NightAlchemist93: Ti ringrazio per il commento, spero che l'aggiornamento ti piaccia^^ Baci.
Capitolo 2: Incontro
- Chi di voi conosce la storia della Grande Battaglia?
Zaech socchiuse gli occhi e represse uno sbadiglio, annoiato dalla lezione.
La maggior parte dei suoi compagni, adolescenti di entrambi i sessi d’età
compresa tra i quattordici e i diciassette anni che, come lui, avevano ottenuto
l’onore di frequentare l’Accademia in cui si formavano i Condottieri della Luce,
si agitava, eccitata dal racconto imminente, ma nel suo caso quell’ora di
forzata immobilità rappresentava solo una tortura, visto che aveva ascoltato
quella storia in tante occasioni da poterla recitare quasi a memoria.
Ormai non ricordava più quanto tempo fosse passato da quando aveva messo
piede in quell’enorme edificio simile a un monastero, che era poi diventato la
sua prima vera casa. Lì i difensori della sua stirpe, i leggendari protettori
degli Umani, si prendevano cura dei numerosi orfani trovati durante le loro
peregrinazioni e li educavano, insegnando loro a leggere e a scrivere, per poi
rimandarli nei villaggi una volta che avessero imparato a prendersi cura di se
stessi; solo i più dotati venivano istruiti anche nell’arte del combattimento e
della meditazione, in modo da affinare le capacità latenti che i maestri avevano
riscontrato in essi, e, se lo desideravano, potevano proseguire l’addestramento
e rimanere nell’Accediamo fino alla maggiore età o anche oltre.
Chi raggiungeva i requisiti richiesti, una volta divenuto un possente
guerriero veniva insignito del titolo di Condottiero della Luce e si sarebbe
sobbarcato il compito di proteggere Erhedyas, la terra in cui vivevano, dalla
minaccia dei Notturni, giurando di garantire la libertà al proprio popolo a
costo del suo stesso sangue.
Zaech si sentì percorrere da un fremito di eccitazione, al pensiero di poter
entrare in quelle schiere di eroi di cui aveva sentito parlare fin da
bambino.
Nonostante avesse appena compiuto quindici anni, il suo incredibile talento
nella lotta e la dedizione con cui si addestrava quotidianamente, rifuggendo
qualunque pausa superflua, avevano catturato l’attenzione dei combattenti più
anziani e non era un mistero che entro l’inverno seguente sarebbe assurto al
rango di Condottiero.
Ricordando le responsabilità di cui si sarebbe fatto carico dopo questa
nomina, si costrinse a spalancare gli occhi e cercare quanto più possibile di
seguire Kiel, il vecchio maestro che aveva cominciato a raccontare la storia
degli Umani.
- Come voi tutti sapete, – esordì l’anziano, con voce stranamente vellutata e
melodiosa per la sua età – la nostra stirpe vive su Erhedyas da innumerevoli
anni. Un giorno buio per tutti noi Umani, un nuovo popolo, i Notturni, giunse
dal lontano Mare del Nord e s’insediò vicino ai nostri villaggi. Durante i primi
tempi, le due razze vissero in armonia l’una con l’altra, aiutandosi a vicenda e
condividendo le loro conoscenze, ma poi questi forestieri s’interessarono dei
poteri che i più sapienti della nostra stirpe erano riusciti a sviluppare dopo
anni di studio e di meditazione, e gli Umani, ingannati dalle loro apparenze
pacifiche, li istruirono nell’arte della magia. Non appena i Notturni riuscirono
a padroneggiarla abbastanza bene da rivaleggiare con i loro maestri, scatenarono
una guerra senza quartiere, da cui un solo popolo sarebbe uscito vincitore. Fu
uno scontro durissimo, in cui la nostra razza rischiò l’estinzione, perché i
loro persecutori, pur inferiori di numero, erano riusciti ad appropriarsi della
magia con grande facilità e, a differenza dei nostri avi, tra cui solo pochi
eletti particolarmente dotati ne potevano fare uso, avevano imparato a
utilizzarla senza restrizioni.
Ormai decimati dai loro avversari, gli Umani furono costretti ad arrendersi e
si ritrovarono asserviti ad essi per parecchi anni, fino a quando coloro che
ancora desideravano la libertà si unirono per tentare un’ultima, disperata
ribellione: i guerrieri migliori e gli anziani più sapienti fecero un patto con
il loro stesso sangue, impegnandosi a proteggere a costo della vita Erhedyas e
la loro gente dalla minaccia dei Notturni, e scesero in campo al sorgere
dell’alba, pronti a far brillare la speranza in quella che oggi noi chiamiamo la
Grande Battaglia. Così nacquero i Guardiani della Luce. Alla fine dello scontro,
durato intere settimane, solo pochi di essi riuscirono a salvarsi; ma il popolo
venuto dal mare, che si era rivoltato contro chi gli aveva offerto aiuto e
amicizia e l’aveva reso schiavo, era stato sconfitto. Preoccupati che questi
traditori potessero minacciare nuovamente la libertà, ma senza la spietatezza
necessaria per ucciderli tutti, i Guardiani li bandirono da queste terre,
privandoli con un complesso rituale di tutti i poteri e sigillandoli in un limbo
in cui sarebbero rimasti fino a quando non avrebbero espiato le loro colpe.
Quindi, come ultima cosa, fondarono quest’Accademia, affinché dopo la loro morte
si formassero altri combattenti e altri maghi con la capacità di affrontare i
Notturni, qualora essi riuscissero a liberarsi anzitempo.
Il vecchio maestro fece una pausa, prima di rivelare un sorriso e assumere un
tono ben più leggero.
- Purtroppo nulla è infallibile, neppure ciò che venne creato dai Guardiani,
così non sempre il sigillo riesce a trattenere tutti i suoi prigionieri; ma
questo è il motivo per cui noi esistiamo, e fino a questo momento mi sembra che
abbiamo svolto bene il nostro compito.
Parzialmente assopito, Zaech captò l’ultima parte della storia e il suo
pensiero si rivolse inesorabilmente a quei leggendari guerrieri, che ammirava
con tutto se stesso fin da bambino e di cui avrebbe desiderato seguire le orme,
sebbene fosse conscio della difficoltà di una simile impresa.
Erano rarissimi coloro che assurgevano al rango più alto dei difensori della
Luce: oltre a dimostrarsi degli ottimi combattenti, in grado di lottare sia con
le armi che a mani nude, ed eccellere rispetto agli altri Condottieri, si
sussurrava che un altro requisito fondamentale fosse l’utilizzo della magia.
Pochissimi tra gli studenti conoscevano l’identità dei Guardiani, anche se le
ipotesi più plausibili riguardavano i loro insegnanti, e perfino Kiel, che amava
particolarmente divagare nei suoi racconti, non aveva mai rivelato nulla sugli
eroi del loro tempo; l’unica persona di cui si sapesse con certezza che aveva
raggiunto un simile riconoscimento era il capo indiscusso dell’Accademia, Dolar,
tuttavia nessuno l’aveva mai incontrato e Zaech aveva cominciato a ritenerlo una
sorta di leggenda nata per soddisfare la loro curiosità, e non un guerriero
realmente esistente.
Cullato dalla voce melodiosa del suo maestro, lanciò uno sguardo fuori dalla
finestra, nel tentativo di svagarsi un po’ e cancellare la sonnolenza che lo
stava invadendo, e per poco non gli sfuggì un’esclamazione di stupore:
esattamente al livello dei suoi occhi, seduta a cavalcioni su un grosso ramo,
una ragazza lo stava fissando con un sorriso impertinente stampato sul volto.
Non appena si accorse di essere riuscita a catturare la sua attenzione, cominciò
a fargli inequivocabile segno di raggiungerla con entrambe le mani,
indirizzandogli delle buffe smorfie per enfatizzare quell’ordine silenzioso, ma
Zaech scosse la testa. Malgrado la lezione lo annoiasse profondamente, non
desiderava infrangere le severe regole dell’Accademia; inoltre, anche se non si
erano mai parlati prima, gli era bastato un istante per riconoscerla come una
delle allieve più problematiche e indisciplinate dell’intero edificio, la spina
nel fianco della maggior parte dei loro maestri, nonostante fosse appena
quattordicenne.
Tenne ostinatamente la testa rivolta davanti a sé, pur essendo consapevole
dei gesti con cui lei cercava di chiamarlo, reprimendo con tutte le sue forze il
desiderio di uscire all’aperto. Quando Kiel cominciò a elencare il nome dei
primi Guardiani e le loro caratteristiche come spadaccini e maghi, tuttavia, la
sua convinzione divenne vacillante e, giunto alla storia del terzo guerriero,
perfino la compagnia di una simile piantagrane gli sembrava allettante.
Qualche minuto più tardi, grazie a una fuga silenziosa e repentina, era fuori
dall’edificio.
La ragazza, adesso appoggiata al tronco dell’albero e impegnata a rigirarsi
una ciocca di capelli tra le dita, non mostrò alcuna sorpresa quando lo
vide.
- Sapevo che saresti venuto! – lo accolse, ammiccando, non senza una leggera
sfumatura di derisione nel suo sorriso.
Per nulla a suo agio dopo aver infranto per la prima volta una regola
dell’Accademia, il ragazzo assunse un’espressione contrariata.
- Non dovresti essere in classe?
- Mi annoiavo.
- Quando si accorgeranno della tua assenza, verrai punita.
Lei scosse le spalle.
- L’importante è non farsi scoprire. – commentò, prima di piegare le labbra
nel sorrisetto ironico con cui aveva accolto il suo arrivo – E poi tu ti stai
macchiando della mia stessa colpa.
Le rispose uno sbuffo irritato, così preferì reprimere la sfrontatezza che la
caratterizzava in favore di un tono più amichevole e quasi intimorito.
- Tu sei Zaech, vero?
Lui annuì.
- E tu Elyn. – disse, scoccandole un’occhiata di rimprovero – Perché mi hai
chiamato?
- Ho visto che la lezione non ti interessava, così ho pensato che avresti
potuto farmi compagnia. E poi ti devo chiedere un favore.
- Che genere di favore?
Il volto della ragazza si velò d’imbarazzo.
- Avrei bisogno del tuo aiuto per imparare a utilizzare bene la spada. Mirta
dice sempre che sei il suo allievo migliore e, siccome ha minacciato di farmi a
fettine se non migliorerò a sufficienza entro il prossimo mese, ho pensato che
tu fossi la mia ultima speranza.
Pur sentendosi lusingato da un simile apprezzamento, Zaech cercò di trovare
un’altra soluzione per non impegnarsi in prima persona.
- Perché non chiedi a lui di darti degli insegnamenti supplementari? – le
chiese, nonostante potesse intuire il motivo anche da solo: severo e
inflessibile come nessun altro nell’Accademia, e particolarmente spietato con
chi non obbediva all’istante ai suoi ordini o si mostrava indisciplinato, il
maestro d’arme era odiato senza discriminazioni da quasi tutti i suoi
allievi.
Elyn, infatti, si esibì in una smorfia.
- Mi ritiene un caso senza speranza e comunque non ho nessuna intenzione di
pregarlo per farmi insultare anche al di fuori delle lezioni normali.
- Non c’è nessun altro che potrebbe aiutarti?
- Non bravo quanto te.
Incatenato dalle sue iridi castane, divenute all’improvviso gli occhi
supplicanti di una fanciulla in difficoltà, il giovane guerriero sentì i propri
propositi di non immischiarsi vacillare pericolosamente, mentre l’idea di
assumere per qualche giorno il ruolo di insegnante cominciava a intrigarlo più
del dovuto. Quando infine comprese che non sarebbe riuscito a rifiutare la sua
richiesta, si prese qualche minuto per lasciarla nel dubbio, prima di rivelarle
la propria decisione.
- D’accordo, ma dovrai fare esattamente come dico io. – l’avvertì.
- Ti ringrazio! Allora ti aspetto domani pomeriggio nell’arena di
combattimento! – esclamò lei, mostrandogli il primo sorriso senza alcuna presa
in giro, ma subito l’espressione amichevole con cui lo stava fissando si
trasformò in una maschera di paura.
Zaech si volse giusto in tempo per vedere Mirta oltrepassarlo e dirigersi
come una furia sulla compagna, che aveva cercato invano di fuggire verso il
bosco poco lontano.
- Ecco dov’eri finita! – ruggì il gigantesco spadaccino, afferrandola per un
braccio come fosse una bambola e cominciando a trascinarla verso l’Accademia –
Stai pur certa che la pagherai cara!
Il ragazzo si scostò, riluttante, per farli passare.
Sapeva che, per quanto duro fosse l’addestramento dei difensori della Luce,
non si somministravano mai punizioni corporali agli allievi; tuttavia, nel
vedere in preda alla collera il più temuto tra i Condottieri, si riscoprì a
dispiacersi per lei, almeno prima di sentire una voce familiare pronunciare il
suo nome alle sue spalle.
- Zaech, mi deludi.
Con la chiara espressione di chi è stato colto sul fatto, si volse,
ritrovandosi a fissare il volto coperto di rughe dell’anziano insegnante, che
evidentemente aveva concluso il suo racconto sugli antichi Guardiani.
- Sei uno dei miei allievi migliori, ma non posso sorvolare su questo tuo
comportamento. Adesso torna in aula. – gli ordinò.
- Sì, maestro. – rispose lui, rassegnato al castigo.
Mentre seguiva docilmente Kiel dentro l’edificio, incrociò lo sguardo della
compagna, ancora prigioniera della morsa ferrea di Mirta, che alla sua occhiata
di fuoco rispose mostrando la lingua.
- Stupida ragazzina, è tutta colpa sua. – mugugnò, deciso a non lasciarsi
impietosire da lei in futuro – Domani se lo scorda il mio aiuto.
Nascosto nell’ombra, tanto vicino da poter scorgere il suo profilo, Zaech
attendeva il momento propizio per attaccare la giovane apprendista, che avanzava
lentamente lungo la sala principale del piccolo monastero. Nonostante fosse
trascorso più di un anno da quando l’aveva vista l’ultima volta, non era
cambiata da come la ricordava e, mentre rimaneva immobile, con i nervi tesi per
lo scontro imminente, non riuscì a impedirsi di ammirare ancora una volta i
lineamenti delicati del suo volto, in cui una spruzzata di tenui lentiggini
diminuiva l’austerità di uno sguardo che aveva abbandonato l’onnipresente ironia
dell’adolescenza in favore di una maturità nuova. Le sue guance si erano
impercettibilmente affilate e non venivano più nascoste dai ciuffi scompigliati
dei suoi capelli castani, ora raccolti austeramente dietro la nuca, ma la sua
figura snella eppure femminile era rimasta la stessa, riconoscibile anche
attraverso la pesante tunica che la copriva e non riusciva a smentirne la grazia
innata.
- Sapevo di trovarti qui.
La ragazza si volse di scatto.
- Chi sei? – chiese, con un guizzo d’inquietudine negli occhi castani.
Attraverso le feritoie dell’elmo nero, il guerriero la vide infilare le dita
nella ampie maniche dei suoi vestiti, in quella che in apparenza sembrava una
posa reverente, e sorrise, pronto a evitare l’attacco.
- Colui che ti ucciderà. – replicò, sfoderando l’arma che portava legata alla
cintura.
Senza lasciargli la prima mossa, l’apprendista diede inizio alla scontro.
Con un movimento rapido, tanto fluido da sembrare un passo di danza, trasse i
due leggeri stiletti che portava nascosti nella tunica a contatto col braccio e,
con una giravolta, li lanciò in direzione del suo collo, mirando alla sottile
striscia di pelle indifesa situata tra l’elmo e l’armatura, ma Zaech non si fece
trovare impreparato: gli bastò un rapido scatto del polso per portare la propria
arma all’altezza del mento e parare l’attacco, poi si gettò contro di lei.
Le fu addosso in un istante, tuttavia quel brevissimo ritardo bastò alla sua
avversaria per sfoderare due corte spade, in modo da non farsi trovare
disarmata.
Intenzionato a impegnarla in un duello ravvicinato, in cui poteva
avvantaggiarsi della sua maggiore forza fisica, Zaech caricò un fendente dopo
l’altro, mirando alternativamente alla testa e al ventre per sfiancarla in breve
tempo, a cui lei rispose con parate perfette, malgrado il fisico minuto, dando
prova di aver meritato appieno il suo grado di Condottiero. Come era già
successo tempo prima, la ragazza pareva intuire tutti i suoi attacchi e riusciva
a deviarli appena prima dell’impatto con il suo corpo, senza mai contrastarli
direttamente, per non trovarsi alle prese con una prova di forza che non avrebbe
potuto vincere.
- Chi sei? – gli chiese nuovamente, quando l’ennesimo scontro tra le loro
lame ridusse la distanza tra loro a poche decine di centimetri.
- Ti dimentichi presto delle persone, umana. – sibilò lui.
Stanco di giocare, decise di elevare lo scontro a un livello superiore.
I mesi di allenamento col Notturno l’avevano reso uno spadaccino quasi
imbattibile, che univa a una tecnica perfetta anche l’uso della magia, e
dimostrò subito i suoi miglioramenti, aumentando sensibilmente la rapidità con
cui attaccava.
Per la prima volta dall’inizio dello scontro, la ragazza parve in difficoltà:
incominciò ad arretrare, le sue parate si fecero più scomposte, meno puntuali e
dopo qualche minuto il suo respiro era divenuto affannoso.
Ormai convinto di avere ottenuto la vittoria, il guerriero si scoprì per
mettere a segno il colpo di grazia e la sua avversaria ne approfittò: dopo
averlo evitato per un soffio, lo costrinse a indietreggiare in maniera scomposta
con un guizzo della lama indirizzato al basso ventre, quindi, dopo un passo
indietro per mettersi fuori portata, generò una sfera infuocata e gliela scagliò
contro.
All’ultimo istante, più per istinto che per reale consapevolezza, Zaech
sollevò la mano e, attingendo al proprio potere, riuscì a deviare
impercettibilmente il globo ardente che lo avrebbe colpito al capo e invece si
limitò a sfiorarlo.
- Sei diventata più pericolosa di quanto mi aspettassi, Elyn. – sibilò,
mentre si sfilava l’elmo, rovinato dall’ultimo attacco, per evitare che il
metallo rovente si surriscaldasse fino alla sua parte più interna e gli
ustionasse il volto – Ma, in fondo, l’allieva non potrà mai superare il
maestro.
Gli occhi della ragazza si dilatarono per lo stupore nel momento in cui lo
riconobbe, ma il nome che le sue labbra stavano per pronunciare venne soffocato
all’improvviso, quando un lampo di magia la raggiunse al petto, scagliandola
violentemente contro il muro alle sue spalle.
Zaech la guardò accasciarsi a terra priva di coscienza con una strana,
martellante emozione nel suo petto.
- Tu mi hai fatto perdere la cosa più importante che avevo al mondo. – disse,
prima di caricarsela sulle spalle e dirigersi verso l’uscita – E io distruggerò
la tua.
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