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Autore: Sux Fans    01/02/2015    1 recensioni
[...]Jillian tirò giù le maniche della felpa e Brian rivide in lei gli stessi gesti di anni prima. Non era una sconosciuta, non era una donna diversa da quella che abitava i suoi ricordi.
-No.. ma io voglio sapere perché. - Brian s'interruppe per un attimo. -Vuoi saperlo? - lei annuì. -Jillian è tornata ad Huntington.-
-Non ti permetterò di trattarla così mai più, semmai succedesse ti ammazzerei con le mie stesse mani. Mark, ti giuro, cazzo, che ti ammazzo..- [...]
Jillian ritorna otto anni dopo al suo paese d'origine e poco è il tempo che impedisce ai suoi vecchi amici di liceo, Brian e gli altri di riunirsi di nuovo nonostante ora non siano più dei ragazzini, ma piuttosto degli adulti con un traguardo lavorativo già raggiunto e vite già avviate. Solo gli amori di un tempo appassiti sembrano essere tornati a punzecchiare qualche nervo scoperto ma anche troppi anni sembrano separare quelle che sarebbero potute essere le facili scelte adesso intrappolate solo in qualche ricordo. Purtroppo non saranno solo questi tormenti astratti il vero problema, ma più concreti legami a frenare i desideri.
Tema dedicato in modo leggero alla violenza sulle donne. 25 Novembre
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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09.


Il fresco del locale aveva impedito almeno la misera figura di grondare come un tappetto lavato e steso al sole, tesa come un fuscello appena piegata sul dondolio di una seduta instabile. Il ticchettio di un orologio da muro risuonava nella sala di attesa quasi con la stessa velocità con la quale sbattevano le sue palpebre, incredule del lungo tempo trascorso quella mattina fuori casa. Aveva distribuito curriculum completi e perfettamente ricontrollati a più di una compagnia di giornali, studi televisivi, reporter, fotografi e per ultimo ad alcuni vecchi conoscenti che avrebbero potuto aiutarla a reinserirsi nella società di un'affollatissima Huntigton Beach. Le strade brulicavano di turisti da mesi, il suo splendore era rinsavito di nuova energia e la litorale era la zona più trafficata che avesse mai visto negli ultimi dieci anni. Le mancava addirittura il fiato, nelle sue strade ci avrebbe lasciato le penne un giorno di questi oppure sarebbe rimasta inghiottita dalla folla inferocita che ingombrava le strade facendola scomparire nel nulla fra uno spintone e l'altro. Ad un ultimo sospiro catturò in sè tutta la buona volontà, e all'ennesimo ticchettio si accorse che il rumore frequente non erano altro che i tacchetti bassi delle scarpe della segretaria dello studio di registrazione che le porse una nuova busta di congedo con un flebile sorriso ed una stilettata in petto.

-Grazie per l'appuntamento, le faremo sapere. - Sperò di scomprarire fra il grande vetro specchiato delle lenti che mascheravano maestosamente le occhiaia, e meno di un minuto dopo era già in strada, esausta e con una buona dose di groppi in gola che le bloccavano il respiro. Lo stivaletto basso in cuoio balenò lungo le strade con passo spedito; rifugiarsi in casa era l'unica prospettiva che vedeva possibile in quelle ultime ore di forsennate corse. Forse Jillian non lo sapeva o non voleva immaginarlo minimamente come avrebbe compromesso un altro mese senza lavoro, senza soldi e senza neanche viveri indispensabili. Al diavolo la tv via cavo, la birra e i piccoli lussi, qui si trattava di non poter acquistare neanche il pranzo completo per la giornata. E cosa avrebbe fatto? Chiesto un altro prestito ai suoi come il mese scorso? Neanche morta. Non se ne era andata di casa per campare anche da lontano sulle spalle dei suoi vecchi.




Aveva probabilmente messo a soqquadro la casa in poche ore; Jillian inorridì e si sporse lungo il disordine, scavò fra le montagne di abiti e di oggetti incrastrati a più angoli della casa trattenendo il fiato fino a scoppiare. La lampadina da muro ancora nuda di qualsiasi lampadario da abbellimento ebbe un sussulto e per un secondo rimase al buio con le iridi sbarrate lungo l'altro lato della stanza ancora in cerca. Erano spariti. Erano spariti tutti! I risparmi del mese che aveva trattenuto in previsione dell'affitto erano stati sottratti e per di più tutta la stanza era un disastro, sicuramente più del resto della casa che mostrava solo qualche spostamento volontario. Le sue mani scivolarono fra la chioma con disperata forza, portandoli indietro come una richiesta di aria e di oppressione che le stava scavando il petto tenacemente, tanto che crollò al pavimento come senza forze e senza voce per gridare.

L'aveva derubata, ancora una volta. Era stata così accecata dalle faccende e dalla richiesta di Brian di vedersi che non si era ancora resa conto che anche LUI mancava da tutta la mattina. Aveva usato quei soldi per fare cosa? Jillian alzò lo sguardo all'orologio da parete che stava lì ad indicare le 10 pm in un ticchettio monotono che riempiva il vuoto drastico della stanza e delle pareti della sua testa. Avrebbe voluto stendersi a terra e piangere, piangere, piangere finché non si sarebbe dissolta nel nulla. Ma neanche una lacrima le uscì.

Jillian sentì la spigolosità del tappeto premerle la faccia, con le labbra schiuse in una curva acida e gli angoli lucidi degli occhi che si impiantarono in un punto qualsiasi del pavimento senza distinsioni. Il telefono della casa stava probabilmente suonando da qualche minuto, era continuo l'eco che partiva dalla bocca del corridoio e solo quando udì alzò gli occhi, ad ascoltare la segreteria.

-Altri tre messaggi registrati in segreteria.-

Aveva atteso lì fino a sera inoltrata, in quella posizione le si erano addirittura indolenzite le gambe, quasi non le sentiva, aveva come l'impressione che non avrebbero retto il peso del suo corpo. Ora di certo no, più che per il suo corpo spento, per la sua mancata voglia di non voler muovere neanche un muscolo, preferendo ancora un attimo di quel silenzio al rumore che avrebbe seguito. Le tendine basse richiamavano solo spettrali fasci di luce argentea, i fanali delle auto sfrecciavano da una parete all'altra fulminei, ruzzolavano lungo le curve del corpo, morivano dalla parte opposta alla finestra poi di nuovo nulla. Un sospiro si fece spazio fra la bocca, un battito di ciglia ravvivò l'occhio verde smeraldo poi si avvertì un leggero tremolio. Tese una mano contro la parete e con il palmo ben impiantato al muro si alzò aiutandosi fino ad abbandonarsi contro sfinita. Aveva una leggera esitazione ad allontanarsi, giusto il tempo che ci volle per riuscire a tornare al completo arbitrio del proprio corpo.

L'attenzione venne catturata dalla radio che si avvicinava a gran voce balzando nel silenzio della notte, fino all'entrata del vialetto, poi il rumore degli pneumatici che viaggiavano in un angolo di lato alla casa colmo di ciottoli. Jillian avvertì i passi sul granito, la suola delle scarpe che crepitava sugli scalini, una breve pausa, una sbandatina, poi il tintinnio delle chiavi fuori la porta d'ingresso. Jillian sembrava aver aspettato fior fior di minuti in quei pochi gesti, eppure era solo un secondo e la porta si aprì, la luce del faretto esterno balenò nella stanza buia e si accerchiò proprio davanti la sua figura dritta nel bel mezzo della stanza. Avvertì un breve sussultare sul viso di Mark, preso alla sprovvista, suggestionato dal suo sguardo immobile e profondo. Lanciò via il mazzo di chiavi ascoltando il cozzare con il portagioie sul tavolo, poi si sfilò la giacca, si aiutò grazie al denti e gettando via anche quella alzò di nuovo lo sguardo ad assicurarsi che stesse smettendo di fissarlo.

-Che te ne stai a fare lì a fissarmi? - La cerchia limpida degli occhi lo seguiva con calma feroce, tanto che dalla bocca sembrava tremare in modo inconfondibile. Era come se la mente stesse proiettando quella immagine, non era del tutto sicura di non stare sognando. Mark si avvicinò all'angolo del frigo e si sentì lo stappo della lattina di birra. La stanza era così silenziosa che il deglutire si sentiva ampiamente, così come il colpo di tosse che lo colpì con violenza. Si asciugò la bocca poi con il suo aspetto malandato cominciava ad avvicinarsi vorticosamente verso di lei, cercando di ignorala per quanto potesse, per quanto fosse possibile ignorare tanto veleno presente in quelle iridi.

-Smetti di fare la bella statuina. - Quando le fu così vicino da parargli la strada sentì il suo tocco sulla spalla mentre con uno spintone cercò di passare; era adesso certa della sua presenza, non era frutto della sua immaginazione, era lì nella sua rivoltante presenza a prendersi gioco di lei dopo una notte passata fuori chissà dove, sempre in condizione più pietose e ributtanti. La donna venne smossa con noncuranza e deglutendo avvertì vorticare nella sua testa la grande e incontrollabile voglia di gridare, ma tutto quello che riuscì a fare era continuare a puntare i suoi occhi su di lui, mentre entrava in stanza e cominciava a spogliarsi. Sul suo collo longilieo si gonfiò una vena di rabbia, i suoi pugni si strinsero così tanto che le nocche sbiancarono. Non seppe bene quanto tempo stette lì, a ringhiare, a cercare di rendere nitida la vista.

-D-dove .. - Mark tese le orecchie al suono della sua voce roca, si voltò con un espressione quasi derisoria corrucciando le sopracciglia.

-Dove, cosa? - chiese con la sicurezza di un ubriacone.

-..d-dove s-ei stato? - la dentatura si sporse mentre il braccio si drizzò ad indicare la porta, allontanandosi appena dal muro con una banale spinta. Mark si guardò intorno, mollò lo sguardo sul disordine, osservò meglio quel viso spaesato e rosso in viso, la voce tremante di rabbia, il passo che si avvicinava con una imprecisa frequenza.

-Vai a farti una dormita e..-

-Una dormita? UNA DORMITA? - il passo si spedì verso di lui e si avvinghiò con tutta la forza del suo corpo al colletto della camicia.

-DOVE CAZZO SEI STATO, FIGLIO DI PUTTANA? Io voglio sapere dove cazzo sono i miei fottuti soldi! - lo strattonò così forte che perse un attimo di stabilità, Jillian lo trattenne a sè, i corpi cozzarono e si avvinghiarono in un gesto tutt'altro che armonioso. La sponda del letto ostacolò la coscia e pur di tenersi in piedi Mark indietreggiò di lato, scontrando le scapole al muro agguantando successimante le mani di lei strette al collo.

-Ma che cazzo fai? - esclamò con voce rotta, mentre cercava di liberarsi della presa.

-Ti sei bevuta in cervello, cazzo! - Le ci volle un grande sforzo per tenerlo fermo ancora qualche secondo prima di soccombere.

-IO TI AMMAZZO STRON..- Con un gesto secco la costrinse a cedere la presa e l'afferrò per il bacino spintonandola.

-Sta ferma, maledetta! - Il ringhio della sua voce fu così sottile mentre le sfiorava le orecchie, tanto che gemette dal dolore stretta nella presa delle sue braccia contro il corpo.

-Lasciami! - Fu accontentata spingendola contro la parete opposta, inciampò sul disordine poi si voltò di scatto.

-Ne vuoi ancora? - La derise. Fu così svelta che gli fu contro in un attimo. Mark perse il controllo: l'alcool ancora gli vorticava nello stomaco e la testa perse di lucidità. La donna gli fu addosso, gli diede una serie di pugni in faccia più forte che potè, così forte che le nocche cominciarono a dolorarle col forte impatto degli zigomi spigolosi. Un rivolo di sangue scivolò da una fessura sottilissima della bocca, prima di accorgersi che le forti braccia l'avevano afferrata e adesso stavano tornando a spingerla per liberarsi. Jillian cercò di fare contropressione ma la forza era troppa ed il suo corpo ancora debole. Mark l'afferrò per i capelli, l'istinto di farlo smettere fu forte che si portò le mani alla testa dandogli la possibilità di soprastarla e capovolgere le posizioni.

-Vuoi provare anche tu, eh? - Urla forte. Un pugno enorme si chiuse davanti i suoi occhi sbarrati prendendo la carica.

-Cazzo, io ti frantumo il cranio con questo. Hai idea di quello che potrei fare alla tua splendida faccia? - quando le sorrise i denti assunsero un colore cinabro, Jillian strinse la mascella e si divincolò più che poté calciando contro la sua schiena.

-Hai voglia di giocare alla lotta? - Le rifilò uno schiaffo in viso che la voce le tremò.

-VAFFANCULO! - batté contro il petto quasi scoperto dai bottoni saltati della camicia, che strinse per spingerlo via più che poté.

-Ti do un vantaggio allora.. - si tirò via e lei poté svincolare, si portò una mano alla faccia poi si voltò per tenerlo d'occhio con quei suoi occhi pazzi.

-Vuoi venire qui? -

-Dammi i miei soldi! -

-Non li ho i tuoi soldi. -

-Sì, che li hai cazzo! Voglio quei fottuti soldi! - Mark si posò il palmo della mano alla fronte come a cercare di far passare un gran mal di testa.

-Smettila di gridare, principessa. - Jillian sentì una forte stretta in petto e le lacrime scenderle lungo le curve delle guance.

-Va all'inferno! - Fece degli altri passi e gli corse contro, i pugni chiusi lo colpirono lungo tutto il petto, lo costrinsero ad indietreggiare, gli fecero perdere l'equilibro e la presa contro il muro. Gli era salito in groppa e aveva preso quasi a strangolarlo; aveva la testa così annebbiata di rabbia che non sentiva dolore e non sentiva pentimento. In quel momento al solo pensare al fatto che non aveva di che vivere le bastava e le avanzava. Quasi rideva mentre si dimenava contro di lui, eppure lei stava scaricando contro tutta la sua rabbia. Come faceva a non essere abbastanza? Non sarebbe arrivata da nessuna parte così. Eppure lui si chinò appena per il dolore, un colpo forte al costato, adesso ringhiava per l'impatto contro il viso. La spintonò con forza gettandosi contro il muro facendola cozzare violentemente e pur di non rovinarsi a terra afferrò institivamente la lampada da comodino, che si sradicò. Stavolta aveva subito un forte colpo alla testa, si stava massaggiando prima di rimettersi in piedi, ma Jillian non riuscì subito.

-Vieni qua..-

-TIENITI LONTANO. - Prese a minacciarlo armeggiando l'oggetto, ma l'afferrò e con determinazione la tenne in piedi rispetto al suo sguardo.

-Stai facendo un gioco troppo pericoloso.-

-Lasciami andare Mark, vattene da quella porta e non tornare più. - le aveva stretto forte gli angoli della bocca, tanto che parlare le risultava difficile. Lui la guardava affascinato, con quei suoi grandi occhi di ghiacchio. La stavano squadrando, e la sua voce era così sottile e profonda da farla rabbrividire, prima che scaraventasse un pugno al muro con violenza. Jillian si ritirò terrorizzata, colta alla sprovvista.

-PER PERMETTERE A QUEL SUDICIO DI HANER DI APPROFITTARE DI TE? Ma pensi davvero che io abbia gli occhi al posto del culo? Quel gran pezzo di merda si sta riprendendo gioco di te come ha fatto anni fa. -

-Questo non è un problema tuo. - l'afferrò per il bavero e con una spinta la ribattè alla parete.

-Devi stargli lontano! - Jillian gemette e si accasciò fra le braccia. -Se ti ci vedo insieme vi investo con l'auto, giuro che vi ammazzo entrambi se avete tutta questa voglia di fottervi. Ma non finché ci sarò io! Mi hai sentito bene, eh? Hai sentito piccola Jill? - Jillian annuì, le palpebre molli succubi di vibrazioni a causa delle ripercussioni, la bocca aveva perso qualche rivolo di sangue che adesso aveva coaugulato in un nero profondo; non c'era più nulla da fare, non avrebbe recuperato i soldi sufficienti per ripagare i suoi debiti e senza un lavoro non avrebbe potuto sperare di farlo in futuro.

Chiuse gli occhi mentre vedeva la figura di Mark continuare a dimenarsi contro di lei, ma non sentiva più nulla, solo una gran sensazione di gelo, una vista annebbiata che si sforzava di non perdere. Cercò di fargli mollare la presa con qualche lamento, ma quella al suo collo era così forte che le fece mancare in respiro.



A distanza di mesi ho riproposto un nuovo capitolo, ma nonostante abbia bene in mente l'andazzo della storia ho avuto diverso filo da torcere nella stesura .. spero di ripartire con regolarità e che sia stata una buona lettura! :)


Oggi vi invito all'ascolto di "Buried Alive".


   
 
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