cap4
“Primula
della sera”
[ Atto IV ]
L'aria
fresca dei giardini fu una carezza più che piacevole sul
viso
accaldato. Thor camminò lesto, dietro i passi di suo
fratello,
mentre si allontanavano dalla caotica sala. C'era qualche altro ospite
che passeggiava sorseggiando del vino o cercando di abbordare una
giovane ancella.
La lunga
veste iniziava a
essere d'intralcio ed ebbe l'istinto di tirarla su, anche se in quel
caso avrebbe messo in mostra due gambe davvero poco femminili, ma era
abbastanza buio e forse-
«Aspetta!»
disse
poi Loki, arrestando il passo mentre guardava alla sua sinistra. Thor
non ebbe il tempo di chiedere nulla ché si sentì
afferrare un polso e trascinare verso l'ombra di un grande albero.
«Cosa
succede?» riuscì finalmente a domandare quando si
ritrovò spalle alla corteccia.
Loki
continuava a tenere lo
sguardo altrove e la fronte corrugata in chissà quali
pensieri.
Thor, i suoi cercava di tenerli ben chiusi nel luogo più
remoto
della testa. Non poteva dar loro ascolto altrimenti avrebbe combinato
un casino ben più grave della perdita di Mjolnir.
«C'è
Thrymr» sospirò poi Loki, e lui si spinse con il
capo
oltre il tronco per accertarsi delle sue parole.
«Ma
dove? Non lo vedo.»
«È
sulla terrazza ma smettila di guardare altrimenti si
insospettirà.»
Riuscì
a scorgere il
viso dell'uomo solo un attimo, prima che Loki gli afferrasse poco
gentilmente il mento per fargli riportare lo sguardo su di lui.
Thor
scacciò subito quelle dita per non abituarsi al loro tocco.
«E
adesso? Cosa
facciamo: restiamo qui e aspettiamo che vada via?»
brontolò cercando di leggere sul volto di suo fratello. Loki
prese un lungo respiro e si morse le labbra con avvilimento.
«È
l'unica
alternativa» gli rispose guardandolo, e Thor non
capì
perché provasse quel disagio nel trovarsi sotto i suoi
occhi.
Oh, menzogne... Lo capiva bene, ma non voleva accettarlo. «Se
anche facessi un incantesimo per celarci, Thrymr potrebbe accorgersene
e allora tutto questo sarebbe stato inutile.» Nel dirlo
sfiorò il foulard che stringeva la sua gola e Thor
deglutì, sentendolo quasi troppo stretto. «Appena
rientra
andremo nelle stalle.» Ancora le sue dita sulla stoffa,
ancora i
suoi occhi di fiamme verdi.
Thor non ne
poté più e gli bloccò un polso con
presa decisa.
«Smettila»
ordinò serio e lo vide sorridere con finta innocenza.
«Di
fare cosa, fiorellino?»
«Di
giocare.» Gli lasciò andare il polso e
poggiò
la nuca contro il tronco con un sospiro stanco. «Smettila di
giocare con me, Loki.»
Smettila di confondermi.
Smettila di stordirmi.
Smettila di tentarmi...
Thor non
era riuscito
più a tenere quell'inquietudine nel petto. Conosceva bene il
piacere che suo fratello provava nello stuzzicare e provocare le
persone, qualsiasi ne fosse il motivo, e spesso Thor stesso ne era
divertito, ma non adesso. Adesso voleva solo che Loki non lo guardasse
in quel modo, che non gli facesse sorgere domande e istinti che
sarebbero stati soltanto raccapriccianti e immorali.
Il sorriso
di Loki
sfumò ma quello sguardo restò incatenato nel
fondo dei
suoi occhi e, allo stesso modo, Thor si sentiva incatenato contro quel
tronco umido.
«Credi
che sia un gioco?» gli chiese poi, con tono fin troppo serio.
«E
cos'altro,
allora?!» ribatté lui per non udire, per non
vedere oltre.
«Cosa volevi dire prima, con quella frase stupida?... Ti
diverte
tanto che sia conciato così, vero?» C'era rabbia
nella sua
voce, imbarazzo, vergogna, paura. Ringhiò una domanda dietro
l'altra eppure non era in grado di accettare le risposte.
Sperò
che Loki non
rispondesse ma lo fece, e rispose nel peggior modo possibile. Quella
risposta semplicemente lo paralizzò, perché Loki
spinse
il viso contro il suo, lo schiacciò con il suo corpo e con
tutto
il suo desiderio, e Thor sentì il respiro smorzarsi
nell'avvertire l'eccitazione di suo fratello premere contro di
sé.
«È
un gioco, Thor?» sospirò poi sulle sue labbra.
«Credi che sia ancora un gioco?»
«Loki...»
I
respiri gli scossero le spalle, bloccati da quella gabbia di stoffa.
«Questo è sbagliato. Tutto!
Noi–»
«Pensi
che non lo
sappia, fratello?» Thor sentì le sue dita
sfioragli i
capelli e la guancia, sentì la fronte posarsi sulla sua, il
respiro caldo bruciare la sua bocca. «Ma lo vuoi anche
tu.»
Il cuore
martellava selvaggio, conscio del baratro da cui si sentiva attratto.
«No,
ti sbagli»
mentì, non potendo però allontanarsi da lui che
sorrise
sfiorandogli la bocca rossa con le dita.
«Ti
piace»
affermò Loki. «Te l'ho letto negli
occhi» disse
ancora, incastrandolo con forza contro quel tronco. E a Thor sarebbe
bastata una semplice spinta per allontanarlo eppure restò
lì, sotto il suo peso, sotto i suoi occhi, sotto quelle
verità che lo stavano facendo bruciare di vergogna come non
mai.
«Io
non sono uno sporco ergi»
ringhiò con rabbia, percependo il corpo rispondere con
propria
volontà a tutta quella situazione, senza che potesse
impedirlo.
«Oh,
non è quello
che ho detto» sospirò ancora Loki, stavolta
sfiorando la
bocca con la sua. E gli occhi di Thor automaticamente si chiusero.
«Perché
mi stai
facendo questo?» chiese inerme, vinto da quelle assurde
pulsioni,
mentre afferrava i fianchi di suo fratello per tenerli contro i suoi.
Nel buio delle sue palpebre sentì le labbra di Loki
baciargli
una guancia e scendere lentamente fino al mento, sentì la
sua
lingua inumidirlo e non trattenne un gemito.
«Perché lo stai facendo tu a me, Thor?»
A quella
calda accusa schiuse la bocca finché non trovò
quella di Loki. E si lasciò cadere.
*
Ciò
che aveva
desiderato, quella brama assurda che lo aveva soffocato, era adesso
esplosa come un incendio, e Loki baciò quella bocca come se
ne
andasse della sua stessa vita.
Affondò
le dita fra i
capelli biondi mentre avvertiva le mani di suo fratello stringere i
suoi fianchi con forza tale da lasciargli neri lividi.
Gemette
contro quelle labbra
morbide e calde, godendo di un bacio ruvido e virile come non ne aveva
mai dati o ricevuti. Perché Thor era tempesta in tutto e,
per
Hel, avrebbe voluto essere flagellato da quell'impeto.
Avrebbe
voluto alzare quella
gonna e portare una mano fra le sue cosce per sentirlo ansimare
disperato nella sua bocca; avrebbe voluto spingerlo in ginocchio e
sentire quelle labbra rosse che lo stavano divorando, strappargli via
ogni decenza e pudore.
Si
ritrovò a riprendere fiato, vittima di quelle fantasie e di
quel forte desiderio.
Anche Thor
respirò con
affanno contro di lui. «Cosa stiamo facendo, Loki?»
gli
chiese con occhi così lucidi e neri che Loki non seppe non
baciarlo ancora e poi ancora.
«Non
lo so» rispose, e di nuovo un bacio. «Non lo so,
Thor.»
«È
sbagliato...»
«Sì,
lo è.»
Ma nessuno
dei due riuscì a tirarsi indietro.
In quel
momento aveva
dimenticato il dove fossero, il perché fossero
lì; Loki
aveva dimenticato che la persona che stava baciando con passione era il
suo stesso fratello, con il quale era nato e cresciuto, con il quale
aveva condiviso giochi e rimproveri, sbagli e conquiste.
È Thor...
è mio fratello. Cosa sto facendo?
Fu una
frustata dritta alla schiena.
Si
allontanò dalle sue
labbra e cercò di recuperare il respiro mentre Thor lo
guardava
con il riflesso della sua stessa paura e inquietudine, con il rosso che
ormai si era sciolto in un tiepido rosa e che aveva macchiato anche il
contorno della sua bocca. Loki sapeva di essere nella stessa condizione
e si pulì le labbra con le dita.
«Dobbiamo
recuperare Mjolnir» affermò, provando a mettere da
parte ogni altra emozione.
Thor lo
guardò incerto
qualche attimo e poi annuì. «Hai
ragione» rispose
con un sospiro, lasciando andare i suoi fianchi e pulendosi a propria
volta le labbra con il dorso della mano, senza però riuscire
a
mandare totalmente via la tinta, la quale lasciò un debole
alone
rossastro sul contorno della sua bocca.
E Loki la
rivoleva, voleva sentirla ancora ma...
No, era
sbagliato.
È sbagliato!
...
Thrymr
intanto non era più sulla terrazza.
Era il
momento.
Non c'era
più tempo per altro, non doveva esserci altro.
«Andiamo»
ordinò senza voltarsi, prendendo la via per le stalle e
sentendo
i passi di Thor dietro di sé.
*
Mjolnir era
lì, sepolto
dalla paglia, e Thor lo afferrò senza esitare. Lo
sollevò
come sempre, privo di sforzi, e guardò la testa ferrata non
sentendo il sollievo che avrebbe dovuto.
Lo avevano
recuperato, la missione era andata a buon fine. Non restava che tornare
a palazzo e rimetterlo sul suo piedistallo.
Nessuno
avrebbe saputo, né Odino né alcun altro, e Thrymr
avrebbe dovuto tacere per sempre la sua colpa.
Potevano
far finta che quel giorno non fosse mai esistito.
Ma come
poteva?
Come poteva
Thor dimenticare
ciò che era accaduto? Come poteva dimenticare di aver
desiderato
e baciato il proprio fratello senza decenza?
Come poteva
dimenticare quella passione?
Sarebbe
anch'essa sopravvissuta all'alba o sarebbe sfiorita come quel raro
fiore?
«La
carrozza ci aspetta.»
Loki
attendeva all'entrata della stalla, con una maschera di controllo sul
viso che Thor invidiava.
Annuì
e lo seguì stringendo l'elsa della sua arma, chiedendosi se
era ancora degno di poterla impugnare.
*
Durante il
viaggio in carrozza nessuno parlò.
Loki
guardò la piccola
finestra, Thor tenne gli occhi fissi sul suo martello, ma di tanto in
tanto li percepiva su di sè.
Non si
voltò mai.
Tacque,
represse. Inghiottì.
Arrivati a
palazzo si
diressero alla Sala delle Reliquie e bastò un piccolo
incantesimo per distrarre le guardie e permettere a Thor di rimettere
al proprio posto Mjolnir.
Quando lo
vide risalire le scale a mani vuote, seppe che erano riusciti nel loro
intento.
Adesso si
doveva solo dimenticare.
*
Camminarono
nel corridoio.
Passi pesanti ma lenti. Camminarono ognuno diretto alla propria stanza
che distanziava dall'altra di pochi metri.
Loki fu il
primo a stringere la maniglia e Thor sentì la voglia di
chiamarlo salire in gola.
«Loki?»
sospirò, e suo fratello impiegò qualche attimo
prima di
voltarsi. I suoi occhi non parevano guardarlo davvero.
«Grazie» disse Thor per dovere. In
realtà voleva
chiedergli altro, voleva chiedergli come avrebbe dovuto sentirsi
l'indomani, se avrebbero dovuto riparlare di quanto successo, se
sarebbe mai accaduto ancora, se...
Se...
Se...
«Buona
notte,
fratello.» E con quel freddo saluto Loki lo
congedò ed
entrò nelle sue stanze chiudendo la porta.
Thor
guardò il legno intarsiato, la maniglia d'oro.
Voleva
bussare. Voleva chiamarlo ancora.
Invece
prese il passo verso la sua camera, vi entrò e
lasciò andare un sospiro.
Nei suoi
occhi rivedeva le
lumiere della carrozza, risentiva la musica del ballo, e poi le mani di
Loki, i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo, il suo desiderio.
Si
sentì soffocare.
Tossì
più volte e tirò via quel foulard.
Afferrò
il fermaglio che teneva fra i capelli e lo lanciò lontano,
senza badare a dove cadesse.
Voleva
levarsi quella roba di
dosso e dalla faccia. Voleva fare un bagno per togliersi quel profumo,
voleva raschiare via dalla pelle quei brividi, quelle sensazioni.
Voleva strapparsi quella stessa pelle calda che lo faceva vergognare di
se stesso.
Afferrò
con
difficoltà i nastri del vestito e letteralmente
lì
strappò con forza, sentendo i polmoni gonfiarsi quando
l'abito
cadde a terra.
Si
accarezzò l'addome e poi il petto, rabbrividendo per quelle
memorie ancora vivide.
Calciò
via i sandali e la stoffa e sciolse i capelli.
Camminò
verso il bagno, pronto a riempiere la grande vasca, quando i suoi occhi
incrociarono quelli del suo riflesso.
Un conato
gli salì dallo stomaco.
Si
avvicinò al canterano poggiandovi una mano mentre l'altra
sfiorava il viso.
Era nudo,
con i capelli
scompigliati, gli occhi sbavati di nero. Le labbra ancora macchiate di
rosso, pallido e sporco, come la bocca di una volgare cortigiana.
Si
toccò quella bocca e gli occhi si inumidirono di rabbia.
Chi era il
ragazzo che stava
guardando? Chi era quel ragazzo che stava tremando spaventato, che si
stava trattenendo per non far scivolare lacrime nere sulle guance, che
si toccava le labbra desiderando che fossero le dita di qualcun altro a
farlo?
Dov'era il
guerriero feroce? Dov'era lo scapestrato figlio di Odino sempre troppo
avventato?
Dov'era il
principe che
avrebbe dovuto proteggere e guidare il proprio fratello invece di
lasciarsi vincere da squallidi istinti?
Dov'era
Thor adesso?
Non
riusciva a trovarlo in quel riflesso, non sapeva se sarebbe mai
più riuscito a trovarlo.
*
Il letto
era freddo eppure Loki sentiva caldo.
Calciò
via il lenzuolo
ma non servì. Sfilò la maglia e la
gettò lontano
ma neanche questo fu di aiuto.
Aprì
le palpebre nelle ombre della stanza. Non era riuscito a prendere
sonno, chissà se vi sarebbe riuscito.
Si
passò una mano sul viso e prese un profondo respiro.
Lui era sempre
lì, nel fondo dei suoi occhi, dentro le sue orecchie, sulla
sua pelle.
Thor era
lì, con il suo calore e i suoi gemiti, con il suo profumo e
la sua irruenza.
Loki non
sapeva mandarlo via.
Si
girò su un fianco serrando le palpebre.
Le labbra
rosse, l'azzurro sciolto dei suoi occhi, l'oro dei capelli... quelle
mani sui fianchi.
Quando si
era spogliato li aveva visti: piccoli lividi violacei, proprio dove le
sue dita lo avevano tenuto stretto.
E Loki si
era chiesto se anche
le sue cosce avrebbero lasciato gli stessi segni, se Thor le avesse
legate con forza attorno al suo bacino.
Sentì
una spinta al ventre e trattenne a stento un gemito.
“Non sono uno sporco ergi.”
Risentì
la sua voce ma risentì anche il suo ansimare contro la bocca.
Oh, era una
melodia quel suono
rauco e caldo. Loki avrebbe potuto trascorrere la vita a udirlo, a
udire Thor gemere contro di lui, sotto di lui.
Si
tirò a sedere,
respirando a fatica, e si asciugò il sudore sulla fronte,
sul
collo. Il suo petto era madido e così le braccia e la
schiena.
Scese dal
letto e si diresse alla balconata. L'aprì e si
lasciò schiaffeggiare dal fresco della notte.
Asgard
dormiva, ignara dello scandalo con cui avrebbero potuto coprirla i suoi
principi.
Se Asgard
avesse saputo. Se Odino, loro padre, avesse saputo. Se Frigga avesse
mai saputo...
“Ti piace, te l'ho letto negli
occhi.”
Si
appoggiò alla balaustra e nascose il viso fra le braccia.
“Perché mi stai
facendo questo?”
...
“È sbagliato.”
“Sì, lo è.”
«Allora
perché lo
voglio così tanto?» si chiese in solitudine,
appesantito
da colpa e desiderio. «Perché ti voglio
così tanto,
fratello?»
Ma la notte
non ebbe per lui alcuna risposta.
*
Il sonno lo
aveva colto solo alle prime luci dell'alba.
Thor si era
risvegliato e per
un solo istante si era chiesto se il tutto non fosse stato solo un
sogno. Poi aveva sentito il viso liscio sotto le dita, poi aveva
ritrovato quel vestito gettato a terra.
Si era
lavato e aveva
indossato i suoi abiti da allenamento. Aveva anche legato tutti i
capelli in una coda, sebbene qualcuno fosse sfuggito via.
Non voleva
sentirli sulle spalle, non voleva sentire niente che gli ricordasse
quella notte precedente.
Si
lavò il viso ancora
una volta, prima di lasciare le sue stanze, e si guardò allo
specchio per cercare qualche residuo di quella maschera.
Non vedeva
nulla. Era lui, era il ragazzo che aveva sempre visto in quello
specchio.
Bugiardo,
pensò, non
sei più lo stesso.
Ignorò
la voce dei suoi
pensieri e si diresse verso la sala dove i suoi genitori lo stavano
attendendo per la colazione, dove forse anche Loki era già
seduto.
Sperò
che non fosse
così, che per una volta suo fratello scendesse in ritardo
così da non doverlo incrociare, ma quando entrò
nella
sala scorse i suoi capelli neri e il suo viso impassibile, quasi
rilassato. Ma non incrociò i suoi occhi.
Il cuore
batté un po' più forte.
«Figliolo,
se tardavi
ancora avremmo potuto direttamente pranzare.» Suo padre lo
riprese per il ritardo e Thor si scusò prendendo posto.
«Odino,
non essere il
solito pedante» disse sua madre. «Sono giovani.
È
normale che amino dormire fino a tardi.» Frigga li difendeva
sempre, quanto poteva. Frigga li amava come nessun'altra madre avrebbe
potuto.
Thor aveva
sempre dato per
scontato questo suo aspetto ma adesso, incapace di tenere lo sguardo
sul viso di sua madre, si chiese se, alla luce della verità,
avrebbero ancora potuto ricevere la sua comprensione. Frigga avrebbe
mai perdonato ciò che avevano fatto? Li avrebbe ancora
giustificati e protetti?
Li avrebbe
ancora amati?
La risposta
era così assordante che non serviva neanche che qualcuno la
pronunciasse.
«Mia
cara, vorrei
ricordarti che Loki si è unito a noi in un orario
consono.» Su quella frase di Odino, Thor d'istinto
sollevò
gli occhi su suo fratello che sedeva fronte a lui, ma Loki
continuò a sorseggiare il suo infuso senza battere ciglio.
«Non
vorrai farne una questione di Stato adesso?»
«Ti
sto solo facendo notare che non tutti i nostri figli sono dei
dormiglioni.»
«E
per mia fortuna nessuno di loro è un pignolo come il
padre.»
«Pignolo?
Da quando sarei pignolo?»
E mentre
Odino e Frigga
battibeccavano con un'antica e solida complicità, Thor
restò a guardare il viso pallido di suo fratello, aspettando
che
sollevasse lo sguardo nel suo, per vedere cosa vi avrebbe trovato.
Loki non lo
fece; terminato di
bere, si alzò e chiese cortesemente di poter lasciare il
tavolo.
Odino gli diede il permesso e il giovane principe prese l'uscita senza
voltarsi indietro.
Come ci
riusciva? Come poteva avere un simile autocontrollo?
Davvero per
lui era tutto dimenticato?
Se era
così, allora perché non lo aveva guardato neanche
una volta?
Mandò
giù un po' di pane e un sorso di infuso, ormai tiepido, e
lasciò anche lui la sala.
Voleva solo
andare all'arena e
scaricare ogni inquietudine, voleva stressare e piegare quel corpo
finché non fosse tornato quello di un tempo; un corpo che
non
avrebbe tremato sotto una carezza di suo fratello.
*
Loki ne era
stato convinto: quando avrebbe rivisto Thor l'indomani, non avrebbe
più ritrovato quell'emozione.
Era stata
solo una fantasia
che la sua mente aveva corteggiato e infine conquistato. Come quella
primula sarebbe morta alla luce del sole, così Thor sarebbe
tornato a essere solo il suo semplice fratello.
Era stato
quel vestito, quel trucco, quel segreto... sì, era stata
quella cornice a guidare le sue azioni, non altro.
Quando
avrebbe rivisto Thor tornare a essere Thor, niente di quella notte
sarebbe sopravvissuto.
Ma poi
l'aveva visto entrare nella sala e quella convinzione si era frantumata
come ghiaccio stretto nella mano.
Il vestito
non c'era
più, quel profumo femminile neanche. Il suo viso pulito e
nudo
aveva preso il posto della maschera che lui stesso aveva dipinto. I
suoi capelli, completamente tirati indietro, non avevano più
sottili trecce o fermagli di smeraldo, eppure il desiderio che aveva
provato quando si era seduto di fronte a lui era stato senza eguali.
Si era
violentato per non
guardarlo, si era imposto di soffocare quell'istinto perché
era
un'offesa che i suoi genitori non avrebbero meritato.
Era poi
letteralmente fuggito, trovando rifugio nella sua amata biblioteca.
Ma il
silenzio che all'inizio
era sembrato un caldo asilo, si era invece rivelato il peggiore delle
compagnie perché aveva fatto risuonare sempre più
forte
nella sua testa ognuna di quelle voci che aveva creduto di aver sepolto
nella notte.
Aveva
chiuso il libro con un gesto di stizza, facendo voltare qualche paggio
intento a riordinare gli scaffali.
Passandosi
una mano fra i
capelli, aveva compreso che non avrebbe mai trovato pace da nessuna
parte se prima non avesse fatto ordine fra i suoi pensieri e fra le sue
emozioni.
Abbandonata
la biblioteca
aveva passeggiato senza meta, facendosi guidare prima dalle ali di
qualche libellula, poi dal profumo dei fiori, finché non
aveva
udito una voce che lo aveva attratto come una falena veniva attratta
dalla fiamma.
Da dietro
piccoli arbusti che
però potevano celare la sua presenza, Loki aveva visto Thor
a
qualche decina di metri, in compagnia dei suoi fedeli compagni.
«Coraggio,
Fandral!» incitava Volstagg. «Non vorrai farti
battere anche stavolta?!»
E Thor
sorrideva, con il sole a luccicare sul suo corpo, mentre fronteggiava
l'amico avversario.
Fandral
aveva attaccato a mani
nude fra le esortazioni dei compagni, ma tutto ciò che Loki
riusciva a recepire erano i movimenti di Thor.
Quante
volte lo aveva veduto
lottare? Anche troppe, ma adesso era come se un velo fosse caduto dai
suoi occhi e solo ora Loki vedeva ciò che Asgard aveva
sempre
visto: la bellezza e la magnificenza di Thor, la sua insospettata
grazia, la sua eleganza, quasi fosse più una danza che un
combattimento.
Vedeva le
gocce di sudore
scivolare sulla sua schiena nuda, i capelli liberarsi dal nastro a ogni
movimento e sferzare l'aria come lame d'oro, vedeva il sorriso di sfida
dipinto fra quelle labbra.
Le sue labbra...
nessun altro avrebbe mai dovuto rivendicarle.
Strinse un
piccolo ramo fino a spezzarlo di netto nel palmo.
Nessuno
avrebbe più
potuto rivendicare Thor, non adesso che Loki aveva finalmente udito le
risposte che aveva invocato in quella lunga notte, non adesso che aveva
compreso e accettato la loro follia.
La primula
sarebbe sbocciata ancora e non ci sarebbe stato alcun raggio di sole a
troncarne la vita.
*
Thor
rientrò a sera. Aveva pranzato e cenato in compagnia di
Fandral e degli altri compagni.
Si era
divertito, avevano lottato e riso, avevano scherzato e bevuto, e tutto
sembrava essere tornato alla sua normalità.
Si sentiva
quasi più leggero mentre rientrava nelle sue camere, pronto
per un bagno e una bella dormita.
Non aveva
incrociato Loki per
tutto il giorno ma forse era un bene. Un po' di distanza poteva essere
la giusta cura, qualche giorno di distacco forse sarebbe bastato a
rimettere le cose al giusto posto. Thor voleva crederci, doveva
crederci, perché l'alternativa era inaccettabile.
Non avrebbe
mai accettato di
perdere suo fratello se anche questo avesse voluto dire soffocare nel
fondo dell'anima quei nuovi sentimenti. Se doveva fingere di aver
dimenticato, se doveva mentire e indossare una maschera, lo avrebbe
fatto senza esitazioni.
Una vita
mendace al suo fianco era preferibile a qualsiasi onesta solitudine.
Si
liberò degli
indumenti logori e si lasciò cadere nella grande vasca che
il
paggio gli aveva fatto trovare riempita e profumata, stavolta con
essenze che lo aggradavano.
Guardò
la mano umida e
la portò al naso, ispirò a fondo il profumo
cercando di
ricordare quello che aveva indossato la sera prima.
Era una
cosa così sciocca, così patetica.
Un pensiero
dopo l'altro, un
ricordo dopo l'altro si accavallò, e quel bagno non fu
così rilassante come aveva creduto.
La
spensieratezza, che si era
illuso di trovare, era sfumata quando era sfumata la compagnia e Thor,
solo con se stesso, sentì pesare sulle spalle il suo stesso
cuore.
Uscì
dalla vasca
avvilito e rattristato per quella consapevolezza. Si avvolse in un telo
morbido e tornò nelle sue camere a capo chino quando
qualcosa
attirò la sua attenzione. No, non qualcosa ma qualcuno.
«Loki?»
La sua
voce tremò nella gola e poi sulla lingua mentre guardava suo
fratello poggiato contro il muro con le braccia incrociate.
«Come
sei entrato? Non ti ho udito varcare la porta.»
«Come
vedi io ti ho
aspettato fuori dal tuo bagno» disse poi Loki, ignorando le
sue
domande. Un sorriso sulle labbra. «Questa, Thor, si chiama
decenza.»
Frastornato
com'era dalla sua
presenza, Thor non riuscì neanche a percepire l'ironia della
frase, in ovvio riferimento a ciò che era accaduto quel
pomeriggio nel bagno di Loki, perché altre memorie presero a
sorgere una dietro l'altra.
«Cosa
ci fai qui?» chiese cercando stavolta di tenere la voce
ferma. Parve riuscirci.
Loki prima
lo guardò in silenzio, ancora poggiato contro la parete, poi
sciolse le braccia e gli si avvicinò.
«Vuoi
che me ne
vada?» gli chiese a sua volta con un tono di voce che Thor
aveva
già udito e che all'istante gli fece salire il cuore in gola.
«No,
certo che
no.» Tentò di sorridere. «È
solo che mi
sorprende vederti qui dal momento che mi era parso di capire che
preferivi evitarmi dopo...» Era difficile anche solo dirlo ma
dagli occhi di Loki capì che voleva che continuasse.
«Beh,
dopo quello che è successo ieri.»
Il viso
arse e Thor fu grato di avere ancora il corpo bagnato d'acqua fresca.
Loki
annuì e
abbassò lo sguardo quasi a cercare le parole, ma quando lo
risollevò la luce che brillava nei suoi occhi disse
più
di qualunque discorso.
«Ti
ho portato un
regalo» affermò poi con un sorriso obliquo, e solo
allora
Thor si accorse che stringeva qualcosa nella mano.
Aggrottò
la fronte
senza capire ma, quando Loki aprì le dita e gli
mostrò il
palmo, quasi ebbe l'istinto di fare un passo indietro.
«Cosa
significa?»
chiese adesso più indispettito che altro, guardando la tinta
rossa racchiusa nel piccolo cofanetto.
Loki fece
ancora qualche passo, avvicinando la mano al suo viso.
«Voglio
che tu la metta sulle labbra.»
La sua
richiesta era
sconcertante e Thor per un attimo pensò che fosse solo un
modo
per sdrammatizzare su quanto accaduto ma sul viso di suo fratello non
vi era gioco o scherzo, ma una serietà che quasi incuteva
timore.
«Stai
scherzando, vero?» ringhiò a quel punto.
«Come ti salta in mente di–»
«Mettila.»
Stavolta era un ordine, e stavolta Thor davvero si infuriò.
Gli
afferrò quel polso e Loki chiuse la mano per non far cadere
la
tinta.
«Te
lo dirò una
volta soltanto, Loki: non mettermi alla prova» lo
minacciò
ma Loki non accusò assolutamente l'intimidazione. Anzi,
sorrise
e gli si avvicinò di più.
«È
quello che vuoi, Thor» affermò con un fiato.
«Taci!»
ringhiò ancora lui, stringendo più forte le dita
attorno
al suo polso. «Cosa ti prende? Pensavo fosse chiaro che
quello
che è successo non deve ripetersi. Niente deve
ripetersi.»
Ma neanche
stavolta la sua fermezza lo piegò.
«E
perché non
dovrebbe?» gli chiese allora Loki, senza più
sorrisi, con
una determinazione che faceva impallidire la sua. «Lo vuoi
tu, lo
voglio io... cosa c'è di sbagliato?»
«E
lo chiedi
anche?» Gli lasciò andare il braccio e lo spinse
via. Non
credeva a ciò che stava udendo, non voleva crederci, non
voleva
che quella pazzia durasse ancora una notte, avrebbe finito con il
cederle e questo Thor non poteva permetterlo. «Noi siamo due
uomini, Loki, e per di più siamo fratelli! È
tutto
sbagliato!» ribadì con la voce sempre
più malferma
per l'impeto e l'agitazione.
«Nessuno
verrà mai a saperlo» insistette Loki.
«Ma
lo sapremo noi
e...» Lottò per non far crollare la sua
dignità
mentre guardava il viso di suo fratello supplicandolo di smetterla.
«Come potremmo anche solo guardarci in faccia? Come
potremmo...»
Le parole
si persero per
strada e Thor gli diede le spalle per passarsi una mano sul viso, per
cancellare ogni riflesso di codardia e paura che quasi lo disgustava
più di qualsiasi altro sentimento.
Poi
avvertì le braccia
di Loki avvolgerlo, il suo mento posarsi sulla sua spalla, i capelli
solleticargli la guancia. La sua mano nuovamente sotto i suoi occhi e
così il rosso sangue della tinta.
Thor
deglutì,
sentendosi cadere sulle proprie gambe, e quasi inconsciamente si
poggiò con le spalle contro il petto di suo fratello.
«Ieri
mi hai chiesto cosa stessimo facendo ma sai, Thor, ho capito che
ciò che importa non è il cosa, ma il chi»
sospirò Loki, con una dolcezza che semplicemente lo
annientava.
«Siamo io e te, sempre e comunque... solo io e te,
fratello.»
Thor teneva
lo sguardo su
quella tinta rossa, rossa come il peggiore dei peccati e altrettanto
affascinante. Ogni istinto che gli urlava di stare in guardia, di non
cadere in quella perversione, diveniva sempre più lontano,
più labile, mentre quella fame cresceva cieca e sorda a ogni
morale.
«Tu
non tradirai mai me,
Thor, io non tradirò mai te. Sarà un segreto, il
nostro
segreto.» Loki gli baciò la spalla e Thor
respirò
profondamente nel sentire le sue labbra contro la pelle.
«Il
nostro
segreto...» ripeté, come fosse privato di un
libero
arbitrio, sempre più attratto da quel rosso che splendeva
nel
palmo pallido di Loki.
«Il
nostro segreto, fratello.»
Non seppe
cosa guidò la
sua mano, se la rassicurazione che sorreggeva le parole di Loki, se la
sua vicinanza, se la semplice brama del suo corpo. Thor non seppe cosa
lo spinse ad allungare le dita e raccogliere quel piccolo cofanetto,
cosa lo spinse a poggiare l'indice sulla superficie cremosa, cosa lo
spinse a portarlo alla bocca e tingerla con lentezza.
Il profumo
dolce e la
morbidezza della tinta si posarono sulle sue labbra prima che si
voltasse verso suo fratello con il cuore in subbuglio.
Loki gli
sorrideva, intensamente, con una sensualità che sapeva di
possedere solo lui.
E fu
così che lo
baciò, sentendo le dita sottili infilarsi fra i suoi capelli
bagnati, sentendo quella bocca fondersi con la propria mentre Loki lo
faceva crollare come quella sera prima contro l'umido tronco di un
albero.
Lo fece
crollare anche la notte seguente e quello dopo ancora, in modi che Thor
non credeva possibili.
Una notte
dopo l'altra, e non poté più farne a meno.
[ Atto V ]
Giacevano nel letto, stanchi e
appagati. Thor riposava, con la guancia premuta contro il cuscino e una
mano sul suo petto.
Loki gli
accarezzava le dita e le portava alle labbra per baciarne una per volta.
Amava
ognuna di quelle dita,
amava ogni singolo lembo di pelle, amava quel corpo che si contorceva
disperato sotto di lui e che sapeva possederlo con eguale passione.
Ogni notte
Thor si perdeva fra
le sue braccia, in quel loro segreto, e ogni mattina fingeva che nulla
fosse successo e tornava alla sua apparente vita perfetta.
E poi la
notte scendeva ancora.
Loki amava
quella sua
ingenuità, quella sua capacità di sdoppiarsi e
donare
solo a lui quella metà indecente e perversa.
Dalla
balconata filtravano i raggi rossastri dell'aurora.
Sempre troppo presto...
Ma se anche
il sole fosse
sorto ogni mattina, allo stesso sarebbe calata la notte, e la sua
primula sarebbe sbocciata meravigliosa solo per appagarlo.
Per adesso
Loki si faceva
bastare quella metà ma quando un dì avrebbe
desiderato
possederlo tutto, per bisogno o capriccio, allora lo avrebbe fatto.
Avrebbe ucciso il giorno e fatto calare una notte eterna su Asgard, una
notte eterna su ogni altro regno.
Guardò
quel sole
invidioso divenire più forte. Sibilò fra i denti
un
piccolo incantesimo e le tende si chiusero, coprendo ogni raggio.
Sorrise.
Come se la
luce potesse mai vincere.
***
“ I took the
stars from my eyes and then I made a map
And knew that somehow I
could find my way back
Then I heard your
heartbeating, you were in the darkness too
So I stayed in the
darkness with you”
[Florence
& the Machine - Cosmic
Love]
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