Cacciatori e Vittime.
La Profezia
Capitolo 3.
«Elisa...?» la voce della vecchia rispecchiava la sorpresa
che scorreva in lei. E i ricordi lontani che entrano nel suo cuore.
Ci fu un secondo di silenzio, dove le due donne si
fissarono.
«Scusami...non ho mantenuto la promessa...» mormorò la
vecchia, sorridendo amaramente, stringendo il braccio della ragazza affianco a
lei. Elisa la guardò con occhi sottili, traspariva risentimento e...tristezza.
Allungò una mano, poggiandola sulla fronte della donna
anziana. Un’aura bianca si propagò in modo delicato, per pochi istanti. E poi
una luce fortissima, che impedì la vista a Joshua e Andrea.
«Non importa più ormai.» le parole di Elisa spezzarono la
luce, e al posto della donna anziana c’era Cassandra, in carne ed ossa, adulta
e matura. I muscoli scattanti, la pelle liscia, ma gli occhi ancora bianchi,
così come i capelli.
«Non posso fare più di così.» mormorò, fredda «Accontentati.
Dopotutto questo sai farlo bene.».
Abbassò la mano, e guardò la strada vuota di fianco a loro,
un vicolo stretto e buio.
«Presto, per di qua.» disse, correndovi dentro. I tre la
seguirono, sparendo nel dedalo di corridoi e vicoli della città.
«Qui dovremmo essere al sicuro. Almeno finché non si saranno
calmate le acque.» disse la donna pantera, chiudendo un tombino. Si erano
rifugiati in una vecchia stanza della resistenza, piccola e buia, illuminata
solo da una candela, nei sotterranei della cittadella.
«Come facevi a sapere della sua esistenza?» domandò Joshua,
che pensava di conoscere solo lui i pochi veri anfratti della città. Lo sguardo
di Elisa lo intimoriva, non riusciva a reggere il suo sguardo. Per lui, era
come interpellare una dea sulla sua forza. E si sentì stupido nell’aver posto
quella domanda.
«Lo so e basta.» affermò, sedendosi su una cassa
impolverata, osservando la spada che aveva conservato da prima. Era una buona
lama, mai usata.
«Se pensi che io sia una Dea o cose simili ti sbagli.» gli
disse, vedendo come la guardava. Le dava fastidio, si sentiva deificata, e non
le piaceva per niente. Si passò la lama sul braccio e un rivolo di sangue
scorse sulla lama affilata. Lui sbiancò. «Posso sanguinare, sentire dolore, e
morire. Proprio come te.» la coda si mosse infastidita, e il ragazzo non riuscì
a non farci caso. «E non preoccuparti, le favole che vi hanno raccontato sugli
Infetti non sono reali. So controllare il mio temperamento.» chiarì, sentendo
l’odore di paura aleggiare nell’aria. La ferita lentamente si rimarginò,
lasciando solo una traccia di sangue sulla pelle ormai asciutto.
«Su questo non ci giurerei più di tanto.» affermò Cassandra,
avvicinandosi alla fonte di luce. Joshua la osservò, indagando la sua figura
con malizia. Aveva sentito voci di come la Sacerdotessa fosse una donna
bellissima ai suoi tempi, ma ora capiva che non gli rendevano minimamente
giustizia. L’altezza non era cambiata, ma la pelle, il viso, il portamento – il
seno – tutto insieme la rendeva una donna accattivante, e forte. O almeno così
voleva apparire.
«Non ho chiesto un tuo parere, Cassandra.» il nome della
Sacerdotessa venne quasi sputato, il tono acido.
Il risentimento che sgorgava nei suoi occhi ora si poteva
sentire anche nel tono di voce.
«So che non sei felice di vedermi. Lo sento. Ma, a
differenza tua, io sono felice di...sentirti.» la voce di Cassandra cambiò
tono, diventando dolce per un secondo. Elisa alzò lo sguardo e la fissò in
volto, cercando di scorgere qualcosa che voleva trovare: il sarcasmo. Ma di
quello nemmeno una traccia.
Rimase in silenzio, la donna pantera. Non sapeva cosa dire,
e la coda si muoveva stizzita, mostrando palesemente come lei si sentisse.
Andrea aveva osservato tutto nel silenzio della sua
postazione poco lontana, arrampicatasi sopra una cassa più alta, appoggiando il
busto sul muro, il volto appena illuminato.
Sentendo il silenzio diventare troppo pesante, parlò.
«Allora...sei veramente una Dea?».
Elisa alzò lo sguardo. Era giallo, come un felino che guarda
nel buio. Il suo sguardo era più illuminante della candela di fianco a lei, che
traballava. Andrea percepì un brivido.
«No. Sono qui solo per La Profezia.» rispose, e abbassò lo
sguardo.
«Che Profezia?» domandò Cassandra.
«Non lo so. So solo che la Dea mi ha mandato qui, come
emissario della Profezia. Non ricordo di più. Forse...lo saprò più avanti.
Quello che so e che tu mi servi. E che devi venire con me, e uscire da questa
città.» informò, guardandola storta.
«Qualche obiezione a riguardo?» Elisa pose le mani sulla
cintola, i pantaloni neri di pelle aderirono alla sua figura, la camicia nera
era scollata, molto, forse troppo per Joshua, che non resistette dal guardare.
Si sentì afferrare per il colletto, e gli occhi gialli della donna a pochi
millimetri dal suo volto.
«Guardami ancora così, e non avrai più gli occhi per
farlo.».
«Scusami! Ti prego non mi uccidere!» il ragazzo sbiancò,
chiedendo perdono. Elisa mollò la presa, e Joshua si scontrò col pavimento. La
donna lo aveva sollevato da terra senza troppa fatica. I sudori freddi
correvano per la sua schiena, e il cuore a mille.
«Tieni a bada il tuo cagnolino, Cassandra, o la prossima
volta lo ammazzo.» disse acida, sistemandosi la camicia. La coda si mosse
nervosa, ora non più bianca, ma aveva venature nere che scorrevano per tutta la
sua lunghezza.
«Non è il mio “cagnolino”, Elisa. È solo un ragazzo.» Cassandra
lo aiutò a tirarsi su, e lui si allontanò di qualche metro, spaventato. «Non
sfogare la tua rabbia verso di me contro altri.» si alzò, e la guardò, al di là
degli occhi bianchi, poteva quasi intravederla.
Elisa prese la spada e iniziò a tagliarsi i capelli a
ciuffi, ignorando completamente la riccia.
«Se hai qualcosa da dire, dilla.» ribadì la sacerdotessa,
sistemandosi le vesti.
Elisa tagliò l’ultimo ciuffo con rabbia. Ora aveva di nuovo
i capelli corti, e Andrea, dall’alto della sua posizione, notò che era ancora
più affascinante e intrigante. E sì, che Joshua aveva avuto un bel coraggio a
farsi vedere da lei mentre gli fissava il seno.
Anche se, a dirla tutta, aveva tutte le ragioni di questo
mondo. È invitante...
“Ma cosa pensi adesso, Andrea?!” si riscosse dai suoi
pensieri dandosi una pacca sulla fronte.
«Sì, una cosa te la devo proprio dire.» appoggiò la spada
sul mobile, e avanzò, arrivando a pochi millimetri dal volto della donna.
«Vaffanculo.».
«Elisa, non capisco a cosa ti stai riferendo.» lo sguardo
della donna non la fissava in volto, ma percepiva che era vicina. Molto vicina.
Tanto da sentirne l’odore, e ricordò che non è cambiato, in così tanti anni. Il
cuore palpitò di un’emozione talmente vecchia che sembrava ormai dimenticata.
«Lo sai benissimo a cosa.» disse, e si voltò, allontanando
lo sguardo. Doveva, non riusciva a guardarla senza...piangere.
«Tu...mi hai dimenticata...» appoggiò le braccia alla cassa,
e le spalle divennero curve.
«Non è vero. Non ti ho mai dimenticata.» rispose la riccia,
con tono basso.
«Ah sì? Giustificami Giacomo allora.» e si girò, gli occhi
spezzati dal giallo. «Era il mio migliore amico, Cassandra! Ti sei scopato il
mio migliore amico! E peggio ancora, sei pure rimasta incinta!» l’ira di lei era
palpabile nell’aria. Le orecchie di Andrea erano tese, sapeva benissimo che
stavano parlando di lei.
“Sentiamo come la giustifichi questa scappatella, madre.”.
«Sono umana, Elisa. Ho sbagliato.» si strinse le mani al
petto, cercando di contenere l’emozione. «Ma non ho mai smesso di pensare a te,
te lo giuro.» sulle ultime parole la
sua voce si spezzò.
Elisa gli voltò di nuovo le spalle, le mani si strinsero a
pugno, e uno colpì il muro, lasciando una piccola cavità e una crepa.
«Esseri umani lo siamo tutti, Cassandra.» il suo tono di
voce era basso, ma si percepiva un ringhio di sottofondo. «Io mi ero innamorata
di te, Cassandra. Ho-».
«Eri...?» la voce di Cassandra si spezzò, nel chiederlo.
Elisa rimase ferma un secondo. In silenzio.
Tolse la mano dal muro, facendo cadere qualche calcinaccio
per terra. Si pulì alla bell’e meglio, e sospirò.
Ignorò la domanda, e continuò il discorso, lasciando che
fosse il silenzio, per ora, la risposta alla domanda fatta a bruciapelo dalla
riccia. Perché ora non aveva il coraggio di affrontarla.
«Ho mentito a tutti, Cassandra. Ho sacrificato la mia vita,
ho fatto la stronza, ho girato le spalle a tutti, facendo di testa mia, pur di
salvarvi tutti. Pur di salvarti la vita.».
«Nessuno te lo ha chiesto!» il tono di voce di Cassandra si
alzò, dagli occhi cadevano lacrime amare. La mora si voltò, guardandola
sorpresa. «Chi ti ha detto di sostituirti alla Dea, di scegliere per noi!? Chi
ti ha detto che dovevi per forza sacrificarti tu, e di salvare tutti?! Nessuno
voleva che tu morissi, Io non volevo che
tu morissi!».
«Era tutto falso.».
«Cosa?» la voce di Cassandra si spezzò, non comprendendo.
«La voce che ti parlava, il volere di sterminare tutti. Non
era la Dea della Luna a parlarti, era falsa. Era il Dio del Sole.» Elisa
incrociò le braccia.
«Come...?» Cassandra rimase come bloccata. Tutto quello in
cui aveva creduto...una bugia?
«Era una proiezione. In realtà io ho fatto quello che il Dio
del Sole non si aspettava: la cosa giusta. Ho cambiato i suoi piani di
distruzione dell’essere umano. Con quel incantamento, Cassandra, avresti
distrutto il mondo, non lo avresti salvato. Io ho fatto – inconsciamente –
quello che la Dea della Luna voleva veramente. La salvezza dell’umanità.».
Cassandra si sentì mancare le gambe, e cadde sulle
ginocchia.
«Quando ho ristabilito l’ordine nei cieli, allora sì, la
voce che sentivi era quella della vera Dea della Luna.».
«Tu hai fatto cosa...?» stavolta fu Andrea a parlare,
Cassandra aveva lo sguardo perso nel nulla. Sconvolta.
Elisa alzò lo sguardo, gli occhi castani fecero mancare un
colpo al cuore alla rossa. Erano tristi, erano distrutti. Prossimi alle
lacrime, eppure non piangevano. Eppure rilucevano di vita.
«Quando sacrificai la mia vita, venni punita dal Dio del
Sole, sempre fingendosi la Dea. Rompendo l’oscurità in cui ero stata
incatenata, liberai gli angeli, e scacciai la presenza del Dio dagli astri
competenti della Dea della Luna.»
«Elisa!» una figura
celestiale le saltò al collo, e la ragazza non riconobbe subito chi fosse. Poi
sentì un odore familiare investirla. E la presa divenne più forte.
«Celeste...» le
lacrime solcarono il suo volto, e non mollò la presa prima di non essersi
ubriacata abbastanza del suo odore.
I suoi occhi erano
ancora azzurri come il cielo.
«Ce l’hai fatta!» la
donna, dai lunghi capelli biondo scuro la guardava con un sorriso celestiale, e
le passò una mano sul volto.
Elisa rimase in
silenzio ad ammirarla.
«Mi sei mancata.» e
sorrise.
«Anche tu.» rispose
l’angelo, scuotendo leggermente le ali.
«Ti avevo detto che
sei un angelo.» la bionda spintonò la mora, ridendo.
«Ah, simpatica!».
E per qualche istante
tornò come ai vecchi tempi, quando erano solo delle ragazze che sopravvivevano
alla morte quotidiana, che ridevano per non piangere, e che condividevano tutto,
anche il dolore.
«La Dea ti vuole
parlare.» disse la ragazza, prendendola per mano. E fu condotta verso la luce.
«Ritrovai l’anima di vecchi amici, e di mia madre.» un
sorriso sghembo le passò sul volto, e di quello Andrea se ne innamorò. «La Dea
mi incaricò di un compito speciale, ed ora eccomi qua. Con la memoria corta a
proposito di ciò.» Elisa ritornò a sedersi sulla cassa. La fiamma traballò, la
candela stava per morire.
«Quindi ora cosa facciamo?» domandò il ragazzo, riprendendo
il coraggio per parlarle. Elisa lo scrutò con occhi calmi, e gli rispose.
«Ora Cassandra si riprenderà ciò che gli è stato tolto da
tempo.» quando la riccia sentì il suo nome alzò lo sguardo, era ancora
scioccata, ma lucida.
«Intendi il bastone?» domandò, rialzandosi.
«Sì. La Dea mi ha detto che finché non lo recupererai tu non
riavrai indietro né la Vista, né i poteri che mi servono per ristabilire
l’equilibrio nel mondo.» Elisa inforcò l’arma, saggiandone la presa. Era
leggera.
«La Vista? La riavrò, dopo tutti questi anni?» la voce della
donna sembrava sorpresa ed euforica.
«Riavrai tutto quello che ti strappai tempo addietro.» il
tono della mora era scocciato, ma la riccia non ci fece caso «Quello che ti ho
dato per ora è solo l’energia che serviva al tuo corpo per seguirmi in questa
nuova missione. Niente di più.».
Andrea cadde vicino a lei, atterrando morbidamente.
«Allora andiamo!» disse, sorridendo. Elisa la guardò
sorridente.
«La Dea mi ha anche dato il compito di proteggerti, dama di
fuoco.» Andrea, a quelle parole, divenne un tutt’uno con il colore dei capelli.
«Chiamami Andrea, per favore...» mormorò, balbettando
leggermente, non riuscendo a guardarla in volto. Le emozioni che aveva provato
in quel momento erano troppe da gestire tutte insieme. E il cuore non la
smetteva di battere così forte.
«Joshua, vieni con me.» disse Cassandra, allungando la mano
verso il respiro del giovane, e lui, timidamente, si avvicinò, afferrando la
mano della sacerdotessa.
«Allora, adesso vi spiego il mio piano.».