TRE
Mantenni la mia promessa. Quando Leya si svegliò il
giorno seguente, mi trovò esattamente dove mi aveva lasciato. L’avevo osservata
per così tanto tempo che ogni singolo tratto del suo viso avrebbe dovuto essere
impresso a fuoco nella mia memoria; invece ogni istante scoprivo qualcosa di nuovo
in lei. Non mi stancavo mai di guardarla. Rimasi al suo fianco per tutta la
giornata, facendole compagnia prima nel negozio dove lavorava come commessa e
poi in ospedale da suo fratello. Quando ricevette una telefonata da Ramon che
la informava sul luogo e l’ora in cui avrebbe potuto portare a termine il suo
lavoro, Leya tornò a casa per prepararsi.
«Sei sicura di volerlo fare?», le chiesi per
l’ennesima volta mentre sistemava il fucile di precisione nello zaino.
«Non ho scelta», ripeté lei, come aveva già fatto
tante volte.
Due ore più tardi era appostata sul tetto di un
palazzo di El Raval, il fucile sistemato davanti a lei, puntato verso la
strada. Io ero in piedi al suo fianco, pronto a intercettare chiunque si
facesse vivo.
«Bingo», esclamò lei a un certo punto. Gli uomini di
Juan dovevano essere arrivati. Io continuai a scrutare i dintorni, cercando di
rimanere concentrato.
La sentii premere due volte il grilletto e poi udii
le esclamazioni di sorpresa dei due sopravvissuti. Erano uomini di Ramon, mi
aveva spiegato Leya, che avrebbero portato via sia la droga che i soldi.
Il solito impulso mi trascinò verso le due anime che
avevano lasciato il proprio corpo. Sgranai gli occhi, disperato al pensiero di
lasciare Leya da sola su quel tetto, anche se solo per pochi istanti, ma
fluttuai comunque in direzione della strada. Tesi le mani verso i due uomini di
Juan e li traghettai dall’altra parte. Poi non persi tempo e tornai al fianco
di Leya. Lei aveva già risistemato il fucile nello zaino e mi stava aspettando
in piedi, scrutando nel buio.
«Juan saprà che è stato Ramon a ordinare
l’assassinio di quei due», dissi quando le fui di nuovo accanto.
«Non mi interessa», dichiarò. «I loro problemi tra
criminali non mi riguardano. Andrò a riscuotere i miei soldi e farò in modo di
non doverli più vedere.»
Sperai che avesse ragione. Non feci in tempo ad
aggiungere altro che sentii il familiare sibilo di un proiettile che sta per
colpire qualcuno.
Istintivamente, tirai Leya verso di me, spostandola
dalla traiettoria dei sicari di Juan.
«Andiamocene da qui», sibilai.
«Mi hai toccato», disse lei, ignorando completamente
il fatto di essere sotto attacco. «Mi hai toccato e non sono morta.»
La trascinai giù fino a farla stendere, in modo da
sottrarla alla vista dei sicari. «Sforzati di restare viva ancora per un po’»,
le dissi. «Così potrò toccarti per altri motivi.»
Lei arrossì, ma non riuscii a preoccuparmene: ero
troppo impegnato a cercare una via di fuga. Alla fine, la spinsi verso le scale
antincendio e scendemmo per strada. Poi le afferrai saldamente la mano e la
trascinai tra i vicoli di El Raval, percorrendo stradine in cui era quasi
impossibile non perdersi a meno di non essere della zona. Ma io non ero
soltanto il mietitore di Barcellona, ero l’anima della città stessa e non c’era
un solo centimetro quadrato di quelle strade che non conoscessi come le mie
tasche.
Alla fine, giungemmo di fronte al bar in cui Leya
doveva incontrare Ramon.
«Grazie», disse lei. «Per avermi portato fin qui.»
«Voglio solo che tu sia al sicuro.»
Lei mi sorrise e mi trascinò all’interno,
allontanandoci dai pericoli della strada.
Quando entrò nella sala da biliardo, calò il
silenzio.
«È fatta», dichiarò. «Quando i tuoi uomini
rientreranno potranno confermartelo.»
Ramon inspirò una grande boccata di fumo dal suo
solito sigaro.
«Ho già avuto la mia conferma», replicò. «Juan mi ha
telefonato. Ha detto di voler interrompere qualsiasi trattativa commerciale con
me perché credeva che fossi responsabile della morte dei suoi uomini. Per
dimostrargli la mia buona fede, gli ho detto che gli avrei restituito i soldi
che non ha avuto a causa del fallimento della transazione. Gli ho spiegato che non
siamo stati io e i miei uomini a uccidere i suoi.»
Leya strinse i pugni.
«Potrei ucciderlo adesso», sibilai tra i denti. Lei,
ovviamente, non disse nulla. A Ramon sarebbe sembrato che parlasse da sola.
«Gli hai detto che sono stata io», disse in tono
gelido.
«Non sarei mai stato così crudele, mia cara»,
replicò lui beffardo. «I suoi uomini ti hanno vista. Ti cercheranno. Io mi sono
limitato a dire che non sei una dei miei e che la faccenda non mi riguarda. Non
conoscono il tuo nome, ci metteranno un po’ a trovarti.»
«Farò in modo che sappiano che ci sei tu dietro a tutto
questo», minacciò lei.
«Chi ti crederebbe?», le fece notare lui. «Juan non
ha alcun interesse a interrompere le trattative con me, ma è suo dovere di capo
fare giustizia. Per quanto mi riguarda, volevo soltanto che quei due fossero
sistemati, non m’interessava dei soldi. Preferisco mantenermi in buoni rapporti
d’affari con Juan.»
Qualcuno nella sala ridacchiò.
«I soldi», disse Leya. «Dammi i miei soldi e ti
assicuro che non ci vedremo mai più.»
«Naturalmente, mia cara», disse lui allungandole una
valigetta. Leya la aprì e controllò che ci fosse l’importo pattuito. Poi si
voltò e senza dire una parola uscì dalla sala. Arrivata sull’uscio del bar, si
decise a rivolgermi la parola.
«Ho bisogno che tu vada a controllare che non siano
nei paraggi», disse. «Devo arrivare all’ospedale sana e salva.»
«Andrà tutto bene», le ripetei, anche se non ne ero
sicuro. Il panico iniziava a farsi strada dentro di me, a mano a mano che
cresceva la consapevolezza che qualcuno di molto potente le stava dando la
caccia.
La portai fino all’ospedale senza che incrociasse
mai gli uomini di Juan. Probabilmente, avevano perso le sue tracce già da un
po’.
Leya consegnò i soldi a un’infermiera fidata, poi
passò a salutare suo fratello, nonostante l’orario di visita fosse terminato da
un pezzo. Io la aspettai nell’atrio, su sua richiesta.
Quando scese, aveva gli occhi lucidi, ma non dissi
nulla.
«Starà bene», disse sollevata. «Io sono sicura che
mio fratello starà bene.»
Io annuii con aria rassicurante e la strinsi a me.
Evitai di farle notare che probabilmente al suo risveglio suo fratello non
l’avrebbe trovata ad aspettarlo.
Tornammo a casa sua passando per strade secondarie e
ci infilammo nel portone senza perdere tempo. Una volta in camera sua, Leya
chiuse la finestra e tirò le tende, poi si lasciò cadere sul letto.
Io presi posto sulla solita sedia di legno. Mi
sembrava passata una vita da quando le avevano sparato e io l’avevo spinta
indietro mentre veniva verso di me, eppure erano stati soltanto due giorni, due
lunghissimi, interminabili giorni. Che da soli valevano più di tutti i secoli
in cui ero stato solo, a traghettare le anime dall’altra parte.
Leya si mise a sedere sul letto. «A cosa stai
pensando?», mi chiese.
«A te», confessai.
«E che cosa pensi?»
Sospirai. «Per te gli ultimi due giorni devono
essere stati un incubo, ma per me… sono stati i più belli della mia…
esistenza», conclusi faticando a trovare le parole.
Lei si alzò e venne verso di me. Mi prese le mani
tra le sue.
«Posso toccarti, vedi?», disse come per tranquillizzarmi.
Poi mi tirò per le braccia, costringendomi ad alzarmi. Mi mise le mani sulle
guance e al suo tocco delicato chiusi gli occhi e le strinsi i fianchi tra le
braccia.
Poi mi sfiorò le labbra con le sue.
Avevo visto tanti umani baciarsi e non avevo mai capito
il significato di quel gesto. Ma la scarica che mi provocò quel semplice
contatto mi fece desiderare di averne ancora.
Non credevo di sapere cosa fare, ma istintivamente,
ricambiai quel bacio. Lei sorrise contro le mie labbra e mi trascinò camminando
all’indietro, fino a sedersi sul letto. Poi si sfilò la maglietta.
Guardarla mi provocò sensazioni che non avrei mai
neanche potuto immaginare, prima di quel momento.
«Io non…», balbettai. «Sei sicura?», riuscii
semplicemente a dire.
«Lo vorrei anche se non stessi per morire», dichiarò
con un sorriso.
Quanto
era bella.
«Non so cosa fare», ammisi con imbarazzo.
«Segui l’istinto», rispose lei.
Obbedii. La feci stendere sul letto e finii di
spogliarla, fino a che non fu completamente nuda davanti a me. Con un dito,
accarezzai il contorno del marchio sulla sua spalla. Poi iniziai a baciare ogni
centimetro della sua pelle chiara, dalla spalla, ai seni, al ventre, fino a
scendere sempre più giù.
Poi tornai alle sue labbra e la baciai ancora.
«Non ti lascerò mai andare», le promisi. «Mai.»
♦
♦ ♦
Gli uomini di Juan rintracciarono Leya pochi giorni
dopo, mentre andava a far visita a suo fratello. Le condizioni di Ric stavano
lentamente migliorando, anche se non si era ancora risvegliato.
Quando un proiettile la colpì in pieno petto,
proprio come la prima volta, Leya cadde all’indietro. Io, al suo fianco, mi
chinai immediatamente verso di lei.
Una piccola folla di passanti si raggruppò attorno a
noi, circondandoci completamente. Anche a El Raval, un omicidio in pieno giorno
in una delle strade principali non passava inosservato.
«Leya», la chiamai piano. Lei non rispose. La baciai
delicatamente.
La sua anima lasciò il corpo che stavo stringendo
tra le braccia e si mise in piedi. Sollevai lo sguardo verso di lei. Mi
sorrise. Fu lei stessa a tendere la mano verso di me.
«Così, con un
bacio, io muoio»,
fece lei con voce cristallina. «Non mi sembra un brutto destino.»
«Non voglio perderti», dissi egoisticamente.
«Non succederà», replicò lei.
La guardai meglio. Anche se non la stavo portando
dall’altra parte, la mia Leya non si stava dissolvendo. Le afferrai la mano, ma
lei non sparì.
Avevo avuto ragione quando avevo ipotizzato di aver
sprecato l’unica possibilità di portarla dall’altra parte, ma Leya era troppo viva perché si dissolvesse come tutte le
altre anime. Lei sarebbe rimasta sospesa… insieme a me. La abbracciai.
«Manterrai la tua promessa», disse lei. «Di non
lasciarmi mai andare.»
«Sì», risposi, anche se la sua non era una domanda.
«Sì, non ti lascerò mai andare.»
Lei ricambiò l’abbraccio e la mia promessa.
Camminando per le strade di Barcellona con la mia
amata al mio fianco, sentii per la prima volta che perfino tra le strade di El
Raval, il gelo si stava placando, lasciando spazio alla primavera.