Capitolo 2 - Sogno di una notte di ritorno a casa
2.
Sogno di una notte di ritorno a casa
Aprii gli occhi lentamente,
dopo aver fatto un profondo sonno senza sogni.
«Caro...» sentii sussurrare mia madre «... si è
svegliata»
Focalizzato ciò che avevo davanti, mi trovai i sorrisi
gioiosi dei miei genitori.
«Avete una faccia
che
dice palesemente "non ti uccido di abbracci solo perché sei
ricoverata". A cosa devo tutto questo... coso?» dissi con un
sorriso, proprio quando il mio sguardo si posò su un panda
di peluche gigante con bambù annesso.
«Ah!
Tesoro!» disse mia madre tutta emozionata «È stato
Mattew a regalartelo! Quando ha saputo del tuo incidente è
corso subito qui a chiederci tue notizie ed a portarti questo panda
gigante. È un ragazzo adorabile, Eris»
finì lei, con occhi sognanti.
...
Facciamo un rewind.
Quando ero alle elementari, Mattew era il mio vicino di casa ed il mio
unico amichetto, mentre alle medie (quando mi sono trasferita in una
cittadella poco distante) ho incominciato a fare nuove amicizie che
hanno stranamente portato Mattew a diventare inspiegabilmente geloso.
Gradualmente, verso il passaggio alle superiori, Mattew era diventato
sempre più geloso, fino a quando il tutto non lo aveva
portato a confessare i suoi sentimenti per me prontamente rifiutati.
Nonostante gli avessi suggerito di interrompere la relazione di
amicizia per evitare ulteriori dolori, Mattew aveva rifiutato dicendomi
che avrebbe messo da parte i suoi sentimenti.
A
tutt'oggi, vi erano stati cambiamenti notevoli: era diventato ancora
più geloso.
Sospirai, osservando quel povero peluche che non aveva fatto nulla di
male.
«Mamma...»
chiesi d'un tratto «hai detto che
mentre dormivo era venuto l'uomo del furgoncino che mi ha investito...
quindi sono stata investita? Cioè, so che
è successo qualcosa, ma io ricordo soltanto che ho spinto la
vecchiet-la signora Green, sulla strada, per evitare che le succedesse
qualcosa»
«Sì,
tesoro» rispose subito mio padre «stavi andando a
scuola, quando hai spintonato la Signora Green lungo le strisce
pedonali per evitare che il camioncino che guidava il Signor Robinson,
che aveva perso momentaneamente il controllo, la investisse.
Così facendo, però, sei stata investita a tu,
cosa che ti ha causato un trauma cranico»
disse serio, guardandomi negli occhi.
Fischiettai. «Wow. Faccio le cose
in grande, eh?» dissi ammiccando e suscitando
un leggero sorriso sulle facce dei miei genitori.
«Tesoro...»
disse mio padre «noi abbiamo bisogno
di prendere un caffè, un attimo. Se hai bisogno, urla, e qui
c'è il pulsante per chiamare il dottore» disse
mettendomi in mano un affarino di plastica bianco con un tasto rosso
nel centro.
Mamma e papà si alzarono, lasciando la stanza con un sorriso.
Il silenzio che riecheggiava
in quelle quattro mura bianche era
disturbato solo dal ronzio delle macchine.
«Cucù!
Sono tornato!» disse l'ombra, prendendo forma
sulla sedia e facendomi venire un colpo.
«Tu... TU!! Mi farai
morire prima o poi!» dissi arrabbiata, portandomi una mano
sul cuore.
Lui si fece una grossa risata.
«Quindi? Hai
ricordato qualcosa, o sei ancora a 5?» disse con la voce di
chi sta sorridendo.
«I... I miei
genitori mi hanno spiegato cos'è successo.. e...
sì, possiamo dire che sto incominciando a ricordare, anche
se
non ricordo esattamente tutta la scena»
«Beh, è
plausibile» disse lui calmo «è
successo tutto troppo velocemente per te. Insomma, sei solo
un'umana»
Lo guardai molto male.
«E? Scusami tanto
signor ombra se sono solo una semplice, comune e mortale umana. Se
avessi potuto avrei scelto di essere Batman, ma non mi è
stato concesso.»
«Semplice ci
può stare, mortale e umana sono azzeccatissimi, ma comune
no. No no. Tu puoi essere tutto, ma non comune»
disse con tono leggermente più serio.
Che cosa diamine intendeva con ciò?!
«Ad ogni
modo» continuò lui «devo
tenerti sotto stretta sorveglianza. Non mi fido di voi mortali: non mi
sono mai fidato né mi fiderò mai»
concluse, sicuro
di sé stesso.
«Scettici,
eh?» dissi con un leggero tono d'accusa.
«Umf. Ricordati solo
che ti terrò d'occhio»
disse sparendo.
Un paio di minuti dopo entrarono di nuovo i miei.
«Tesoro, abbiamo una
splendida notizia per te!» iniziò mia madre,
guardando fiduciosa papà «Se
starai bene, fra tre/quattro settimane ti faranno uscire!»
finì quest'ultimo, cavandomi anche l'ultimo briciolo di
felicità che avevo in corpo.
«Tre... quattro...
settimane, eh?» «Sì!»
mi risposero subito loro due, gioiosi come la Pasqua.
Sbuffai.
E ora, chi mi salvava più?
I medici avevano allungato la mia permanenza in ospedale da tre a
quattro settimane, rendendo l'eterno inferno di attesa ancora
più lungo.
Fortunatamente, il giorno della mia rimpatriata era finalmente
arrivato, e tutto quello che desideravo era ritornare nella mia adorata
camera da letto.
Durante la mia permanenza in ospedale, mi era venuta a trovare un sacco
di gente: la signora Green, il signor Robinson, dei miei
compagni
di scuola, Matt, la signora Green, due mie lontane zie venute in
vacanza, il signor Robinson, Matt, la signora Green, Matt e di nuovo la
signora Green.
E lo chiamavano "ricovero", eh?
Tornata a casa, la prima cosa che feci (che tra l'altro mi
costò
una sfiorata caduta lungo le scale con doppio salto mortale) fu
fiondarmi in camera mia chiudendo a chiave la porta.
Nessuno avrebbe potuto disturbare quel momento.
Nessuno.
«Heilà!
Ci siamo rimessi in sesto eh?» disse l'ombra, improvvisamente
apparsa sul mio letto, facendomi fare un balzo in dietro talmente
grande da sbattere contro la porta.
«Eris, tutto bene?» disse la voce preoccupata di
mia madre dal piano di sotto.
«Sìsì,
tutto a posto, ho solo preso contro alla porta!» gli urlai di
rimando, perché mi sentisse.
«Perciò...
questa è la tua stanza...»
«Non mi sembra di
avertici mai invitato» gli dissi, guardandolo in cagnesco.
«Non
sono mica un vampiro, cara, non devo essere invitato per entrare dove
voglio» disse con tono ironico e affilato.
«Fuori.
Ora»
«Non
puoi cacciarmi, Eris. Sono peggio di un incubo. Ti troverò
sempre, che tu lo voglia o no» disse svanendo.
Brividi freddi mi corsero lungo la spina dorsale.
Cos'era questa sensazione di pericolo e paura che sentivo?
Tentando di calmarmi, mi buttai sul letto prendendo in mano il primo
libro che trovai.
Aprii al primo capitolo, ma le righe si confondevano l'una con l'altra
e la testa girava così tanto che richiusi il libro di scatto
e
fissai fuori dalla finestra.
Era una bella giornata di sole e un'aria leggera scuoteva le foglie del
salice piangente che avevo davanti la finestra.
Voltai lo sguardo e osservai tranquilla i poster appesi alla parete.
Non erano temi tanto... felici e rosei, ecco, ma erano film che avevo
sempre amato.
Fra i tanti, disposti con cura e al millimetro, sulle pareti e sulle
ante dell'armadio, risaltavano quello di Dracula (del regista Coppola),
un'attraente Achille in Troy, un tenebroso Brandon Lee con un corvo
vicino e un pragmatico V che nascondeva la sua maschera dietro ad un
cappello abbassato.
He... vive la
révolution!
Più calma e tranquilla, tornai a prendere in mano il libro
che avevo malamente chiuso.
Ritornai ad aprire al primo capitolo noncurante della copertina e lessi
le prime righe.
"UN MARE D'AMORE, LUCY
Quell'incisione era l'unica cosa su cui il dottor Jack Seward riuscisse
a concentrarsi mentre si sentiva sopraffare dalle tenebre.
In esse trovava la pace: nessuna luce impietosa a illuminare i
brandelli della sua vita."
«A-ha!» esclamai di punt'in bianco «Questa la
so!» dissi, incominciando a pensare la risposta che
arrivò fulminea «Undead!»
Perdendo il segno, anche se il primo capitolo era abbastanza vicino
all'inizio del libro, chiusi il libro e guardai la copertina.
Avevo fatto centro di nuovo.
C'era da dire che, fin da quando ero bambina, ero sempre stata un'avida
lettrice che imparava i suoi libri quasi a memoria.
Amavo leggere, e riconoscevo un libro già dalle prime parole.
Posai il libro sul comodino a fianco del letto, e guardai la pila che
lo occupava interamente.
Mentre col dito scorrevo sui dorsi per scegliere che libro leggere, una
voce dal piano inferiore annunciò che era pronto il pranzo.
Con tutta la calma che potevo usare per la mia testa, mi fiondai nella
sala da pranzo, pregustando il sapore delle deliziose lasagne che nonna
aveva preparato.
Per il resto non sapevo, ma per quanto riguardava il cibo, avere una
nonna italiana era il top.
Succose lasagne appena sfornate.
Mia nonna si voltò a guardarmi con occhi adoranti.
«Sono
contenta che tu stia meglio, mia cara. Sono stata molto in pensiero,
sai?» mi disse con una voce calma e dolce che lasciava
intendere
il sollievo di una preoccupazione passata.
«Sto
bene, nonna. Grazie per esserti preoccupata» le dissi con un
sorriso a trentaquattro denti, facendole curvare le labbra in un dolce
sorriso.
Avevo la pancia che mi stava seriamente scoppiando.
Erano delle settimane che andavo a roba sana ed equilibrata ed ora mi
ritrovavo con questa bomba atomica in casa.
Diamine, la nonna sapeva farci!
Era pomeriggio inoltrato quando la nonna decise di tornare a casa ed io
me ne andai in camera a leggere.
Ritornai a rimirare la pila di libri sul comodino, scegliendo infine di
rileggere le ormai consumate pagine di Dracula.
Conoscevo quel romanzo a memoria ed ogni volta che lo leggevo, non
potevo far altro che notare il lato solitario di Dracula.
Ero arrivata circa al decimo capitolo, quando mi appisolai, sentendo il
peso del libro scivolare dalle mie mani sulla mia pancia.
Sapevo di stare sognando.
Eccome se lo sapevo.
Anche perché era totalmente impossibile che io potessi
vedere Dracula ballare con Mina.
Quindi, stavo sognando.
Era una sensazione strana, come se io avessi potuto vedere tutto, ma
loro non avrebbero mai visto me.
Sospirai dolcemente, vedendo
la momentanea felicità negli occhi di Dracula.
«Che cosa non fare un uomo per amore?» mi chiesi
retoricamente.
«Per amore, un uomo,
è disposto a dannarsi. A farsi uccidere. A tradire ed essere
ucciso» mi disse
improvvisamente una voce maschile.
Con un salto all'indietro per lo spavento, mi voltai a guardare il mio
interlocutore.
Era vestito con abiti da ballo settecentesco, tutto ricami e seta.
Una maschera gli copriva la parte superiore del volto, e stava
osservando anche lui lo scenario.
Quando si voltò a guardarmi rimasi di pietra.
Aveva due occhi viola intenso con una luce che gli brillava dentro,
rendendoli quasi... magici.
Tentando di distrarmi da quegli occhi ipnotici osservai i suoi vestiti.
Era un tipico vestito da ballo del 1700 da nobile, grigio perla, con
ricami grigi che risaltavano.
Sotto la giacca, dello stesso tessuto e trama dei pantaloni, si poteva
intravedere un semplice panciotto color grigio freddo e lo jabot era
bianco e in pizzo.
Non indossava il tricorno, il tipico cappello da uomo del '700, e aveva
i capelli bianchi cotonati raccolti da un nastro dello stesso colore.
Osservare i suoi capelli, però, mi aveva riportato ai suoi
occhi.
Quegli occhi viola erano circondati da una maschera nera che nascondeva
solo la parte alta del viso.
Ai lati pi esterni era prolungata da eleganti e soffici piume nere, che
non stonavano affatto con la trama in pizzo della mascherina.
Ed accentuavano quegli occhi ipnotici.
Lui mi tese una mano e mi sorrise, l'esatta copia di un
dongiovanni nobile, bello e ricco.
E misterioso.
«Vieni. Devo
mostrarti una cosa» mi disse con voce dolce e sensuale.
Solo quando presi la sua mano per alzarmi, mi resi conto di come ero
messa.
Anche io, ero vestita come una dama del 1700 che andava ad un ballo.
Il mio vestito era abbastanza semplice, nero, con la parte davanti del
corpetto e della gonna di un blu acceso ricamato.
Le maniche mi arrivavano alle mani terminando con del delicato pizzo
nero sopra blu.
L'acconciatura... beh, era meglio dire la parrucca, era voluminosa,
cotonata e scomoda.
Ma tutto sommato carina, caratterizzata da boccoli e riccioli di ogni
sorta che lasciavano ricadere sulla spalla una piccola coda di capelli.
Mi portai una mano agli occhi, dato che sentivo fastidio, e scoprii
così anch'io di avere una mascherina.
Da quanto potevo toccare, era in pizzo con una... rosa, forse, ad un
lato, da cui spuntava una piuma.
«Vogliamo
andare?» mi tornò a chiedere lui.
Esitai un istante.
«... E chi sareste voi, il fantasma del Natale
passato?» dissi.
Lui rise e mi fissò più intensamente.
«Voglio mostrarvi
una cosa, ma dovete seguirmi»
Dannato istinto curioso.
«...
D'accordo» dissi semplicemente.
Lui sorrise e il mio
cuore perse un battito.
"Per la miseria, Eris!
Datti del contegno!" canzonai a me stessa.
Mi prese delicatamente la mano sinistra e la posò sulla sua
spalla e nel mentre, intrecciò la sua mano
sinistra con la mia libera.
Mi posò la sua mano destra sul fianco e iniziammo a ballare.
«No,
cioè... aspetta un attimo...» gli dissi, presa da
un momentaneo panico «io.. io non so
ballare, figuriamoci se so ballare una
roba del genere!»
«Non è
"una roba del genere"» mi disse con tono gentile «è Valzer»
«Uh, wow»
dissi di rimando «No, aspetta. Stiamo
ballando cosa?!»
Lui sorrise.
«Lasciati andare.
Guido io»
Come magia, ci ritrovammo nella scena che avevo immaginato insieme agli
altri ballerini.
Ogni mio pensiero svanì e non feci altro che seguire
ciò che lui mi aveva detto.
E ballai.
Ballai soltanto.
Dopo un tempo che mi parve interminabile, ripresi coscienza di me
stessa.
Stavo ancora ballando con lui, un valzer lento, dai movimenti delicati
e aggraziati.
Ma "lui" era una persona a me ignota.
«Posso... posso
farvi una domanda?» chiesi, prendendolo alla sprovvista.
«Certo» mi
sussurrò lui all'orecchio, con un sorriso.
Ballammo ancora un paio di giravolte, continuandolo a fissare negli
occhi.
«Voi...»
esitai un attimo «Voi chi
siete?»
Lui sorrise dolce, come se in molti gli avessero fatto questa domanda,
ma io glielo chiedessi davvero.
«Io
sono...»
Mi svegliai di soprassalto con la gola secca.
In un attimo di disorientamento notai che era buio pesto fuori e l'ora
sulla sveglia confermò il fatto che fosse notte fonda.
«Le tre di mattina,
eh?» gracchiai togliendomi dalla pancia Dracula e scendendo
dal letto.
Andando al piano inferiore per arrivare in cucina a prendere da bere,
tentai di capire perché avessi sognato una roba del genere.
Insomma, non ero per nulla il tipo che voleva vivere nel settecento
tutto balli, fronzoli e intrighi.
Però... però dovevo ammettere che mi era piaciuto
ballare con qualcuno.
"Oh, andiamo, Eris!
È stato solo un sogno! Solo. Un Sogno."
Presi una bottiglia d'acqua
dal frigo e ne versai un po' in un bicchiere.
"Però...
è stato bello ballare con qualcuno. E aveva degli occhi
veramente magnifici..." pensai fra me e me.
Mentre bevevo tranquillamente, sentii una presenza alle
mie spalle.
Mi voltai e per poco non feci cadere a terra il bicchiere.
«Mi sembrava di
averti detto che non volevo vederti più»
«Hai detto di uscire
dalla tua stanza, non di scomparire per sempre» disse
l'ombra, elegantemente appoggiata sul ripiano della cucina.
«Sparisci»
«Non sono ai tuoi
ordini»
In realtà, nemmeno lo ascoltai.
Mi diressi dritta dritta in camera e chiusi la porta alle mie spalle.
L'indomani... beh, fra più o meno quattro ore in
realtà, sarei dovuta tornare al mio solito tram tram
scolastico.
Non avevo tempo da perdere con simili schizofrenie inventate.
Mi misi il mio adorato pigiama e mi cacciai sotto le coperte, ignorando
qualunque cosa mi sembrasse irreale.
Poco prima di cadere nel mondo dei sogni, però, sentii
qualcuno sussurrare qualcosa, ma non ci diedi molto peso e continuai a
dormire beata.
"Anche a me... piace ballare
il Valzer" aveva
detto.
/*Citazioni
e Riferimenti*/
È
stato citato il primo paragrafo del libro Undied - Gli immortali di
Dacre
Stoker e Ian Holt
/*Angolo
Autore*/
Ed eccoci anche col
secondo capitolo! Perdonate gli errori di battitura, ma non riesco a
riconnette il cervello, ormai xD
Credo... che questo capitolo sia un po' confusionario e complicato, ma
nemmeno io non ho capito molto.
Oh.
Forse non dovevo dirlo.
No, dai, scherzo! È solo che questo capitolo è
stato molto... difficile da scrivere perché, PC a parte,
avevo una tabula rasa che comprendeva anche il contare i numeri O.o
Spero che, comunque, piaccia :D
Al prossimo capitolo!
- Kurokage
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