PREMESSA
Questa fic è il frutto della
commissione di Niahl+.
Ergo, a lei è completamente
dedicata.
Ammetto che mi ha fatta un
po’ sudare, non tanto per lo sviluppo della trama in sé, quanto per il taglio
serrato che mi sono incaponita a volerle dare.
Ecco il prompt:
Sasuke sta con Sai che però lo tradisce. Itachi e Naruto,
vedendo Sasuke soffrire per i continui tradimenti, decidono di "ordinare"
il ragazzo perfetto: Gaara.
Appena l’ho
letto mi sono detta “Sasuke/Gaara? Oh, no!”
Dopo
cinque-minuti-cinque, sulla mia già poco simpatica faccia si è materializzato
un sorrisetto inquietante. E l’”oh no!” è allegramente trasmutato in un
“ooooooh sì”, roba da far morire d’invidia la McGranitt.
A voi.
Gh.
- Cheeee? Comprare un ragazzo? –
- Sì. –
- Com-pra-re un ragazzo? –
- E’ quello che ho detto. –
- M-ma Itachi, dove… come… come diavolo… -
- Fidati. –
- Hey, non stiamo parlando di ordinare ramen
da asporto! –
- Fidati di me. –
* * *
-
Tuuuu. Tuuuu. Tuuuu. –
Sasuke
Uchiha si picchiettò il mento sottile con la punta dell’indice. La pazienza è
una virtù rara, gli aveva ripetuto sua madre chissà quante volte.
Beh,
se esisteva al mondo qualcosa di più snervante dello squillo del telefono…
“Click”
-
Pronto? –
-
Dove diavolo sei? –
Intercorse
un momento di silenzio che, non fosse stato per il ronzio di sottofondo della
linea, avrebbe quasi messo paura.
-
Oh. Sei tu, Sasuke. –
-
Dove sei, ti ho chiesto. –
-
Uhm, al centro commerciale. Ti serve qualcosa? –
-
Non prendermi in giro. Sei fuori da ore. Con chi sei, eh? –
-
Come sei sciocco. Non sono con nessuno, che domande. –
-
Tzk, al diavolo. –
-
Ma guarda che bella camicia che c’è in questa vetrina. Ti starebbe a pennello.
–
-
Sai!?! –
-
Dico davvero! –
Scagliò
il cellulare contro la porta della cucina.
Non
gliene fregava niente se la conversazione si fosse chiusa o meno. Era certo che
a Sai fregasse ancora meno che a lui, e questo bastava. Lo sguardo gli cadde,
stanco, sulla tavola ben preparata, con quella candela che lumeggiava nel
chiarore ancora caldo della prima serata.
Era
estate.
Era
passato un anno esatto da quando Sai era andato a vivere con lui.
Da
quando Itachi aveva compiuto sacrifici enormi per lasciargli la casa libera,
così che potesse dividerla con il suo compagno. Da quando Naruto aveva fatto
irruzione e, senza chiedere niente a nessuno, gli aveva appeso alle pareti del
soggiorno delle orrende maschere tradizionali a forma di muso di volpe, così,
per festeggiare.
Avrebbe
voluto festeggiare anche lui, maledizione. E, d’accordo, aveva ordinato tutta
la cena d’asporto, perché di cucina non ne capiva niente, ma aveva fatto del
suo meglio per la tavola, l’atmosfera, e tutto il resto.
Ma
Sai era “al centro commerciale”.
A
“divertirsi”.
Che
schifo.
E
dire che ogni giorno, ogni santo giorno, riusciva trovare una qualche scusa
maledetta per non buttarlo fuori e mollarlo in mezzo alla strada, come avrebbe
meritato. Come chiunque altro avrebbe fatto al posto suo.
Anzi
no, un bel niente. Di casi penosi come il suo era pieno il mondo, quindi
nemmeno la consolazione di essere unico idiota incapace di tirarsene fuori.
Però, se non altro, si sentiva l’ultimo. L’ultimo grumolo di merda in fondo al
letame.
Probabilmente
il discorso valeva per chiunque fosse nella sua situazione, ma al diavolo.
-
Devo uscire da qui. – imprecò fra sé. – O diventerò pazzo. –
Agguantò
la giacchetta di lino da buttare sopra la maglia ed uscì, a piedi. Se avesse
preso l’auto, non era certo di come avrebbe guidato, e crepare schiantandosi
addosso ad un guard rail per colpa di Sai era l’ultima cosa al mondo che
desiderava.
Partì
spedito verso il Leaf. Verso il suo dannatissimo bar, quello dove passava la
maggior parte delle ore della sua vita, ovvero quelle in cui Sai non era a casa,
con quell’idiota del suo migliore amico, suo fratello, quando c’era, e chiunque
riuscisse a parlare abbastanza da levargli dalla testa tutto il veleno
accumulato per questo o quel litigio, che tanto erano sempre uguali, sempre
tutti uguali.
Di
solito ci riusciva Tsunade, la padrona del locale. Che in verità non è che
parlasse molto di suo, ma aveva il dono benedetto di capire al volo quando
fosse il momento giusto per cominciare a dire un sacco di stupidaggini a caso.
-
Ciao, Sasuke. – lo salutò con il consueto cipiglio vagamente indifferente. –
Serataccia, eh? –
-
Me lo si legge in faccia? –
-
Ti faccio un Long Island. Ma guarda che non sarò molto generosa, eh? A
proposito, Naruto e Itachi ti cercavano, prima. –
-
Uhm? Prima quando? –
-
Cinque minuti fa. Sono persino usciti per venire a cercarti… -
-
Sì, sì, non mi interessa. Torneranno. –
Se
ne andò ad accucciarsi nel posto più appartato possibile dell’affollatissimo
locale. Era un orario di merda, se si voleva fare i depressi, ma Sai non aveva
nemmeno la delicatezza di tradirlo in momenti più comodi.
A
quel tavolo c’era solo un ragazzo dai capelli rossi che lo squadrava con aria
smarrita. Sasuke notò distrattamente il bicchiere posato davanti a lui, che
doveva essere vuoto da un bel po’.
-
Non ti ho mai visto qui. – cominciò a parlare ancor prima di rendersene conto.
Il suo bisogno maledetto di riempirsi la testa con qualsiasi cosa non fosse Sai
ebbe la meglio prima del solito.
-
E’ la prima volta che vengo. –
-
Sei solo? –
-
Ero con qualcuno. Ma se ne sono andati via. –
A
quella strana risposta, Sasuke piegò appena all’insù il labbro superiore.
-
Tzk. Bella serata di merda anche per te allora, eh? –
Il
ragazzo tese le mani per afferrare il suo bicchiere. Era vuoto, e Sasuke non
capì cosa intendesse farci finché non lo vide giochicchiare con la cannuccia,
tormentandone pigramente i bordi sciancrati. Le sue mani erano incredibilmente
pallide, realizzò. Come tutto il resto. Di sicuro, doveva essere straniero.
-
Ti è successo qualcosa? – volle sapere, ma la sua faccia non tradiva alcun tipo
di interesse.
Sasuke
lo trovò divertente. In effetti, raccontare le proprie sfighe ad un perfetto
sconosciuto che non si dava nemmeno la pena di mostrarsi attento era quanto di
meglio ci si potesse augurare, con il carattere che si ritrovava.
-
Il mio ragazzo regala il culo in giro al primo che passa. Ti basta? – rispose
cercando di fare il duro, cercando di far passare il messaggio che non gliene
fregava niente. Come uno stupido bambino ferito nell’orgoglio.
-
Lo so. Sono qui per questo. –
Quella
risposta suscitò in lui meno sorpresa di quanto non fosse lecito aspettarsi. Fu
data con un tono così normale, così piatto, che anche Sasuke lo diede per
scontato, che quel ragazzo fosse lì per questo.
-
Hey, come ti chiami? –
-
Gaara. –
-
Io sono Sasuke. –
-
Piacere di fare la tua conoscenza, Sasuke. –
Gli
tese la mano. Gaara aspettò un po’, prima di stringergliela.
Era
molto calda.
Sasuke
pensò, stupidamente, che aveva voglia di quel corpo minuto seduto davanti a
lui. Persino più che del suo Long Island ancora a metà.
Non
era un interesse vero, naturalmente. Era chimico. Si sentiva frustrato, deluso,
si sentiva persino debole, e il sesso era un’attrattiva così totalmente priva
di conseguenze. Tutto qui.
-
Mi hai salvato la serata, lo sai? Ero venuto qui pensando solo di affogarmi in
un po’ di rhum, e invece tu mi hai salvato. In qualche modo. –
-
E’ perché volevi essere salvato, credo. Non è stato difficile. –
Sasuke
Annuì. Non era troppo sicuro che Gaara avesse ragione, ma non gliene importava
niente. Se era per lasciare che si prendesse ancora un po’ gioco della sua
testa incasinata, andava benissimo.
-
Ti va di venire da me? – domandò precipitosamente.
Tanto,
non aveva niente da perdere.
Tanto,
Sai non sarebbe tornato a casa.
Si
sentì rispondere di sì.
Sul
momento non voleva crederci, perché nessuna persona di buonsenso al mondo
avrebbe accettato una proposta del genere da un perfetto sconosciuto incrociato
in un bar.
Ma
guardando meglio Gaara realizzò che la sua non era una faccia da buon senso, né
da nient’altro. Era semplicemente diversa da qualsiasi altra faccia che avesse
mai conosciuto, ed era bella, fatta proprio come piaceva a lui, con i capelli
corti, i lineamenti delicati e tutto il resto.
Si
alzò di scatto, recuperò la giacca e marciò verso la porta senza voltarsi
indietro.
A
Tsunade la consumazione l’avrebbe pagata la prossima volta.
Un
minuto dopo, Naruto Uzumaki fece letteralmente irruzione nel bar, seguito a
ruota dal fratello maggiore di Sasuke, che lo osservava dall’alto in basso con
aria vagamente imbarazzata.
-
Ma dove accidenti è andato a cacciarsi, quel deficiente? –
-
Hey, non fare tutto sto chiasso. –
-
Ma dico, e tu dovresti essere quello più preoccupato di tutti! È tuo fratello,
no? A casa non c’è, no? E nemmeno qui c’è, no? –
-
Naruto, esistono milioni di posti sul pianeta Terra dove mio fratello potrebbe
essere. –
-
Ma che dici! Sasuke non va mai da nessuna parte! Se non è qui e non è a casa,
deve essere come minimo all’ospedale! –
-
Finiscila di dire idiozie. La macchina è ancora a casa, non sarà lontano.
Restiamo qui finché non riaccenderà il cellulare. Si farà vivo. –
Il
ragazzo biondo sbuffò, piantando il sedere su uno sgabello come se avesse
voluto trincerarvisi.
-
D’accordo, d’accordo. – concesse. – Restiamo qui e aspettiamo. Dopotutto, non
abbiamo altra scelta. A proposito, dov’è Gaara? –
-
Io non lo vedo. –
-
Ma se lo avevamo lasciato qui! Proprio qui! E che gli avevamo detto? Di
aspettarci mentre noi andavamo a cercare il suo nuovo ragazzo! –
-
Questo lo so. –
-
… Ma perché stasera devono sparire tutti quanti?!?! –
-
Ragazzi? Cercate ancora Sasuke? –
* * *
Mentre
scagliava la camicia stracciata di Gaara contro la porta, come poche ore prima
aveva fatto con il cellulare, Sasuke sentiva il proprio cuore pompare come un
motore in procinto di fondere.
E
la cosa incredibile era che Gaara non faceva proprio niente per provocare
quello stato di cose.
Era
docile sotto le sue mani, era leggero nei movimenti, era discreto nel respirare.
Era
il contrario di Sai.
Era
quello che voleva.
Bastò
una pressione impercettibile sulle spalle per farlo scendere giù a succhiarlo.
Fu il paradiso dei sensi, e per dio, non solo di quelli.
Sai
non sarebbe tornato prima dell’alba dal suo “centro commerciale”, ma chissà che
finalmente non avrebbe trovato la serratura di casa chiusa, per una volta.
Non
lo sapeva. Era troppo presto per pensarci, era stupido cercare di fare
pronostici.
Poteva
confermare che il sesso, comunque, rimaneva il modo migliore per farsi passare
qualsiasi cosa. Era l’arma preferita di Sai, quella con cui lo incastrava ogni
volta che si sentiva ad un passo dalla vittoria, e non si stava smentendo
nemmeno quella sera.
Gaara,
poi, aveva questi due occhi preziosissimi che non smettevano di guardarlo. Il
suo modo di vivere l’avventura da un colpo e via con un perfetto sconosciuto
era disarmante.
Era
come se si fosse materializzato al Leaf per lui.
Per
piegarsi alla sua fame ed essere suo senza riserve.
Sasuke,
per un momento, sognò che fosse esattamente così.
La
melodia distorta del continuo, bollente contatto con lui era la colonna sonora
perfetta per il suo raggiungimento del fondo ultimo. Quasi quasi avrebbe
preferito pagarlo come si fa per tutti gli oggettini ad ore, giusto per toccare
il livello di saturazione.
Ma
Gaara stava risvegliando in lui anche quel po’ di tenerezza che sapeva di
possedere, e che con Sai non veniva più fuori da secoli. Era quella tenerezza
intessuta nella trama dell’innocenza, un’innocenza beffarda che era finita
stracciata dalla noia, dalle incomprensioni, da chissà cos’altro. Perciò,
andava bene toccarsi anche senza staccare ricevute, un po’ di sesso in nero e
niente di più.
-
Sasuke! Apri questa porta! –
Sasuke
balzò su dal divano su cui doveva essersi appisolato un momento prima. Per poco
non buttò giù Gaara che già penzolava fuori per metà, aggrappato in qualche
modo al suo petto.
Ricompose
i pezzi del puzzle ad una velocità impressionante, per l’orario e le
circostanze, e finalmente si decise a barcollare fino alla porta che Naruto
stava tentando, fortunatamente invano, di abbattere. Da qualche minuto, si
sarebbe detto dal tono della sua voce.
-
Ti abbiamo cercato ovunque! – esordì furibondo, ancor prima di aver varcato la
soglia di casa con entrambi i piedi.
-
Ero al Leaf. –
-
No che non eri al Leaf! Noi eravamo al Leaf, e tu eri qui, poi noi siamo venuti
qui e tu sei andato al Leaf, poi… -
-
Ciao, Itachi. –
-
Ciao, nii-chan. –
-
Hey, ma mi ascolti? –
In
quel momento, Gaara spuntò da dietro il divano. Si era rivestito di tutto
punto, e con dovizia. La sua espressione era tornata quella assente che Sasuke
aveva incrociato nel tavolo d’angolo del Leaf, come se aver appena scopato su
un divano con un quasi sconosciuto fosse ordinaria amministrazione. Fece
qualche passetto verso Sasuke, che tirò su un braccio, allarmato.
L’idea
di essere scoperto da Sai non lo aveva sfiorato nemmeno, ma l’essere sorpreso
da Itachi e Naruto era, se possibile, ancora peggio.
-
Lui… - balbettò, infastidito per la sua stessa mancanza di prontezza. – Lui è…
-
-
Lo hai trovato da solo?-
Sasuke
ciondolò all’indietro. Anche Naruto pareva abbastanza confuso, in verità. Gaara,
dal canto suo, fece un vago cenno d’assenso.
-
Sì. –
-
Oh. Accidenti, che fortuna. –
-
Non è stato difficile. –
-
Ma di che state parlando? –
Itachi
si accomodò con la schiena contro la vetrinetta di modellini che campeggiava di
fianco all’ingresso.
-
Sasuke. – esordì, tormentandosi distrattamente un sopracciglio. – A proposito
di Gaara. Dobbiamo dirti una cosa. –
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Farai felice milioni di scrittori.