Capitolo X
Una
Scelta
Le scelte si fanno in pochi
secondi e si scontano per il tempo restante.
Paolo Giordano
Novembre stava volgendo al termine, l'aria fredda rendeva impossibile a
Cathriona passeggiare per ore lungo i sentieri del bosco intorno alla
casa; le sue membra si stancavano dopo pochi minuti e il fiatone le
mozzava il respiro.
Uno dei pochi piaceri della sua solitaria vita a Chester House doveva
essere presto dimenticato. Storse la bocca in una smorfia e si sedette
sulla panchina indicata dalla governante che la seguiva con
apprensione, munita di cestino.
-Milady, dovremmo tornare a casa. Inizia a fare molto freddo.- disse la
signora Musgrove mettendole sulle gambe una coperta calda e
rimboccandola come una bambina. Cathriona lasciò che la
donna la viziasse e si godette gli ultimi raggi del sole, era quasi
tentata di togliersi il cappello e lasciare i capelli sciolti sulle
spalle.
-La cuoca ha trovato gli ingredienti segreti per il buffet di Natale?-
domandò alla governante. La donna annuì con fare
burbero. -Eh sì, per fortuna che il giovane Oliver
è tornato proprio oggi a Londra con tutti gli ingredienti e
in grande quantità.-
Cathriona le sorrise annuendo. Aveva notato una sfumatura d'incertezza
nella sua voce e fece finta di nulla. Era diventata brava a mettere la
testa sotto la sabbia e preferire le chiacchierate sul tempo e sul
Natale in arrivo che affrontare la realtà.
Quando il marito le aveva parlato del suo viaggio ed era partito con
una certa fretta, Cathriona era stata contenta di avere qualche
settimana da passare da sola a cercare di analizzare i sentimenti
contrastanti che provava nei confronti di Lord Everstone.
Se alla prima lettera, lunga e dettagliata, aveva sentito e letto una
sorta di acerbo affetto; le cose erano cambiate velocemente quando dopo
poche settimane le lettere erano diventate sempre più scarne
per poi scomparire del tutto.
All'inizio del mese scorso, si era decisa a partire ma poi seppe che
l'anziano maggiordomo in pensione riceveva costantemente delle piccole
missive dall'erede di Chester House che s'informava sullo stato della
casa e sulle spese mensili.
Nessun accenno alla sua salute e alla sua persona a quanto pare venne
fatto intendere all'anziano maggiordomo. Il pover'uomo sembrava
incapace di comprendere il padrone che aveva servito da una vita e
veniva sovente a Chester House portandole le missive scarne di Lord
Everstone.
Cathriona scosse la testa levandosi un ricciolo scuro, d'altronde non
poteva certo aspettarsi molto da lui?
Era solo stata una breve illusione, quel desiderio di poter aver un
matrimonio quanto meno tranquillo. Per una volta aveva lasciato che il
suo cuore si sciogliesse al romanticismo e alla speranza, e di questo
Cathriona si sarebbe sempre sentita un po' ingenua.
Scacciò quei pensieri avvilenti ed appoggiò una
mano sul suo ventre gonfio e sorrise, aveva altro a cui pensare,
qualcun altro da amare.
Rientrò in casa mezz'ora dopo,trascinata da una sempre
più preoccupata governante che la obbligò a
dedicare l'intero pomeriggio al riposo e alla lettura di un romanzo
gotico seduta davanti al camino scoppiettante.
Le ci volle qualche minuto per accorgersi che il piccolo Oliver si era
avvicinato a lei portandole un poggiapiedi e un cuscino.
-Grazie mille, Oliver.- lo ringraziò lasciandolo sistemare
ogni cosa.
-Domani se è bel tempo, potrai imparare a cavalcare.
Avvertirò io gli stallieri.- gli disse con un sorriso.
Il piccolo Oliver era il terzo figlio del macellaio della
città e secondo tutti gli abitanti del villaggio era debole
di mente, ma Cathriona vi aveva visto un'anima gentile, quasi
visionaria dietro quella sorta di vena malinconica che traspariva dai
suoi occhi. Lo aveva assunto, ignorando le proteste della
servitù in casa e nei tempi morti gli introduceva allo
studio tecnico dell'arte e della grammatica.
Nei primi giorni aveva notato una certa ritrosia ad imparare tuttavia
la sua naturale curiosità emerse così come il suo
lato estroverso.
Cathriona covava, in segreto, l'idea che sotto quell'apparenza asociale
e timida si nascondesse un piccolo genio della pittura e
dell'architettura, il che spesso e volentieri le ricordava suo padre e
i collaboratori della Mafton Company, macchiando per un attimo il suo
umore con un po' di tristezza.
-Milady … Credo di aver fatto una cretinata.- disse il
ragazzo chinando il capo. -Io … Ho incontrato il
milord e … -
Cathriona si sedette meglio sul divano e cercò di anticipare
ciò che il ragazzo voleva confessare.
-Vai avanti, Oliver.- lo spronò pentendosi fin da subito
della crudezza con cui si era rivolta verso il ragazzino.
-Ho detto al Lord suo marito che aspetta un bambino … -
confessò con un filo di voce.
Cathriona impallidì all'istante e le ci vollero alcuni
minuti per rendersi conto che il giovanotto era scosso dai singhiozzi.
Gli fece cenno di avvicinarsi e lo abbracciò stretto a lei.
-Non ti preoccupare, Oliver. Vai a lavarti la faccia e torna in camera
tua a fare i compiti. Domani mattina passerai la giornata con gli
stallieri.-
-Non è arrabbiata con me, milady?- domandò
quest'ultimo alzando il viso e asciugandosi gli occhi con una manica.
Lady Everstone gli sorrise benevola, poteva anche essere una moglie
negligente e fredda ma il suo cuore si scioglieva di fronte al candore
dei fanciulli.
-Non ti preoccupare, non potrei mai arrabbiarmi con te. Ora
và, hai molto da studiare e fare prima di tornare a casa dai
tuoi genitori per Natale.- disse dandogli un buffetto sulla guancia.
Lasciò andare il ragazzino, respingendo l'insano impulso che
aveva di chiedergli quale fosse stata la reazione del Lord suo marito.
Violet si guardò intorno sbuffando.
La grande festa indetta da Madame Hollande si stava trasformando in un
tripudio di confusione, con fuochi d'artificio che stavano
bruciacchiando il giardino, bottiglie di champagne che rotolavano
vuote, gli antri della casa occupati da coppie in vena di
amoreggiamenti. Generalmente le dissolute feste in maschera di Madame
Hollande erano appuntamenti che attendeva con gioia, data la poca
presenza di donne che le permetteva di avere un crogiolo di
corteggiatori e ammiratori da sedurre per tutta la notte. Ma in
quell'occasione aveva voluto riservare ogni energia e arte seduttiva
per Grant che dal momento in cui erano saliti in carrozza non sembrava
dell'umore adatto nemmeno per uno scambio di battute.
Schivò una mano di un vecchio baronetto che tentava di
palpeggiarla e salò le scale verso il secondo piano dove
già molti si erano ritirati per la notte nelle diverse
camere, camminò lentamente per i corridoi sistemando la
maschera sul viso e origliò da ciascuna porta, ridacchiando
ogni qualvolta sentiva i gemiti degli amanti o i cigoli dei
letti. Aprì la porta di una stanza insolitamente silenziosa
e sospirò di contentezza quando vide Grant con la giacca
slacciata, seduto su una poltrona vicino al camino.
Le fece cenno di entrare e Violet chiuse la porta a chiave sorridendo.
Cercò di mantenere una sorta di freddezza mentre avanzava,
dato che da un po' aveva notato dei cambiamenti in Lord Everston.
Scostante e taciturno, poteva non rivolgerle la parola per ore e spesso
la prendeva in giro per cose ed aspetti che prima diceva di adorare. Le
criticava gli abiti, il modo di ridere, le amicizie, trovava qualcosa
da rimproverarle persino sul suo modo di fare l'amore: una volta era
troppo sfacciata, l'altra troppo chiassosa.
C'erano state alcune occasioni in cui Grant era stato villano e
violento, prendendola con forza e facendole volutamente male.
Ma la cosa che più la inquietava era il modo in cui le si
rivolgeva.
Violet non era più la sua amata, la sua cara. Violet era
diventata solo Violet.
Non c'era nulla di dolce prima del suo nome, nulla di gentile, nulla di
amorevole.
-Inginocchiati.- disse Grant secco bevendo l'ultimo sorso di liquore.
Le sorrise appena obbedì al suo ordine. -Abbassa il
corpetto, voglio vedere il tuo seno.-
Le mani di Violet tremavano per l'eccitazione e pregò che
quello fosse il preludio a un'intensa notte d'amore, era quello che le
serviva per tenere Grant intorno a lei prima che fosse troppo tardi.
-Striscia fino a qui e soddisfami.- comandò Lord Grant
slacciandosi le braghe.
Violet rimase interdetta per un minuto, con riluttanza
gattonò fino a trovarsi di fronte al suo uomo. Grant le
spostò le ciocche di capelli per avere una visuale maggiore
del suo seno e la prese per la nuca e l'avvicinò al suo
membro che spuntava eccitato dalle braghe.
La donna cercò di ribellarsi ma la salda presa e quella
strana espressione feroce che lo animava, spaventò Violet
che ubbidì ad ogni richiesta quella notte.
Non obiettò nemmeno quando lui la costrinse a prenderlo
dentro di sé mentre era del tutto impreparata, lacerandole
la carne o quando la morse più volte mentre raggiungeva
l'orgasmo.
Lasciò che abusasse del suo corpo e quando lo
sentì addormentarsi accanto a lei sorrise nel buio della
stanza. Poteva sopportare di venir trattata come una cortigiana
qualunque, Grant si sarebbe calmato e i suoi appetiti sarebbero tornati
alla normalità grazie ai suoi provvedimenti non si sarebbe
mai più allontanato da lei.
Cathriona Mafton poteva anche essere sua moglie agli occhi di Dio e
dello Stato ma solo lei lo avrebbe avuto veramente. Si passò
una mano sul ventre, presto gli intrugli che beveva avrebbero prodotto
un risultato regalandole il figlio di Lord Everstone e schiacciando
definitivamente quella scialba borghese dalla sua vita.
La carrozza partì non appena scese già e Grant
Everstone imprecò contro il cocchiere a nolo.
Entrò in casa di Violet e cercò di scuotere dalla
testa quell'annebbiamento dovuto al poco sonno e alla rabbia.
Doveva essere lucido. Doveva capire che cosa stesse succedendo.
Si era raccomandato di tornare a Chester House qualche settimana dopo
per godersi gli ultimi giorni di bella stagione con il cuore leggero
per aver sistemato gli affari e la strana situazione creatasi con
Violet.
Nei primi giorni era arrivato persino a pensare di congedarla per
sempre!
Tuttavia le cose si erano complicate fin dal primo giorno.
Il Duca d'Ulster sembrava veleggiare intorno a Violet Graham come un
avvoltoio impazzito. Era arrivato ad aggredirla in pubblico, durante un
piccolo ricevimento degli Hollande due mesi prima, il che gli aveva
fatto comprendere quanto amasse e tenesse a quella piccola donna
pestifera. Aveva sistemato gli affari con la banca, rimpinzando il
conto corrente dell'amante e poi si era deciso ad affrontare il Duca
che invece si rendeva irreperibile ogni volta oppure lo canzonava
ricordandogli il rapporto di amicizia che da sempre aveva con suo padre.
E suo padre, che ancora folleggiava in campagna a Chester House
stordito dall'alcool, in un piccolo casino di caccia lontano dalla casa
padronale, gli aveva scritto per intimargli di non dare fastidio agli
Ulster in nessun modo. Lui aveva ubbidito e lo aveva lasciato perdere
ogni volta, facendosi lisciare l'orgoglio da Violet e cercando
d'ignorare la grossa frustrazione nel non ricevere lettere dalla
moglie.
Si era impegnato tanto nello scriverle ogni giorno qualche aneddoto
cittadino e le prime volte aveva ricevuto da lei dettagliati resoconti
sulla casa e sui quadri che stava dipingendo per il soggiorno privato.
Si era ritrovato ad immaginarla seduta su uno sgabello con uno scialle
sulle spalle e il pennello in mano mentre disegnava con precisione
paesaggi lunari, campagne deliziose ed imponenti ritratti, con il suo
sguardo serio e concentrato.
Ma le lettere erano prima diventate rare e frugali e poi scomparvero
del tutto.
Lui scriveva e lei non rispondeva.
All'inizio si era convinto che stesse male ma il suo amministratore
riceveva le lettere settimanali dal suo maggiordomo anziano, da quello
giovane e persino dalla governante. Tutti raccontavano che Lady
Cathriona godeva di ottima salute e si dedicava alla pittura e alla
lettura. Aveva persino organizzato un ricevimento settimanale con le
mogli dei più ricchi del villaggio per decidere come aiutare
le famiglie bisognose della zona.
Prese molto male il brusco modo con cui sua moglie gli aveva voltato le
spalle, ma proprio quando si era deciso a farsi consolare per sempre da
Violet cercando una nuova dimora per la sua concubina; un garzone
proveniente da Chester House gli aveva sconvolto i piani.
Il giovanotto, dinoccolato e con le orecchie a sventola, si era
presentato in casa sua quella mattina come il figlio del macellaio
Dennison. Diceva di lavorare da poco nella casa padronale
come tuttofare e di essere stato assunto da Lady Everstone.
-Milord! Ho una cosa da dirle.- gli disse con un vocino flebile.
Grant lo invitò a parlare con un cenno brusco. Il ragazzo
prese un forte respiro. -Siamo tutti molto … Vorremmo sapere
quando tornerà a casa. Per festeggiare con Lady Everstone.-
gracchiò il ragazzino.
-Ovviamente ritornerò in tempo per le celebrazioni
natalizie, ragazzo.- disse Grant, irritandosi per il rimprovero e
provando l'impulso di sbattere fuori casa quell'insolente.
Oliver aggrottò la fronte e lo fissò cupo.
-Milord, mi scusi. Volevo solo portare la notizia a milady,
così smetterà di preoccuparsi.- disse il
ragazzino. -E che sta male e comincia ad essere grossa … -
-Grossa? Malata?- domandò confuso il nobile, trovando
difficile comprendere il quadro generale dato il forte accento popolano
e il balbettio continuo.
-Secondo mia madre nascerà alla fine della primavera.-
Quello che fece dopo, non lo ricordava. Sapeva solo che tutti quegli
strani presentimenti e quel senso di stordimento che provava da
settimane, acquistarono finalmente un senso logico.
Era stato fregato nel modo più idiota. Nel modo
più becero. Nel modo più semplice.
Una volta dentro la silenziosa casa di Violet, cercò in
tutti i cassetti dei mobili, fino a quando trovò un piccolo
scrittoio chiuso, lo spaccò gettandolo a terra e fra le assi
notò fin da subito la ferma e decisa scrittura di Cathriona.
Si sentì male più volte mentre leggeva
freneticamente le diverse e lunghe lettere che passavano
lentamente da allegre missive a malinconiche lettere di racconti vuoti,
fino a concludersi con le poche secche righe con cui gli annunciava di
aspettare un figlio e che la gravidanza sembrava procedere bene.
Lo invitava a tornare per Natale, annunciandogli inoltre che aveva
convinto il padre a presentarsi, di non preoccuparsi di nulla
perché lei era riverita e coccolata dalla servitù
e dal villaggio.
Cacciò la lettera in tasca e uscì senza curarsi
di chiudere la porta. Doveva fare chiarezza in sé, capire
cosa volesse veramente e sistemare i conti in sospeso con quella vipera
sibillina che nuovamente lo aveva danneggiato.
Salì sulla prima carrozza che passava e mentre attraversava
una Londra ancora addormentata, strinse quella preziosa lettera.
Il silenzio del pomeriggio venne rovinato dai colpi alla sua porta. Di
solito nessuna persona osava disturbarla quando ritornava dalle feste
in maschera di Madame Hollande. Mentre si alzava con ancora indosso la
vestaglietta coordinata con l'abito rosso che aveva indossato,
pensò che i suoi camerieri cedeva troppo spesso al dramma.
Aprì la pesante porta, girando la chiava in ottone, e si
ritrovò a fissare gli occhi chiari di Grant.
-Caro ...- non fece in tempo a finire di dire la parola, che un
violento schiaffo la fece cadere a terra. Stordita dal colpo, confusa e
spaventata, sentì due mani forti trascinarla lungo la stanza
per poi lasciarla a terra vicino alla toletta. Con la testa che
rimbombava e una mano premuta sulla guancia, notò lo sguardo
infuriato di Grant e deglutì bile d'angoscia.
-Come hai osato interferire con la mia vita?- disse sibillino Grant.
-Come hai osato ricattare i miei domestici per contraffare la mia
posta?-
Violent scosse la testa, tentando di parlare, ma Grant la prese per un
polso, avvicinandola a sé. -Come hai osato nascondere le
lettere di mia moglie? Di mia moglie!- il secondo schiaffo fu meno
forte del primo ma la lasciò comunque sgomenta e pallida.
Tentò di coprirsi mentre sentiva le mani di Grant alzarle la
vestaglia.
-Guardati … sei solo una sgualdrina.- le
urlò. -Cos'é avevi paura di non vedermi
più una volta sposato?-
-No, ti prego Grant!- gracchiò Violet scossa dai singhiozzi
mentre sentiva la stoffa lacerarsi. -Non volevo! Io ti amo!-
Le mani di Grant si fermarono improvvisamente. -Mi ami, eh? Mi amavi
anche quando ti chiesi di aspettare un anno perché non ero
pronto a sposarmi? Mi amavi anche quando ti facevi toccare dal Duca,
vero?-
-Ti amavo, ti amo ancora Grant! Lui mi ha preso con la forza!-
gridò Violet allontanandosi dall'uomo, strisciando verso il
letto.
Grant rise quasi istericamente. -Certo, giusto! Mi ero dimenticato
della presunta violenza, dimmi quando mi hai spinto nelle braccia della
borghese scialba che dormiva nella stanza sbagliata, era amore vero?-
-Io … Eravamo ubriachi me ne sono penti
… -Un altro schiaffo la fece tacere, sgomenta
Violet si raggomitolò su sé stessa.
-Mi amavi anche quando hai ordito questo piano assurdo? Non dirmi che
volevi solo prenderti gioco di lei! E' me che stai rovinando!-
gridò Grant allontanandosi di qualche passo.
Si guardò le mani e si pentì di aver usato
violenza, la sua parte razionale stava morendo.
Si avvicinò alla porta e si voltò a fissare la
donna che fin da giovane pensava di amare, la ragazza dalla risata
facile, il sorriso contagioso, i seni voluttuosi, l'ardore di una donna
di piacere.
Che cos'era successo a quella ragazza? Perché si era sempre
visto come il cavaliere dall'armatura brillante che non era riuscito a
salvarla?
Per anni si era incolpato di non averla sposata da subito, preferendo
ascoltare il consiglio della sua famiglia a non impegnarsi e a prendere
un anno di pausa prima di proporsi ufficialmente. Ricordò di
averle regalato un anello in oro e brillanti da indossare sulla mano
destra in attesa di spostarsi in quella sinistra. E poi, quando era
tornato a bussare a casa dei Graham, si era trovato di fronte a una
donna che piangendo gli raccontava della violenza subita da quello che
considerava un buon patrigno. Da quel momento si era
incolpato di ogni cosa e Violet aveva sempre avuto una spalla su cui
piangere, un corpo caldo con cui rannicchiarsi e un assegno con
l'inchiostro ancora fresco per ogni esigenza.
Forse suo padre aveva ragione.
La signorina Violet Graham era una donna che avrebbe dovuto
evitare fin dal primo giorno.
Cathriona fece riverenza non appena suo suocero si presentò
alla sua porta.
L'uomo ignorò tale consuetudine per stringerla in un
abbraccio goffo, aveva appena ricevuto una sua lettera che lo avvisava
della lieta novella.
-Mia dolce nuora, dovresti stare seduta.- disse il Marchese Henry
Everstone. -Andiamo nel salotto blu, così converseremo un
po'.- disse ricambiando il suo sorriso.
-Come ti senti, mia cara? Hai le nausee? Oppure ti senti intrattabile?-
chiese il Marchese sedendosi accanto alla nuora e lasciando che lo
sguardo vagasse per la stanza. Annotò con piacere i pochi ma
importanti cambiamenti approntati. Il ritratto di sua moglie stava
sopra il camino, imponente e regale, ma la nuova cornice, semplice e di
buon legno, donava al dipinto una sorta di freschezza.
-Volete del tè?- chiese Cathriona porgendogli una tazza.
-Ma certo cara.- rispose il suocero, gustandosi la calda bevanda, si
domandò come fosse possibile che suo figlio si fosse perso
nei meandri di Londra, invece di godersi di una bella casa padronale,
una moglie gentile e un figlio in arrivo.
-Siete contenta del dottor Gregson?- domandò cercando di
leggere qualche emozione su quel viso impassibile.
Cathriona gli sorrise e si chinò a prendere una pila di
fazzoletti ben piegati. -E' molto competente e gentile. Ed è
anche pulito e profumato, ci tiene ad essere una persona amabile.-
rispose compita Cathriona dividendo la pila in due.
Il Marchese la fissò con un sorriso bonario sul volto.
-Avanti mia cara, lasciamo la diplomazia da parte. Come ti sembra
questo dottore? Io conoscevo il padre e lo zio, due medici stimati ma
dalle idee antiquate e sempre in lite fra loro.- raccontò
beandosi per un attimo dei vecchi ricordi di gioventù. -Ma
ricordo come mia moglie si sia sentita serena solo all'arrivo di sua
sorella Lady Diane, e dalla levatrice del paese.-
-Una levatrice?- chiese speranzosa Cathriona. -Ho chiesto alla signora
Musgrove se ve ne fosse una al villaggio ma mi ha risposto che l'unica
levatrice rimasta ha una certa età e la vista rovinata.-
Henry Everstone tentò di reprime una piccola risata.
Com'era facile prendersi cura di una creatura così modesta
come quella di sua nuora! Non aveva l'aria altezzosa e capricciosa
delle tante ragazze che debuttavano ogni anno a Londra, né
la loro superbia o il loro conformismo.
Due settimane prima, l'aveva accolto con tutta la servitù in
atrio, indossando solamente un abito da passeggio dal taglio vecchio ma
comodo e un sorriso di circostanza. Non aveva cercato di conquistarlo
con moine o ingiustificato affetto. Quando le presentò la
sua amante, si occupò delle esigenze di entrambi preparando
una stanza per la signora e rivolgendosi a lei con il dovuto rispetto.
Non era stato contento nel sapere che suo figlio si era ritrovato
maritato con una donna di basso lignaggio e con un fratello che portava
in dote solo debiti; ma in quei giorni si era ricreduto. Cathriona
Mafton in Everstone era una donna di polso, profondamente rispettosa e
laboriosa. Non vi era giorno che non si dedicasse alla casa, ai
domestici o agli ospiti.
-Allora, sarete ben contenta nel sapere che il vostro suocero vagabondo
vi ha trovato una levatrice con ottime referenze. Una donna scozzese
che ha sposato un medico molto ricco e pratica da tempo
l'attività, vivono nella contea dei Conti Spencer ma si sono
già detti contenti di prestarcela.-
Cathriona lo guardò stupita. -L'avete già
contattata?-
Il Marchese le diede un buffetto sulla guancia. -Non ho mai avuto il
piacere d'incontrare vostro padre ma Lord Patrick ne ha sempre parlato
così bene che non potevo non sforzarmi di comportarmi in
modo onorevole e premurosi nei vostri confronti.- le passò
il piattino con i biscotti. -Questa gravidanza deve essere un momento
tranquillo per te. Dopo tutto quello che hai già passato, mi
sembra il minimo.-
Le parole del Marchese colpirono al cuore, si disperò nel
notare lacrime scendere sul viso ordinario della nuora, ma quando vide
spuntare un sorriso fra quelle labbra sottili, seppe di aver sciolto un
po' quel suo cuore ruvido e stanco.
Appena rientrato nel casino di caccia dove trascorreva la maggior parte
del tempo, avrebbe scritto a suo figlio.
-Dovresti uscire da questa topaia. Hai bevuto, dormito e fatto casino
per troppo tempo.-
Sir James Pierce se ne stava in piedi nei pressi della porta della
camera da letto, con un giornale in mano.
Grant rispose con grugnito e si girò per continuare a
dormire. Il mal di testa lo stava uccidendo e la luce del sole lo
infastidiva. Ebbe la forza di tenere un cuscino sul viso mentre sentiva
l'amico trafficare nella sua stanza.
-Hai presento quel giornale per pettegole e damerini?- chiese Sir
Pierce gettandogli il mensile. -Quel che leggerai non ti
piacerà assolutamente.-
Lord Everstone si alzò frettolosamente cercando di prendere
la pagina del giornale che gli era stata lanciata, ma la fretta con cui
si alzò fu il colpo di grazia e si gettò invece
alla ricerca del pitale dove rigurgitò molti litri di alcool.
Sir James Pierce fece una smorfia di fronte ai tumulti gastrici
dell'amico e si allontanò velocemente gridandogli di
scendere nel salotto.
Ci vollero ore, prima che Grant fosse in grado di camminare dritto,
un'abbondante colazione e un veloce bagno freddo gli avevano schiarito
le idee. Ma il motivo che lo aveva definitivamente spinto fuori dal
letto fu la lettura del piccolo trafiletto dove una certa Madame H.
denunciava la storia illecita e gli abusi fisici che una giovane donna
aristocratica nubile subiva da un uomo altrettanto nobile ma appena
sposato con una donna di ceto basso.
Lo scandalo non stava tanto nella violenza fisica contro una donna ma
chi la esercitava. Un uomo al di fuori della famiglia.
Un brivido freddo gli percorse la schiena. Grant incontrò lo
sguardo preoccupato di Pierce.
-Questo giornale arriva fino a Chester House, vero?-
-Ebbene sì. Se guardi la data è vecchio di due
giorni. E' in viaggio verso la tua dimora, assieme ad altri giornali,
come tutte le seconde settimane di Dicembre.- disse James Pierce con
tono impensierito. -La cosa brutta e che questo inserto viene
generalmente inserito inseme a quelli sull'arte e sulla moda femminile.-
Il cuore di Grant si fermò per un lungo momento. -Cathriona
potrebbe leggerlo nel giro di due giorni.- biascicò a causa
della gola secca.
Sir Pierce annuì gravemente e Lord Everstone si
lasciò cadere sulla poltrona, si passò le mani
sul viso e imprecò sommessamente.
-Non è grave, amico mio. Forse non si metterà
nemmeno a leggerlo.- cercò di rincuorare l'amico e collega,
a disagio per il modo in cui Lord Everstone stava impazzendo. -Anche se
lo leggesse, non è detto che si scandalizzi o si renda conto
di chi si sta parlando.-
Grant alzò gli occhi sull'amico e lo fissò
lungamente il panciotto marrone, senza mettere a fuoco a dovere. -E'
incinta, James. Incinta.- sussurrò. -E se dovesse sentirsi
male leggendo quella porcata, potrebbe perdere … potremmo
perdere il bambino … -
A quelle parole, Sir Pierce sbiancò e si alzò
allacciandosi i bottoni della giacca.
-Hai solo una cosa da fare.- disse quasi urlando. -Devi alzarti e
metterti in viaggio subito!-
Grant chiuse gli occhi cercando di contrastare la nausea. Non aveva
altri modi per rimediare; doveva correre a casa e cercare di impedirle
di leggere quel giornale e riuscire a spiegargli cosa gli aveva preso
in quei mesi.
Da troppo tempo era rimasto diviso da due donne e situazioni diverse
fra loro, ora doveva scegliere ciò che era meglio per lui: Cathriona.
|