Epilogo (o ZOE 5)
Entro nel locale e vedo subito Giacomo che parla con un ragazzo,
probabilmente un tecnico del suono. Lui è girato, non mi ha
ancora vista. Niccolò è preso a strimpellare la
chitarra e ci sono un paio di ragazze già appostate su un
tavolo vicino al palco che lo guardano adoranti; Giorgio invece non si
vede in giro.
So che i Jam sono piuttosto agitati, perché è la
loro prima data a Milano da molto tempo, perciò non mi va di
disturbarli durante il soundcheck. A malincuore vado a sedermi in fondo
al locale, vicina all’entrata ma lontana dal piccolo palco
allestito per l’evento: spero che a breve saranno liberi e
che potrò finalmente salutare Giacomo. Stiamo insieme da
quasi tre mesi, ormai, ma negli ultimi venti giorni non ci siamo mai
visti, lui in Salento per gli impegni con il gruppo e io troppo presa
dal vortice della vita universitaria per poterlo raggiungere.
Avevo ragione a pensare che non fosse facile vivere un rapporto a
distanza con un musicista, e i dubbi sulla nostra relazione, a volte,
continuano ad attanagliarmi. Poi scendo dal treno che ho preso per
raggiungerlo, o apro la porta di casa sapendo di trovarlo
lì, e lo vedo, e a quel punto il mio cuore comincia a fare
gli straordinari e Giacomo mi sorride e basta quello a far sorridere
anche me e a far sparire tutte le domande che mi sono posta fino a
cinque minuti prima. Perché in quel momento capisco che
è inutile, che sono irrimediabilmente innamorata di lui e
che, anche se non gliel’ho ancora detto, lui lo sa
già.
In più c’è mia sorella Viola che un
giorno sì e un giorno no mi ripete quanto sono stupida e
quanto sono fortunata, ché ho avuto per mesi un ragazzo
stupendo che mi sbavava dietro e che se avessi seguito i suoi consigli
avrei approfittato di lui subito, evitando di perdere tempo prezioso.
Aurora è sostanzialmente d’accordo con lei e,
anche se non si esprime allo stesso modo, presumo anche Ginevra. Pure
io sono abbastanza d’accordo, a dire il vero.
I parenti di Giacomo invece hanno fatto un festino quando hanno saputo
che stiamo insieme. Ho persino dovuto parlare al telefono con nonno
Nicola per assicurargli che era tutto vero perché temeva che
suo nipote si fosse inventato la storia solo per tenerlo buono. Credo
di essere innamorata del nonno quasi quanto del nipote, è un
uomo meraviglioso e pieno di vita, e più lo conosco
più capisco da chi abbia preso Giacomo il suo sconfinato
entusiasmo. Ho promesso che andrò a trovarlo a Lecce appena
riesco, ma credo mi sarà possibile solo durante le vacanze
di Natale.
Mentre rimugino su queste cose, due ragazze entrano nel bar. Una emette
uno squittio eccitato appena individua il palco, prende la sua amica
per mano e corre verso il lato dove si trova Giacomo, poi attira la sua
attenzione chiamandolo e chiedendogli di fare una foto con loro. Alla
faccia, meno male che io ho pensato di non disturbarlo. E io, vorrei
sottolineare, sono la sua ragazza, quindi avrei tutto il diritto di
disturbarlo, mentre loro sono solo…
Ok, stop. Sto ragionando da fidanzata gelosa e non è il
caso. Mi fido di Giacomo, so che avrà sempre delle ragazze
intorno, ma so anche che lui non ha occhi che per me. Almeno credo.
Spero.
Dalla porta accanto a me entra Giorgio e mi vede subito. Gli faccio un
cenno con la mano e lui mi si avvicina sorridendo.
“Ehi bella, come va? Hai già salutato
Pioggia?”
Scuoto la testa e guardo Giacomo, ancora intento a chiacchierare con le
due fan di prima, cordiale e sorridente come sempre.
“Perché no?”
“Aspettavo finiste il soundcheck.”
Non appena apro bocca, Giacomo, come se in qualche modo avesse sentito
la mia voce anche a distanza, alza la testa, mi individua con lo
sguardo e sorride in quel modo che riesce sempre a farmi dimenticare
tutti i dubbi, compresi quelli di poco fa. Saluta veloce le due ragazze
con un cenno della mano, scende dal palchetto e mi raggiunge in pochi
passi.
“Mi sa che Romeo non è d’accordo
sull’aspettare,” commenta divertito Giorgio, mentre
Giacomo arriva, mi fa alzare dalla sedia su cui mi ero piazzata e mi
stringe in uno dei suoi abbracci stritola-ossa.
“Zò, da quanto sei qui?” mi domanda dopo
avermi dato anche un bacio svelto sulle labbra.
“Poco,” rispondo allontanandomi di un passo da lui:
sento addosso gli occhi delle ragazze di prima e non so se essere
imbarazzata o meno per la situazione, non sono abituata a essere
squadrata così attentamente, io.
“Dovevi venire subito a salutarmi. Posso baciarti?”
“L’hai già fatto, Pioggia.”
“Quello non era un bacio vero,
ragazzina. Voglio baciarti sul serio.”
Resto letteralmente a bocca aperta, poi mi rendo conto di quanto mi sia
mancato stare tra le braccia di Giacomo e capisco che non ha
assolutamente senso vergognarmi di farmi vedere con lui. Abbozzo una
risata e mi alzo in punta di piedi appoggiandomi a lui; il bacio che
arriva è breve ma è un bacio vero, che mi fa
correre qualche brivido lungo la schiena.
Quando ci stacchiamo Giacomo mi prende la mano e mi trascina verso gli
strumenti. “Vieni a sederti lì davanti, tra poco
finiamo le prove e andiamo a mangiare qualcosa.”
Mi abbandona vicino a un tavolo e mi schiocca un bacio sulla testa
prima di tornare al microfono. Le due ragazze di poco fa stanno dicendo
qualcosa a Niccolò, appena mi avvicino si girano a lanciarmi
un’occhiataccia, salutano il chitarrista ed escono dal locale.
Faccio una smorfia allarmata. “Giaco, mi sa che il tuo amico
ti ha appena rubato due fan.”
Giacomo fa spallucce, Niccolò mi guarda ridacchiando.
“C’è abituato, sono molto più
bello di lui!” commenta quest’ultimo svagato.
“Comunque stasera al concerto non voglio scenette di questo
tipo,” ribadisco incrociando le braccia.
“Che scenette?” fa Giacomo oltraggiato.
“Smancerie.”
“Era solo un bacio e non ti vedo da quasi tre
settimane!”
“Lo so,” rispondo combattuta. “Ma le
altre ragazze poi mi odiano! Non voglio diventare
un’emarginata sociale.”
Niccolò scoppia a ridere di gusto. “Ti ci dovrai
abituare, Zoe cara, sei la ragazza di una rockstar adesso.”
Sto per ribattere che loro non sono esattamente
già delle star, ma il mio sguardo s’imbatte di
nuovo in quello di Giacomo, che mi sorride e pare promettermi mille
cose senza dire una parola, e allora penso che sì, in
effetti, mi ci dovrò proprio abituare.
Patience, Guns
N’ Roses:
https://www.youtube.com/watch?v=ErvgV4P6Fzc
È la
canzone da cui viene il titolo della storia, mi sembrava giusto dirlo
almeno qui.
Aspetto i vostri
ultimi commenti, sniff.
Molto probabilmente
presto pubblicherò qualcos’altro, magari ci
vediamo là! :)
Grazie a chi ha sempre
commentato, un bacio.
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