Monnis, certo che uso una betareader, come credi che riesca ad azzeccare tutti i congiutivi sennò? XD a parte gli scherzi, grazie per tutto l'aiuto che mi stai dando ;)
Fra i tanti dubbi che Joey aveva in testa, quello che gli dava
più noia era il non capire perchè scegliere come
punto di ritrovo la vecchia prigione di Old Mission. Jean
Dastè era stato chiaro: John Roukis era ricercato nella
contea di St.Claire e l'Old Mission stava in quella di Jefferson,
quindi non c'era apparente nesso fra le due cose. Forse Steven gli
aveva voluto dire qualcosa scegliendo proprio quel posto come punto di
ritrovo?
In ogni modo ormai era tardi per pensarci. Il comandante di volo
avvisò i passeggeri che l'aereo stava per iniziare le
manovre di atterraggio e Joey mise momentaneamente da parte i suoi
pensieri.
Sceso dall'aereo passò al chek-in d'uscita dando nuovamente
tutte le proprie generalità, anche questa volta fu lasciato
passare senza problemi.
Uscito dall'aeroporto prese un taxi in direzione "La prigione Old
Mission, per favore" e nel giro di tre quarti d'ora arrivò a
destinazione. Pagò il tassista, prese il suo borsone e scese
in strada.
Il solo rivedere l'edificio-prigione in cui era stato carcerato gli
provocò un lieve malessere. I ricordi gli si affollarono
immediatamente nella testa, ricordi di Lily e di Damian, il ragazzo con
cui passò quei pochi giorni dietro le sbarre, ricordi di
tutti quei carcerati con cui aveva litigato e con cui si era battuto e
anche ricordi più brutti, come il cibo che faceva schifo o
la cella immensamente piccola. Se nella sua vita c'era una cosa su cui
era pronto a giurare che non sarebbe mai più riaccaduta,
sicuramente quella era il suo ritorno a Old Mission.
Si sforzò comunque di riabbassare lo sguardo fra la gente
comune, cercando ovviamente di ignorare quello delle guardie armate che
vigilavano all'ingresso, per cercare di intravedere Steven.
Non vide nessuno farsi incontro, ma dall'altra parte della strada c'era
parcheggiato in divieto di sosta un piccolo furgoncino grigio che
catturò subito la sua attenzione. Due uomini, entrambi
appoggiati con le schiene sulla fiancata, lo stavano fissando da quando
era sceso dal taxi. Erano entrambi vestiti interamente di nero ma
mentre uno era piuttosto basso e biondo, l'altro sembrava il suo
perfetto alter ego. Alto quasi due volte il suo compare, nero e senza
capelli, sembrava essere in grado di fargli ombra solamente mettendosi
davanti a lui.
Il biondo guardò l'orologio e poi disse qualcosa all'altro,
dopodichè i due controllarono la strada per attraversarla.
Una volta che si furono avvicinati a Joey fu il biondo a iniziare a
parlare.
- Sei tu James Hawk? -
Joey sentì una ventata di puzza di fumo non appena i due
uomini avevano cominciato ad avvicinarsi.
- E tu sei Steven? -
Il biondo si lasciò scappare un mezzo sorriso.
- No, ma ti portiamo noi da lui. Seguici. -
I due uomini riattraversarono la strada, senza minimamente controllare
se Joey li seguisse o no, e una volta arrivati davanti al furgoncino
gli aprirono una porta nei sedili posteriori.
- Prego, accomodati - fece il biondo indicandogli con un gesto della
mano i sedili.
Non appena Joey entrò capì come mai quei due
puzzassero tanto di fumo; l'intero abitacolo ne era impregnato, fumo di
sigaretta misto a quello di sigaro.
- Cristo santo! - si lasciò scappare Joey non appena
inspirò per la prima volta.
- Che c'è amico? - gli chiese il biondo che si stava
mettendo al posto del guidatore. Il gigante nero invece si
posizionò al lato passeggero.
- Ma dico li aprite mai i finestrini qua dentro? -
Il biondo si limitò a sorridere e ad avviare la macchina.
Joey fece passare qualche minuto nell'attesa che qualcuno gli dicesse
qualcosa, ma visto che nessuno parlava chiese lui qualche spiegazione.
- Si può sapere dove stiamo andando o è tutta una
sorpresa? -
- Stiamo andando al Red Monkey, un locale a Ashville. -
"Ashville è nella contea di St.Claire" pensò Joey
fra sè e sè.
- E quanto ci vorrà per raggiungere questo posto? -
- Cinquanta minuti, forse qualcosa di più. Ma tu rilassati
amico, ci pensiamo noi a portarti dal grande boss - rispose sempre il
biondo, accennando una risata.
- Va bene. Ah, una cosa - aggiunse subito dopo Joey, - Io non sono tuo
amico, capito biondino? -
L'uomo davanti a lui portò immediatamente lo sguardo sullo
specchietto retrovisore per fissarlo negli occhi, ma Joey di sguardi
assassini ne aveva visti a centinaia e quello non era neanche
lontanamente paragonabile al peggiore che aveva visto. Si
limitò quindi a ignorarlo completamente.
Il viaggio lo fecero per tutto il tempo in assoluto silenzio, ogni
tanto uno dei due si accendeva una sigaretta per poi buttarla fuori dal
finestrino nel giro di qualche minuto. Dopo circa un'ora arrivarono al
Red Monkey. Nonostante fossero solamente le 6 di sera il cielo era
già diventato buio e si era alzato anche un leggero vento
freddo.
Il furgoncino fu parcheggiato nell'ampio parcheggio davanti al locale e
i tre scesero praticamente all'unisono dalla macchina. Joey fece per
prendere il suo borsone ma il biondo lo interruppe subito.
- Quello lo puoi anche lasciare lì, tanto dentro al Red non
ti serve. -
Joey alzò appena un sopracciglio.
- Vuoi dire che poi torneremo qui? -
- Sì, diciamo di sì - rispose riaccennando la
stessa risatina di prima. Il nero invece aveva sempre la stessa
espressione da quando lo aveva visto.
- E poi ti devo perquisire - aggiunse il biondo.
- Umph, ti risparmio la fatica. Non sono armato. - ripose Joey fissando
l'insegna luminosa del Red Monkey.
- Devo perquisirti lo stesso - rispose il biondo avvicinandosi a Joey.
- Come vuoi - disse alzando le braccia. Effettivamente Joey era
disarmato e la perquisizione non portò ad alcun risultato.
Quando dopo aver percorso a piedi il lungo parcheggio del locale
finalmente entrarono, Joey pensò di essere finito nel set di
qualche film. Superato l'ingresso dove bastò un cenno del
biondo per essere lasciati passare, Joey si ritrovò dentro
un'enorme stanza strapiena di ragazzi e ragazze che ballavano. Fu come
essere catapultato d'improvviso in un altro mondo; non c'era nessuna di
loro che non potesse concorre a miss mondo da tanto erano belle e non
c'era nessun uomo che potesse invidiare qualcosa ai sex symbol del
cinema. Ovunque Joey vedesse trovava ragazze e ragazzi bellissimi
intenti a ballare, parlare o semplicemente bere qualcosa, tutti
rigorosamente vestiti con abiti e scarpe il cui prezzo avrebbe fatto
impallidire lo stipendio dei suoi operai.
Fortunatamente per lui non fu uno spettacolo che guardò a
lungo perchè il biondo, dopo aver parlato con quello che
sembrava un buttafuori all'ingresso della stanza, lo condusse al
secondo piano di quell'immensa sala. Una volta arrivati di sopra
passarono attraverso una porta lontana dai vari tavolini e dopo un
breve corridoio finirono dentro una piccola stanza ammobiliata con
molta cura.
Lo stile sembrava quasi classico; la grande scrivania presente al
centro sembrava di legno pregiato e i quadri attaccati alle pareti
erano tutte copie di famose opere del settecento. Sia sulla scrivania
che sugli altri piccoli mobili presenti nella stanza c'erano moltissimi
soprammobili, qualcuno anche raffigurante figure religiose.
- Tu aspettami qui che io vado a chiamare Steven - disse il biondo
lasciando Joey da solo con il colosso nero. Nel momento in cui
aprì la porta per uscire entrambi furono nuovamente
investiti dalla musica ad altissimo volume del locale, che
fortunatamente sembrò scomparire nel momento in cui la porta
si chiuse.
Joey si aspettava di vederlo comparire a breve, invece si fece
attendere per circa cinque minuti. Stufo di aspettarlo,
iniziò a guardare i molti fogli presenti sulla scrivania,
spostandone qualcuno che non era completamente visibile per via della
quantità di tagliacarte e biro presenti.
- Ehy amico non toccare le cose che non sono tue - tuonò il
nero che per la prima volta gli rivolgeva la parola.
Joey rimise a posto il foglio, dopodichè si voltò
verso di lui. - Ti ho già detto che non sono amico tuo,
bestione! - gli rispose con una certa rabbia. Il gigante lo
guardò per un attimo furibondo, poi iniziò a
scricchiolarsi le mani e ad avvicinarsi.
Prima che potesse succedere qualsiasi cosa si aprì la porta.
Entrò un ragazzo vestito di bianco dalla testa ai piedi, un
paio di ragazze svestite come se fossero in spiaggia ad agosto e il
biondino che l'aveva condotto lì.
- Non ci posso credere! Ragazzi, abbiamo portato veramente Dagger qui! -
esclamò il ragazzo.
Joey lo squadrò da capo a piedi: era vestito molto bene, il
vestito bianco completamente pulito e stirato e le scarpe erano
splendenti come se fossero state appena lucidate. La barba
perfettamente fatta e due mani curate, quell'uomo era tutto
fuorchè un criminale.
- Porca miseria! Ma lo sai che da queste parti sei una specie di eroe?
- continuò lui, iniziando a girare attorno alla scrivania
per andare a sedersi sulla grande poltrona che c'era al centro.
- Dimmi un po', Dagger,
Billy one-eye dice sempre che ha perso l'occhio al militare quando gli
è esplosa una bomba in faccia, ma qualcuno dice che sei
stato tu a farlo diventare così! Qualcuno dice che ti aveva
fatto un torto e tu per vendetta hai cercato di cavargli via l'occhio
con del filo spinato, è vero? -
Joey vide una leggera smorfia di disgusto dipingersi sulle labbra di
una delle due ragazze appena entrate.
- Sei tu Steven? - chiese lui ignorando la domanda del giovane.
- Su avanti Dagger,
toglimi questa curiosità! -
Joey sospirò.
- Sì, è vero. -
Il giovane scoppiò a ridere. - Per la miseria Dagger! Ma allora
è proprio vero che sei il figlio di puttana schizzoide che
tutti dicono! - poi prese la bottiglia di liquore presente sulla sua
scrivania e iniziò a riempirsi un bicchiere. - O per lo meno
"che eri", ti vedo un po' invecchiato sai? -
- Sei tu Steven? - chiese nuovamente Joey.
- Sì sono io Steven, caro il mio James Hawk. Bentornato in
America! - esclamò allargando le braccia. - Vuoi? - gli
chiese indicando il bicchiere pieno di liquore.
- No - rispose secco lui. - Ora mi vuoi spiegare? - chiese
avvicinandosi alla scrivania.
- Solo un'ultima curiosità, te ne prego! Ti ricordi quando
hanno commissionato a te e a Rei di far fuori il figlio di Twisty? Rei
dice che quel giorno eri talmente tanto ubriaco che ti eri dimenticato
la faccia del bimbo...e allora appena ti hanno avvisato che stava
uscendo da scuola la sua classe tu hai svuotato un intero caricatore di
AK-47 su di loro, giustificandoti con Rei che ti guardava allibito con
un "ora chiunque fosse è morto"? E' vero? -
- Basta con queste stronzate! - urlò Joey. - Arriviamo al
dunque brutto bastardo! -
Steven diventò immediatamente serio. - Toglimi quest'ultima
curiosità Dagger,
poi rispondo a tutte le domande che vuoi. -
Joey sospirò un'altra volta.
- Sì, è andata esattamente come ha detto Rei -
Steven scoppiò a ridere un'altra volta, spingendosi
leggermente lontano dalla scrivania.
- Oddio Dagger,
che pezzo di merda che sei! Ma come si fa ad ammazzare i bambini?
Capisco ancora ancora le donne...ma i bambini... - svuotò in
un sol colpo il suo bicchiere. - Comunque, siediti che arriviamo al
dunque -
- Preferisco rimanere in piedi - rispose immediatamente Joey.
- Ho detto di sederti - ribattè prontamente Steven. Se la
situazione non fosse stata così pericolosa Joey si sarebbe
messo a ridere. Quello Steven non aveva nè la faccia
nè il tono da duro e vederlo dare ordini provocava solamente
una grande ilarità. Comunque si sedette.
- Bene. Allora Dagger,
cosa vuoi sapere prima? Chi sono io? Chi sono quei due che hanno fatto
fuori tua moglie? -
- Inizia col dirmi come hai fatto a trovarmi - rispose Joey
socchiudendo gli occhi.
- Beh, sarebbe più corretto chiedere come abbiamo fatto a
trovarvi,
visto che il vero scopo del viaggio dei miei uomini è sempre
stato Lily. -
Joey rimase un attimo in silenzio.
- Non volevate me? - chiese abbastanza incredulo.
- A mio padre di te frega poco, in tutta sincerità. A lui
basta che tu finisca all'obitorio, ucciso qua in America o
là in Francia non fa differenza. Io invece ho insistito
affinchè potessi venire qui, così almeno potevo
conoscerti...prima di ammazzarti. -
Joey non credeva alle sue orecchie.
- E chi sarebbe tuo padre? - chiese tutto d'un fiato.
- Ivan Kimberlin, e io sono Steven Kimberlin, ovviamente. -
A Joey mancò per un attimo il respiro. Non poteva credere
che tutto questo stava succedendo per colpa di Kimberlin. Quando lo
conobbe in prigione ad Old Mission ricopriva la carica di capo delle
guardie; era un pervertito e un sadico, uno di quelli che si divertiva
a torturare i carcerati e a stringere patti con i criminali
più noti. Approfittava della sua carica di capo-guardie per
far tacere i suoi sottoposti sui patti più disonesti che
prendeva con i carcerati e con molti di loro aveva stretto un'amicizia
che si era protratta oltre il periodo di degenza all'Old Mission.
Quando fiutò che Lily stava addossando a lui la colpa
dell'evasione di James mandò un suo uomo ad ucciderla, uno
di quelle persone strafatte di eroina che a momenti neanche si ricorda
più come chiama. Un capo-guardie ovviamente non dovrebbe
avere certe conoscenze.
- Che c'è Joey Jacquet? - Steven pronunciò
lentamente il suo nome e cognome. - Non te lo aspettavi vero? -
- Lui...lui è in carcere! - rispose Joey nuovamente di
impulso.
- Oh, certo, c'è stato per venti lunghi anni, grazie a tua
moglie che ce l'ha mandato. Due mesi fa è finalmente uscito
e ora vuole recuperare il tempo perso, oltre ovviamente a sistemare chi
gli ha fatto fare quella fine. -
- Vent'anni? -
- Già, visto che è risultato colpevole anche
dell'omicidio di un detenuto trovato morto la sera stessa
dell'evasione. Per tutte le sue accuse venti sono comunque poco, lo
so...ma papà era molto più furbo di quanto la tua
stronza moglie pensasse. Aveva agganci in alto, molto in alto e
soprattutto era amico di parecchia gente ricca che lo aveva pagato per
avere un occhio di riguardo per un figlio magari un po' troppo ribelle
finito in galera, o al contrario di avere la mano pesante con un
detenuto che era meglio se non sarebbe mai uscito di prigione. Quando
arrivò l'accusa di aver organizzato la fuga di voi detenuti
minacciò il capo di Old Mission di spifferare
tutto quello che sapeva e contattò anche tutte le persone a
cui aveva fatto favori in quegli anni...e riuscì a
raccogliere i suoi frutti, per così dire. -
Steven si allungò per prendere nuovamente la
bottiglia di liquore, se ne versò un altro
bicchiere e poi ricominciò a parlare.
- Purtroppo scoprì che le accuse a suo carico erano troppo
schiaccianti e per lui non c'era niente da fare. Neanche con i migliori
avvocati del mondo pagati dai suoi amici sarebbe potuto risultare
innocente. Tua moglie aveva fatto proprio un bel lavoro facendo
ricadere tutta la colpa su di lui sai? La galera fu impossibile da
evitare, però riuscì...come dire...a pensare al
futuro. -
Buttò giù nuovamente con un colpo solo tutto il
liquore presente nel bicchiere.
- E il futuro saresti tu? - chiese Joey che iniziava a sentirsi la gola
secca a furia di vedere Steven che beveva.
- Esattamente! Ci provò a lungo a minacciare tutte le sue
conoscenze di farli finire in carcere con lui se non lo avessero
salvato, ma quando vide che nonostante questo proprio non si riusciva a
trovare un piccolissimo dubbio da insinuare nella giuria, allora
pensò a me che al tempo avevo dieci anni. Che bravo paparino
vero? -
Una delle due ragazze che aveva alle spalle sorrise e gli
appoggiò una mano sul braccio.
- Ovvero? - chiese Joey sempre più stupito da quello che
stava sentendo.
- Mosse un po' le acque per accertarsi che io riuscissi ad avere un
futuro pieno di soldi e felicità, mettiamola
così. - Sul suo volto si allargò un sorriso. - La
gestione degli appalti in queste zone è da sempre
controllata dalla mafia, si sa. Mio padre chiese...o meglio
ordinò, che al raggiungimento della maggiore età
io potessi entrare a far parte di queste "famiglie", per
così dire. E così andò. -
- E in questo modo quando lui sarebbe uscito di galera avrebbe vissuto
nel lusso dei soldi che avresti guadagnato tu in tutti quegli anni in
cui lui sarebbe rimasto in carcere... - concluse Joey.
- Esattamente. D'ora in poi a mio padre spetta una vita fatta solo di
gioie e di ricchezze e lo stesso vale per me. Mica male no? -
Joey si portò le mani sul volto, chiudendo gli occhi.
- Non mi hai ancora detto come hai fatto a trovarci -
- Ah sì, giusto! Eravamo sicuri che prima o poi qualcuno di
voi sarebbe tornato in carcere, visti i vostri caratteri. E sai chi
abbiamo trovato nella prigione di Regensburg, in Germania? Benjamin
Mallory! - Poi, vedendo che Joey non aveva neanche mosso un muscolo
tenendosi ancora gli occhi coperti dalle mani, riprese - Ehy Dagger hai sentito?
-
Joey inspirò a fondo, dopodichè
riportò le mani sulle ginocchia. - Non ho la minima idea di
chi cazzo sia questo Mallory, Steven -
- Eh, certamente! Voi balordi vi conoscete solo con gli stupidi
soprannomi che vi date! Lui era Black Dog, ora ti ricordi? -
A Joey per poco non prese un colpo. Black Dog era il terzo detenuto
scappato quel giorno assieme a lui e a Damian, erano rimasti in
contatto per un po' dopo che le acque si furono calmate ma dopo pochi
anni smisero di sentirsi. L'ultima volta che Joey lo sentì
per telefono gli aveva detto che sarebbe andato in Germania
per vedere se era un paese migliore dell'Italia, paese dove
viveva da quando era evaso dall'Old Mission, altrimenti se ne sarebbe
tornato in America, a rischio di finire nuovamente in galera. L'Europa
non faceva proprio per lui, continuava a ripetere.
- Sì, mi ricordo - rispose Joey sommessamente.
- E...? Non hai niente da dire? -
- Perchè, cosa dovrei dirti? Forse come mai ha rivelato a
voi dove stavamo io e Lily? Lo avrete torturato di sicuro per farvelo
dire -
Steven scoppiò a ridere. - Esatto, Dagger, esatto! E
sai cos'ha detto quel bastardo dopo avercelo detto, quando ormai era in
punto di morte? "Tanto non ce la farete mai a farle del male, Lily sta
con Hawk ora...non riuscirete neanche ad avvicinarvi a lei che Dagger vi
avrà già fatto fuori!" Proprio così ha
detto! Quanto si è sbagliato eh? Non solo non ci hai fatti
fuori, ma abbiamo fatto del male eccome a Lily! - e tornò
nuovamente a ridere. Joey strinse i pugni dalla rabbia.
- Quindi ora che si fa Steven? Mi spari un colpo in testa e la facciamo
finita? -
- Oh no, non così in fretta. Questo onore lo lascio a mio
padre, che mi ha raccontato in passato di avertene già date
un bel po' quando stavi a Old Mission. Il mio compito è
solamente quello di...renderti docile per quando lui
arriverà qui, così che potrà dirti
quello che vuole e poi farti fuori. Dopodichè
entrerà a far parte al cento per cento dei miei affari e
vivremo felici e contenti, come nelle fiabe. Bello, vero? -
Joey aveva pensato a moltissime persone quali colpevoli di quello che
era successo a Lily, ma a Kimberlin proprio no, lui non l'aveva neanche
calcolato. Era un bastardo, certo, ma non aveva mai pensato potesse
essere pericoloso fino al punto di riuscire a minacciare alte cariche
della contea per perseguire i suoi scopi. Di tutti i balordi che aveva
conosciuto, Kimberlin era sicuramente uno dei più insulsi.
Cercò di ricordarsi gli insegnamenti di Liu Shulan e di cosa
gli diceva quando si doveva misurare con molti nemici all'interno di
una piccola stanza. Gli uomini potenzialmente pericolosi erano
sicuramente due, ovvero il biondo e il colosso nero dietro di se,
più eventualmente Steven, anche se non sembrava armato. Le
due ragazze alle spalle di Steven poteva anche non considerarle visto
che sembravano semplicemente due prostitute di alto conto.
Mosse velocemente gli occhi a destra e a sinistra per confermare la
posizione del biondo; era dietro di lui alla sua destra, mentre il
colosso stava alla sua sinistra.
- Beh? Hai perso la parola? Stai per caso recitando le tue ultime
preghiere? - domandò Steven vedendo che Joey non rispondeva.
- No, niente di tutto questo. Cosa facciamo adesso Steven? Mi fai bere
del tranquillante? Mi fai pestare dai tuoi uomini? -
- Uhm...sì, qualcosa del genere - rispose Steven, facendo un
gesto ai due che Joey aveva alle spalle.
Dagger
riuscì con la coda dell'occhio a vedere che il biondo si
stava avvicinando con qualcosa in mano; teneva le due mani strette a
pugno a una distanza di trenta centimetri circa fra loro e si
avvicinava a passo lento, come se non volesse farsi scoprire.
"Un filo di ferro" pensò, prima di riuscire a vedere il
biondo portargli velocemente le mani sulla testa per poi scendere fino
a stringersi al collo. Joey fece appena in tempo ad alzare le mani
mettendole fra il suo collo e il filo prima che il biondo riuscisse
nella sua opera assassina.
- Yhaa! - urlò il biondo che iniziò a stringere
incurante delle mani di Joey che erano rimaste imprigionate nella
morsa. Joey si sentì i palmi sanguinare all'istante; non
doveva essere un semplice filo di ferro ma qualcosa di decisamente
più affilato.
- Suvvia Dagger,
non opporre resistenza! Soffrirai solo di più! - disse
Steven ridendo.
Ma Joey era pronto al contrattacco.
Mise un piede contro la scrivania e si diede una spinta all'indietro
con tutta la forza che aveva, cadendo all'indietro con tutta la sedia e
liberandosi di conseguenza dalla stretta mortale del fil di ferro.
Appena colpì con la schiena per terra alzò
velocemente una gamba colpendo il naso del biondo con il tacco del suo
stivale. Si sentì un sordo -crack- all'interno della stanza
e il naso del biondo iniziò a schizzare sangue peggio di una
tubatura rotta.
Joey ne approfittò per alzarsi in piedi con un colpo di
reni. Non fece neanche in tempo a portare gli occhi sul nero che il
colosso gli era già addosso. Gli portò le enormi
mani al collo spingendolo contro il muro, colpendo un piccolo tavolino
lì affianco che rovesciò per terra tutti i
soprammobili che vi erano sopra.
- Ehy non distruggete le mie cose brutti balordi! - urlò
Steven che si era appena alzato.
Le mani del nero erano una vera morsa d'acciaio ma si era lanciato
troppo velocemente e in maniera troppo avventata per effettuare quella
presa. Joey portò una mano sul braccio sinistro del nero
spingendolo verso il basso e con l'altra colpì con tutta la
forza che aveva il gomito del suo avversario dal basso verso l'alto. Si
sentì un altro -crack-.
- Per la miseria! Jana, dammi subito una pistola!- guaì
Steven rivolgendosi a una delle due ragazze che iniziò ad
armeggiare con le mani dentro la sua borsa.
Nel frattempo il nero era caduto in ginocchio urlando di dolore, il
braccio gli era stato rotto e quello era un dolore che sentivano tutti,
grandi o grossi che fossero. Joey lo colpì con un pugno
facendogli letteralmente voltare la faccia, poi gliene diede un altro
con l'altra mano nella direzione opposta.
Il nero cadde quasi completamente privo di sensi.
Stava per infierire ulteriormente su di lui quando vide che una delle
due prostitute aveva finito di frugare nella sua borsa e aveva appena
passato a Steven una piccola pistola. Fece appena in tempo a buttarsi
per terra che partì un colpo.
- Cazzo! - urlò Steven che si rese conto di averlo mancato.
Joey si alzò il più velocemente possibile verso
la porta e fece appena in tempo ad aprirla e a lanciarsi fuori che
partì un altro colpo. Lo prese di striscio alla spalla
destra, ma era ancora in grado di camminare.
Corse a perdifiato per tutto il corridoio che lo separava dalla grande
stanza dove i giovani stavano ballando e appena rientrò
nell'enorme sala sentì partire un terzo colpo. Si
buttò nuovamente a terra per evitarlo e fu colpito un
ragazzo che stava ballando proprio davanti a lui, cadendo per terra
morto sul colpo. La ragazza che gli era affianco esplose in un urlo
d'orrore.
Joey approfittò della confusione che stava nascendo per
saltare giù al piano inferiore, per poi correre velocemente
verso l'uscita. Dietro di lui iniziava a sentire un numero crescente di
urla.
Appena fuori si guardò attorno: una coppia di ragazzi si
stava avvicinando a una Audi R8 le cui luci iniziarono a lampeggiare
non appena il ragazzo schiacciò sul telecomando delle chiavi.
Corse nella loro direzione senza guardarsi dietro e appena gli fu
vicino assalì il ragazzo buttandolo a terra e prendendogli
le chiavi.
In quell'esatto momento Steven uscì dalla discoteca e si
guardò attorno. - Dove cazzo è finito?! -
urlò alle due ragazze che lo avevano appena
raggiunto.
Joey si infilò in macchina lasciandosi alle spalle la
ragazza che piangeva e urlava alla stessa maniera e mise velocemente in
moto. Steven fu attirato dalle urla della ragazza e guardò
nella sua direzione: appena capì che dentro a quella R8 che
partiva sgommando c'era Joey sparò qualche colpo, ma ormai
era troppo tardi.
Joey era già uscito dal parcheggio e stava scomparendo a
gran velocità nel buio della notte.
***
Quando la donna vide sul display del cellulare il numero di James Hawk,
strabuzzò gli occhi pensando di aver letto male.
- Oh mio Dio, sei veramente tu James? -
- Sì, sono io Lucrece -
La donna si sedette. - E perchè mi stai chiamando? Che
è successo? -
- Te lo spiego quando arrivo, stai ancora al 44th St.Ensley? -
- Ehy che...cosa cazzo vuol dire "quando arrivo"? -
- Tu dimmi se hai ancora la casa lì -
- Ferma un attimo! Dove sei? Da dove mi stai chiamando? -
- Ho bisogno di un posto dove dormire stanotte, Lucrece -
- James per Dio! Smettila! Rispondi alle mie domande! -
Joey si lasciò scappare un sorriso silenzioso.
- Sono a quaranta minuti da casa tua. -
- Cosa?? Che ci fai in America? Perchè sei qui?
Dov'è Lily? -
- Te l'ho detto è una storia lunga...ti spiego appena
arrivo, ciao -
- Come "ciao"? No fermati James, non puoi venire qui! Ho degli ospiti! -
- E allora vorrà dire che li butterai fuori, se non vuoi che
mi vedano. A fra poco -
Joey terminò la chiamata. Nel giro di neanche dieci secondi
vide il suo cellulare vibrare: era Lucrece che lo stava richiamando.
Joey non rispose, si limitò solamente a spingere
ulteriormente sul pedale dell'acceleratore.
|