Premessa:
la trovata dei bigliettini d’amore di Amy , come le reazioni di Sayonji, sono
liberamente tratte dal testo di una bellissima commedia interpretata negli anni
’70 dal grande Erminio Macario ed
intitolata “Pautasso Antonio, esperto di matrimonio” (Autori Amendola e
Corbucci). Quando, bambino, la vidi in televisione, risi per mesi ripensando
all’avvocato Pautasso che, segretamente innamorato della giovane Margherita,
strappava inferocito i bigliettini d’amore che la sua non proprio bella
governante Teresa, da anni innamorata di lui, gli seminava dappertutto nelle
pratiche (e che, spesso, venivano letti anche da altri)
“Ingegnere,
c’è una visita per lei”
Hilda si
rivolse a Sayonji, che alzò lo sguardo dal suo ennesimo progetto, chiese a
Yamato di attendere e le rivolse la sua attenzione.
Albert ed
Hilda si erano temporaneamente aggregati al gruppo di Sayonji in modo da
discutere gli ultimi dettagli dell’azione assieme a Joe e Jet. Nell’attesa che
il Professor Gilmoure venisse a prelevare lui ed Hilda con il Dolphin, Albert si
era messo anche a lavorare come meccanico insieme a Yamato, in modo da
accelerare la partenza del Big Carry, ed Hilda, con il suo cervello
elettronicamente potenziato, aveva aiutato Sayonji con la progettazione Autocad.
Sayonji si era meravigliato delle capacità di Hilda, ed Hilda si era
meravigliata di quelle di Sayonji. La giovane tedesca era felice di rendersi
utile, e di avere trovato amiche come Romy e Sakura. Albert, poi, pareva un
altro uomo. L’unica cosa importante, per lui, era il sorriso di Hilda. E lei
sorrideva. Sorrise anche a Sayonji, non appena questi le chiese chi fosse il
visitatore.
“Una certa
Amy Belle Van Valkenburgh”
Sayonji si
irrigidì.
“Bene, gli
dica che non ci sono!”
“Va bene,
ingegnere”
Sakura, in
tuta da meccanico, si intromise, continuando a pulirsi le mani sporche di grasso
con uno straccio.
“Per
favore, aspetta un attimo Hilda!” le disse cortese, ma decisa.
Poi si
rivolse al fratello.
“Ma
insomma! Cosa vuoi che ti faccia, che ti mangi?”
“Se posso
scegliere, voglio che mi stia fuori dai piedi!”
“E
perché?”
“Perché è
frivola, vanesia, impicciona…”
“Perché è
una donna che ti fa delle avances, e questo basta a mandarti in
crisi!”
“Sì,
chiamale “avances”, quegli sciocchi bigliettini d’amore vergati di idiozie che
semina dappertutto! E poi, con quello che c’è in gioco adesso ti pare
che….”
“Sì!”
replicò Sakura, con la sua consueta verve.
Jet la
osservava, divertito. Com’era forte e fiera, la sua piccola giapponese…..come
sapeva essere gentile e rude al contempo. Romy ed Hilda ascoltarono con un lampo
di curiosità femminile negli occhi.
Mentre il
battibecco fra Sayonji e sua sorella continuava, Hilda chiese a Gantetsu di chi
stessero parlando.
“L’innamorata di Sayonji, colei che lo insegue da tre anni” rispose il
gigante, visibilmente divertito.
“Ma chi è
questa Amy Belle?” chiese precipitosamente a sua volta Romy a Ken.
“Oh!”
rispose Ken, sorridendo “Una giornalista free-lancer che continua a tallonare
Sayonji da quando lo conobbe, circa tre anni fa. Diciamo che è la sua “compagna
non ufficiale””
“Non
ufficiale?” la curiosità di Romy salì alle stelle “In che senso?”
“Nel senso
che Sayonji non la pensa allo stesso modo” rispose Ken.
“Ed i
bigliettini d’amore?”
“Ah,
quelli! Gliene scrive a decine, e riesce sempre a farglieli avere nei modi più
inaspettati”
“Davvero? E
Sayonji come reagisce, quando li legge?”
“Beh, in
genere si limita ad appallottolarli imprecando…”
Romy chinò
il capo, si coprì la bocca con la mano e prese a ridere silenziosamente.
Dopo tutta
la tensione dei giorni precedenti, dopo la fatica degli allenamenti e delle
messe a punto all’ombra del pericolo dello Spettro Nero, quella scena da
situation comedy fu un balsamo. Riuscirono a dimenticare per un attimo la
consapevolezza che, forse, tra una ventina di giorni, il mondo come lo
conoscevano sarebbe finito. Sakura e suo fratello erano una coppia stranamente
assortita, dato il loro carattere opposto, e le loro discussioni erano
irresistibili, specie se riguardanti gli atteggiamenti di Sayonji con l’altro
sesso.
Sakura
troncò le proteste di Sayonji facendo dietro front, raggiungendo la porta ed
invitando la visitatrice ad entrare.
“Vieni
avanti, cara!”
Sayonji
reagì con una sorta di riflesso condizionato. Fece cadere un cacciavite di
proposito e, fingendo di raccoglierlo, prese a camminare a quattro zampe dietro
un banco di attrezzature nel tentativo di sottrarsi all’incontro. Proprio in
quell’istante giunsero Albert e Mutsu, occupati a discutere fra loro esaminando
un iniettore con sguardo critico, quando videro il leader della scuderia Sayonji
camminare a gatto.
“Ingegnere,
che cosa fa?” chiese Albert, candidamente.
Mutsu
rimase interdetto .
Sayonji
alzò lo sguardo al cielo e strinse i pugni, mentre Amy Belle si avvicinò e gli
sorrise.
“Ah! Si
nasconde lì dietro, cattivaccio?”
“In qualche
posto bisogna ben stare!” replicò Sayonji
Amy era una
ragazza piuttosto graziosa, snella ed abbigliata con gusto classico. Aveva
l’aria della persona spontanea, sveglia e stravagante. Il suo tono di voce era
piuttosto petulante e la sua gestualità un poco affettata. Un tipo decisamente
mondano, quindi amante di tutto ciò da cui Sayonji si teneva alla larga. Cosa ci
trovasse in Sayonji, era un mistero.
“Ma cosa
fai?” gli domandò Sakura
“Cerco un
cacciavite!”
“Andiamo,
finiscila di camminare come un gatto!”
“Non lo
trovo…”
“Abbiamo
ospiti, ok?”
Sayonji
fece per alzarsi in piedi, battè la testa contro una sporgenza e poi riguadagnò
una posizione eretta. Venne investito dal profumo di Amy. Era essenza di
tuberosa: proprio quella che Sayonji non poteva soffrire. Romy ed Hilda
osservavano la scena con eccitata aspettativa. Ken si chiese se non fosse il
caso di intervenire, mentre Jet cercava di non ridere.
“Ingegnere”
fece Amy, sfacciata e sensuale “Potremmo restare soli?”
“Ehm…”
Replicò Sayonji
“Certo che
potete!” scattò Sakura.
Jet si fece
avanti.
“Tesoro,
credo che Joe abbia bisogno di
noi”
Prese
Sakura sotto braccio e la trascinò letteralmente via.
Anche
Albert prese Hilda sottobraccio.
“Vieni,
cara, ho bisogno di te!”
Hilda
resistette un poco e si lasciò condurre via.
Romy
resistette maggiormente, ma alla fine Ken l’ebbe vinta.
Mutsu capì
da sé di essere di troppo.
I due
rimasero soli.
“Ebbene,
eccoci soli” disse Sayonji con tono rude.
“Andiamo,
ingegnere, non è contento della mia visita?”
“Mi spieghi
a cosa è dovuta”
“Devo consegnarle questo” rispose lei,
con aria soddisfatta
Porse a
Sayonji un fascicolo con le note organizzative relative alla partecipazione del
Sayonji Racing Team alla gara di Tortica.
“Se è lei a
consegnarmelo significa che…”
“Che sono
il vostro contatto: lavoro per l’ente organizzativo internazionale della gara di
Tortica”
“Sul libro
paga di Ayab, per caso?”
“Oh, no!
Non mi metto con quella gente…
preferisco voi… soprattutto lei, ingegnere…”
“Oh, la
ringrazio!”
“Non
potrebbe iniziare a darmi del tu, visto che saremo spesso a
contatto?”
“Vedremo.
Ok, mi segua nel mio ufficio, ho diverse domande da farle”
Amy lo
seguì dicendo a se stessa “Adesso sì che posso starti vicino, istrice… potrò
scriverti i miei messaggi d’amore… ma perché ti amo?… Saranno i tuoi baffi da
sparviero? Le tue spalle? I tuoi lunghi capelli?... ah, cosa non si fa per
amore!”
La barretta
metallica del mirino tagliò in due la sobbalzante sagoma del cavaliere
biancovestito che, in piedi sulle staffe, reggeva contemporaneamente con la
sinistra briglie e fucile spianato. La coda di rondine della tacca di mira
si alzò fino a collocare il mirino
esattamente nella sua bisettrice, mantenendo sullo sfondo il cavaliere. Da sotto
il casco da esploratore che completava la divisa kaki da deserto dei
cyborg, sdraiato con il gomito
sinistro piantato nella sabbia per reggere il fucile, Geronimo invocò
devotamente il Grande Spirito, fece scorrere il suo sguardo lungo la linea
immaginaria che attraversava mirino e bersaglio, e piegò l’indice sul grilletto
del suo Lee-Enfield fino al punto di scatto, aumentando gradualmente la pressione. Il
cavaliere fece fuoco, colpendo con uno sbuffo di polvere l’argine della trincea
di sabbia che Geronimo aveva scavato a mani nude con la sua forza di cyborg.
Subito dopo partì il colpo di Geronimo. Il cavaliere lasciò cadere briglie e
fucile per portarsi di scatto le mani al volto, e stramazzò al suolo. Il cavallo
proseguì a sella vuota. Il gigantesco pellerossa roteò l’arma sopra la sua
testa, lanciando il grido di guerra dei suoi padri all’indirizzo degli altri
cavalieri, che si ritiravano.
“Hoka-hey!”
Bretagna
fece fuoco a sua volta, ed un altro avversario cadde.
Anche Chang
fece fuoco.
I loro
assalitori si radunarono lontani. Uno di loro si bilanciò un tubo sulla spalla e
li bersagliò con un missile.
Piunma
estrasse il laser, ma non fece in tempo ad usarlo.
Françoise,
sdraiata vicino a lui, aveva fatto fuoco con il suo Lee-Enfield mandando venti
grammi di piombo ad impattare contro il piccolo razzo, che esplose. I cavalieri
si ritirarono definitivamente, ma sarebbero tornati più numerosi.
“Mi
dimentico sempre la tua supervista!” esclamò Piunma
Françoise
gli fece un rapido sorriso. Sotto lo strato di polvere rigata da rivoli di
sudore il suo volto, reso color miele dal sole del deserto che batteva come se
avesse fatto di loro la sua incudine, aveva una bellezza differente. La ragazza
pareva smagrita dalla fatica, e lo stoicismo con cui aveva deciso di affrontare
quella prova senza avere vicino Joe dava al suo sguardo e ad ogni suo sorriso un
significato più profondo.
“Brava,
piccola!” le disse Bretagna, cameratescamente, come ad un
commilitone.
Françoise
sorrise anche a lui, e, servendosi del suo foulard bianco ormai sporco, si
asciugò dal volto il sudore che la sabbia bollente su cui era stata costretta a
sdraiarsi continuava a spremere dal suo corpo.
“Sai” le
disse Bretagna, il cui volto non rasato pareva più duro “Mi fai tornare in mente
un verso di quella canzone degli Spandau Ballett…”Through the
Barricades””
“Ma va là!”
fece lei, fingendo impazienza
“No,
davvero… sai, la strofa in cui dicono “when she smiles she shows the lines of
sacrifice”… beh, è come se i segni del sacrificio ti donassero una nuova
bellezza”
“E’ vero”
convenne Geronimo.
La ragazza
si sedette ai piedi dell’argine di sabbia, estrasse il caricatore, tolse il
colpo in canna e ricaricò il suo fucile. Piunma la invitò a
riposarsi.
“Se non lo
fate voi, non lo faccio neanch’io!” ribattè lei. Non voleva favoritismi. Voleva
sentirsi come loro, essere come loro.
“Ascolta,
Françoise” le disse Geronimo “Io sono a capo di questa missione. Devo rispondere
solo a 009 di ciò che decido, e lui al Professore. Tu dovrai eseguire una danza.
Non potrai se avrai il fisico a pezzi. Ora sdraiati, e togliti gli stivali ed
anche le calze. Massaggiati i piedi e riposa per due ore. Se avverti dolore alle
caviglie o ai piedi, fasciali! C’è troppo in gioco, non occorre che te lo
ricordi. Obbedisci, squaw! 006, dalle da bere.”
“Solo se
bevete anche voi”
Geronimo la
guardò con ammirazione.
“Sei
testarda, ed apprezziamo il tuo desiderio di affrontare le nostre stesse
fatiche” le disse “Ma quando ti avremo portato a destinazione il nostro compito
terminerà. Il tuo no, quindi berrai”
Chang si
fece avanti con una borraccia, riempì il tappo di acqua e lo porse a Françoise.
“Solo
questa misura”
Françoise
bevve lentamente, rendendosi conto di quanto la sua gola fosse arsa, poi si
tolse gli stivali e le calze. Mandavano un’odore terrificante. Lo stesso che
probabilmente avevano addosso tutti, dopo tre giorni di marcia nel deserto
immersi nella polvere e nel sudore, senza una goccia di acqua per lavarsi. Il
Professore aveva munito le loro parti cibernetiche di tutti i filtri antisabbia
necessari per operare nel deserto, ma la loro parte umana doveva soffrire.
Françoise si massaggiò i piedi, cercando di scacciare dalla mente l’idea della
vasca da bagno, un bel bagno di essenze profumate…
“Certo”
pensò “In questo contesto, sono bella e profumata anche così”. I piedi le
facevano male. Se li lasciò fasciare da Piunma, esperto in questo genere di
cose. Era un africano, avvezzo al deserto. Aveva imparato fin da piccolo ad
armonizzarsi con esso. Anche Geronimo aveva imparato a sopravviverci, ad
affrontarlo senza tecnologia. Una prova che tutti i pellerossa dovevano
affrontare nel cammino della loro formazione. Lei e Bretagna erano europei, per
loro era diverso. Per questo, forse, la loro amicizia in quella situazione si
stava facendo più forte. Si tolse
anche il foulard, si sbottonò la camicia kaki e si sdraiò, coprendosi il volto
con il casco. Piunma e Chang le improvvisarono un riparo con un telo,
concedendole un poco di ombra. Il piccolo cinese non aveva perso un grammo della
sua consueta giovialità.
Dopo aver
esaminato una mappa riportandovi i rilevamenti effettuati con una bussola a
traguardo, Piunma si rivole a Geronimo.
“005, ormai
non dovrebbe mancare molto al villaggio della tribù dei tuoi amici
Pueblo”
“No, 008!
Ancora mezza giornata di marcia, e saremo in vista della parete di roccia che ne
segna il territorio”
Quando
avevano discusso il problema di intraprendere le ricerche della Camera del
Cristallo nella Tortica sotterranea, erano tutti consapevoli del fatto che i
soldati del Fantasma Nero fossero già sul posto. Geronimo ebbe un’idea. La sua
tribù, in Arizona, aveva contatti con altre riserve indiane e, nel corso di un
raduno nazionale, Geronimo aveva conosciuto alcuni ospiti provenienti dallo
Yucatan, membri di una tribù dell’etnia Pueblo, quella che nel 1540 aveva
fornito all’esploratore spagnolo Francisco Vasquez de Coronado informazioni in
merito alla favolosa città d’oro di Cibola. Il loro villaggio consisteva di una
rete di caverne adattate all’insediamento umano. Essi avevano fatto cenno alla
possibilità di raggiungere le misteriose rovine della Tortica sotterranea
attraversando caverne collegate al loro villaggio. Geronimo si recò in Arizona
insieme a 008 dal suo capo-tribù che lo mise in contatto con Honecoza, il capo
dei Pueblo dello Yucatan, tramite gli uffici dell’amministrazione della
riserva. Ottennero promessa di
ospitalità per chi avesse presentato l’”Wampum”, un corto bastone rituale di
riconoscimento, della tribù di 005. Geronimo aveva anche mostrato all’uomo della
medicina della sua tribù un calco del cerchio alato che aveva inciso durante la
“Notte di Halloween”. Aveva avuto la giusta intuizione. L’anziano uomo della
medicina della tribù annuì con approvazione quando lo vide. “Buona medicina!” fu
il suo commento, ed intercesse in favore dei due cyborg. Makuati, tale era il
suo nome, non volle però dare a Geronimo nessun ragguaglio in merito a cosa
sapesse del cerchio alato. Gli disse che lui ed i suoi compagni dovevano
scoprirlo durante il cammino. Dovevano dimostrarsi degni affrontando pericolo e
fatica.
La cultura
accademica ufficiale non sapeva nulla del cerchio alato, ma forse gli sciamani
indiani sì. Probabilmente si tramandavano un segreto che non doveva essere
svelato se non agli iniziati alle loro arti magiche. Che qualcuno di loro avesse
avuto visioni di Myoltecopang? Ai Cyborg, in fin dei conti, era capitato, aveva pensato Geronimo, ed
anche alla squadra di Sayonji.
Il Big
Carry era già in volo per lo Yucatan. Sayonji era al telefono con Amy. Era
facile intuirlo, soprattutto dal modo in cui la telefonata ebbe termine.
“No, non le
do del “tu”! E la pianti di chiamarmi “orsetto”, chiaro?! Mi mandi quel fax
senza dire altre sciocchezze! La saluto!”
Romy
indugiava di proposito davanti alla macchinetta del caffè, nel corridoio del
gigantesco aeromobile. In realtà, stava ascoltando Sayonji. Non voleva perdersi
la telefonata, il che implicava l’autocontollo di non ridere forte.
Mentre si
recava da Sayonji con i test al simulatore climatico della sua auto, Joe la
incontrò e la salutò. Avevano avuto modo di conoscersi più a fondo, durante gli
allenamenti nel circuito del Centro Ricerche Sayonji. Ciascuno dei due aveva
avuto conferma della prima impressione positiva che si era fatta
dell’altro.
“Ah, Shimamura!” lo salutò
Sayonji.
“Ho i test
della mia auto, ingegnere. Tutti positivi”
“Certo,
Shimamura! Parliamo di una macchina Sayonji, che diamine! Devo immettere un
ultimo dettaglio nel software del computer di bordo del Big Carry. Potresti
leggermi le note di sollecitazione termica delle gomme? E’ il cartoncino
allegato in basso sinistra, quello scritto in inglese.”
“Veramente
è scritto in giapponese” rispose Joe, imbarazzato.
“Beh,
leggilo ugualmente”
“Come
volete, ingegnere” rispose Joe, e lesse a voce alta.
“Ho visto
una figura aitante
uscire di
corsa dal bosco,
con i baffi
da sparviero
i capelli
scarmigliati,
la bocca
che mi gridava “Ti amo!”
Ed un
fluido caldo mi invadeva il corpo….”
Sayonji si
inferocì.
“Dà qua!”
sbottò, strappandogli di mano i test e scagliando furiosamente il bigliettino
d’amore di Amy nella spazzatura.
Nel
corridoio, Romy si era accasciata dal ridere. Ken dovette portarsela via
praticamente in braccio.
Avevano
trovato riparo per la notte dentro una grotta, nella parete di un canyon. Era
stata una ricognizione aerea di Bretagna ad individuarla. La vista e l’udito di
Françoise avevano confermato l’assenza di pericoli. Geronimo ne aveva chiuso
l’ingresso con un macigno, lasciando una fessura per assicurare il ricambio
d’aria. Se fosse stata necessaria una fuga improvvisa, ci avrebbe pensato Chang
a scavare un tunnel nella roccia fondendola. Con il tramonto, la temperatura si
era abbassata, rinfrancandoli. I cinque si sentivano sereni ed al sicuro in quel
rifugio naturale. La temperatura della grotta era piacevole, ed i loro occhi,
soprattutto quelli di Françoise, vedevano perfettamente anche nell’oscurità
della caverna. La luce della luna entrava dalla fessura del macigno come una
lama d’argento. Uno sciacallo ululò in lontanaza. Poi dal cielo giunse la voce
stridula di un avvoltoio. Avrebbero fatto dei turni di guardia per la notte,
dopo avere mangiato. Chang rese incandescente una pietra con le sue fiamme, ed
iniziò a cucinare alla piastra. Françoise si tolse il casco, appoggiò il fucile
alla parete di roccia, aprì i primi due bottoni della camicia, si sedette in
terra a gambe incrociate e si
concesse un sorso dalla borraccia. Piunma, Geronimo e Bretagna si sedetteroa
loro volta, formando un cerchio intorno al cuoco della spedizione.
Geronimo si
era aspettato di incontrare resistenza, dopo il conflitto a fuoco di ieri, ed
espresse la sua perplessità.
“Già”
convenne Bretagna “Con quello che c’è in gioco, non avrebbero dovuto darci
tregua. Deve esserci una ragione davvero importante per trascurarci… sempre che
lo stiano facendo”
“Io credo
che si tratti di una loro strategia” replicò il pellerossa “Sotto Tortica vi
sono le rovine di Myoltecopang… mi chiedo come abbiano fatto a rimanere celate
per tanto tempo… ed è sicuramente lì che le loro forze si sono concentrate. Le
loro pattuglie di superficie hanno il compito di prendere contatto con il
nemico, in modo da impedirgli la sorpresa, ma è nei sotterranei che si dovrà
combattere davvero”
“Dimmi,
Françoise” chiese Piunma “Enoah ed Ivan ci hanno detto che quella pietra… quella
della nostra missione nel passato… ci guiderà attraverso te alla Camera del
Cristallo. Hai avuto qualche percezione?”
“Per il
momento no, a dire il vero. Ho la sensazione di essere sulla giusta strada, ma
nulla di più”. Françoise estrasse il cristallo dalla scollatura e lo guardò con
aria assorta. Il suo legame con quella pietra si stava rafforzando, da quando,
sonnambula, due notti dopo la partenza di Sayonji, aveva aperto il portello
della cassaforte senza toccarlo, solo tendendo la mano destra. Le manopole della
combinazione si erano mosse da sole, il pesante portello si era aperto e la pietra si era depositata sul suo
palmo. La pietra chiamava il suo portatore… prima Hathor, poi Françoise. Quando
aveva ripreso coscienza, in camicia da notte e circondata dai suoi amici, aveva
sentito il freddo pavimento sotto i piedi ed aveva visto la gemma brillare di
un’alone blu cobalto. La luce blu aveva illuminato il volto di Joe, che le aveva
chiesto di spiegare l’accaduto, se poteva. Françoise gli rispose di avere agito
del tutto inconsapevolmente. La Luce li stava guidando, e dovevano accettarlo
per fede, andando incontro alle prove che li attendevano.
“Beh”
commentò Bretagna “quando verrà il momento ci guiderai, Françoise D’Arabia” e,
mentre Françoise gli faceva il verso ed una boccaccia, continuò “Se sei riuscita nell’impresa
di far sorridere Sayonji ad una serata di gala, non c’è nulla che non sia alla
tua portata, oh scorritrice del deserto! Ho saputo dell’omaggio floreale che il
Sayonji Racing Team ti ha tributato”
Françoise
rise, ripensando alla scena. Joe era immobile di fronte a quel vaso pieno di
rose. Fissava attonito il biglietto che diceva “Mademoiselle Arnoul” e, quando
lei entrò in salotto, si voltò di scatto verso di lei. Françoise rimase
perplessa scoprendo di essere la destianataria dell’omaggio e, mentre apriva la
busta per connoscere il mittente disse a Joe: “Calmati, Otello, non ho perso il
fazzoletto!”. Poi lesse il biglietto e rise di cuore. “Che matti!” aveva
pensato. Poi aveva passato il biglietto a Joe.
“Leggi
anche tu, gelosone!”
Joe lesse,
cercando di ostentare una calma che non aveva.
Lei si
avvicinò languida e sorniona e prese a carezzargli il braccio e la
spalla.
“Visto fin
dove arriva il fascino della tua fidanzata?”
Piunma rise
silenziosamente a sua volta.
“I ragazzi
di Sayonji sono davvero simpatici. Brava gente. Altro che la Black Shadow!”
disse.
“Già” disse
Geronimo “Falco che Corre ed i suoi amici sono veri amici. Sono fiero di poter
contare su di loro. Il nostro piano riuscirà”
“Già”
commentò Piunma “Deve riuscire o…”
“Riuscirà”
tagliò Geronimo.
Il piano
concordato con Sayonji prevedeva tre squadre. La loro era la prima, ed aveva il
compito di scortare Françoise a destinazione. La seconda, sul Dolphin, aveva il
compito di appoggiarli. Era formata da Albert, Hilda, Ivan ed il Professor
Gilmoure. La terza da Joe e Jet, che avrebbero partecipato alla gara insieme
alla squadra di Sayonji, approfittandone per infiltrarsi nei cantieri di scavo
fingendo di uscire di pista. Avrebbero agito come guastatori, scompaginando il
sistema difensivo dei Fantasmi Neri ed offrendo il loro appoggio alla squadra di
Geronimo. Ken, Romy e gli altri, invece, avrebbero affrontato Ayab, che, a
quanto pareva, avrebbe partecipato personalmente alla gara come pilota. Ayab
voleva occuparsene personalmente, dato che i Tre Fratelli lo avevano ammonito
dopo il rapimento di Hilda, avvenuto sotto il naso del suo braccio destro Baron,
che, sotto sua responsabilità personale (il che, con i Tre Fratelli, ha
implicazioni terribili) avrebbe dovuto riscattarsi trovando e distruggendo la
Camera del Cristallo alla guida delle loro truppe.