La mietitrice di San Pietroburgo

di Futeki
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EPILOGO

 

 

In rari casi, capita che un’anima che ha appena lasciato un corpo si volti a guardarlo. Vera Volkov, si girò lentamente verso il proprio cadavere disteso nella neve. Vide il proprio volto pallido, le labbra chiuse e l’espressione serena, a dispetto del resto del corpo lacerato dalle ferite. Come tutte le anime, rimase impassibile di fronte allo spettacolo del passaggio dalla vita alla morte. Eppure potrei giurare che nell’esatto istante in cui aveva visto Liev tornare in forma umana e stringere il suo corpo tra le braccia, una scintilla aveva animato lo sguardo di Vera. Forse, pensai, se avesse passato più tempo nel limbo, se come me avesse provato a osservare da vicino i vivi, avrebbe potuto provare ancora qualcuna di quelle emozioni che fino a poco prima le erano appartenute.

Invece, lei diede le spalle a quella scena e si voltò verso di me.

Io le tesi la mano, pronta ad accompagnarla. Ma non mi pentii di non averlo fatto qualche tempo prima, in occasione del suo incidente d’auto. Pensai, invece, che Vera aveva avuto la possibilità di combattere per ciò in cui credeva e di morire alle proprie condizioni.

Per morire davvero, bisognava aver vissuto. E Vera Volkov, per la sua giovane età, aveva già vissuto pienamente ed era morta senza rimpianti tra le braccia del suo amore travagliato.

Quando lei fu sparita dall’altra parte, riportai il mio sguardo sul mondo dei vivi. Era Liev, invece, che più di Vera sembrava aver perso la vita. Sul suo volto spento le lacrime erano finite e il dolore aveva lasciato spazio a un'espressione vacua. Se la morte è davvero l'assenza di vita, quel ragazzo le si stava pericolosamente avvicinando, a mano a mano che ogni emozione spariva dal suo volto. La vera domanda era dunque se lui avrebbe ripreso a vivere, o se si sarebbe lasciato andare tra le braccia della morte, tra le mie braccia.

Io ci sarei stata per vederlo, per seguirlo, non più solo per aspettarlo.

Realizzai quanto meravigliosa potesse essere la vita. Perché i vivi, ormai era chiaro, sono meglio dei morti; non perché possono ancora morire, ma perché hanno ancora da vivere.

 

 

 

 

 

 

 

 [Revisione di Legar]





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