Jun
allunga il piede fuori dalla coperta di lana, sgranchisce la caviglia e le dita. Le contrae, le tende,
stiracchia anche un braccio per stendere gli addominali. Nelle orecchie c'è ancora il ritmo serrato
degli allenamenti: le battute della
mazza sulle palle e di queste sulla rete, una dopo l'altra, le scarpe sul
terreno morbido. Contrae la gola, espira dal naso
rumorosamente, per scacciare fino
all'ultima tensione. Sbadiglia. Il vuoto dietro la
schiena, dove stava prima il suo fidanzato, comincia a diventare davvero
molesto.
“Tetsu!”
a voce molto alta, un po’ per paura di stare solo in quel salone, un po’ per
dispetto al silenzio della casa, alle foto di antenati in agguato a ogni angolo
sugli altari.
Tetsuya
torna con passi attutiti da ciabatte invernali ridicolmente belle, per essere ciabatte. Gli mette sotto
il naso due lattine di aranciata amara appena uscite di frigo.
“Avevo
sete. Avremmo dovuto fermarci al distributore, per un’altra bottiglia d’acqua,
stamattina. Ma qualcuno aveva fretta” lo prende in giro, affettuosamente, come
se non fosse anche lui disperatamente smanioso d’intimità. Sono scappati da
scuola appena hanno potuto e Yuki l’ha praticamente trascinato dentro il vagone
della metro afferrandogli la mano. Mai, mai neanche per sbaglio sfiorarsi in
pubblico, è la una regola che entrambi rispettano per pudore. Proprio Tetsuya
l’ha rotta, anche se per una ragione apparentemente estranea… al bisogno
terribile di stare vicini, toccarsi e gridare che il mondo può anche sparire.
“La
stanza di Miyuki ormai è infestata dai marmocchi, non abbiamo più mezz’ora per
noi”.
“Da
tre settimane e due giorni”.
Isashiki
sorride. Posa occhi adoranti sulle mani di Tetsuya, così salde e ben fatte.
Neanche i calli smorzano la loro sensibilità, sono così maschili, sexy e
irresistibili che Jun le mordicchierebbe per ore. Yuki indovina esattamente il
suo pensiero, si china e gli strappa un bacio casto e pieno di promesse per
nulla innocenti.
Jun
chiude gli occhi, assapora l’impronta delle sue labbra. Non si sono neanche
docciati insieme, pur di evitare tentazioni e perdite di tempo. Ha fatto lui le
borse per entrambi, mentre il Capitano si lavava - ben sapendo che il suo vice metteva le mani
nelle sue cose e le mischiava con le proprie apposta.
Il
mio uomo, lo chiama tra sé e sé Jun. Prende la lattina ma non beve
subito. Aspetta che Yuki si accomodi tra lui e lo schienale.
“A
cosa brindiamo?”
“Se
arriviamo al podio delle nazionali, da liceali, ti chiederò di sposarmi in
campo”.
Isashiki
diventa paonazzo, lo guarda storto.
“A
volte il tuo senso dell’umorismo è terrificante”.
“Ero
serio”.
Jun si
tira indietro i capelli, si afferra il collo imbarazzato. Cerca di venirne
fuori, in qualche modo. Come se non gli facesse saltare il cuore in gola essere
braccato da Tetsu in modo così spiazzante. Ha voglia di un altro bacio, prova a
prenderselo ma il suo ragazzo ha deciso di farlo impazzire sul serio: gli
sfrega il viso nell’incavo del collo, annusando e sospirando di piacere e
soddisfazione.
“Se lo
farai, io potrei anche dirti di sì, quindi pensaci bene”.
“Io ti
amo” gli bacia la guancia, con venerazione e rispetto, lo guarda negli occhi.
“Tu mi ami. Perché non dovremmo stare insieme tutta la vita?”
Yuki
si sfila la caternina da sotto la maglia, fa lo stesso con la sua. Identiche. A non sentirla sulla pelle, a
diretto contatto, Jun resta un attimo spiazzato. È così abituato ad averla lì
da sentirsi privato di una parte del suo corpo, anche se la sua presenza
rassicurante c’è ancora.
Tre settimane
e due giorni sono fin troppi e lui non sa cosa vuole di più, dal suo ragazzo e
capitano, se essere preso selvaggiamente sul divano di pelle nera dei suoi, i discorsi sul
matrimonio e l’amore eterno o quel flirt destabilizzante che gli frigge ragione
e pudore. Beve un lungo sorso per schiarirsi le idee. Lo stesso fa Yuki, per poi porgergli anche la propria lattina e metterle entrambe a
terra. Isashiki nota che, prima di portarle in salone, le ha asciugate per bene
sotto per non rovinare il parquet.
Spera
quasi che Tetsuya allunghi le mani sul suo sedere, ma tutto quello che fa è
recuperare il telecomando e accendere il televisore. Così tipico di lui: ha
appena parlato di sentimenti, non oserebbe neanche guardarglielo, il
fondoschiena.
Dannato
uomo d’altri tempi, inveisce l’Orgoglio di Isashiki,
pieno d’ammirazione. Ti sposerei anche subito, freme il suo Cuore. Prendimi,
scemo supplica Qualcos’altro.
“Mamma
stasera ci rimpinzerà come trote da giardino e tu parlerai fino a notte fonda
con papà. Domani c’è la festa e sempre tu ti sei proposto con mamma di aiutare
negli stand cucina” dice invece Jun, mettendosi sdraiato, comodamente su un
fianco.
“Lo
hai sempre fatto anche tu, mi dicevano le tue sorelle”.
Ringrazia
gli déi che le due streghe non avessero a portata di mano le foto dell’anno
precedente, quelle col grembiule
violetto (rosa!, sostengono le sue sorelle) e fazzoletto
in testa. Tuttavia, sicuro come la morte, non aspettano altro che il loro
arrivo oggi, per farle vedere a Tetsu. Dovrà annientare tempestivamente il loro
piano.
“Avrei
voluto salvarmi, almeno quest’anno”.
Yuki
gli carezza i capelli verso di sé,
alle sue spalle, come se sapesse che lui adora essere toccato così,
intimamente: Tetsuya può vedere, lui no, e questo lo fa sentire esposto e
felice perché è nelle mani di Tetsu che si lascia andare, è a lui che sente di
appartenere e che Tetsu continui a volerli altrettanto è l'unica cosa che
Isashiki chiede dalla vita.
Si sono incastrati così perfettamente che si lascerebbe
fare davvero tutto, anche se si farebbe uccidere prima di confessarglielo.
“Me ne
hai parlato troppo bene, della festa
invernale, per tirarti indietro adesso” constata, usando un tono molto basso: Isashiki è
rilassato, sembra dormire. È impossibile, nessuno dei due ci riuscirebbe
adesso, ma Tetsuya vuole comunque rispettare l'attimo di profondo appagamento.
Jun è come un cucciolo. Decide di distendersi anche lui, rassetta
la coperta su entrambi. Per via del feng shui domestico la centralina
elettronica è nel ripostiglio del piano superiore. Troppo lontana e lui aveva fretta di
tornare in salone, da Jun. In compenso
ha deviato per la cucina in previsione di quello che succederà, inevitabilmente, tra
loro, e che renderà necessario avere qualcosa di saporito da mandare giù.
“Non
mi tiro indietro su niente. È che il tempo insieme non basta mai, speravo…” riprende il discorso, sbadiglia rumorosamente. La
piccola tregua è passata.
“Per
fortuna i miei sono a Okinawa, allora”.
“Già.
Per una volta abbiamo casa tua. Che hai detto a tuo padre per restare qua?”
“Che
ci allenavamo anche stamattina”.
“Quando
si tratta dello sport nazionale...”.
“...
si possono trascurare i doveri verso i parenti lontani, sì”.
Jun accenna
un sorriso, tra sé e sé, anche se il padre di Tetsuya è temibile sotto tutti i punti di vista.
I premi di famiglia, dalle onorificenze aziendali ai trofei vinti dai figli,
sono bene in mostra su una teca di legno e vetro immacolati come acqua di
sorgente. Una purezza incontrovertibile che niente deve scalfire.
“Tuo
fratello non è altrettanto fortunato”.
“La
sua scuola è molto meno rigida dei suoi principi, ma a Okinawa ha molti amici,
si divertirà”.
“Se
gli piace il mare, allora questa estate dovremo invitare anche lui, a Yugawara.
Può venire anche in giornata. Mamma sarà entusiasta e gli cucinerà tutto il
polpo al limone che vuole”.
Yuki
si limita ad annuire. Come al solito Jun parla con facilità di cose difficili,
come se nominare la prossima estate non sia già un macigno, per loro. Forse Jun non ci pensa affatto e vive il presente:
questo è un bene. Mentre per lui... è un tarlo.
Respira
tra i capelli di Jun, che non li ha né lavati né asciugati bene. Trattengono
una vaga traccia del sudore della mattina, che Yuki trova assai gradevole. Se
solo fossero già a casa sua… non resisterebbe affatto.
“A
proposito di tua mamma... È scortese presentarci stasera, se perdiamo il treno
delle sei non ci arriviamo, per cena”.
“Voglio
stare con te” mormora Isashiki tra i brividi “mamma non ci toglierà il pasto,
neanche se arriviamo tardi”.
Yuki
gli carezza la spalla.
“Perché
devi vivere così lontano da Tokyo”.
“Non è
neanche un’ora e mezza non scaricarmi
addosso il fatto che stai a dieci minuti dalla scuola”.
Gli
bacia la cartilagine dell’orecchio.
“O tua
mamma è troppo buona oppure sei un figlio eccessivamente adorabile”.
Isashiki
ride, prova a dargli una gomitata.
“La
smetti!”
Tetsuya
lo blocca, gli fa il solletico. Lottano, il telecomando cade per terra. Jun
conquista la postazione superiore, ma con i polsi imprigionati dalla presa
ferrea del nemico. La attacca a morsetti, a tradimento viene preso per i
capelli e tirato giù. Viene sottomesso da un bacio che scolora rapidamente dal
sapore dell’arancia a quello così maschile, nitido, di Tetsuya.
Annaspa
per prendere aria, col viso in fiamme di piacere. Struscia il bacino su quello
del compagno, che gli scansa una ciocca di capelli finita all’angolo della
bocca.
“Ricordami
perché niente sesso in casa tua, ti prego”.
“Perché
i miei non sanno di noi”.
“Ti
prego dammi il telefono glielo dico io subito, così possiamo farlo oggi”.
Yuki
lo fissa allibito, poi deve sopprimere la risata stringendo i denti, ma le
lacrime non riesce a fermarle.
“Jun,
fattelo dire, il ragazzino ha ragione. Sei proprio uno spitz!”
Il
languore erotico evapora di colpo dagli occhi di Jun, che borbotta tutti gli
improperi (adorabili) che riesce a mettere insieme lì per lì. Si rimette come
prima, dandogli la schiena. Recupera il telecomando e comincia a girare
freneticamente i canali.
“Guardiamo
la televisione, allora!”
“Jun...”.
“Andrai
in bianco da qui ai prossimi tre anni e due mesi!”
“Jun”.
“Anche
se ci sposeremo ti manderò in bianco comunque!”.
È
difficilissimo tenere il punto con l’erezione di Tetsuya che gli sfiora le
natiche, in modo così subdolo che, per un attimo, si chiede se davvero il bravo
ragazzo sia tanto diabolico o se la sensazione del sesso duro, caldo e pronto
sia frutto della sua immaginazione, ormai, irrimediabilmente compromessa. Certo
è che una mano di Tetsuya gli sale al petto e premendo le dita sul suo cuore
gli sfrega il capezzolo con tanta cattiveria che non trova aggettivi.
“Oh, c’è
Godzilla, vediamo Godzilla!”
“Non
mi piace, cercane un altro” ordina, con una certa autorità.
Isashiki
opta per non reagire alle sue provocazioni, di qualunque tipo. Per una volta
cuocerà nel suo brodo, così impara! Anche se Yuki passa alle armi pesanti e si
mette a grattargli la nuca, giocando con i capelli dietro il collo. Jun
comincia ad elencare titoli ad alta voce, anche se fatica a tenere gli occhi
aperti. La mano callosa di Tetsuya è capace di gentilezze improvvise che,
normalmente, gli fanno saltare le corde vocali in vere e proprie fusa. Quasi si
strozza, per trattenerle, ma è fiero della muraglia silenziosa che oppone ai
suoi assalti. Se solo avesse indossato i soliti boxer invece che gli slip
stretti, avrebbe persino qualche chance di ignorare l’umidità contro il ventre.
E pensare che li ha messi proprio per questo demone di Edo!
Edo?! Ecco, Tetsuya e i suoi sceneggiati stupidi hanno
passato il segno!
“Se
non la smetti metto il Re leone e ti faccio piangere tutte le tue lacrime!”
“Cos’è?”
“Il
film della Disney!”
“Di
che parla?” domanda, come se non avesse le dita che giocano col suo ombelico.
“Di un
p-principe leone che… ma che infanzia hai avuto, Tetsu?!”
“Baseball,
che altro?”
“Se
non hai visto il re leone non puoi capire niente della vita!” lo sfotte, ma la
mano di Tetsu è ancora in zona nuca e, premendo vicino l’attaccatura dei
capelli, gli scatena micidiali frotte di brividi. Gli arrivano fino alla punta
dei piedi, devastando la sua fiera difesa. Non fa in tempo a radunare le
schegge di testardaggine superstiti che lo sleale nemico accosta la spada all’unico
fodero deputato legittimamente a ospitarla.
Jun si
sente vittima di un flirt davvero crudele. Si gira, gli sfrega ginocchia sulle
ginocchia e posa la bocca sulla sua, più volte, piegando il viso qui e lì per mordicchiare
e leccare ogni millimetro.
“Ho
voglia di te…” sussurra, gli impedisce di parlare con un altro bacio, gli
succhia il labbro inferiore “… mi hai sentito?” lo abbraccia, sotto la coperta,
accosta bacino contro bacino. “Non resisto quando posso averti tutto mio”.
“Non
riesci ad aspettare fino a stasera?”
“Neanche
tu puoi!”
Per
tutta risposta, la mano di Tetsuya gli scioglie i lacci della tuta e tocca
esattamente quello che deve, per mandarlo fuori di testa.
“Potremmo
sempre partire adesso per casa tua” suggerisce, strizzando da Jun un gridolino
molto poco virile.
“Smettila”
inciampa con le parole ma è con forza che gli afferra la nuca e mormora
“Tetsu”, con tutta la frustrazione ingorda che le dita di Yuki, a sfregare
attraverso il cotone sulla punta bagnata, non possono soddisfare.
Tetsuya
gli scansa la frangia con le labbra, gli bacia le palpebre, il naso, il mento e
la gola.
Da
dentro e da fuori i calzoni, Tetsuya gli afferra le natiche, una presa ferma da
lasciare i lividi. Poi vi fa scorrere le mani e di nuovo le imprigiona, senza alcuno
sforzo, perché le sue mani sembrano fatte per quello. Sospira sul pomo d’Adamo,
lo succhia, ingaggiando battaglia contro i punti più sensibili del suo corpo.
Via la maglietta e la canottiera, i calzoni, gli slip. Con occhi spudorati di
desiderio e nudo Isashiki gli si offre e altrettanto generosamente Yuki divora
le primizie, che fioriscono nella sua bocca a ogni assaggio, finché di
desiderio è saturo e di desiderio si sazia. Il fremito che gli anima ancora le
cosce, le ciglia umide di lacrime e il
labbro inferiore morso forte per non urlare, sono inviti difficili da rifiutare, ma Yuki si
guarda attorno e l’atmosfera austera di casa non è quella giusta e mai e poi
mai rischierebbe di rimpiangere una cosa fatta insieme. Inoltre il divano è
scomodo per loro due abituati a rotolare più volte, tra gli affondi, finché Jun
non è inerme di piacere e Tetsuya può prendersi la sua anima.
Così
si solleva e porge il sesso alla sua bocca, che ricambia insieme alle mani il
favore appena compiuto. Jun stenta ad alzare gli occhi, perché c’è troppa luce
e preferisce godere nel farglielo, non imbarazzarsi dei suoi occhi troppo
attenti a ogni dettaglio. A volte Yuki
lo guarda come se potesse tatuargli la pelle solo con gli occhi ed è, troppo,
troppo.
Le
dita di Jun sanno dove strizzare e dove sfiorare, anticipano ogni suo
desiderio. Accompagnano il suo orgasmo sfregandolo appena sotto il glande, un
attimo prima che via sigilli la bocca per accogliere il seme.
Tetsuya
resta immobile, ansante, finché non
torna padrone di se stesso. Si sdraia sul corpo nudo del
compagno. Il cuore di Isashiki batte forte come se fosse venuto insieme a lui,
mentalmente, per la seconda volta. L’appagamento li intontisce ma non possono proprio permettersi il sonno. Jun
in questo ha ragione: il tempo non basta mai.
“Il
film… voglio vederlo” dice soltanto, si solleva. Si rassetta, recupera i
vestiti del fidanzato. Osserva con curiosità gli slip bagnati, costringendo Jun
a tornare di colpo in sé.
“Hai
qualcosa da prestarmi, non ho portato il cambio”.
“Vedi
che succede a fare le borse di fretta?”
Isashiki
distoglie lo sguardo. Allunga il braccio, recupera una delle lattine e si solleva
per berla. Con i capelli spettinati e i muscoli tesi è più desiderabile che
mai. Yuki lo bacia tra collo e spalla, gli ruba la lattina e la finisce. Osserva
l’impronta appena lucida della sua bocca, sulla pelle del fidanzato, decide di
non dirgli nulla. Impasta la saliva, l’aranciata e lo sperma, ingoia. Non gli
dà più fastidio il sapore, anzi: gli è indifferente, ma soprattutto porta con
sé il piacere emotivo che è di Jun. Spesso, quando non hanno tempo e modo, è
tutta l’intimità che possono concedersi. In linea d’aria i trofei di famiglia,
chiusi nelle loro teche, non hanno minimamente lo splendore di quell’alone
sulla pelle chiara di Jun.
“Vuoi
ridarmi i miei vestiti” si volta “o te li vuoi tenere come coniglietti per
tutto il tempo? Fa freddo”.
Yuki
gli sorride, lo abbraccia e se lo porta addosso. Distende le gambe, poggia i
piedi al pavimento e lo tiene prigioniero.
“Ho
già il mio coniglietto preferito”.
Le
urla risuonano per casa, perché Yuki lo deve rincorrere per tutti i corridoi, e
solo quando recupera al volo dai cassetti della propria stanza e gli lancia un
paio di boxer riesce a farlo fermare. Recuperano anche il resto del vestiario,
si siedono vicini, sotto la coperta. L’unica lattina rimasta passa di mano in
mano, finché non finisce accanto all’altra.
Alla
morte di Mufasa, Jun poggia la testa sulla spalla di Tetsuya che, se piange, lo
fa in silenzio.
Lui
non si svergogna di singhiozzare e di lasciarsi abbracciare.