Due
Parte
terza – Battaglie intestine
“Non
mi piace qui.”
Kushina
si guardò di nuovo intorno stranamente insicura,
stringendosi più
forte nelle spalle per non abbassare la guardia, mentre cercava di
raddrizzarsi nel divanetto in cui era sprofondata. Minato si era
subito accorto che c’era qualcosa che la turbava e
lottò contro se
stesso per non sembrare preoccupato quanto lei.
“Cosa
c’è che non va?” le chiese con
gentilezza, cercando di
confortarla. “Sembra tutto molto…”
Deglutì, guardandosi
intorno a sua volta. “normale.”
Sospirò,
perché non riusciva a crederci neppure lui. E Kushina se ne
accorse
subito, perché sbuffo rumorosamente avvicinando il viso al
suo in
modo pericoloso, mandando il suo cuore in iperattività. Gli
lanciò
uno sguardo irritato con la fronte aggrottata.
“Smettila
di dire stupidaggini!” esclamò a voce talmente
alta che la donna
che era all’entrata sobbalzò insieme a Minato e li
guardò storto
“Come fai a dire che è tutto tranquillo? Ci sono
uomini e ragazze
che continuano ad entrare e ad uscire da quelle porte! Tu
lo chiami “normale”?”
“Però”
tentò di calmarla Minato ritraendo istintivamente il viso e
allungando le mani verso di lei “è soltanto per un
po’…
Jiraiya-sense-”
“Quel
vecchio porco!” tuonò la kunoichi su tutte le
furie mentre faceva
scricchiolare le dita pensando a tutti i pugni che avrebbe voluto
sferrare al Sannin. “Portarci in un posto del genere mentre
siamo
in missione! Dovremmo essere a raccogliere informazioni per
l’Hokage
sul villaggio della-”
“Kushina,
ti prego, così ti farai scoprire!”
sussurrò Minato, concitato,
giungendo le mani, e lei si afflosciò sul divanetto
all’improvviso,
terrea in volto per l’imbarazzo. Cavolo, a volte odiava la
sua
impulsività.
“Ok.
Mi calmo.” mormorò più a se stessa che
a rivolta a lui come per
autoconvincersi, ispirando ed espirando un paio di volte, ma
non poteva farcela.
Non se il maestro Jiraiya aveva fatto in modo di incontrare il loro
aggancio per infiltrarsi nel villaggio della Pioggia in un locale
privato dove vecchi
uomini stanchi si trastullavano con la compagnia di giovani donne un
po’ scollacciate.
Ripeté
quelle parole che Jiraiya aveva loro detto con una
professionalità
che aveva dello spaventoso sibilandole all’indirizzo di
Minato.
“Ti
rendi conto” si impuntò mettendosi le mani sotto
le ascelle,
imbronciata “che ci ha trascinati in una casa
chiusa?
Ti rendi conto di quello che succede in questi posti? Ti rendi conto
che-”
“Kushina.
Lo
so.”
ribatté Minato laconico, sembrando immensamente stanco, e si
lasciò
cadere accanto a lei con un sospiro, sottintendendo che la questione,
per lui, era chiusa. Aveva soltanto sognato una missione tranquilla
insieme alla ragazza che gli piaceva, nient’altro. Non
romantica,
soltanto tranquilla: dopo che lei lo aveva rifiutato non osava
più
pensare al romanticismo, quando si parlava di Kushina Uzumaki.
“Lo
so.
Sappiamo com’è fatto Jiraiya-sensei, e non
possiamo farci niente.
Men che meno adesso. Siamo comunque in missione.”
La
kunoichi gli lanciò uno sguardo di sottecchi, in tralice,
sorpresa
da quella reazione, e strinse le labbra. Da quella sera al monumento
degli eroi, a volte percepiva più freddezza in lui, mentre
le
parlava.
“Lo
so che siamo in missione, ma non è giusto.”
protestò desiderando
un appoggio che sapeva non sarebbe mai arrivato, e si sentì
stupida
come una bambina che vuole a tutti i costi una caramella. Anche le
parole di Minato le diedero la stessa impressione.
“Mettiti
comoda e stai tranquilla.”
Lo
shinobi le sorrise in modo artificioso e si raddrizzò sul
divanetto
lanciando larghi sguardi intorno a sé. Sovrappensiero,
Kushina lo
imitò, ma quello che vide la irritò a morte:
ragazze che potevano
avere la sua età continuavano a saltare da una porta
all’altra di
quelle che si affacciavano sull’anticamera dove stavano
aspettando,
in compagnia di uomini dai volti puliti che magari avevano lasciato a
casa moglie e figli ed erano lì alla ricerca di qualche
avventura.
Se
le avesse avuto la fortuna di avere una famiglia, non
l’avrebbe
lasciata certo a casa, in attesa, mentre andava a fare cose
oscene come
quelli uomini. Soltanto pensandolo, si convinse che le migliori
fortune capitavano sempre a chi non le meritava. Strinse forte i
pugni, combattuta tra lo scoppiare e il ributtare tutto dentro, ma
alla fine decise di alzarsi senza fare rumore e sibilò:
“Io esco.”
prendendo la via dell’uscita.
“Kushina,
aspetta!”
La
voce di Minato la bloccò dopo un solo passo. Si
voltò e lo vide in
piedi, come lei, con il volto pieno di preoccupazione.
“Siamo…
siamo in missione!”
Sempre
quella stupida missione. Lì dentro si consumavano i delitti
più
atroci e a lui non importava di nulla se non di quella stupida
missione. Chissà per quale assurdo motivo, si chiese
voltandosi con
i piedi pesanti, gli uomini non riuscivano mai a organizzare le
proprie priorità in una scala soddisfacente.
“Ho
detto che esco.” sibilò fissandolo con occhi
assassini “Non
scappo.
Esco e basta. Aspetto fuori.”
“Ti
prego, non uscire. Sai che anche a me questo posto non piace per
niente.” si tradì finalmente Minato, leggermente
in ansia. Era
strano vedere quell’espressione sul suo viso, dopo il
distacco dei
giorni appena passati. Soprattutto per via della sorpresa, Kushina si
trascinò di nuovo verso divanetto senza difese, con i piedi
ormai
ripieni di piombo e vi si lasciò cadere realizzando pian
piano che
era ancora dentro quel posto orrendo.
“Non
ce la faccio!” bofonchiò portandosi le mani al
volto, ma la voglia
di non lasciare Minato da solo era quasi pari al suo disgusto, in
quella battaglia in cui nessuna delle parti riusciva a vincere.
Aprì
leggermente le dita fino a che non riuscì a scorgerlo
abbastanza
chiaramente e lo chiamò.
“Minato?”
“Sì?”
“Sappi
che ti odio profondamente. Non voglio vedere più neanche un
insetto
di questo posto. Ti prego, usciamo da qui! Aspettiamo fuori
Jiraiya-sensei!”
La
sua voce era agitata, e il ragazzo tentò di distrarla
cominciando a
parlare.
“Non
ci credo che mi odi… Dai, un altro po’ e poi
andiamo via;
Jiraiya-sensei ci ha detto di aspetta-”
“No!”
Kushina
si alzò di scatto e corse verso la porta per approfittare di
quella
mossa improvvisa: non riusciva più a reggere quel posto.
Sorrise
mentre apriva la porta, contenta per quella liberazione, ma una
sagoma molto più grande di lei la guardò con
occhi troppo vispi,
sbarrandole la strada.
“Ciao!
Non ti ho mai vista qui, sei nuova? Se sei libera, perché
non-”
Paralizzata,
Kushina vide lentamente la mano dell’uomo che si avvicinava
alla
sua per afferrarla e trascinarla con sé.
“Sono
occupata, sono occupata!”
strillò senza riuscire neppure a reagire e corse a
nascondere la
testa dietro la schiena di Minato lanciandosi sul divanetto,
stringendo forte il suo braccio. Il ragazzo guardò il
cliente con lo
sguardo più spaventoso che poteva, mentre il cuore gli
batteva a
mille perché Kushina respirava sulla sua schiena, e
l’uomo si
allontanò in silenzio dopo aver lanciato ad entrambi
un’ultima
occhiata annoiata.
“Puoi
smetterla di nasconderti, è andato via.” le disse
a bassa voce, ma
lei scosse la testa e non si mosse. Si sentiva una stupida ad aver
capitolato in quel modo contro quel maniaco ciccione, e aveva persino
afferrato forte il braccio di Minato. Come avrebbe fatto a
giustificare quel gesto? Farlo le sembrava innaturale e la metteva a
disagio.
“Non
voglio.” si lasciò scappare in tono lamentoso.
Imbarazzata da quel
lato di sé che stava emergendo in battaglia,
affondò ancora di più
il viso dietro la sua schiena, come se quel comportamento potesse
aiutarla a cancellare l’impaccio. “Queste ragazze
hanno la nostra
età e quegli uomini fanno loro… È
come se ci fossi io, al loro posto.”
Minato
sospirò sentendola rabbrividire contro la sua schiena. Era
quello
che avrebbe desiderato fare se avesse potuto trascorrere tutta la sua
vita con lei, proteggerla quando, per qualche motivo, lei non
riusciva, nonostante la sua forza, a farlo da sola. Come in quel
momento. Si voltò leggermente e, con il braccio che Kushina
non
stava stringendo, la cinse. Lei sbatté la fronte sul suo
petto, poi
sollevò lo sguardo, smarrita.
“Cosa
c’è?”
Minato
ricambiò il suo sguardo a disagio, le labbra contratte.
“È
che vorrei fare quello che fanno questi uomini in questo
posto.”
“Cosa?”
L’urlo
infuriato di Kushina, tradita, durò un attimo, giusto il
tempo di
controllare rapidamente che la donna addetta alla ricezione dei
clienti non stesse facendo caso a loro, e Minato posò le
labbra
sulle sue, mettendo fine a quel bacio immediatamente e spostando lo
sguardo a terra, preoccupato dalla sua reazione.
“Puoi…
puoi prendermi a pugni se vuoi. Ma… non me ne pento. Se non
volevi,
mi dispiace. Ma
io sono davvero innamorato di te.”
La
ragazza non disse nulla. Passarono alcuni minuti senza né
guardarsi
né parlarsi, poi all’improvviso Minato
sollevò la testa e la
pregò di rispondere al più presto, gli occhi
stranamente scuri.
Kushina aveva lasciato il suo braccio e aveva un’espressione
ancora
sorpresa, ma c’era anche qualcos’altro in lei. E
non sembrava
rabbia.
“Sto…
ancora decidendo a quale parte di me dare ascolto.”
spiegò
finalmente, cercando di sembrare razionale, mentre Minato la fissava
come se avesse appena visto un fantasma.
La
voglia di scappare e quella di stringergli di nuovo il braccio
continuavano a darsi violentemente battaglia in lei, senza cedere
neanche un centimetro di terra conquistata. Però, se ci
pensava
bene, la seconda armata doveva essere un pochino più forte,
se era
riuscita a tenerla attaccata a quell’odiato divanetto per
tutto
quel tempo.
“Hai
sempre ragione tu!” sbottò, irritata, mentre
dentro di lei
scoppiava una gioia selvaggia e incontrollata. Afferrò il
braccio di
Minato ed esclamò: “Ti odio per
questo!”, avvicinando il viso al
suo e baciandolo finché non restò senza fiato,
conficcando le dita
nei suoi vestiti, stringendosi forte a lui, lasciando a bocca aperta
Jiraiya quando fu davanti a loro.
“Volete
che vi affitti una camera?” chiese l’uomo
sogghignando senza
pietà. Entrambi sobbalzarono, rossi in viso, cercando di
giustificarsi, ma Kushina restò senza parole quando si
accorse che,
nonostante tutto, Minato non aveva spostato il braccio che avvolgeva
la sua schiena.
Due
perché siamo noi
Due
lottatori
Due
reduci
(Due
– Raf)
Note:
ecco qui l'ultimo capitolo, con un ringraziamento spaciale ai recensori
dello scorso capitolo, Caesara
e ran1412, che mi hanno spinto a pubblicarlo. Questo
è il capitolo che ho amato più scrivere, che ho
sentito più mio, forse per il fatto di essere stata l'idea
che ha fatto da base a tutto la storia e di averlo scritto per primo.
Spero che possa esservi piaciuto e che
il finale non sia stato deludente. ^^
Alla prossima!
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