Amare le persone: uno dei tanti
grandi misteri dell’umanità
che Tom aveva sempre stentato a comprendere. Volere bene a qualcuno era
un vero
e proprio onere, che richiedeva responsabilità, dedizione,
lealtà, pazienza, tempo
e fatica, tutte merci di cui lui disponeva in quantità
troppo esigue per
potersi permettere di scialacquarle senza un minimo criterio.
L’amore, nel senso
più lato della sua essenza, per lui
restava un concetto altamente soggettivo e labile, e non era proprio
sicuro di
conoscerne il vero significato. Amava il proprio fratello,
più che chiunque
altro. Amava la propria famiglia, i pochi veri amici che aveva, ed
amava
perfino il proprio cane, volendo, ma l’altra metà
dell’amore, di ben altra
natura, per lui era un tabù, e adesso che era lì,
a contemplare da chissà
quanto gli occhi chiusi di Vibeke, gli sembrava legittimo chiedersi se
il fatto
che faticasse a restare abbastanza concentrato da ricordarsi di
respirare
potesse avere una qualche connessione con quel
tipo di amore.
Che cosa ci poteva mai essere di
così diverso con lei, che
con le altre era sempre mancato? Perché lei –
proprio lei, sfuggente e inarrivabile
– aveva l’assurdo potere di fargli sentire la
propria mancanza?
Tana per Tom!
Vibeke non era certo la ragazza
più bella che lui avesse mai
incontrato, però ci doveva per forza essere qualche cosa di
magnetico ed
irresistibile in lei, perché Tom, per quanto ci provasse,
non riusciva a
staccarle gli occhi di dosso.
Dormiva profondamente su un lato, una
mano appoggiata sul
cuscino, accanto al viso sereno, la maglietta troppo larga che le
pendeva un
po’ da una parte, lasciando nudo un lembo di spalla bianca. E
forse, no, non
era la ragazza più bella che lui avesse mai incontrato,
eppure Tom aveva
l’assoluta certezza che nulla che lui avesse mai visto fosse
bello come lei, in
quel momento.
Una forza invisibile guidò
la sua mano sul volto di lei, facendogliela
delicatamente posare sulla guancia tiepida. Tom non voleva che si
svegliasse.
Avrebbe anzi preferito che dormisse per sempre, così da
poterla guadare e
toccare senza dover temere ciò che lei ne avrebbe pensato.
Sarebbe stata una Biancaneve
perfetta, in effetti, se solo il
Principe Azzurro Anomalo fosse stato capace di non baciarla
più. Ma il problema
era che ormai era ossessionato da lei e non c’era nulla che
desiderasse più dei
suoi baci, perché essere baciato da lei era diverso da tutto
ciò che aveva
sperimentato prima di lei. Gli piaceva baciare Vibeke, per il semplice
motivo
che si trattava di un piacere che non si fermava alla componente
fisica, ed
andava invece oltre, giù, in fondo, sconfinando in ambiti
sensoriali che Tom
aveva persino ignorato esistessero.
Avevano dormito insieme,
un’altra volta. Dormito e basta,
senza fare altro che tenersi vicini l’una
all’altra. Era una cosa nuova, per
lui. Non era mai stato abbastanza sentimentalmente coinvolto con una
ragazza da
provare il desiderio di averla con sé anche solo per sapere
che c’era, ma, già
dalla notte precedente, dormendo con lei nella Cadillac, aveva scoperto
il
semplice piacere di sentire il suo calore contro la propria pelle, di
rendersi
conto che, dopo poche ore, le lenzuola già profumavano di
lei.
Che cosa mi
hai fatto,
si può sapere?
E mentre con il polpastrello del
pollice, distrattamente, le
contornava lo zigomo netto, Vibeke, inaspettatamente, si
svegliò.
Tom lo vide come al rallentatore: le
ciglia chiare che
fremevano impercettibilmente, le palpebre che si sollevavano piano,
pigramente,
e poi le due pupille nere che, nelle loro iridi cristalline, si
stringevano
alla luce ancora fioca del mattino. E lui era lì, ad
accarezzarle la guancia,
colto in flagrante in un gesto troppo intimo e significativo.
Tom sentì le proprie
funzioni vitali cessare di botto, come
se gli avessero staccato la spina.
Si sentì nudo, e stupido,
ed orribilmente violabile.
Ma Vibeke non disse o fece
alcunché che potesse rendere
fondate quelle sue sensazioni. Nessuno sguardo ironico, nessuna parola
sardonica, niente di niente, se non un piccolissimo sorriso assonnato,
e poi,
senza un perché, gli si avvicinò un poco,
raggomitolandoglisi contro il petto,
e chiuse nuovamente gli occhi.
Dopo un attimo di statico
sconvolgimento, il cuore di Tom
riprese lentamente a battere, i polmoni a respirare, il cervello a
funzionare,
mentre con le braccia circondava il corpo morbido e caldo di Vibeke,
conducendo
la sua testa a posarsi nell’incavo della propria spalla.
Avvertì le sue labbra
che si distendevano in un sorriso contro la propria pelle spoglia.
Era bello, gli piaceva stare
lì, così. Niente di più
semplice, niente di più appagante. Ed era anche strano,
perché non era uno che normalmente
sapeva godere della semplicità. Del resto, però,
era anche vero che, quando
c’era Vibeke di mezzo, niente era normale.
Dal suo angolo sul comò,
la sveglia lampeggiò sulle sette in
punto. Tom avrebbe voluto poterci buttare sopra un cuscino e fingere
che non
esistesse, ma aveva davanti una giornata piuttosto densa, e non poteva
rischiare di beccarsi qualche strigliata da David o Benjamin o chi per
loro
circa la fondamentale importanza della puntualità.
Vibeke aveva impiegato poco
più di un minuto a
riaddormentarsi, e forse era meglio così. Se fosse stato
altrimenti, avrebbero
sicuramente finito per dedicarsi ad attività a cui Tom non
avrebbe avuto la
forza sottrarsi con facilità.
Facendosi coraggio,
allungò appena il collo verso Vibeke per
posarle un bacio lieve sulla punta del naso, poi, il più
delicatamente
possibile, e non senza una buona dose di svogliata riluttanza
cercò di sfilare
il proprio braccio da sotto di lei, e ci mise diversi secondi in
più del
necessario per districarsi.
Appena lui si alzò, Vibeke
si stiracchiò tra le lenzuola,
senza però svegliarsi. A Tom quella scena ricordò
qualcosa, tanto che gli venne
un’idea. Sogghignò tra sé mentre,
facendo piano, aprì uno dei cassetti dell’armadio
e ne tirò fuori un blocchettino di post-it azzurri.
Non
è originale come
uno scontrino, ma…
Prese una biro e
scribacchiò un breve messaggio di
buongiorno, poi lo appiccicò alla radio sveglia, dalla parte
di Vibeke, ed
infine, soddisfatto, sgattaiolò alla porta in punta di piedi
ed uscì quatto
quatto, augurandosi che lei non si svegliasse prima che lui e i ragazzi
fossero
usciti.
Si tolse lo spesso elastico nero dal
polso e si legò i rasta
sulla via per la cucina, allertando l’udito in cerca di segni
che ci fosse
qualcun altro già in piedi: a giudicare
dall’acciottolio proveniente dalla
cucina, probabilmente erano stati tutti più mattinieri di
lui.
Chissà se qualcuno di loro
era andato a controllare la
stanza dove teoricamente avrebbe dovuto dormire Vibeke. Avrebbero fatto
domande? Era ovvio che, per ovvia esclusione, avrebbero saputo che
aveva
dormito con lui. E, se davvero lo sapevano, quanto altro avrebbero
voluto
sapere ancora? E lui cosa avrebbe dovuto rispondere?
Ma la cosa buffa, al di sopra di
tutto questo, era che non
gli importava veramente. Se avessero aperto un interrogatorio, avrebbe
semplicemente dato l’unica risposta che gli venisse in mente:
la verità.
Andiamo a
letto
insieme. Da un po’. Ci piacciamo, anche. Più o
meno. E, no, non lo so bene
nemmeno io cosa sta succedendo, ma mi piace e mi sta bene
così.
Annunciò il proprio arrivo
spalancando la porta con un
calcio ed entrò con uno sbadiglio rumoroso, stiracchiandosi
per bene.
La cucina era inondata della pallida
luce invernale che
arrivava da fuori, riflettendosi sulle superfici chiare dei mobili e
delle
pareti. C’era Bill rannicchiato su una sedia, avvolto in una
felpa in cui
avrebbe potuto entrare altre tre o quattro volte, con davanti una
ciotola piena
di cereali, che stava sgranocchiando senza troppa presenza mentale.
Gustav, già
vestito di tutto punto, si stava sbucciando un’arancia con
accanto una tazza traboccante
di caffè fumante, ed aveva come una furba piega quasi
invisibile sulle labbra.
Georg sedeva di fronte a Bill, la coda disastrosamente arruffata, ed
inzuppava
biscotti nel suo caffelatte con aria forse anche più assente
ed assonnata di
Bill.
“Buongiorno, raggi di
sole!”
Bill e Georg lo degnarono a malapena
di un’occhiataccia assassina.
Gustav, invece, accentuò il suo strano sorrisetto e
ricambiò il saluto:
“’Giorno, Tom. Ti
vedo pimpante, stamattina.”
Fantastico,
pensò
Tom sarcasticamente, mentre si trascinava al frigo per cercare qualcosa
di
mangiabile da eleggere a colazione del giorno, che
la sequela di domandacce invadenti abbia inizio…
Arraffò quasi a caso il
cartone semivuoto del latte ed una
tazza dalla lavastoviglie e si sedette, ancora in attesa
dell’inizio
dell’interrogatorio, ma gli altri non accennavano ad essere
interessati. Georg
e Bill si scambiarono solamente un fugace sguardo d’intesa,
ma Tom si sentiva
troppo in pace con il mondo per calcolarli. Recuperò un
cucchiaio che giaceva
abbandonato sul tavolo, prese la scatola di cereali che Bill aveva
accanto, se
ne versò un po’, canticchiando fra sé,
e cominciò a mangiare. Tre paia di occhi
curiosi lo osservavano in assoluto silenzio.
“Tomi,” Bill
aggrottò la fronte. “Stai proprio cantando Thema
Nr.1?”
Tom inghiottì i cereali e
posò il cucchiaio.
“Io non sto
cantando.”
“Sì che stai
cantando,” lo contraddisse Georg. “Be’,
forse
più che altro stai mugugnando a bocca chiusa, grazie al
cielo, ma era
decisamente Thema Nr.1.”
Tom li guardò uno per uno,
impassibile.
“Ok.” Si
limitò a replicare, e si ributtò sui propri
cereali.
“Ho mangiato il pasticcino
di Vibeke.” Piagnucolò
Bill, pieno di rimorso, mentre si
succhiava le dita dal cioccolato rimastovi sopra.
“Comodo piangere sul latte
versato, vero?” lo pungolò Georg.
“Le lascio un bigliettino
di scuse,” decise Bill, voltandosi
per rovistare all’interno di uno dei cassetti della credenza.
Prese un
blocchettino ed una penna e scarabocchiò qualcosa.
“Ecco,” Staccò il foglietto
e lo attaccò al frigo con uno dei magneti. “Spero
non se la prenda.”
“Dai qua,” fece
Gustav, facendosi passare il blocchetto. “Voglio
darle anche la versione reale dei fatti.”
“La mia è
la
versione reale!”
Georg osservò Gustav
mentre buttava giù il suo messaggio e,
quando ebbe finito, ne scrisse un altro di proprio pugno.
“Tu non lo vuoi lasciare un biglietto per Vibeke,
Tomi?” chiese Bill, e Tom ci
mise un paio di secondi a capire di essere stato interpellato.
Finì di masticare,
deglutì, e poi fece cenno di no con la
testa.
Già
fatto, grazie.
I ragazzi lo fissarono in modo
insistente e piuttosto
disturbante.
Che stessero tentando una nuova
tattica? Lo avrebbero
psicologicamente vessato fino a fargli sputare fuori tutto
spontaneamente?
Sorrise a quell’idea.
“Adesso sorride da
solo,” Bill si avvicinò una mano alla
fronte. “Ve l’avevo detto che ha perso la
testa.”
Gustav rise.
“È un sacrificio
ragionevole, visto il risultato, direi.”
“Su questo non ci
piove,” sghignazzò Georg. “Una testa di
cazzo senza testa… Vuoi vedere che adesso diventa
intelligente e pieno di
tatto?”
Tom inforcò una nuova
cucchiaiata di cereali e la fece
sparire in un sol boccone. Non vedeva il senso in tutto quello
stuzzicare per
vie implicite e battutine, non era da loro girare intorno al dunque, ma
appena
aveva aperto gli occhi, quella mattina, aveva deciso che sarebbe stata
una
giornata di quelle che nemmeno le catastrofi peggiori potevano
rovinare, e così
sarebbe stato, ad ogni costo, e questo implicava ignorare le subdole
provocazioni.
“Tomi,” Bill si
sgarbugliò con l’agilità di un ragno
dall’assurda posizione in cui si era appollaiato sulla sua
sedia ed andò a
sedersi in braccio a Tom. Gli cinse il collo con le braccia e si
premette
guancia a guancia contro di lui. “Senza scherzi, noi
approviamo.”
Approvate?,
Tom,
tra lo strano comportamento di Bill e le facce inspiegabilmente gongolanti dei
due
amici, cominciava a sentirsi parecchio confuso, Approvate
cosa? Che io mangi ciambelline di avena e nocciole con il
latte parzialmente scremato?
“Bill, sei seduto sulle mie
gambe.” Puntualizzò, a corto di
parole che non fossero ovvietà.
“Tanto sono
leggero.”
“Sì, ma si dà il caso che io stessi
facendo colazione.”
“E stavi cantando Thema Nr.1.”
Tom si arrese a dover finire la
colazione con Bill in grembo.
Con qualche manovra contorsionistica, fece passare una mano dietro alla
schiena
del fratello e prese la tazza, mentre con l’altra
impugnò il cucchiaio.
“Se volete
c’è spazio anche per voi.” disse
ironicamente a
Gustav e Georg.
Gustav si alzò, mise le
proprie stoviglie nel lavandino e sollevò
eloquentemente le mani
“Vado a lavarmi i
denti.” Annunciò, allontanandosi.
“Niente di personale,
amico, ma declino l’invito,” disse
invece Georg. “Non mi sognerei mai di intromettermi in un
momento di comunione
tra Kaulitz.”
Tom lo guardò uscire a
bocca aperta, sconvolto dai livelli di follia che si stavano
toccando.
“Ma che avete tutti quanti,
si può sapere?” domandò a Bill,
gli occhi ancora fissi sulla porta. Parlare con un fratello appiccicato
addosso
era meno semplice di quanto si potesse pensare.
“Niente di particolare.
Siamo tutti di buonumore.”
“Bene. Ti spiacerebbe
portare il tuo buonumore altrove, però?
Se arriviamo tardi anche oggi, dovrai cercarti un nuovo
gemello.”
Con un piccolo sbuffo deluso, Bill lo
liberò aggraziatamente
dalla propria morsa d’acciaio e finalmente si
alzò, consentendo alle gambe di
Tom di tornare a beneficiare dei positivi effetti di una circolazione
corretta.
Bill si comportava in modo strano, da
qualche giorno, se
n’erano accorti tutti. Più ruffiano del solito,
più lunatico, ma anche più
introverso, e forse Tom aveva anche capito perché: tutta
l’attenzione era
concentrata su Vibeke, quella di Tom stesso, soprattutto, e questo per
uno
abituato ad essere il centro di tutto poteva essere difficile da
accettare.
Eppure Bill gli stava sorridendo, il viso pallido ed ancora sonnolento,
con una
sincerità così affettuosa da causare a Tom una
fitta di nostalgia. Erano
passati troppi anni dall’ultimo sorriso di quel tipo che lui
aveva regalato a
Bill.
“Sono felice per te,
Tomi.”
Cinque parole pronunciate con
dolcezza, che parvero più
forti di ciò che erano, con soltanto loro due nella stanza.
Ok,
pensò Tom,
mescolando il latte senza un reale scopo, non
stava parlando delle ciambelline di avena con latte scremato.
Ma quando lo
cercò con lo sguardo, Bill era già sparito dalla
cucina, lasciandolo a
domandarsi cos’altro dovesse aspettarsi da una giornata
iniziata in modo così
folle.
***
Silenzio. Profondo, assoluto,
incontaminato silenzio. Fu
quello che Vibeke trovò ad attenderla al proprio risveglio.
Dapprima, appena aperti gli occhi,
non si rese conto di dove
fosse, ma poi, mentre la sua vista si abituava alla luce intensa del
sole, la
sua memoria riaffiorò a poco a poco, facendole ricordare
dove si trovasse, come
e perché.
Aveva il viso affondato in un
cuscino, indubbiamente non
suo, che era pregno di un profumo buono, meravigliosamente familiare,
che la
rassicurava quasi quanto la presenza fisica di Tom. Era quello che era
andata a
cercare, la sera prima, esasperata dall’insonnia. Era quello
che, dopo tanti
sforzi inutili, le aveva permesso di addormentarsi.
Si morse il labbro per impedirsi di
sorridere.
Ti ha
incastrata, Vi,
si disse. Il tuo piccolo Kaulitz ti ha in
pugno…
Se l’era cercata, non lo
poteva negare. Con tutti i
preconcetti su di lui da cui era partita, si era ritrovata nel bel
mezzo di una
situazione del tutto imprevista. Non avrebbe mai più
sottovalutato qualcosa o
qualcuno. Mai più.
Si girò
sull’altro fianco per controllare l’ora, ma
trovò il
display della sveglia coperto da qualcosa.
Perplessa, stiracchiò la
mano verso il rettangolino di carta
e lo staccò, strizzando un po’ gli occhi per
leggerlo.
La calligrafia di Tom era pietosa, ma
sufficientemente
comprensibile da permetterle di decifrare quello che aveva scritto.
Qualcosa talmente
da Tom da farla scoppiare ridere.
‘Buongiorno,
bella (?)
addormentata, in caso tu
te ne sia dimenticata,
siamo allo studio a lavorare ad un paio di demo, torniamo verso le
sette. Se
magari nel frattempo ci prepari la cena, te ne saremo riconoscenti. Grazie. Tom’
Vibeke lo rilesse tre volte prima di
decidersi a rimetterlo
sul comodino ed alzarsi.
Quanto sei
scemo,
Kaulitz.
Faceva uno strano effetto trovarsi in
quella casa al
risveglio. Ormai la conosceva come se fosse la propria, sapeva la
precisa
collocazione di ogni cosa in ogni stanza, forse perfino meglio dei
ragazzi, ma
fu comunque buffo arrivare in cucina e realizzare che, per la prima
volta, si
trovava lì in veste di ospite.
Passò davanti al lavandino
e roteò gli occhi di fronte
all’accozzaglia di stoviglie sporche che lo gremiva, poi l’occhio le
cadde sul frigo, dove qualcuno aveva appuntato un altro biglietto.
‘Ho
mangiato io il
pasticcino che spettava a te (l’ultimo)… Scusa!
Non ce l’ho proprio fatta a
resistere, ma a mia difesa posso dire che io non volevo, mi hanno
convinto i
ragazzi! So che mi perdonerai, perché sono la creatura
più dolce e stupenda del
mondo e non si può non perdonarmi, anche se in
realtà non ho nessuna colpa, se
non quella di essere facilmente influenzabile. Bill P.S. Ho
macchiato il
pigiama di cioccolato. L’ho lasciato sulla lavatrice, ci
pensi tu per favore?’
Rise.
La sua principessa non si smentiva
mai.
Si spostò verso la
credenza per prendere il caffè solubile e
qualunque cosa di ragionevolmente calorico potesse rivenire, ma
scoprì che
anche l’anta delle credenza era stata affissa.
Ma
cos’avevano quei
quattro, stamattina?, pensò divertita, afferrando
il foglietto più in alto.
‘Abbiamo
tentato di
fermare la belva famelica (Bill), ma non ci siamo riusciti. Se vuoi
c’è la mia
riserva segreta di biscotti, nascosta dove nessuno di questi tre la
cercherebbe
mai. So che la troverai, in caso di necessità. Buon
appetito! Gustav’
Vibeke prese appunto mentale di
consumarlo di baci non
appena fosse tornato. Sapeva esattamente dove cercare.
Passò all’ultimo
biglietto, facilmente prevedendone
l’autore.
‘Se
trovi davvero la scorta
segreta di Gustav, io e Bill siamo disposti a pagarti bene per
quest’informazione, ma sappiamo che non tradiresti mai il tuo
amato Gud, quindi
ci rassegniamo. Svagati un
po’, ci
vediamo stasera! Georg’
Ridendosela tra sé, Vibeke
staccò anche quello dall’anta e
lo sistemò in un angolo assieme agli altri due. Quella era
decisamente la
mattinata dei post-it. Quattro post-it stupidi che però
l’avevano fatta
sorridere.
Sbadigliando, Vibeke mise a bollire
un po’ d’acqua per il
caffè, prese il latte dal frigo ed una scodella pulita dalla
lavastoviglie e
posò tutto sul tavolo, poi, senza la minima esitazione,
aprì uno degli
armadietti, ne estrasse una scatola di cracker dietetici e ci
infilò una mano.
Quando la tirò fuori, le sue dita stringevano un delizioso
cookie con gocce di
cioccolato.
Gustav
Schäfer, io ti
adoro!
Se lo portò alla bocca
compiaciuta e si andò a sedere,
godendo della pace che dominava l’intero appartamento.
Sentiva che sarebbe stata una
splendida giornata.
***
Se Bill voleva la prova schiacciante
che per Tom Vibeke
rappresentasse qualcosa di più di uno strumento sessuale,
ormai l’aveva senz’altro
avuta, anche se, dovendo essere del tutto sincero, era stato
inquietante vedere
il proprio fratello in quello stato per tutto il giorno.
Erano anni che Bill lo vedeva
svegliarsi la mattina con
facce diverse, ed aveva imparato a classificarle una per una, e perfino
a
riconoscerne i vari ibridi, perciò, quando aveva visto Tom
entrare in cucina
con quell’espressione di inebetita beatitudine diffusa, non
aveva avuto più
alcun dubbio: era cotto a puntino.
E la cosa più sorprendente
era che quell’espressione era
pura, unica, non mostrava alcun segno di contaminazione da parte della
tipica ‘faccia
da sesso’. Per tutta la giornata, fin dal tradizionalmente
critico inizio
mattutino, Tom era stato felice e giulivo e gentile con tutti, ed era
una cosa
che per chi non c’era abituato – ossia chiunque
– poteva essere traumatica. Ai
tecnici dello studio era preso un colpo quando, anziché con
il solito grugnito
nervoso, Tom aveva salutato tutti quanti con un
‘Ciao!’ quasi caloroso, e poco
ci era mancato che Benjamin cadesse nella sedia nel vederlo sorridere
al primo
rimprovero sull’esecuzione di una canzone. Una cosa positiva,
però, era stata
senz’altro la rilassatezza che era conseguita
dall’umore stabile e positivo di
tutti loro: Georg aveva per la testa solo Nicole e il nuovo
appartamento,
Gustav aspettava solo che Fiona gli confermasse l’uscita di
quella sera, e, per
quanto riguardava Bill, era stato semplicemente contento della
registrazione
ben riuscita.
Era matematicamente sicuro che Tom e
Vibeke avessero dormito
insieme, e un po’ doveva ammettere di provare qualche
stranissima sensazione
che somigliava vagamente alla gelosia, ma c’era qualcosa di
sovrannaturale in
Tom che si limitava ad ospitare una ragazza nel proprio letto senza
esigere da
lei un particolare servizio, ed assistere ad un simile fenomeno
paranormale in
un’età che gli consentiva il pieno raziocinio sul
soggettivo confine tra realtà
e fantasia lo metteva in seria difficoltà.
Tom
è innamorato.
Nemmeno a parole sembrava credibile.
A fatti doveva essere
addirittura inconcepibile.
“Ci vediamo più
tardi a casa, ragazzi.” Annunciò agli altri,
uscendo assieme a loro nel cortile dove parcheggiavano abitualmente le
auto.
“Dove diavolo te ne
vai?” indagò Tom sospettosamente, mentre
anche Georg e Gustav si fermavano incuriositi.
Bill aprì la propria BMW
con un bip del telecomando e rivolse
a loro un sorrisino enigmatico.
“Devo fare una
cosa.”
***
Quando Vibeke udì la
serratura dell’ingresso che scattava,
erano le sei passate e fuori era già buio pesto da un pezzo,
anche a causa dei
nuvoloni che avevano ricoperto il cielo.
“God
kveld,
mine kjære,
hvordan går dere?”
La voce di Tom irruppe nella cucina
prima ancora che lui si
avvicinasse alla porta ed entrasse di gran carriera, disseminando una
scia di
indumenti dietro di sé. In salotto, Georg e Gustav la
salutarono mentre
sistemavano la propria roba.
“L’ho detto
bene?” le chiese Tom tronfio, sfilandosi la
pesante felpa blu notte.
Vibeke smise di scartare
l’arrosto che aveva comprato e si
voltò:
“Pronuncia eccellente,” si congratulò.
“La grammatica un po’ meno.”
La spavalderia di Tom si dissolse.
“Hai detto ‘Buona
sera, miei cari, come state?’,” gli
spiegò. “Invece avrebbe dovuto essere
‘God kveld, min kjære,
hvordan går deg?’, al singolare.”
“Ma è
uguale!”
“No che non lo
è, o non ti avrei corretto.”
Solo in quel momento, vedendo Georg e
Gustav apparire sulla
soglia con un’aria affamata, Vibeke si accorse che mancava
qualcuno
all’appello.
“Dov’è
la principessa?”
“No ne abbiamo
idea.” Rispose semplicemente Gustav.
“Come sarebbe a
dire?”
“Ha detto che doveva fare
una cosa,” Le disse Georg con
un’alzata di spalle. “Non sappiamo altro.”
Vibeke non riuscì a non
preoccuparsi. Avevano permesso a Bill
di andarsene in giro da solo per la città, per il
più dopo il tramonto?
“Ha promesso che non
farà tardi,” le assicurò Tom, per
niente
turbato. “Sarà andato a comprarsi qualche nuova,
orrida giacca da tremila
euro.”
“Che cos’hai
fatto tutto oggi?” intervenne Georg, rubando
una patatina fritta dal sacchetto che Vibeke aveva lasciato sul bancone.
“Niente di che,” fece lei. “Sono andata
un po’ a casa, poi a trovare BJ.”
“Sei andata anche in piscina?” domandò
Tom.
Lei si bloccò un istante,
attonita.
“Come fai a saperlo?”
“Ti leghi sempre i capelli quando sei appena stata in
piscina.” Rispose lui con
naturalezza, accennado alla sua coda.
Una naturalezza che lei non riusciva
a condividere, perché
il fatto che lui avesse notato un particolare a cui quasi nemmeno lei
aveva mai
fatto caso era destabilizzante.
L’aveva osservata, dunque.
Ed anche con una certa costanza
ed attenzione, visto che le sue nuotate non erano sempre regolari.
“Allora, si
mangia?” domandò Georg, sgranocchiando
un’altra
patatina.
“Ma non sono nemmeno le sei
e mezza…”
“Perché non
usciamo, invece?” propose Tom. “Il pollo
possiamo riscaldarlo domani.”
“Sono stanco
morto,” brontolò Georg, lasciandosi cadere su
una sedia. “Io passo.”
“Passo
anch’io,” soggiunse Gustav. “Mi vedo con
Fiona tra
due ore.”
Vibeke avrebbe benissimo potuto
sbagliarsi, ma il modo in
cui Tom si volse verso di lei aveva un che di speranzoso.
Io e te?!,
esclamò
dentro di sé, presa alla sprovvista. Da
soli?! No, Kaulitz, non esiste, sarebbe…
Tom abbozzò uno dei suoi
sorrisi ruffiani, e lei dimenticò
qualunque cosa stesse pensando.
Oh,
vaffanculo!
“Be’…
Perché no?”
Il piccolo sorriso di Tom
dilagò da una parte all’altra del
suo viso, mentre Gustav e Georg si scambiavano un’occhiatina
sospetta.
Voi due non
me la
raccontate giusta…
“Vado a
cambiarmi,” le comunicò Tom. “Ci metto
un attimo.” E
si diresse verso il piano di sopra.
Vibeke andò nel salotto e
prese a raccogliere il giubbotto,
le scarpe e il borsone che Tom aveva abbandonato qua e là.
Non aveva previsto
di dover uscire, si era messa addosso il vestito più comodo
che aveva, nonché
uno dei più belli, di velluto nero, con un bel corpetto
ricamato e le maniche
semitrasparenti. Avrebbe solo preferito che le arrivasse almeno al
ginocchio,
perché l’ultima volta che era uscita con una gonna
in una giornata piovosa, si
era congelata fino alle ossa.
E hai anche
incontrato
Tom Kaulitz, le rammentò la sua fedele voce
interiore.
Lei la scacciò, ed intanto
Tom scese le scale trotterellando.
Si era vestito di viola, una tinta che lei aveva sempre pensato gli
donasse
particolarmente, ma soprattutto, niente cappellino e niente fascia,
come
piaceva a lei.
“Allora,” la
esortò, togliendole di mano il proprio
giubbotto. “Andiamo?”
***
Bill uscì
dall’ascensore ed attraversò l’atrio a
passo
sicuro, reggendo tra le braccia un enorme sacchetto di plastica che
tutti
adocchiavano con espressioni curiose. O forse era lui ad attirare tutta
quell’attenzione.
Aveva fatto del proprio meglio per darsi un aspetto comune ed anonimo,
ma
probabilmente uno come lui avrebbe dato nell’occhio anche da
invisibile.
Oltrepassò con
indifferenza l’uomo che sorvegliava il
reparto e proseguì dritto verso il capo opposto del
corridoio. Arrivò di fronte
all’ultima porta e bussò.
“Avanti.” Gli
disse una voce familiare dall’interno.
Lui entrò.
BJ era appoggiato con la schiena ad
una montagna di cuscini,
un braccio steso accanto a sé con le solite flebo attaccate,
mentre con l’altra
mano saltava noiosamente da un canale altro della TV appesa di fronte
al letto.
Aveva indosso il pigiama di Ferragamo, e Bill si compiacque di notare
che gli
stava a pennello.
“Buonasera.” Lo
salutò.
BJ si voltò ed i suoi
lineamenti si spalancarono in
un’espressione piacevolmente sorpresa.
“Bill!”
esclamò, illuminandosi. “Che bella sorpresa!
Credevo
che tu fossi un’altra di quelle sanguisughe che mi
molestano!”
“Chi?” indagò Bill, indignato.
“Le infermiere,” Sbuffò BJ, incupendosi.
“Non fanno che andare e venire
chiedendomi se va tutto bene, se mi serve qualcosa, se possono fare
qualcosa
per me…”
Bill ridacchiò,
appoggiò il sacchetto al piccolo tavolo
dietro alla porta e si tolse il cappotto.
“Sono sicuro che ci sono un
sacco di cose che bramano dalla
voglia di fare per te.”
“Lasciarmi in pace sarebbe sufficiente.”
Bill prese posto sulla sedia che
stava accanto al letto e
studiò BJ: il suo colorito era più sano
dell’altra volta, e sembrava molto più
in forze, anche se le ombre scure sotto ai suoi occhi c’erano
ancora.
“Hai un aspetto
magnifico.”
BJ gli sorrise.
“Sì, è una condizione che ho avuto fin
dalla nascita.”
“Oh, anche tu?”
Bill portò una mano al petto. “Che
coincidenza!”
L’attenzione di BJ,
intanto, era volata verso il regalo che
Bill gli aveva portato.
“Dimmi che quella roba rosa
e morbidosa è per me!”
Sorridendo, Bill andò a
recuperare il maxi sacchetto e
glielo portò.
“In effetti sì,” disse, porgendoglielo.
“Ho pensato che ti avrebbe fatto
piacere una scorta di marshmallows.”
Estatico, BJ ne afferrò le
due parti opposte con le dita e
tirò, scoprendo che in realtà c’era
già una sottile fessura.
“Ma… È aperto?”
“Ehm…”
Bill si guardò le mani, avvampando.
“Sì, scusami, non
sono riuscito a resistere. Ero appena uscito dallo studio, avevo una
fame da
lupi e…”
BJ scoppiò a ridere, ma
una smorfia di dolore gli contrasse
il viso e dovette immediatamente ricomporsi. Bill sedette sul bordo del
materasso e gli si avvicinò timorosamente. Non era mai stato
bravo a sopportare
il dolore in silenzio, soprattutto quello fisico, ed ammirava chi
invece ne era
capace.
“Fa davvero molto
male?”
“Niente che non valga quella sessantina d'anni in
più da vivere.” Sostenne BJ,
sfiorandosi le bende che si intravedevano al di sotto della camicia
aperta.
“Mi sono spaventato a morte.” Gli
confidò Bill timidamente.
Lui accennò un sorriso.
“Ah sì?”
“Cioè, insomma...” Bill si
grattò il naso. “So come si sente tua sorella,
deve
aver passato la nottata peggiore della sua vita.”
Un’ombra colpevole
offuscò il volto di BJ.
“Mi odia. Dice che non devo mai più giocare a fare
l'eroe in vita mia.”
Non posso
darle torto,
pensò Bill, rifiutandosi di immaginare cosa sarebbe successo
se Tom fosse stato
al suo posto.
“Sì, be’, forse lo penso
anch'io.”
“Nessuno che mi abbia detto ancora ‘Bravo, BJ, sei
stato coraggioso!’…”
“Hai ragione,”
gli concesse Bill, comprensivo. “Lo sei
stato.”
“Grazie,”
sospirò lui. “Ora magari potresti cercare di
convincere anche mia sorella?”
Bill gli scoccò
un’occhiata che parlò per lui, ma poi gli
sovvenne una cosa, e forse BJ era la persona giusta per discuterne
seriamente. Nessuno
meglio di loro due conosceva Tom e Vibeke, quindi nessuno meglio di
loro due
poteva capirci qualcosa di quell’intrico sentimentale
pazzesco in cui si erano
andati a cacciare.
“A
proposito…” disse distrattamente. “Lei e
Tom hanno
dormito insieme, stanotte.”
BJ strabuzzò gli occhi.
“Intendi nel senso non
figurato del termine?”
“Sì.”
“Uff da!”
Bill riconobbe
quell’esclamazione norvegese: Vibeke la usava
sempre quando qualcosa la stupiva.
“Sono sempre stato
contrario a tutte le frequentazioni di
Tom,” confessò a BJ. “Tanta
disponibilità, poco cervello: a lui ha sempre fatto
comodo così, con le ragazze. Ma Vibeke mi piace, lei e Tom
sono complementari…
Solo che fanno troppa fatica a lasciarsi andare fino in fondo. Se non
glielo
avessi estorto io, Tom non mi avrebbe mai detto che lui e
lei…”
BJ annuì comprensivo.
“Sì, anche con
Vibeke sono stato costretto alla
coercizione.”
“Che coppia di incapaci che sono…”
“Mi ero insospettito quando è passata
stamattina,” rifletté BJ. “Sembrava su
di
giri… Se dormire con tuo fratello le fa
quest’effetto, lo faccio brevettare.”
Bill sapeva molto bene cosa
intendesse.
Avessi visto
Tom…
“Credi che esista qualcosa
che possiamo fare per
sbloccarli?”
BJ si sfregò pensosamente
il mento.
“Chiuderli nella stessa stanza finché non
ammettono di essere pazzi l’uno
dell’altra?” ipotizzò.
“Temo che si ammazzerebbero
prima.” Obiettò Bill.
“Ah, non vale!”
BJ si imbronciò. “Tu ti puoi godere tutte le
loro litigate dal vivo! Stando a quello che racconta Vibeke, devono
essere
esilaranti.”
“Non puoi immaginare
quanto!”
Tacquero per qualche secondo,
osservando il vuoto, poi ad un
certo punto BJ guardò verso di lui:
“Credi che ce la faranno
mai a comportarsi da adulti?”
“Stiamo parlando degli
stessi Tom e Vibeke che conosco io?”
“Domanda stupida, hai ragione.”
“Comunque, “ proseguì Bill.
“Ho un buon presentimento, sai?”
BJ lo scrutò interessato.
“Che tipo di
presentimento?”
Bill esibì un sorrisino furbo.
“Be’, io, Georg e
Gustav abbiamo ritenuto opportuno
concedere loro un po’ di intimità,”
disse in tono cospiratorio. “E se tutto è
andato secondo i piani…”
***
Tom non conosceva quel posto. Era un
pub con tavola calda, modesto
ma ben tenuto, in una zona tranquilla della città, arredato
con uno stile molto
britannico ed un clima accogliente, e per di più il cibo era
ottimo.
Lui aveva preso una bistecca con
patatine fritte, Vibeke,
invece, aveva preferito un’insalata mista, ed entrambi
avevano divorato i
rispettivi piatti tra una chiacchiera e l’altra.
Per la verità, Tom non si
era granché curato di quello che
si erano detti, sia perché si trattava di discorsi
spiccioli, sia perché la sua
testa continuava a divagare altrove.
Le labbra morbide di Vibeke erano una
distrazione
invincibile, e lui aveva trascorso gran parte del tempo a seguire ogni
loro
minimo movimento: gli piaceva il loro colorito intenso, anche senza
rossetto, la
forma che prendevano quando lei pronunciava le o e le u, il modo in cui
se le
tormentava tra i denti appena un argomento le diventava poco gradito, e
gli
piaceva perfino come avvolgevano le forchettate di insalata mentre lei
mangiava.
Da quando era tornato a casa, non
aveva pensato ad altro che
all’insopprimibile voglia che aveva di baciarla, eppure non
lo aveva fatto.
Vibeke era riuscita a distrarlo anche da quello.
“Allora, che ne
dici?”
Tom si riscosse e cercò di
capire a cosa lei si riferisse.
Al pub, probabilmente.
“Oh,
sì,” farfugliò. “Molto
carino. Si mangia proprio bene.”
Vibeke lo fissò per un
attimo, poi tornò alle ultime foglie
di insalata che giacevano nel suo piatto e le smosse un po’
con la forchetta,
senza però infilzarle.
“Ti sei accorto che sono
stata in piscina.” Disse ad un
tratto.
Tom non era certo di afferrare il
motivo di quella
constatazione.
“Sì,” Disse, accigliato. “E
allora?”
Vibeke si aggiustò una
ciocca di capelli dietro
all’orecchio, mettendo in mostra la sua sfilza di piercing.
Ci mise diversi
secondi a sollevare lo sguardo:
“In quanti altri modi mi puoi ancora stupire?”
Stupita. Tom l’aveva
stupita. Era un bene, no?
“In senso
positivo?” le chiese, nel dubbio.
Lei sollevò un sopracciglio, e come risposta fu
sufficientemente chiara.
“Be’, vediamo…” Tom si mise a
pensare. “Odi lavorare in silenzio,” gli venne in
mente. “Metti sempre qualche CD di Gustav, quando non ci
siamo noi in giro a
fare casino,” Non osava guardarla, parlando. Per qualche
ragione, lo
imbarazzava dirle quelle cose, ma non si fermò.
“Prendi il caffè amaro, senza
latte né zucchero, ma lo accompagni sempre con qualcosa di
dolce. Ti metti
vestiti colorati solo quando sei giù di morale, mentre
quando sei
particolarmente felice esiste solo il nero.”
Vide Vibeke abbassare furtivamente lo
sguardo sul tessuto color
pece dell’abito che portava ed arrossire impercettibilmente.
“Hai smesso di lamentarti
del fatto che io ti chiami Vi dopo
la prima volta – be’, seconda,
in
effetti… – che ci siamo baciati, in camera
tua,” continuò. “E oggi abbiamo
scoperto che i letti singoli non fanno per te. E poi,”
Aggiunse infine. “Parli
nel sonno.”
Lei guardò in su di
scatto, arrossendo più visibilmente.
“Non è
vero!”
“Sì che è vero,”
insisté Tom. “Per tua fortuna non so il norvegese,
altrimenti
potrei ricattarti.”
“Cosa te ne fai di altri soldi?”
“E chi l’ha detto che ti avrei chiesto dei
soldi?” replicò lui in tono
ammiccante.
“Porco!”
“Non fare finta di essere indignata, non sei tanto diversa da
me.”
Lei rise.
“C’è
un detto norvegese che dice ‘Like barn leker
best’.”
“Che in una lingua a me
comprensibile significa…?”
“I bambini simili giocano meglio insieme.” Tradusse
Vibeke.
Tom lo trovò uno dei detti
più veritieri che avesse mai
sentito.
“Gente savia, voi
scandinavi.” Commentò, pulendosi la bocca
con il tovagliolo.
“In confronto a te, anche
un’ameba apparirebbe savia.”
Replicò lei.
Infastidito ed offeso, Tom
sbatté rabbiosamente il
tovagliolo sul tavolo.
“Ancora, Vi?!”
esclamò in un sibilo feroce.
Lei non capì.
“Ancora cosa?”
“Mi attacchi senza che io ti abbia fatto niente!”
“Ma di cosa stai parlando?” esclamò lei,
irritata.
“Di questo tuo assurdo atteggiamento autodifensivo!” la rimbeccò Tom. “Appena
cerco di avvicinarmi a te, tu subito scatti con la solita
acidità… Mi sembrava
che avessimo chiarito questa faccenda!”
Vibeke boccheggiò
interdetta. Lui sentì di aver segnato un
punto a proprio favore.
Colpita e
affondata,
Vi?
***
Non riusciva a parlare. Non riusciva
a pensare. Non riusciva
a fare niente, se non fissare Tom con gli occhi sbarrati.
“Appena
cerco di
avvicinarmi a te…”
Tom voleva avvicinarsi a lei. Voleva
stabilire un contatto vero,
tra loro, e lei non glielo permetteva. Eppure lei voleva
che lui si avvicinasse, lo voleva davvero, ma non riusciva a
lasciargli varcare l’ultimo confine. Stava andando tutto in
modo troppo strano
rispetto al normale: prima il sesso, poi la confidenza, quelle loro
strane
uscite inclassificabili… Come si faceva a razionalizzare un
tale caos?
Vibeke avrebbe voluto con tutto il
cuore affidarsi
completamente a lui, ma ancora non ne era capace.
Ma lo sarai
mai?,
si intromise la solita misteriosa entità impicciona che
dimorava dentro di lei.
“È
più forte di me,” Mormorò Vibeke.
“Non lo faccio
apposta.”
Quelle poche parole sembrarono ferire
Tom più di un insulto
diretto.
“Quindi non ti fidi di me.”
“Non ho detto questo.” Sottolineò in
fretta lei, ma in realtà, anche se non era
quello che aveva detto, era quello che aveva pensato. Tom spesso le
ispirava
fiducia e sicurezza, a gesti e parole, ma quando lo vedeva nella sua
versione
pubblica, non era più la stessa persona, e lei aveva il
terrore di essersi
innamorata del Tom sbagliato. Quale dei due era quello vero, e quale la
finzione?
Le sembrava sincero, ora, con
quell’ombra malinconica negli
occhi, però Vibeke non riusciva a cancellare il dubbio. E
non si trattava solo
di lui, ma anche degli altri, poi: i Tokio Hotel che conosceva lei
erano quelli
domestici, liberi dalle influenze di riflettori, telecamere, e pubblici
in
delirio. In tour, tutto sarebbe cambiato, sarebbe stato completamente
diverso.
E lo saranno
anche
loro?
“D’accordo,”
bofonchiò Tom, alterato. “Come vuoi tu.”
“Kaulitz, non è
colpa tua,” cercò di blandirlo Vibeke.
“Sono
io che non… Non riesco ad accettarlo.”
“Ad accettare
cosa?” sbottò lui impaziente.
Vibeke lo aveva già
ammesso con se stessa, e anche con
Gustav, con Georg e con Bill. Implicitamente, lo aveva perfino ammesso
con BJ.
Ma ammetterlo con Tom era tutta un’altra faccenda.
“Se ti ostini a prevenire tutto per
evitare il peggio,” le aveva detto BJ non molti giorni
prima, a quel pranzo al
ristorante. “Va a finire che
previeni
anche il meglio.”
Bene, Vibeke, si disse risoluta, è giunto il momento che tu impari a
rischiare qualcosa.
“Di essere…
Dipendente da te.”
Tom si congelò
nell’atto spezzettare nevroticamente gli
avanzi della propria pagnotta, le spalle ricurve in avanti.
Alzò lentamente gli
occhi su di lei senza alcuna espressione, le labbra dischiuse.
“Cos’è che hai detto?”
Fu niente più che un
sussurro disilluso, così debole che
Vibeke si meravigliò di averlo compreso.
“Mi hai sentita.” Tagliò corto, ma era
come se lui non l’avesse affatto
sentita.
“Vi,”
L’incrinatura incerta della voce di Tom, per un fugace
attimo, la fece vergognare di aver dubitato della sua
onestà. “Io ti piaccio?”
“Ma ci sei o ci fai?” scattò subito lei,
innervosita. “Hai sentito mezza parola
di quello che ho appena detto?”
“No… Cioè,
sì…” Lo aveva messo in
difficoltà. “Ma il fatto è
che… Insomma, io…
Non me l’aspettavo.”
“No? E allora cosa ci facevo nel tuo letto, secondo
te?”
“Lo stai facendo di
nuovo!” protestò lui con fervore. “Io
sto cercando di districare qualcosa e tu fai la scontrosa! Mi
renderesti le
cose più facili se per una volta ritraessi i canini, sai?
Sei inavvicinabile,
dimmi come faccio a guadagnarmi la tua fiducia se tu non fai altro che
spingermi via! Non puoi venire da me solo quando ti fa comodo, a fare
quello
che ti fa comodo!”
Aveva ragione lui, su ogni cosa. Era
stata lei ad accusarlo
per prima di essere un opportunista che prendeva solo quello che gli
faceva
comodo e snobbava il resto, e lei ora stava facendo esattamente la
stessa cosa
con lui.
“Odio quando hai ragione,” dovette riconoscere, poi
azzardò un mezzo sorriso. “Meno
male che capita di rado.”
All’inizio Tom rimase impassibile, continuando solamente a
tenerle gli occhi
inchiodati addosso, quasi a voler cercare in lei conferme a quanto gli
aveva
appena detto, ma poi tutto quel gelo si sciolse in un sorriso, caldo e
vivo,
solare, ed il suo Tom era
lì davanti
a lei, ed improvvisamente ogni dubbio era sparito.
Mi arrendo,
Kaulitz. Hai vinto tu.
“Sono sottotono,
stasera,” Si lamentò Tom. “Non riesco
nemmeno a tenerti il muso.”
“E io cosa devo dire,
allora? Mi punti contro i tuoi
occhioni cerbiattoni e la mia dignità va a farsi
fottere…”
Tom rise, forse un po’
lusingato.
“Si direbbe che qualcosa
Bill sia riuscito ad insegnarmelo,
dopotutto…”
Il sentir menzionare Bill fece venire
in mente a Vibeke un
certo discorso che si era prefissata di affrontare con Tom.
Probabilmente non
era neanche il momento adatto, e lui le avrebbe detto che non era affar
suo, ma
lei ci teneva e tentare non costava nulla.
“Kaulitz…”
“Mmh?”
“Quando è stata
l’ultima volta che hai detto a Bill che gli
vuoi bene?”
Domanda innegabilmente invadente, che
richiese alla
riservatezza di Tom una discreta riflessione.
“Che ne so… Un paio d’anni fa,
credo,” rispose evasivo. “Non guardarmi così,” riprese, quando lei fece una faccia poco convinta.
“Non serve che
glielo ricordi ogni santo giorno, lui lo sa.”
“Non dico ogni santo giorno,” Precisò
Vibeke. “Ma almeno ogni tanto… Qualche
volta glielo dovresti ricordare.”
“Che razza di discorsi sono questi?”
Lei si passò una mano
tra i capelli, lasciandosi andare
contro lo schienale della sedia.
“Lo vedo un po’ giù,
ultimamente,” mormorò. “Ieri sera
stavamo facendo due
chiacchiere sul divano e mi è sembrato che avesse un gran
bisogno di coccole e
di affetto.”
Tom fece per dire qualcosa, ma poi
parve metabolizzare ciò
che lei gli aveva appena comunicato e si fece subito saltare la mosca
al naso:
“Dov’ero io?
Perché questa parte me la sono persa?”
“Eri a letto,
suppongo,” replicò lei in tono pratico.
“Io
ero sveglia, Bill anche…”
“Non mi dirai che te lo sei
coccolata come un gattino,
vero?!” sbraitò Tom, a volume così alto
che gran parte del resto dei clienti
del pub si voltò a guardarli.
“Lo sai che ha bisogno di
attenzioni costanti!”
“E c’era bisogno di venirle a cercare da
te?!”
“Testa di cazzo, ero l’unica persona
sveglia!”
I toni si stavano surriscaldando.
Vibeke aveva previsto una
reazione difensiva da parte di Tom, ma non certo
quell’esplosione di gelosia.
Imprevista o meno, comunque, non poteva negare che quella gelosia la
lusingasse
non poco.
Tom, nel frattempo, si era fatto
silenzioso e la sua
attenzione era smarrita al centro del suo piatto ormai vuoto.
“Non si è mai
fatto problemi a venire a infilarsi nel mio
letto.” sussurrò piattamente.
“Forse pensa che ormai siate cresciuti per queste
cose.” azzardò lei.
“Chi, Bill? Quello che dorme con lo stesso orsacchiotto da
diciotto anni? Sii
realista!”
“Forse allora crede che sia tu a pensarlo.”
Tom affondò stancamente il
viso tra le mani.
“Ma perché
all’improvviso non mi dice più niente?”
Vibeke incrociò le braccia
al di sopra del tavolo ed inclinò
la testa di lato.
“E tu cosa gli dici?”
Tom tentennò.
“Io… Be’…”
“Gli basta poco,
Kaulitz,” lo incoraggiò Vibeke. “Cerca
solo
qualche rassicurazione, vuole solo essere certo che tu sia ancora il
suo Tomi.”
Lui si concesse un sospiro.
“Gli
parlerò.”
“Bravo.”
“Grazie, Vi.”
“E di che cosa?”
“Di avermi offerto la cena.”
“Io non ti ho offerto proprio niente!”
abbaiò Vibeke.
“Be’, allora lo stai per fare, perché ho
scordato il portafogli a casa.”
Vibeke si trattenne
dall’imprecargli contro.
“Avrei dovuto immaginarlo,” si disse.
“Era troppo bello per essere vero.”
“Che cosa?” chiese Tom.
“Be’… Tutto, in generale.”
“Sai che sono quasi tre ore
che non litighiamo?” notò lui,
controllando l’ora sul proprio polso.
“Due e mezza, veramente,” specificò
Vibeke. “In macchina abbiamo litigato per
la musica.”
“Ah, giusto,”
L’entusiasmo di Tom si affievolì. “E poi
anche
prima, per dove sederci.”
“Quello non era litigare,” lo contraddisse lei.
“Io ti ho assecondato e tu hai
insistito per metterci dove dicevo io.”
“Sì,
perché tu sai che odio essere assecondato e non volevo
darti la soddisfazione di irritarmi.”
Lei si sporse verso di lui,
studiandolo attentamente.
“Hai preso un po’ di sole, ultimamente?”
si informò.
“No, perché?”
“Niente, mi illudevo che stessi maturando.”
“Stronza!”
Vibeke finse una risatina civettuola.
“Oh, adulatore!”
Tom dissimulò un ghigno e
si infilò una mano in tasca, e
quando la estrasse, Vibeke scorse un paio di pezzi da venti nascosti
nel pugno.
“Tu!” Vibeke
avrebbe voluto inveire, ma le scappò da ridere.
“Razza di –”
“Adorabile gentiluomo pieno
di humour?” suggerì lui, posando
le due banconote sul tavolo con una strizzatina d’occhio.
Lei scosse il capo divertita, ma non
disse nulla.
“Ce ne andiamo, che
dici?” la invitò Tom, che già stava
infilandosi il giubbotto.
“E dove?”
Lui fece spallucce.
“Non so, a fare due passi.”
Due passi con Tom Kaulitz…
Sembrava il titolo di un libro, o
di una commedia.
Due passi in giro per Amburgo con Tom
Kaulitz, dopo una
sottospecie di cenetta quasi romantica.
L’esito finale di quella
follia non era ancora prevedibile,
ma ormai Vibeke non aveva più nulla da perdere.
“Andiamo.”
***
L’aria era gelata, il cielo
plumbeo minacciava pioggia
imminente e ogni respiro si condensava in piccoli sbuffi di vapore che
si
diradavano rapidamente nelle brevi folate di vento. Tom,
però, non aveva
freddo. Forse era merito delle due birre che si era scolato e che gli
stavano
lentamente arrivando alla testa.
Vibeke aveva un cappotto nuovo, dalla
foggia rinascimentale,
nero con rifiniture bordeaux, tenuto chiuso da sottili alamari
argentati, ed
abbastanza corto da concedere una buona visuale delle gambe avvolte dai
collant
a rete. Tom sapeva che c’era un altro paio di collant
invisibili, sotto, perché
gli era capitato un paio di volte di sfilarglieli personalmente.
Passeggiavano per strada da qualche
minuto, e nessuno dei
due aveva ancora aperto bocca. Più volte le loro mani si
erano sfiorate
inavvertitamente, camminando, ed ognuna di quelle volte lui aveva avuto
l’irrazionale tentazione di intrecciare le proprie dita con
quelle di Vibeke,
ma qualcosa lo aveva sempre trattenuto.
Tenersi per mano era una smanceria
per coppiette
stereotipate, e lui e Vibeke erano quanto di più lontano da
uno stereotipo
potesse esistere. Per di più non erano nemmeno una coppia.
O
sì?
Dopo un po’, comunque, lei
si era messa le mani in tasca, e
quindi il problema non si era più posto.
“Dove stiamo
andando?” domandò Vibeke, mentre oltrepassavano
una fila di macchine.
La gente passava loro accanto senza
voltarsi, e Tom per una
volta trovava piacevole passare inosservato, anche se un paio di
ragazzi che
avevano incrociato avevano guardato Vibeke in modo un po’
troppo esplicito, per
i suoi gusti.
“Ha importanza?”
Lei non fece altro che calciare una
lattina che trovò per
terra.
“No.”
Gli piaceva con le guance ed il naso
arrossati, in forte
contrasto con il suo candore e con tutto quel nero che aveva indosso.
Si era
raccolta i capelli in una treccia morbida per non farli scompigliare
dal vento,
ma alcune ciocche più corte erano sfuggite e le contornavano
morbidamente il
viso sereno.
Avrebbe voluto poterle dire che era
bella, ma lei non
avrebbe capto. Odiava i complimenti, almeno da parte sua.
Tutt’un tratto
provò un irrefrenabile bisogno di una
sigaretta. Individuò un distributore automatico in un
negozio poco più avanti,
dall’altra parte della strada. Doveva avere un qualche moneta
in tasca, un
pacchetto piccolo sarebbe riuscito a prenderlo.
“Vi, vado un attimo a
prendermi le sigarette,” la avvertì.
“Aspetta qui, torno subito.”
“D’accordo.”
Attraversò rapidamente e
raggiunse il distributore della
tabaccheria. C’erano un paio di ragazzini prima di lui, e
dovette attendere che
inserissero l’importo centesimo per centesimo. Quando
finalmente toccò a lui,
scoprì che le Lucky Strike erano finite.
Fanculo.
Stava cercando di scegliere tra le
Marlboro e le Silk Cut,
quando udì la voce di Vibeke rispondere ad un'altra,
maschile. Si voltò e
scorse un bellimbusto dai capelli grondanti di gel che diceva qualcosa
a Vibeke
e allungava la mano verso di lei, ma lei si scostò e rispose
qualcosa di brusco
che Tom non colse.
Non aspettò che il tizio
facesse altro: dimentico delle
sigarette, si affrettò a ritornare dal lato opposto della
via, fumante di
rabbia. Qualunque cosa quell’energumeno volesse da lei, non
la avrebbe avuta.
“Non fare la ritrosa,
piccola, ti ho solo chiesto come ti
chiami.”
“E io ti ho detto di girare al largo!”
“Sei una gattina focosa, eh? Mi piacciono quelle come
te.”
Tom cominciava a vedere rosso: la mano dello sconosciuto continuava a
toccare
il braccio di Vibeke, ed anche se lei si ritraeva, lui non accennava a
demordere.
“Toglile le mani di
dosso,” gli ordinò con un ruggito,
giungendogli alle spalle. “Subito.”
Il ragazzo lasciò
momentaneamente perdere Vibeke e spostò la
propria attenzione a Tom.
“E tu chi dovresti essere?
Il suo cavaliere in armatura
scintillante?”
“Lei sta con me, siamo… Amici,”
mise in chiaro lui, senza lasciarsi
intimidire dalla stazza dell’altro. “Quindi, come
ti ha già detto lei, gira al
largo.”
Lo sbruffone scoppiò
spregevolmente a ridere.
“Sì, immagino
come te la sbatti amichevolmente questa
stron–”
Il pugno sferrato da Tom lo
colpì dritto in mezzo al naso, girandogli
la faccia dall’altra parte. Un urlo soffocato
riecheggiò per la strada.
“Figlio di
puttana!” ringhiò il tizio, rivoltandosi contro
Tom.
Era parecchio robusto, e Tom non fu
in grado di schermarsi
dal suo pugno di risposta. Accusò il colpo con violenza e
finì scaraventato a
terra, con un dolore atroce al labbro, che iniziò a
pulsargli, più caldo del
normale. Sentì il sangue sgorgare da un punto indefinito e
raccoglierglisi in
bocca.
La sua vista appannata gli permise
solo di intravedere
l’altro ragazzo che sputava a terra e voltava loro le spalle,
bestemmiando
mentre si allontanava.
Tom non si era nemmeno accorto che
Vibeke gli era accorsa
accanto e gli tendeva una mano. Lui la prese e si lasciò
tirare su, scoprendo
che Vibeke era più forte di quel che avesse creduto.
“Hai rischiato di non
uscirne vivo.” Lo riprese,
sostenendolo.
Lui si sfiorò la bocca e
la trovò appiccicosa: stava
sanguinando abbondantemente.
“Ho solo un taglietto sul
labbro.” Sdrammatizzò, ma ogni
singola sillaba che pronunciò gli causò un
brivido di dolore.
“Sì, che
equivale ad un miracolo, visto che quello era
grosso quattro volte te.” Sottilizzò Vibeke,
mentre cercava di tamponargli
delicatamente la ferita con un fazzoletto.
“Ti stava dando della
stronza.” Biascicò Tom, trattenendo un
lamento per il fastidioso bruciore.
“Tu mi dai della stronza
tutti i giorni.”
“Io posso,” si
giustificò lui, appena la piccola emorragia si
fermò. “Perché tu adori sentirti dare
della stronza da me.”
Lei schioccò
significativamente la lingua e mise via il
fazzoletto sporco, proprio mentre un tuono rimbombava nel cielo. Una
frazione
di secondo più tardi, quando loro avevano appena ripreso a
camminare, una rada
pioggerellina cominciò a cadere.
“Ci mancava solo
questa…”
Ancora appoggiato a lei e mezzo
frastornato, Tom si mise con
il naso all’insù, facendosi bagnare il viso dalle
gocce che andavano
aumentando.
“Ai confini del tempo, dove
la pioggia non ci farà male…”
Vibeke lo guardò storto.
“Perché la
commistione di alcol e pioggia ti riporta sempre
a Monsoon?”
Lui chinò la testa verso
di lei.
“Eh?”
“Anche l’altra
volta, quando eri ubriaco fino al midollo,
avevi citato Monsoon.”
“Non ricordo.”
“Io
sì.” Rise Vibeke.
“Aspetta,” la
interruppe Tom. “Vuoi farmi credere che sai
riconoscere una citazione di Monsoon?”
“Sì,”
ribatté Vibeke sulla difensiva. “E
allora?”
“Niente, non me
l’aspettavo.”
“Come ti ho già
detto la prima volta: mai sottovalutarmi, Kaulitz.”
“Allora conosci davvero le
nostre canzoni!”
“Solo quelle più
famose,” si schermì lei. “A parte
un’altra,
che ho sentito tempo fa quasi per sbaglio, la mia preferita.”
“Ah
sì?” Tom era proprio curioso di saperne di
più. “E quale
sarebbe?”
“Schwarz.”
Schwarz?,
pensò,
incredulo.
“Schwarz?”
“Sì. Ha un testo
bellissimo, credo che Bill abbia dato il
meglio di sé.”
“Mmh,
già.”
“Anche
se…” aggiunse Vibeke, senza però
terminare la frase,
ma Tom voleva sapere.
“Anche
se…?”
“C’è
una strana amarezza nella canzone,” disse lei. “Un
sapore
che non è da Bill. Forse è per quello che mi
piace.”
Tom stentava a credere alle proprie
orecchie: Vibeke aveva
sempre detto che la loro musica non faceva per lei, ma ora gli veniva a
dire
che uno dei loro pezzi le piaceva, e non un pezzo qualunque, ma
Schwartz.
Proprio Schwarz.
“Ti piace.”
Ripeté Tom, per essere sicuro di non aver
frainteso.
“Sì,”
ribadì lei pazientemente. “Mi piace.”
“Ti piace come in
‘Mi piace perché è poetica, profonda e
toccante’ o ‘Mi piace perché suona
bene’?”
“Non lo so…
Entrambe, credo,” Vibeke lo occhieggiò stranita.
“Che importanza ha?”
“No,
niente…” divagò lui.
“Nessuna.”
Le avrebbe detto un’altra
volta che Schwarz la aveva
scritta lui.
Camminarono ancora per qualche
minuto, il braccio di Tom che
circondava le spalle di Vibeke, e quello di Vibeke che avvolgeva la
vita di
Tom, aiutandolo a camminare, anche se ormai non ce n’era
più bisogno: Tom si
era completamente ripreso dal momentaneo stordimento conseguito dal
pugno
ricevuto, ma non era necessario che lei lo sapesse. Si fermarono alle
strisce
pedonali, davanti ad un semaforo rosso. Non c’era in giro
quasi nessuno,
avrebbero potuto tranquillamente attraversare lo stesso, ma rimasero
fermi ad
aspettare.
Piovigginava ancora, ma era
così lieve che quasi non ce ne
si poteva accorgere, e se non altro il vento si era placato.
“Vi?”
mormorò Tom ad un tratto, voltandosi a guardarla.
Vibeke fece lo stesso.
“Che
c’è?”
Con un movimento fluido, Tom
ruotò attorno a lei e le si
mise di fronte, tenendola appoggiata a sé, le mani sui
fianchi.
“Posso baciarti?”
Pur nella scarsa luce notturna,
poté distintamente vedere le
pupille di Vibeke assottigliarsi nei suoi occhi basiti, e gli
sembrò quasi di
avvertire anche la pressione del sangue nelle sue vene che saliva.
“Da quando in qua mi chiedi
il permesso?”
“Posso?” glissò lui.
Lei era combattuta, era
più che evidente, ma in qualche modo
riuscì a resistere alle sue moine.
“Niente da fare,”
dichiarò, seppur senza un briciolo di
convinzione. “In pubblico non se ne parla.”
“Non siamo in pubblico,
siamo per strada.”
“Appunto, chiunque potrebbe
vederci, e io non ho nessuna
voglia di diventare argomento di gossip di qualche gallina strafatta di
ninfomania a base di Tom Kaulitz.”
Ma a Tom non importava un bel niente
dei suoi vaneggiamenti.
Gli importava solo del fatto che fossero lì, da soli ed
indisturbati, troppo
vicini per sprecare un momento così perfetto.
“Io però ti
bacio lo stesso.” Ed avvicinò il proprio viso al
suo.
“Ti ricordo che hai un
labbro spaccato.” Riuscì a bisbigliare
Vibeke, mentre le punte dei loro nasi già si incontravano.
“Chi se ne frega.”
“Ti farà
male!”
Tom sogghignò e, senza
curarsi minimamente delle sue obiezioni
insensate, la sfiorò con le labbra.
“È
l’obiezione migliore che riesci a trovare?” le
sussurrò
con voce roca.
Le lasciò mezzo secondo
per tentare di rispondere, poi,
senza esitazioni, le mise una mano sul collo e la attirò a
sé per baciarla.
Le labbra di Vibeke erano calde e
turgide, più corpose di
come le ricordava, e non poté fare a meno di stuzzicarle
nuovamente tra i
propri denti. La assaggiò e si lasciò assaggiare,
premendola contro il muro che
aveva alle spalle man mano che il bacio si approfondiva, avvertendo le
carezze
della sua lingua sul proprio taglio.
Era un bacio come mai Tom ne aveva
dati prima, dolce,
nonostante il sapore di sangue che gli rimaneva in bocca, e non aveva
niente di
casuale, niente di rubato. Era un bacio consensuale, voluto, anzi,
desiderato,
tanto da lui, quanto da lei, e pienamente consapevole di tutti i
sentimenti che
portava con sé.
Era un bacio speciale.
Quello era lo zero, il punto di
partenza, l’inizio effettivo
di tutto, qualunque cosa quel tutto includesse.
Quello, anche se loro non lo
sapevano, era il loro primo
vero bacio.
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Note:
inizio col dire che questa volta sono giustificata per i secoli che ci
ho messo
ad aggiornare! XD Come avrete notato, il capitolo è il
più lungo che io abbia
mai scritto. ^^
Qualcuno
avrà notato, forse, che il titolo del
capitolo è lo stesso di un capitolo di Lullaby, che poi
altro non è che il
titolo di una splendida canzone dei Cure … Ebbene, vi
confesso che credo
proprio che questo titolo ritornerà ancora, in futuro, ma
non divaghiamo. È tempo
dei debiti ringraziamenti:
NeraLuna:
be’,
non so proprio cosa dire, se non un banalissimo
grazie. Per è davvero importante sapere che chi legge le mie
storie si senta
coinvolto… Non c’è complimento
migliore. ^^
Ladynotorius:
a te va la dedica speciale, te
lo avevo promesso. XD
Quindi questo capitolo è tutto per te,
spero che tu te lo sia
goduta fino in fondo. ;)
natyy:
innanzitutto
benvenuta! Ti ringrazio dei
complimenti, spero di aver aggiornato abbastanza in fretta. XD
growlitha:
come
si dice, meglio tardi che mai, no? ;) Di’ al
tuo pc di funzionare, altrimenti se la dovrà vedere come in
persona! (capirai
che minaccia, il mio se la vede con me ogni giorno, ma non è
affatto
intimorito…)
Alexgirl:
benvenuta
anche a te! Grazie di ogni singola parola!
Tu volevi sapere come continua… Ed eccoti accontentata. ^^
Io ora voglio sapere
come hai trovato questo capitolo. ;)
Claustrophobical:
un
altro benvenuto va a te, che mi hai sommersa di
lodi che forse non merito del tutto, ma sono sempre apprezzate. XD
Cerco sempre
di mettere la maggior credibilità possibile in
ciò che scrivo, ci tengo che le
mie storie siano verosimili, anche a costo di rimetterci la
sanità mentale. XD
Aspetto la tua opinione!
zoe1230:
un’altra
nuova accolita, e benvenuta quanto le
altre! Mi fa piacere sapere che hai notato che ci metto il cuore nelle
mie
storie, perché è vero, scrivere è la
mia più grande passione, e se poi scrivo
sui miei amati Tokio Hotel… Be’, immagina. XD
Cuoci bene nel brodo, mi
raccomando, ci conto. ;)
Debry91:
Io?
Pubblicare qualcosa? A dire il vero non ci ho
mai pensato, se non quel milione o due di volta. XD Se davvero trovassi
l’idea
giusta per un romanzo, per me sarebbe la realizzazione di un sogno
vederlo
pubblicato! Mai dire mai, giusto? In ogni caso, hai ragione ad
aspettarti di
tutto, perché abbiamo a che fare con due continue sorprese
(alias Tom e Vi), e
non si sa mai cosa può ancora succedere (o meglio, io lo so,
ma vi dovrete
aspettare ;) ).
Lady
Vibeke: no
che non ti uccido, fossi matta!
Occhio di Lince mio, non ti lasci sfuggire proprio niente! Sul serio,
non
credevo che qualcuno avrebbe notato Love Will Tear Us Apart, mi hai
stupita!
Ok, magari per te era più facile da notare, parti
avvantaggiata, ma comunque
complimenti! Hai vinto una ciocca di capelli di Georg! XD No, non
ringraziarmi,
lo so che sono troppo generosa. ;)
StellaMars:
eh,
lo so, la nostra principessa è un amore
sconfinato. *__* Spero che tu riesca a trovare le parole per questo
capitolo,
ci tengo all’opinione di tutti quanti, adoro sempre leggere
cosa ne pensare e
le vostre congetture. ^^
_Ellie_:
come sempre, tu mi
delizi! *__* Una cosa può chiedere di più dalla
vita? Un Georg? Un Gustav? Un
Bill? Un Tom? Tutti e quattro? Ecco, forse solo quello potrebbe
superare le tue
recensioni. Sei una delle mie predilette che in realtà,
più che recensioni, mi
lascia dei favolosi poemi epici interminabili in cui io sguazzo come un
Bill in
una piscina di caramelle… E non so mai ringraziare
abbastanza. Be’, comunque…
Grazie! XD
Lady_Daffodil:
voglio
sperare che quando leggerai questo capitolo
non sarai un po’ giù come l’altra volta,
ma, in caso tu lo sia, spero che ti
possa aiutare di nuovo a trovare un po’ di buonumore. ^^
Prego per i tuoi
ringraziamenti, e anche grazie a te per i tuoi immancabili commenti!
susisango:
ti
piacciono i capitoli lunghi? Bene, che mi dici di
questo? XD Ho battuto ogni record! Vi che dice a Georg
‘Georgasm’ è il massimo…
Però è una che non si è mai fatta
problemi a dire le cose come stanno, tranne
quando la riguardano da vicino, e noi ce ne siamo accorti tutti, mi
pare. Mi
farai attendere secoli anche stavolta? ;)
kikka_tokietta:
se
ti sei commossa nello scorso capitolo, a questo
che cosa mi fai? ^^ I testoni forse hanno cominciato ad essere un
po’ meno
testoni, pare. Soddisfatta dell’aggiornamento? ;)
lalinus84:
ci
sono cose nella vita di un’umile autrice di
fanfiction che segnano. Ci sono cose che ti fanno fermare, strabuzzare
gli
occhi e cascare la mascella. Ci sono cose che non puoi non segnare sul
calendario per i posteri e innaffiare con una brindata festante di
champagne.
Una di queste cose è… Una recensione
dell’Ale! *__* Tu, ragazza mia, non sai
cosa significa per me sapere che mi hai ritenuta degna ti un commento
da parte
tua! Non lo sai e non lo saprai mai, ma il mio cuoricino è
qui che batte
commosso e felice per aver trovato una traccia del tuo passaggio tra le
recensioni
dello scorso capitolo, e quindi grazie, thank you ssso much (con la
zeppolina
alla Bill ;) ), e fatti viva, ogni tanto, mi manchi!
Muny_4Ever:
danke
schoen! Davvero, grazie, soprattutto per
avermi comunicato che riesci ad immedesimarti in Vi. Lo so che
è una questione
soggettiva, ma più uno si immedesima, più vive la
storia sulla propria pelle, e
penso che questo significhi parecchio, per un lettore. Mi raccomando,
lo sai
che bastano due righe per farmi felice. ;)
Camilla85:
mia
diletta! Non vedo l’ora di beccarti su msn e sbava
parlare ancora un po’ con te. XD Fatti sentire!
winTh:
non
posso negare che mi farebbe veramente piacere
avere la tua opinione per ciascun capitolo, ma mi posso accontentare di
interventi saltuari. ^^ Non sei la sola a volersi addormentare come ha
fatto
Vi, ma, sarò sincera, io preferisco di gran lunga le
celestiali apparizioni nei
bagni. XD Se trovi un minuto per commentare, sei sempre la benvenuta,
lo sai.
:)
erichina94:
non
preoccuparti di essere ripetitiva… Finché sono
complimenti, non è un problema. XD
_Kaay:
cosa
ti ringrazio a fare? In questo preciso istante
stiamo chiacchierando in msn, ci stiamo già dicendo tutto
lì. XD Ma grazie lo
stesso, vale la pena di ribadirlo. ;)
hyena_:
scusami, ma la
tentazione di piazzare un Uomosesso seminudo da qualche parte
è stata più forte
di me. XD Temo di aver causato attacchi di ormonite acuta a parecchia
gente, ma
sono cose positive, no? XD Come vedi, Vi ha dormito come un angioletto
tra le
braccia di Tom… Hanno già sperimentato tutto il
resto, mancava solo dormire
insieme in un letto. XD
vivihotel:
avrai notato che non
è solo Vi che inizia a sciogliersi… E suppongo
sia una cosa positiva. XD Spero
ti sia sembrato altrettanto fantastica anche questa di fine. ;)
loryherm:
cara!
carissima! eccoti qui, un’altra delle mie
seguaci preferite, con le tue recensioni lunghe una gamba di Bill e
mezza! XD
Grazie, per esserci sempre ed essere così entusiasta ogni
volta, ma soprattutto
grazie di capire tante cose non proprio scontate! <3
Ninnola:
sì,
possiamo dire che scrivere ce l’ho nel sangue…
Essendo la mia droga preferita, in effetti, me lo inietto direttamente
in
endovena, tutti i giorni, più volte al giorno, e quando
scrivo sui Tokio Hotel…
Viva le overdose! XD Vi è molto tenera, quando vuole, e lo
stesso si può dire
di Tom… Come sta il tuo cuore dopo questo capitolo? ^^
Purple
Bullet: figlia
mia! XD Ti avverto, dopo il papiro
di recensione che mi hai lasciato l’ultima volta, ne esigo un
altro almeno
altrettanto lungo! XD Ce la puoi fare? ;) No, scherzo, è
ovvio. Mi bastano due
parole, lo sai.
mewmina__91:
mia
piacciono gli epiteti che hai usato (somma,
divina, etc…), suonano bene, devo dire. XD Anche tu
disidratata dall’Uomosesso?
Eh, mia cara, non posso che capirti! Sapessi quanto ci ho messo io a
scrivere
quella scena! XD Non è comodo battere sui tasti mentre ci
sbavi copiosamente
sopra! Ora però ricordati di respirare, è una
cosa abbastanza fondamentale. ;)
pIkKoLa_EmO:
Bill
è adorabilerrimo (licenza poetica, anche se
poco elegante XD), è un puccioso infinito che ispira coccole
e amore. <3
Santa subito? Io? Oh, credo che il signor Papa troverebbe qualche
minuscolo
dettagliuccio che potrebbe compromettere il processo. XD
Però il “Grande
fratella, spacchi!” mi piace! XD
juliet_:
be’,
grazie mille, che altro posso dire? ;)
mask92:
lo
so, lo so, sono imperdonabile, ci metto sempre
troppo ad aggiornare. ç__ç Però, come
vedi, in effetti ho postato subito dopo
le vacanze! ^^ Aspetto un tuo commento!
CowgirlSara:
amora!
(come mi sento bimbaminkia XD) Tu sai già
tutto quello che potrei dirti, quindi… Grazie, o mia amata
compagna di
puccierotismo! XD
layla
the punkprincess: Tom
e Vi… La coppia più bizzarramente
carina che esista. XD La dolcezza di Vi emerge raramente, ma
c’è, e c’è che si
tirargliela fuori, per fortuna. ^^ Spero che tu continui ad apprezzare
ogni
capitolo!
_ToMSiMo_:
grazie,
grazie, grazie! Per quanto riguarda la foto…
Sì, è davvero stupenda! A storia finita
posterò una cosa specialissima che Lady
Vibeke mi ha fatto come regalo di Natale…
Sarà una sorpresa stupefacente,
aspettatevi meraviglie! ;)
Yukiko_chan:
ti
dico solo che pendo dalle tue labbra, bramo di
sapere cosa pensi di questo capitolo, ci tengo tantissimo,
perché è raro per me
avere pareri da persone che non siano fa sfegatate dei Tokio Hotel.
Sono qui in
trepidante attesa, sappilo! Intanto, grazie per ogni singola sillaba!
*__*
kit2007:
anche
a te… Che ti ringrazio a fare? Siamo sempre a
ciarlare su msn, penso che tu sia anche stufa di me. XD Scherzo,
scherzo!
Grazie mille anche a te! ^^
ruka88:
altra
vittima di Georgasm… Non è stupendo immaginare
certe scene semipornografiche? XD Se ti
è piaciuto lo scorso capitolo,
dovresti aver gradito anche questo, ma non si sa mai… Io mi
auguro sempre di
sì. XD
Per
il resto, BUON ANNO A TUTTI, un grazie sempre
più sentito per il vostro sostegno e… Alla
prossima! ;)
Grazie per aver letto,
spero che il capitolo valga
una recensione. ;)
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