nulla. Un sospiro si fece spazio fra la bocca, un
battito di ciglia ravvivò l'occhio verde smeraldo poi si
avvertì un
leggero tremolio. Tese una mano contro la parete e con il palmo ben
impiantato al muro si alzò aiutandosi fino ad abbandonarsi
contro
sfinita. Aveva una leggera esitazione ad allontanarsi, giusto il
tempo che ci volle per riuscire a tornare al completo arbitrio del
proprio corpo.
L'attenzione
venne catturata dalla radio che si avvicinava a gran voce balzando
nel silenzio della notte, fino all'entrata del vialetto, poi il
rumore degli pneumatici che viaggiavano in un angolo di lato alla
casa colmo di ciottoli. Jillian avvertì i passi sul granito,
la
suola delle scarpe che crepitava sugli scalini, una breve pausa, una
sbandatina, poi il tintinnio delle chiavi fuori la porta d'ingresso.
Jillian sembrava aver aspettato fior fior di minuti in quei pochi
gesti, eppure era solo un secondo e la porta si aprì, la
luce del
faretto esterno balenò nella stanza buia e si
accerchiò proprio
davanti la sua figura dritta nel bel mezzo della stanza.
Avvertì un
breve sussultare sul viso di Mark, preso alla sprovvista,
suggestionato dal suo sguardo immobile e profondo. Lanciò
via il
mazzo di chiavi ascoltando il cozzare con il portagioie sul tavolo,
poi si sfilò la giacca, si aiutò grazie al denti
e gettando via
anche quella alzò di nuovo lo sguardo ad assicurarsi che
stesse
smettendo di fissarlo.
-Che
te ne stai a fare lì a fissarmi? - La cerchia limpida degli
occhi lo
seguiva con calma feroce, tanto che dalla bocca sembrava tremare in
modo inconfondibile. Era come se la mente stesse proiettando quella
immagine, non era del tutto sicura di non stare sognando. Mark si
avvicinò all'angolo del frigo e si sentì lo
stappo della lattina di
birra. La stanza era così silenziosa che il deglutire si
sentiva
ampiamente, così come il colpo di tosse che lo
colpì con violenza.
Si asciugò la bocca poi con il suo aspetto malandato
cominciava ad
avvicinarsi vorticosamente verso di lei, cercando di ignorala per
quanto potesse, per quanto fosse possibile ignorare tanto veleno
presente in quelle iridi.
-Smetti
di fare la bella statuina. - Quando le fu così vicino da
parargli la
strada sentì il suo tocco sulla spalla mentre con uno
spintone cercò
di passare; era adesso certa della sua presenza, non era frutto della
sua immaginazione, era lì nella sua rivoltante presenza a
prendersi
gioco di lei dopo una notte passata fuori chissà dove,
sempre in
condizione più pietose e ributtanti. La donna venne smossa
con
noncuranza e deglutendo avvertì vorticare nella sua testa la
grande
e incontrollabile voglia di gridare, ma tutto quello che
riuscì a
fare era continuare a puntare i suoi occhi su di lui, mentre entrava
in stanza e cominciava a spogliarsi. Sul suo collo longilieo si
gonfiò una vena di rabbia, i suoi pugni si strinsero
così tanto che
le nocche sbiancarono. Non seppe bene quanto tempo stette
lì, a
ringhiare, a cercare di rendere nitida la vista.
-D-dove
.. - Mark tese le orecchie al suono della sua voce roca, si
voltò
con un espressione quasi derisoria corrucciando le sopracciglia.
-Dove,
cosa? - chiese con la sicurezza di un ubriacone.
-..d-dove
s-ei stato? - la dentatura si sporse mentre il braccio si
drizzò ad
indicare la porta, allontanandosi appena dal muro con una banale
spinta. Mark si guardò intorno, mollò lo sguardo
sul disordine,
osservò meglio quel viso spaesato e rosso in viso, la voce
tremante
di rabbia, il passo che si avvicinava con una imprecisa frequenza.
-Vai
a farti una dormita e..-
-Una
dormita? UNA DORMITA? - il passo si spedì verso di lui e si
avvinghiò con tutta la forza del suo corpo al colletto della
camicia.
-DOVE
CAZZO SEI STATO, FIGLIO DI PUTTANA? Io voglio sapere dove cazzo sono
i miei fottuti soldi! - lo strattonò così forte
che perse un attimo
di stabilità, Jillian lo trattenne a sè, i corpi
cozzarono e si
avvinghiarono in un gesto tutt'altro che armonioso. La sponda del
letto ostacolò la coscia e pur di tenersi in piedi Mark
indietreggiò
di lato, scontrando le scapole al muro agguantando successimante le
mani di lei strette al collo.
-Ma
che cazzo fai? - esclamò con voce rotta, mentre cercava di
liberarsi
della presa.
-Ti
sei bevuta in cervello, cazzo! - Le ci volle un grande sforzo per
tenerlo fermo ancora qualche secondo prima di soccombere.
-IO
TI AMMAZZO STRON..- Con un gesto secco la costrinse a cedere la presa
e l'afferrò per il bacino spintonandola.
-Sta
ferma, maledetta! - Il ringhio della sua voce fu così
sottile mentre
le sfiorava le orecchie, tanto che gemette dal dolore stretta nella
presa delle sue braccia contro il corpo.
-Lasciami!
- Fu accontentata spingendola contro la parete opposta,
inciampò sul
disordine poi si voltò di scatto.
-Ne
vuoi ancora? - La derise. Fu così svelta che gli fu contro
in un
attimo. Mark perse il controllo: l'alcool ancora gli vorticava nello
stomaco e la testa perse di lucidità. La donna gli fu
addosso, gli
diede una serie di pugni in faccia più forte che
potè, così forte
che le nocche cominciarono a dolorarle col forte impatto degli zigomi
spigolosi. Un rivolo di sangue scivolò da una fessura
sottilissima
della bocca, prima di accorgersi che le forti braccia l'avevano
afferrata e adesso stavano tornando a spingerla per liberarsi.
Jillian cercò di fare contropressione ma la forza era troppa
ed il
suo corpo ancora debole. Mark l'afferrò per i capelli,
l'istinto di
farlo smettere fu forte che si portò le mani alla testa
dandogli la
possibilità di soprastarla e capovolgere le posizioni.
-Vuoi
provare anche tu, eh? - Urla forte. Un pugno enorme si chiuse davanti
i suoi occhi sbarrati prendendo la carica.
-Cazzo,
io ti frantumo il cranio con questo. Hai idea di quello che potrei
fare alla tua splendida faccia? - quando le sorrise i denti assunsero
un colore cinabro, Jillian strinse la mascella e si
divincolò più
che poté calciando contro la sua schiena.
-Hai
voglia di giocare alla lotta? - Le rifilò uno schiaffo in
viso che
la voce le tremò.
-VAFFANCULO!
- batté contro il petto quasi scoperto dai bottoni saltati
della
camicia, che strinse per spingerlo via più che
poté.
-Ti
do un vantaggio allora.. - si tirò via e lei poté
svincolare, si
portò una mano alla faccia poi si voltò per
tenerlo d'occhio con
quei suoi occhi pazzi.
-Vuoi
venire qui? -
-Dammi
i miei soldi! -
-Non
li ho i tuoi soldi. -
-Sì,
che li hai cazzo! Voglio quei fottuti soldi! - Mark si posò
il palmo
della mano alla fronte come a cercare di far passare un gran mal di
testa.
-Smettila
di gridare, principessa. - Jillian sentì una forte stretta
in petto
e le lacrime scenderle lungo le curve delle guance.
-Va
all'inferno! - Fece degli altri passi e gli corse contro, i pugni
chiusi lo colpirono lungo tutto il petto, lo costrinsero ad
indietreggiare, gli fecero perdere l'equilibro e la presa contro il
muro. Gli era salito in groppa e aveva preso quasi a strangolarlo;
aveva la testa così annebbiata di rabbia che non sentiva
dolore e
non sentiva pentimento. In quel momento al solo pensare al fatto che
non aveva di che vivere le bastava e le avanzava. Quasi rideva mentre
si dimenava contro di lui, eppure lei stava scaricando contro tutta
la sua rabbia. Come faceva a non essere abbastanza? Non sarebbe
arrivata da nessuna parte così. Eppure lui si
chinò appena per il
dolore, un colpo forte al costato, adesso ringhiava per l'impatto
contro il viso. La spintonò con forza gettandosi contro il
muro
facendola cozzare violentemente e pur di non rovinarsi a terra
afferrò institivamente la lampada da comodino, che si
sradicò.
Stavolta aveva subito un forte colpo alla testa, si stava
massaggiando prima di rimettersi in piedi, ma Jillian non
riuscì
subito.
-Vieni
qua..-
-TIENITI
LONTANO. - Prese a minacciarlo armeggiando l'oggetto, ma
l'afferrò e
con determinazione la tenne in piedi rispetto al suo sguardo.
-Stai
facendo un gioco troppo pericoloso.-
-Lasciami
andare Mark, vattene da quella porta e non tornare più. - le
aveva
stretto forte gli angoli della bocca, tanto che parlare le risultava
difficile. Lui la guardava affascinato, con quei suoi grandi occhi di
ghiacchio. La stavano squadrando, e la sua voce era così
sottile e
profonda da farla rabbrividire, prima che scaraventasse un pugno al
muro con violenza. Jillian si ritirò terrorizzata, colta
alla
sprovvista.
-PER
PERMETTERE A QUEL SUDICIO DI HANER DI APPROFITTARE DI TE? Ma pensi
davvero che io abbia gli occhi al posto del culo? Quel gran pezzo di
merda si sta riprendendo gioco di te come ha fatto anni fa. -
-Questo
non è un problema tuo. - l'afferrò per il bavero
e con una spinta
la ribattè alla parete.
-Devi
stargli lontano! - Jillian gemette e si accasciò fra le
braccia. -Se
ti ci vedo insieme vi investo con l'auto, giuro che vi ammazzo
entrambi se avete tutta questa voglia di fottervi. Ma non
finché ci
sarò io! Mi hai sentito bene, eh? Hai sentito piccola Jill?
-
Jillian annuì, le palpebre molli succubi di vibrazioni a
causa delle
ripercussioni, la bocca aveva perso qualche rivolo di sangue che
adesso aveva coaugulato in un nero profondo; non c'era più
nulla da
fare, non avrebbe recuperato i soldi sufficienti per ripagare i suoi
debiti e senza un lavoro non avrebbe potuto sperare di farlo in
futuro.
Chiuse
gli occhi mentre vedeva la figura di Mark continuare a dimenarsi
contro di lei, ma non sentiva più nulla, solo una gran
sensazione di
gelo, una vista annebbiata che si sforzava di non perdere.
Cercò di
fargli mollare la presa con qualche lamento, ma quella al suo collo
era così forte che le fece mancare in respiro.
A
distanza di mesi ho riproposto un nuovo capitolo, ma nonostante abbia
bene in mente l'andazzo della storia ho avuto diverso filo da torcere
nella stesura .. spero di ripartire con regolarità e che sia
stata
una buona lettura! :)
Oggi
vi invito all'ascolto di "Buried Alive".
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