Episodio 7 - Temporale
Stava per diluviare.
Il vento spazzava l’aria a ondate, facendo tremare
la
finestra. Lo scroscio di una pioggia lontana si avvicinava, incombeva e
ancora non cadeva.
Stava per colpirli l’inferno della natura, e loro
erano
chiusi in una stanza ad aspettare che li risparmiasse.
La finestra era aperta, l’anta tirata in avanti sul
bordo superiore, per lasciar
correre un soffio d’aria durante la notte calda.
Non stava arrivando un tifone, ma quel temporale produceva
suoni di terrore - uno spavento melodico, ritmico, persistente, che
teneva ad annunciarsi.
Nel letto, Usagi non si mosse.
Era solo pioggia, si disse. Solo elettricità
generata da nuvole
cariche. Ma le faceva paura.
Sembrerà
così la fine.
Non sapeva da quale parte della sua coscienza venisse
quell'idea.
Credeva nel bene, nella gioia, nella speranza che ogni persona creava
per sé, ma percepiva con tutta se stessa che esisteva
qualcosa di diverso e maligno, inevitabile, a cui non voleva
avvicinarsi. Forse un giorno avrebbe conosciuto tali orrori.
Per questo mi fanno paura i
temporali.
Aveva timore dei suoi stessi incubi, anche se a diciotto anni
compiuti
non era più una bambina.
Si strinse nelle braccia all’arrivo del primo lampo,
una luce
nell’oscurità del mattino plumbeo.
Dietro di lei, Mamoru mosse un braccio contro il suo stomaco.
Il tuono fece tremare il cielo sopra le loro teste.
«Usa?»
Fu un sollievo sentirlo parlare.
«… ciao.»
Sveglio, lui
ascoltò il rumore della tempesta. «…
piove. Vuoi che chiuda la finestra?»
Sì. No.
Mamoru teneva la mano sul suo fianco, le dita vigili.
«Sei
rigida.»
«Sono suoni spaventosi.»
Lui si mise a sedere. «Basta
chiudere.»
Lei afferrò una manica della sua maglietta.
«Aspetta.»
Vide nel volto di lui il riflesso di un
nuovo lampo.
Si aggrappò al suo pigiama, in attesa del rimbombo.
Mamoru tornò a sdraiarsi accanto a lei mentre colpiva.
«Vuoi avere paura, Usako?»
Si concentrò sulla voce calda di lui, morbida.
«No.
Voglio sentirlo passare.»
Mamoru guardò il cielo. «Da quanto
è
cominciata?»
«Non lo so. Mi ha svegliato il vento.»
Gli occhi di lui erano paziente. «Potrebbe passare
un’ora.»
Ne era consapevole, ma…
«Per favore. Puoi… aspettare con
me?»
Mamoru la guardò. La studiò.
«Che
cos’hai?»
Lei scosse la testa. «Voglio sentirlo
andare via.» Non aveva senso, ma lo desiderava.
In silenzio, lui contemplò i rumori della pioggia
che
iniziava a cadere, un acquazzone violento, furioso.
«È la città che si fa il
bagno.»
«Cosa?» Sorrise.
«Ha fatto un gran caldo. Tokyo si scioglieva al sole
ma era
testarda, non ne voleva sapere dell’acqua. Perciò
eccola, tutta insieme in una volta.»
Usagi ebbe in testa l’immagine di una matrona in
kimono che,
sotto il getto della doccia, metteva il broncio e si agitava.
Rise.
Mamoru era contento. La abbracciò, premendo
le labbra contro la sua fronte.
Lei fu scossa da un brivido quando sentì
l’eco di
un nuovo tuono, ma non ci badò. Era al sicuro, a posto. Le
dita di Mamoru le sfioravano la base della nuca, creando piccoli
tremolii di piacere.
Come una gatta, arricciò le dita dei piedi.
«Non sforzarti di affrontare tutto, Usagi. A volte
puoi
distrarti.»
Lei provò a pensare. «Questa è
un'inquietudine che mi porto dentro da tanto.»
«Forse fa parte di te.»
Non voleva pensarlo, anche se lui non lo aveva inteso in
maniera negativa.
Mamoru cercò di farsi guardare. «Va bene
anche se non diventi matura in tutto.»
Il vento fuori dalla stanza creò un soffio rabbioso
e Usagi inspirò col naso, per inebriarsi dell'odore di lui e
dimenticare.
Lo stava facendo di nuovo. Stava scappando.
«Vuoi che non cresca troppo, Mamo-chan?»
Era una cosa tenera. «Così puoi ancora
consolarmi.»
«No. Non mi piace che tu ti senta in colpa se non
riesci a superare proprio tutte le paure che hai. Piano piano, Usa.
C'è tempo.»
Sì, forse aveva ragione lui.
In un moto di coraggio, si voltò verso la finestra.
«Voglio vedere il cielo azzurro che torna.»
Per un po', Mamoru fece silenzio. «Sai, in
realtà non se n'è mai andato.»
«Hm?»
«Il cielo chiaro è sopra di noi, oltre le
nuvole. Su un
aereo, vedresti il sole che brilla e sotto di te una distesa
grigio-bianca che si estende per chilometri. Ne vedresti anche la fine.
È tutto... relativo, solo una questione di dove ci si trova
quando uno guarda. Anche questo temporale è bagnato dal sole
sulla schiena. Solo che noi siamo troppo in basso per
vederlo.»
Lui era così
logico.
«Perché ridi?»
«Mi piacerebbe avere la tua mente.» Non
sempre, ma a volte sì. Mamoru non aveva mai paura di nulla.
«Io non ti vorrei tanto razionale. Tu hai paura
perché sei capace di sognare. I sogni a volte sono incubi.
Ma con l'immaginazione tu vai in posti dove io non posso
arrivare.»
Non era vero. «Mi hai raccontato di bellissimi
sogni, Mamo-chan. Questa notte ne hai fatto qualcuno?»
«Non ricordo. Quando dormi da me, sogno
poco.»
Ehi. Era una frecciata? «Mi dispiace.»
Lui udì il suo tono piccato. «Guarda che
il motivo è semplice. I miei sogni sono già reali
quando sei qui, perciò...»
Oh. Quella era una cosa così
dolce... Una folata di vento freddo la colpì
alla schiena e lei si rifiutò di darla vinta al temporale.
Tirandosi su, si alzò. «Andiamo a fare
colazione.» Era una bella domenica mattina. Non si sarebbe
abbandonata alla tristezza solo perché fuori il tempo era
terribile.
Guardò Mamoru, sorrise. «Anche tu sei il
mio sogno, Mamo-chan.» Si avvicinò alla finestra,
la chiuse.
Spostò la tenda, per non guardare più
oltre il vetro.
«Cominciamo la nostra giornata insieme, su! Ho tanta
fame.»
Si diresse in cucina, felice.
Episodio 7 - Temporale - FINE
NdA:
Ogni tanto l'ispirazione giunge così, da un temporale
pomeridiano.
Avevo le sensazioni di Usagi. Le ho esplorate, mi ci sono
immersa. Ammetto che avevo una sorta di fascinazione per ciò
che provavo, perché il brutto tempo è in grado di
creare una colonna sonora davvero inquietante.
Volevo rendere la sensazione in una storia e così
è nata questa mini-one-shot, quasi una flash-fic :)
Grazie di aver letto!
ellephedre