Capelli
verde pallido
Thranduil
sedeva alla propria scrivania, appuntando alcune frasi su una
pergamena giallastra. Il grattare della sua penna era l’unico
suono percepibile.
Di
fronte a lui, Tauriel e Legolas erano in piedi l’uno
accanto all’altra. Tenevano la schiena dritta e sembravano
soldati pronti a far rapporto, ma i loro occhi erano pieni di
nervosismo.
Prima
che l’ansia nella stanza si facesse insopportabile,
Thranduil mise da parte penna e foglio ed alzò lo sguardo
sui due giovani.
«Allora»
esordì, con voce
spaventosamente calma, «sareste così gentili da
spiegarmi cos’è questa storia?»
Tauriel
si toccò la mano destra – che era fasciata
da una benda bianca – e gettò una rapida occhiata
a Legolas. Mentre i capelli di lei erano del loro consueto colore
ramato, quelli del principe erano di un inedito verde pallido.
«Ecco…»
esordì Tauriel,
incerta. «È stata colpa mia, mio
signore».
«Oh?»
fece Thranduil, guardandola con un
sopracciglio inarcato.
«In
realtà, padre» si
affrettò ad intervenire Legolas,
«anch’io ho una parte di
responsabilità».
Tauriel
spostò gli occhi sul principe. «Ma
cosa…»
«È
la verità»
asserì Legolas, girando la testa verso di lei. «Se
non ti avessi esasperata…»
«Silenzio,
tutti e due» impose Thranduil, prima che
la cosa degenerasse in un battibecco senza fine. Non alzò la
voce, ma al suo comando ammutolirono entrambi e tornarono a guardarlo.
Lui
si massaggiò le tempie. «Proviamo con una
domanda semplice. Perché i capelli di Legolas sono di quel
colore?»
Tauriel
si morse il labbro. «Perché io glieli ho
tinti, mio signore».
«Glieli
hai tinti».
«Sì,
mio signore».
Con
un lieve sospiro, Thranduil si rilassò contro lo
schienale intagliato del proprio scranno. «Posso sapere in
che modo?»
Legolas
gettò un’occhiata fugace a Tauriel, ma
tacque.
«Gli
ho detto che lo avrei aiutato con le trecce»
disse lei. «Poi gli ho chiesto se potevo bagnargli un
po’ i capelli e vedere se lavoravo meglio mentre erano umidi.
Solo che…» Si leccò appena le labbra.
«Solo che non ho usato dell’acqua, ma la tintura di
Calendir».
«Avrei
dovuto capirlo subito dall’odore»
mormorò Legolas, come per un ripensamento.
Da
parte sua, Thranduil aggrottò la fronte.
«Calendir?»
Suo
figlio annuì. «È una delle nuove
reclute» spiegò, «ma non credo che
durerà. Sembra più interessato a cercare nuovi
modi di ottenere dei colori per tingere dei tessuti che al
combattimento».
«Capisco»
disse Thranduil. «Suppongo che
abbia trovato la maniera di ottenere un bel verde pallido».
Legolas
restò in silenzio e si fissò una ciocca
di capelli che gli ricadeva sulla spalla.
«Sì»
rispose Tauriel, «credo
abbia utilizzato un qualche genere di bacca. Era molto soddisfatto dal
risultato, quindi me ne ha regalato un po’».
«E
tu hai pensato bene di tingere i capelli di mio
figlio».
Molto
saggiamente, Tauriel rimase in silenzio, e Thranduil
tamburellò le dita sul piano della scrivania.
«Se
vale qualcosa» osò dire Legolas,
«io l’avevo provocata».
«Provocata?»
Thranduil guardò Tauriel,
ma non riuscì ad incontrarne gli occhi.
«Ieri
si stava allenando coi pugnali»
annuì Legolas. «Li lanciava in aria, e si
esercitava a riprenderli al volo. E insomma… Potrebbe aver
sbagliato ad afferrarne uno per la lama e io potrei averglielo
ricordato molte volte e con molta insistenza».
Gli
occhi di Thranduil guizzarono sulla mano fasciata di Tauriel. Alla
menzione dell’incidente del giorno precedente, un vago
rossore era comparso sulle guance della giovane.
Ora
si spiegava tutto, pensò il sovrano. Legolas era in
grado essere molto molesto, quando voleva, e Thranduil sapeva bene
quanto Tauriel potesse essere vendicativa.
Anche
a distanza di secoli, gli era impossibile dimenticare il giorno
in cui Legolas aveva commesso l’errore di nascondere uno dei
suoi pugnali preferiti. Tauriel, che allora era poco più di
una bambina, aveva reagito mettendo due rane nel letto del principe.
«D’accordo»
concluse Thranduil.
«Siete entrambi confinati nelle vostre stanze».
Sia
Tauriel che Legolas lo fissarono, e suo figlio obiettò:
«Non abbiamo più trent’anni».
«Davvero?»
domandò Thranduil, asciutto.
«Avrei detto diversamente, considerato il vostro
comportamento in questa faccenda. Vi ricordo che siete il principe ed
un membro del mio corpo di guardia. Avete delle
responsabilità e dovreste agire di conseguenza».
Ci
fu un istante di silenzio.
«Per
quanto tempo, mio signore?» chiese infine
Tauriel.
«Il
tempo che ci vorrà perché i capelli
di Legolas tornino del loro colore naturale».
Suo
figlio parve sollevato. «La tintura dovrebbe andarsene
dopo un paio di lavaggi».
«Lo
spero per voi» replicò Thranduil.
«Perché nel frattempo non presenzierete ad alcun
festeggiamento o allenamento. E dopo, Araheldir vi darà una
lezione sull’etichetta».
Tauriel
mostrò un lieve disappunto nel vedersi interdetti
gli allenamenti, ma chinò la testa in segno di accettazione,
e così fece Legolas in un gesto identico.
Nonostante
il diverso colore di occhi e capelli e la differenza di
altezza, parvero quasi una coppia di gemelli.
Probabilmente,
avevano sviluppato quella sincronia ai tempi in cui la
piccola Tauriel tallonava Legolas ovunque andasse.
«Sì,
mio signore» mormorò ora
Tauriel.
«Sì,
padre» le fece eco Legolas.
Thranduil
li congedò con un gesto, dando mostra di tornare a
concentrarsi sul suo scritto.
Non
appena i due giovani furono usciti, fece il suo ingresso Galion,
reggendo un vassoio rotondo sul quale si trovavano un calice ed una
bottiglia di vino appena stappata.
Il
maggiordomo venne a posare il tutto sulla scrivania del re, che
alzò appena lo sguardo per rivolgergli un cenno.
«Confinati
nelle loro stanze?» chiese Galion.
Thranduil
tornò a scrivere, sopprimendo l’urgenza
di sospirare. Avrebbe dovuto immaginarlo. «Hai origliato,
Galion?»
«Origliato,
mio signore?» Il maggiordomo gli
versò un po’ di vino nel calice. «Non
potrei mai».
«Devi
essere un veggente, allora»
replicò Thranduil, con un guizzo delle folte sopracciglia.
Galion
sorrise pacificamente. «Nient’affatto, mio
re. Semplicemente, sostavo davanti alla porta ed attendevo che
congedaste il principe e la vostra guardia».
Thranduil
quasi storse il naso. Il
principe e la vostra guardia, diceva
Galion… Ma lui dubitava che il maggiordomo li vedesse come
qualcosa di diverso dai bambini che erano stati.
Come
qualcosa di diverso dal principino che faceva impazzire il suo
istruttore ostinandosi a voler usare un arco più grande di
lui, o dalla trovatella che una volta gli aveva assestato un morso alla
mano destra.
«Domani
è la festa di mezza estate»
aggiunse Galion. «È un peccato che debbano
perdersela».
Thranduil
prese il calice e sorseggiò il vino.
«Avrebbero dovuto pensarci prima di comportarsi in modo
così poco maturo».
E
in ogni modo, non credeva che si sarebbero rosi tanto al riguardo.
Tauriel non amava molto gli ambienti affollati e rumorosi, e
Legolas… Ecco, Thranduil immaginava preferisse non farsi
vedere troppo in giro, sinché i suoi capelli erano di quel
colore.
Galion
fece schioccare la lingua. «In cucina stanno
preparando i dolci speziati che piacciono tanto al principe».
Thranduil
lo guardò assottigliando gli occhi.
«Li
adora» enfatizzò Galion.
«Ebbene,
dovrà adorarli l’anno
prossimo» grugnì il sovrano.
Galion
non insistette. Annuì tra sé e
sé, invece, prendendo dal tavolo una boccetta
d’inchiostro ormai vuota.
Thranduil
era abbastanza sicuro che, l’indomani, Legolas e
Tauriel avrebbero ricevuto clandestinamente un cesto di dolci nelle
loro stanze.
«Il
principe è sempre incantevole, mio
signore» concluse Galion, a mo’ di congedo.
«Persino coi capelli verde chiaro».
Thranduil
attese pazientemente che il maggiordomo se ne fosse andato, e
a quel punto le sue labbra ebbero una contrazione mentre ripensava
all’ultima bravata di Tauriel.
Capelli
verde pallido. Galion aveva ragione. Donavano a Legolas
più di quanto lui si sarebbe mai aspettato.
Note:
No, non so da dove sia saltata fuori questa cosa. WHAT
HAVE I DONE |