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colla:
s.f. sostanza dotata di
forte potere adesivo
ottenuta facendo bollire scarti animali
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PARTE SECONDA •
capitolo
ventitré
Shikamaru
sospirò davanti al portatile, aspettando l’inizio della lezione. Le vacanze
erano durate troppo poco, gli esami erano andati discretamente, e non era
comunque riuscito a recuperare gli arretrati di sonno che si trascinava ormai
da una vita.
Accese
il computer cercando di tenere gli occhi aperti, e poi incominciò a giocare a
Pokèmon Zaffiro, maledicendo Ino
che lo aveva trascinato fuori da casa ad un orario assolutamente indecente.
Da
quando quella ragazza si era fidanzata con Sai aveva letteralmente messo radici
in casa loro, rovinandogli l’esistenza. Il punto fondamentale dell’avere un
appartamento fra uomini, stava nella necessaria mancanza di donne, ma con Ino
in casa l’equilibrio di quella topaia era stato intaccato per sempre.
Osservò
il suo Treecko comparire sullo
schermo, la grafica superata da secoli capace di farlo tornare indietro nel
tempo, a quando era un bambino, e poi una voce femminile lo distrasse
all’improvviso, costringendolo ad alzare la testa dal pc – era raro vedere una
ragazza girare nei corsi di Informatica.
«Nemmeno
mi saluti, gentile da parte tua» gli disse, prendendo posto accanto a lui senza
nemmeno chiedere se quella sedia fosse occupata o meno.
Shikamaru
aggrottò le sopracciglia, «Temari?» domandò confuso,
«Che diavolo ci fai qui?» lei abitava in America, non avrebbe dovuto essere lì.
«Quello
che ci fai tu» rispose aprendo la tracolla, estraendo un piccolo tablet, «Con l’unica differenza che io non gioco ai pokèmon».
Era
bello vederla dal vivo – per una volta – , e non dietro lo schermo di un
computer, anche se nell’ultimo periodo non si erano sentiti poi così tanto, non
che a lui importasse, ovviamente.
«Però
giochi di merda a LoL» le fece notare, ritornando a
premere sulla tastiera, e in effetti era da prima di Natale che il fantomatico SouariTem non faceva una partita decente.
La
ragazza scosse le spalle, «Infatti non sono io a giocare» spiegò, spostando lo
sguardo su di lui, «È mio fratello, io non gioco mai di merda».
Shikamaru
incrociò il suo sguardo, abbandonando il piccolo personaggio quadrato che
Sasuke – in uno dei suoi rarissimi impeti di socialità – aveva suggerito di
chiamare “Dobe”, e poi poggiò il gomito sul tavolo.
«È la
palla più vecchia che esista, lo sai?» le disse, e Temari
sorrise stringendosi nelle spalle.
«Puoi
non crederci, ma ho avuto cose più importanti da fare» replicò, e la porta
dell’aula si aprì, lasciando comparire il professore, «Come fare le valige e
venire qui da mia nonna, per esempio» aggiunse abbassando il tono della voce
mentre l’uomo dietro la cattedra sistemava il microfono, «E devo confessare che
dopo un po’ diventa noioso batterti in tutti i giochi che ti vengono in mente».
Shikamaru
scosse il capo chiudendo l’emulatore, «Perché non abbiamo mai giocato a shogi» le disse, osservandola mentre incominciava a
prendere gli appunti.
Lei non
gli rispose subito, prima finì di battere la frase, e poi lo guardò, «Vorrà
dire che ci giocheremo» ribatté, anche se non conosceva le regole degli scacchi
giapponesi.
Concluse
le due ore di lezione e le successive di laboratorio Temari
infilò tutto nella borsa, alzandosi in piedi ed aspettando che anche lui
facesse lo stesso, «Dove si pranza in questo posto?» gli chiese, e Shikamaru
sospirò mettendo via il computer.
«In
mensa, dove si mangia in tutte le università, suppongo» almeno che in America
non mangiassero fuori.
* * *
Shikamaru
sospirò, incamminandosi verso il tavolino accanto alla vetrata, la quale
ricopriva l’intera parete che dava sul cortile esterno. Era stato tutta la
mattinata con Temari – lui, però, non le aveva
offerto compagnia e lei si era praticamente autoinvitata nella sua vita. Come
faceva su internet, del resto.
Certo,
si conoscevano da mesi ormai, ma l’idea che lei fosse una presenza viva accanto
a lui, fatta di carne, ossa ed essenza vitale, un po’ lo destabilizzava. Era
abituato a pensarla come una nerd oltreoceano che lo stracciava a Leagues of Legends
e rideva con lui alle due del mattino, scrivendogli un po’ di barzellette in un
pessimo giapponese.
Di
sicuro quando parlava non aveva una pronuncia ed una conoscenza della lingua
era tanto migliore.
«È
carino qui» borbottò lei con una patatina tra i denti, sedendosi davanti a lui.
Nessuno le aveva chiesto la sua opinione e, quello che era peggio, Shikamaru
non aveva la minima idea di come risponderle. Osservò il sandwich confezionato
che Temari aveva preso e la porzione di patatine
fritte. Francamente, non ricordava che la mensa offrisse certe pietanze… in realtà, lui non si era accorto di un bel po’
di cose. Semplicemente non erano interessanti o utili per la sua sopravvivenza.
Aveva
notato, però, gli occhi verdi di Temari, che
sembravano marroni nella webcam. Ricordava di averli già visti del loro colore
in una foto che lei gli aveva mandato tempo prima, ai tempi della rimpatriata
che aveva fatto con i ragazzi del Liceo. Ma per una cosa o per l’altra aveva
abbandonato quell’idea in un angolo del suo cervello.
Sospirò,
afferrando la lattina di caffè per versarselo nel bicchiere e gustarselo in
santa pace. Non doveva pensare agli occhi di lei. Non voleva nemmeno
risponderle male, ma se avesse saputo cosa dirle lo avrebbe già fatto. Ora
capiva che cosa intendeva dire Ino quando gli diceva che «se continui
così non riuscirai più a relazionarti con gli altri!».
«Hai
perso la lingua?» chiese l’altra, agitando il suo panino in aria, «Puoi anche
parlare, sai» continuò, dando un morso al suo pranzo.
«Non è
una cosa che mi piace fare» borbottò lui, afferrando con le bacchette la sua soba. Caffè e soba,
Shikamaru, un’ottima accoppiata si disse mentalmente, maledicendosi
per quella trovata di bere il caffè pochi secondi prima. La sua cattiva
alimentazione era comunque leggendaria, e dato che non importava a lui per
primo, non capiva perché gli altri avrebbero dovuto intromettersi.
«Lo
avevo immaginato, dato che avrai detto trenta parole in tutta la mattina»
commentò lei, osservandolo. Sembrava non avesse mai visto qualcuno usare delle
bacchette.
«Seguivo
le lezioni» si giustificò, alzando gli occhi per incontrare i suoi, «E poi mi
sembrava che te la stessi cavando benissimo».
«Come
sempre» sorrise lei, con fare di sfida, «Io me la cavo sempre benissimo».
Quel
commento lo fece sorridere. Doveva ammetterlo: per quello che lui aveva potuto
constatare, era vero. Temari se la cavava, trovava
sempre un modo. Anche quando lui la sfidava in giochi che lei non conosceva,
tempo un pomeriggio e già si destreggiava discretamente tra i vari comandi.
«Vuoi
che ti faccia un complimento?» chiese ironico.
«Beh»
rispose, facendo schioccare la lingua contro il palato, «Non sarebbe una
cattiva idea» ed incrociò le braccia, sporgendosi in avanti, in attesa della
battuta dell’altro.
Shikamaru,
con biblica lentezza, unì le bacchette e le posò sulla ciotola della sua soba in brodo, si pulì le labbra e tenne le palpebre chiuse
per qualche secondo. «Sei più brutta su Skype» le
disse, apatico.
Temari ridacchiò, trattenendosi dal farlo
sguaiatamente. Quando faceva battute del genere ad Ino, come minimo doveva
aspettarsi un ceffone o un insulto. La sua reazione lo sorprese – non era una
ragazza come tutte le altre. Doveva capirlo da quando l’aveva vista aggirarsi
tra i corridoi della facoltà di Informatica, o dopo la prima vittoria a League of Legends.
«Avevo
pensato che ti fossi dimenticato il tuo senso dell’umorismo» gli disse, aprendo
la sua lattina di Coca-Cola.
«Io non
ho senso dell’umorismo» la corresse lui, ritornando a mangiare.
D’accordo,
doveva arrendersi. Temari era simpatica esattamente
come ricordava. Le sorrise, cercando di iniziare godersi l’idea di vederla più frequentemente
e, soprattutto, vederla. Non aveva intenzione di raccontare
all’appartamento chi aveva incontrato in Università – tanto nessuno gli
chiedeva com’era andata la giornata. Se, ipoteticamente, dovesse uscire con Temari, non avrebbe detto nulla a nessuno. Quando e se scopriranno che SouraiTem esiste,
allora penserà al da farsi.
In
tutti i casi Shikamaru dubitava che si sarebbero interessati a lui. Ormai aveva
la fama dell’omosessuale con una relazione a distanza, e dato che la copertura
gli faceva comodo, non vedeva perché smontare tutto il teatrino. E poi, ci
teneva a ribadire, la cose non gli interessava.
Non
fece neanche in tempo a concludere il pensiero che un fondo sordo fece vibrare
il vetro accanto a lui, Temari guardò disgustata la finestra
e Shikamaru si girò per osservare cosa fosse tutto quel trambusto: Kiba era
attaccato alla vetrina, il naso schiacciato e le sopraciglia aggrottate mentre
studiava la scena. Si staccò immediatamente e corse verso l’entrata della
mensa.
«Chi
era?» domandò Temari, mettendo giù la lattina.
«Un mio
coinquilino rompipalle» sospirò l’altro, preparandosi alla conversazione di
basissimo livello intellettuale e interesse che avrebbe dovuto sostenere.
Voleva
mantenere il segreto? Evidentemente aveva fatto qualcosa di male, perché i Kami avevano appena fatto piovere dal cielo una delle
persone più pettegole di quella combriccola di deficienti in cui lui, volente o
nolente, ci era finito dentro.
«SHIKAMARU!»
sbraitò l’Inuzuka, esattamente come un cane. Se
Shikamaru voleva passare inosservato gli anni dell’Università, aveva appena
fallito.
«Che
vuoi» disse senza interesse, distogliendo lo sguardo dalla ragazza, senza
incontrare quello dell’altro.
«Tu te
ne stai seduto qui con una ragazza e non me la presenti nemmeno?» disse,
mettendosi le mani sui fianchi, «Aspetta» continuò, bloccandosi di colpo, «Tu
te ne stai seduto con una ragazza!» esultò poi,
avvicinandosi a lui per appoggiare un braccio sulla sua spalla, «Non eri mica
gay, amico?» chiese poi, ammiccando alla sconosciuta.
«Non ho
mai detto di essere gay».
«Beh!»
ribatté l’altro, rimettendosi dritto con le mani in tasca, «Non hai mai detto
neanche il contrario».
«Mi
lasci in pace?» chiese, alzando gli occhi verso Kiba. Non era molto convincente
e, se era arrabbiato, di certo non lo dava a vedere.
«Perché
dovrei? Vengo qui a salutarti e tu non mi dici nemmeno come si chiama la tua… amica».
«Temari» s’intromise lei, come se volesse andare in soccorso
a Shikamaru. Si alzò e tese la mano all’altro, trovandola estremamente ruvida e
poco piacevole. Al contrario, quelle di Shikamaru davano l’impressione di
essere morbide e delicate – a passare così tanto tempo al computer come faceva
lui, era ovvio che avesse una certa abilità manuale.
Temari sorrise tra se e se, osservando il ragazzo
sospirare alle continue avance del tale che non si era nemmeno presentato,
nonostante lei avesse detto il suo nome. «E tu saresti?» gli chiese, rimanendo
in piedi a braccia conserte. Ormai si era messa in gioco e, dato che Shikamaru
non l’aveva implorata nemmeno con lo sguardo di starne fuori, le sembrava
divertente partecipare a quella scenetta.
«Kiba Inuzuka, dolcezza» disse lui, facendole l’occhiolino,
«Studio veterinaria».
Shikamaru
sorrise sarcastico, svuotando il bicchiere.
«Veterinaria?»
chiese retorica, fingendosi interessata, «Al mio fratellino piacciono i tassi»
commentò senza particolare pretese.
Come si
aspettava, Kiba non fece una piega. Non era minimamente interessato a stabilire
una sorta di contatto intellettuale. Non la guardava nemmeno negli occhi, a
meno che non gliene fossero spuntati un paio sulle tette.
Semplicemente
ridicolo.
«Che
intendi fare con SouraiTem, allora?» domandò a
Shikamaru, appoggiandosi al vetro. Si era piazzato lì come se qualcuno lo
avesse invitato, quand’era evidente che stava solamente rompendo le palle.
Temari sospirò rumorosamente per farsi sentire, ma
quel gesto non ebbe nessuna influenza sul terzo incomodo. Un po’ frustrata,
decise di affogare la sua rabbia sul panino, finendolo in pochi bocconi.
«Che
cosa dovrei fare con SouariTem, scusami?» chiese
l’altro in risposta. Era divertente sentire parlare di sé stessi.
«Mica
stava assieme?» sembrava parecchio confuso.
«No che
non stava assieme a SouariTem» disse lei, ingoiando
il boccone, bevendoci poi su per liberarsi dalla sensazione di peso in gola, «E
prima che tu mi chieda come lo so, perché lo leggo dalla tua faccia che vuoi
chiedermelo, sono io SouariTem» e
gli rivolse lo stesso occhiolino con cui lui si era presentato poco prima.
«COSA?!»,
Kiba sembrava aver appena perso qualche anno di vita. Era così impensabile?
«Quel dannato che faceva venire l’umore nerissimo a Shikamaru era una
Quella?».
Stavolta
fu Shikamaru a sospirare.
«Beh»
rispose l’altra, dondolandosi sulla sedia, «Anche noi ragazze abbiamo delle
dita, e dato che ho un cervello sicuramente più sviluppato del tuo, direi che
giocare a League of Legends
mi riesce abbastanza facile».
Shikamaru
si passò una mano tra gli occhi, continuando con il suo concerto di sospiri.
Non ce la faceva più e, per un momento, Temari pensò
di aver esagerato.
Kiba
rimase un momento interdetto. Cercò di recuperare la sua scioltezza, la stessa
con cui si era presentato e aveva flirtato con lei. Provò a sorridere suadente,
come se non fosse offeso, e lasciò un paio di pacche sulla spalla di Shikamaru,
«Sta’ attento amico, questa è una di quelle che ti porta a letto e poi ti ruba
tutti i soldi» gli consigliò come fosse
chissà quale maestro di vita, prima di scappare via senza salutare.
«Lo
dirà a tutti» sentenziò lui, e il piede di Temari gli
sfiorò la gamba in un gesto di affetto e consolazione. Quando alzò lo sguardo
per incontrare quello di lei, la vide sorridere.
* * *
Kiba era rimasto chiuso fuori di casa, non
aveva portato le chiavi pensando che al suo ritorno ci fosse qualcuno, ma a
quanto pareva avevano tutti di meglio da fare che starsene a casa.
Attraverso
i pochi metri del pianerottolo e, senza nemmeno bussare o suonare, aprì la
porta dell’appartamento degli altri ragazzi, trovando Rock Lee seduto sul
pavimento assieme a Naruto.
«Che
state facendo?» domandò mentre Akamaru gli correva
incontro scodinzolando, alzando le grosse zampe anteriore e poggiandogliele
sulle spalle – almeno aveva avuto il buon senso di non chiuderlo in casa da
solo.
Naruto
alzò lo sguardo su di lui, lasciando libero il grasso gatto di Sasuke che, con
un orrendo cappellino di carta in testa, scappò veloce verso il bagno, «Ciao
Kiba» lo salutarono all’unisono i due deficienti, «Stavamo giocando con Gatto»
spiegò Naruto alzandosi dal pavimento, mettendosi seduto sul divano.
Quello
era un chiaro segno che Sasuke non era in casa, altrimenti li avrebbe uccisi
entrambi.
Kiba
fece calmare Akamaru coccolandogli facendogli i
grattini alle orecchie, e poi li seguì sul divano. «Dove sono Shino e Neji?» chiese, e il cane poggiò il muso sulle sue
gambe cercando altre carezze.
«A fare
la spesa» gli rispose Lee, «Neji si è incazzato perché finiamo le cose e non lo
diciamo» spiegò, e la porta della stanza si aprì di colpo, lasciando comparire
Ino e Sai. Nessuno aveva ancora capito perché la Yamanaka passasse così tanto
tempo lì quando aveva una sua casa, ma dal momento che quello non era il suo
appartamento non era di certo un suo problema.
Ino si
guardò attorno con la faccia delusa, «Ah, siete solo voi» disse stringendo la
mano di Sai, «Pensavo fosse tornato Shikamaru».
«Non
credo tornerà tanto presto» ridacchiò Kiba stringendo le orecchie di Akamaru fra le mani, muovendogliele su e giù come un
idiota, «Oggi era con SouariTem, o come diavolo si
chiama» spiegò, condannando il poveretto, «A quanto pare esiste, ed è anche una
figa».
«Vorrai
dire un figo» lo corresse Ino,
oramai certa dell’omosessualità del suo migliore amico, ma Kiba la guardò
intensamente.
«Figa Ino, una ragazza bionda con un
davanzale da paura» sorrise lui, continuando a giocare con le orecchie del
cane.
Ino
rimase interdetta per una manciata di secondi, «È una femmina?!» domandò
retorica, «Non può essere una femmina!» continuò poi, lasciando bruscamente la
mano di Sai. «Mi ha mentito! Mi ha detto che era un maschio» sembrava un disco
rotto, continuava a ripetere le stesse tre cose.
«Veramente
non mi pare che lui abbia mai detto che fosse un uomo» le disse Naruto,
cercando di calmare quella crisi isterica assolutamente infondata. Sembrava
un’invasata, esattamente come quando lui le aveva detto che Sasuke e Sakura
stavano assieme – non osava immaginare che cosa avesse detto quando aveva
saputo di lui e di Hinata! Non poteva ficcare il naso nella vita sentimentale
di ogni essere vivente che la circondasse.
Ino lo
guardò male, «Certo, lo dici tu che neanche ti ricordi che cosa hai mangiato a
pranzo».
«Ramen» rispose lui, e Kiba borbottò qualcosa che gli parve
un “Come se fosse difficile per lui ricordarselo”, ma Ino ignorò entrambi,
avvicinandosi al divano, quasi calpestando Akamaru.
«Dove
li hai visti?» chiese appoggiandosi allo schienale, dava l’idea di una pazza
invasa che stava cercando la sua prossima vittima.
Kiba
poggiò la schiena al divano, alzando la testa per incrociare lo sguardo di lei,
«In università, erano in mensa a mangiare» le rispose tranquillo, coprendo poi
uno sbadiglio con una mano, «Ed io devo portare fuori Akamaru,
quindi vi saluto» aggiunse alzandosi, fischiando mentre il cane gli correva
dietro esagitato.
Ino
sorrise soddisfatta, se lui li aveva visti in università significava che lei
abitava qui, o comunque studiava qui e lei l’aveva sempre avuta sotto il naso e
non l’aveva mai saputo! Probabilmente stavano già assieme e quel pigro asociale
non le aveva detto niente come suo solito, e forse anche Choji sapeva e glielo
aveva tenuto nascosto.
«Ti
accompagno a casa?» la voce di Sai era dolce mentre le sfiorava il dorso della
mano. Doveva solo decidere se sbattergli in faccia che sapeva tutto oppure
aggirare l’ostacolo “Ino ho sonno non mi rompere” e andare dritta al punto.
Parlare con Shikamaru era inutile, doveva trovare un altro modo.
«Sì,
grazie» sorrise, lasciandogli un bacio sulle labbra prima di intrecciare le
dita alle sue.
Note
d’autrici ;
Beh,
alla fine è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta! /
Temari è arrivata, e finalmente
oseremo dire ♥ Ci
dispiace per coloro che hanno atteso la sua entrata fino ad ora, e speriamo di
non aver deluso le vostre aspettative! ;___; Shikamaru e Temari,
per ora, sono i personaggi che ci riescono più difficili in termini di
caratterizzazione, a maggior ragione ci teniamo che chi aspettava per leggere
di loro non rimanga deluso da Colla.
Note d’autrici
brevissime, avete ragione… ma sarà l’estate, sarà che
siamo all’inizio della seconda parte, sarà che la voglia di fare sta diventando
poca perché andiamo a dormire tardi… XD Ma stiamo
cercando di riprendere il giro, e vi promettiamo di cercare di mantenere le
scadenze come abbiamo sempre fatto.
Inoltre,
stavolta facciamo un po’ di spam gratuito verso noi stesse: se qualcuno
conoscesse il fandom di D.Gray-man
e volesse leggere qualcosa di nostro, consigliamo di passare a guardare il
nostro profilo!
Un
bacio e alla prossima!
papavero
radioattivo.