CAPITOLO
SESTO
Le
verità
«Basta!
Non ce la faccio più!»
Hans
scagliò a terra i documenti che teneva in mano facendosi
scappare una sonora imprecazione. Aveva raggiunto il punto di rottura,
la mente e il corpo avevano inevitabilmente ceduto allo stress e alla
stanchezza.
Non
dormiva da quasi quarantott’ore.
Il
castello era un continuo via vai di gente che chiedeva aiuti e
protezione dal gelo, i ministri lo consultavano per ogni minima
decisione da prendere, e -cosa ancora più insopportabile- il
duca di Weselton non faceva altro che sbraitare e lamentarsi ad ogni
riunione del consiglio. Neanche all’interno del suo alloggio,
da solo e di notte fonda, era libero di concedersi un attimo di riposo.
Proprio un paio di minuti prima, infatti, un paggio di corte lo aveva
svegliato bussando ripetutamente alla porta della camera. Il motivo?
Consegnargli un plico contenente importanti documenti di stato, alcuni
da firmare con urgenza, con gli omaggi del ministro del tesoro.
Il
principe si stropicciò i capelli in un moto di
esasperazione, passeggiando nervosamente per la stanza senza una meta
precisa. L’avevano disturbato a quell’ora della
notte solo per fargli leggere un resoconto dei danni subiti e per
fargli firmare delle lettere... delle lettere completamente inutili!
«A
che ci serve chiedere soccorso ai regni confinanti?!»
esclamò irato «con il fiordo congelato e le strade
praticamente inagibili, i rifornimenti non arriverebbero mai in
tempo!».
Il
principe borbottò un’altra imprecazione, raccolse
con cura le carte dal pavimento e -a discapito di quanto appena detto-
firmò ad una ad una le lettere da spedire. Per quanto lo
ritenesse superfluo, infatti, doveva fare buon viso a cattivo gioco. Al
momento era lui il reggente di Arendelle e, come tale, aveva il preciso
dovere di prodigarsi per aiutare il popolo con ogni mezzo disponibile.
Non poteva rischiare che dubitassero di lui. Non poteva rischiare che
lo giudicassero un incompetente... non di nuovo... non come a casa.
Doveva
essere perfetto: buono, generoso, leale, altruista e coraggioso. Doveva
aiutare i deboli e i bisognosi, doveva essere un esempio per tutti, un
faro di speranza per coloro che si sentivano perduti. E non soltanto
per dimostrare che per loro sarebbe un ottimo re, obbiettivo a cui non
aveva mai rinunciato... ma soprattutto perché ne avevano
veramente bisogno.
Non
poteva abbandonarli al loro triste destino “in balia di quel
mostro!”. Sapeva bene quanto fosse pericolosa la regina. E lo
sapeva perché lei era come lui.
Anche lui possedeva
strani poteri; poteri che aveva usato per fare del male, poteri che
aveva usato per uccidere... poteri che gli avevano rovinato la vita. I
suoi fratelli lo odiavano per colpa sua, per ciò che lui aveva
fatto diversi anni fa, prima che venisse giustiziato per
l’ultimo gravissimo omicidio che aveva commesso.
Già... giustiziato... perché lui ufficialmente
era morto. E nessuno, a parte Hans e suo padre, sapeva la
verità.
“Nessuno
sa che
è ancora vivo”
«Vostra
altezza»
Una
voce infantile proveniente dall’esterno della camera lo
ridestò bruscamente dai suoi pensieri. Il principe
aprì la porta ritrovandosi di fronte il paggio di poco prima.
«I
ministri richiedono la vostra presenza alla sala delle
riunioni» disse il ragazzino, la voce impastata e gli occhi
semichiusi per il sonno.
“Un’altra
maledetta riunione del consiglio!” pensò irritato
il principe “stanotte non c’è verso di
chiudere occhio”
«Bene,
informali che presto sarò da loro; dopodiché
consegna queste missive ai corrieri reali con l’ordine di
partire immediatamente»
Hans
affidò le lettere al piccolo paggio e richiuse la porta
della stanza. Aprì l’armadio a due ante e prese il
soprabito scuro, indossò un paio di guanti a caso e si
preparò ad uscire. Quando però raggiunse il
pomello della porta, il principe si bloccò di colpo.
Per
qualche strano scherzo della mente, d'un tratto gli ritornarono davanti
le immagini della sera del ricevimento, in particolare il momento in
cui porse i suoi personali omaggi alla regina Elsa.
Come
già sospettava da tempo, la sovrana era davvero una preda
irraggiungibile.
Bella
oltre ogni sua immaginazione. Perfetta in ogni gesto o movenza che
compiva, in pratica, la regalità personificata in un angelo.
Il suo charme -com’era prevedibile- non l’aveva
minimamente sfiorata, venendo liquidato in pochi secondi con la tipica
scusa di cortesia.
Ma
dietro tutta la perfezione, il principe si ricordò di aver
intravisto qualcos’altro. Dietro quella maschera di
galanteria e di buona educazione -così simile alla sua,
peraltro- aveva intuito celarsi dei sentimenti ben diversi...
sentimenti che provocavano nella fanciulla una tristezza tale da
lacerarle l’animo, sin nel profondo.
“Sentimenti
simili ai miei” constatò solo ora Hans.
E
poi si ricordò della paura. Del terrore dipinto sul suo
volto, impresso nei suoi bellissimi occhi, quando gli spuntoni di
ghiaccio la divisero dalla sorella e dal resto dei commensali.
Il
principe fu invaso dal dubbio.
“E
se non fosse un mostro? E se, come sostiene Anna, avesse
solo paura?”
La
confusione, tuttavia, ebbe vita breve.
Il
rancore e l’ambizione riemersero nel suo cuore con
incredibile prepotenza, annichilendo ogni sprazzo di compassione per la
regina.
«No!
Lei è un essere contro natura, proprio come lui! Se finora
l’ho difesa, l’ho fatto solo per assecondare quella
sciocca principessa!» disse a se stesso, come per imprimersi
bene a mente tali convinzioni.
Lo
sguardo del principe tornò serio e risoluto, mentre si
accingeva ad aprire di nuovo la porta.
«Non
commetterò lo stesso errore di mio padre.
Ucciderò la regina Elsa... fosse l’ultima cosa che
faccio» sussurrò.
Girò
il pomello facendo scattare la serratura, un ghigno tutt'altro che
benevolo gli deformò orribilmente le labbra.
«E
soprattutto... diventerò re di Arendelle»
«Kristofer»
Anna
richiamò l’attenzione del montanaro per la
ventesima volta in meno di mezz’ora, suscitando in
quest’ultimo non poca irritazione... irritazione per di
più alimentata dal fatto che la rossa perseverava nel
pronunciare male il suo nome.
«Ti
ho già detto mille volte che mi chiamo Kristoff»
sibilò tra i denti.
«È
lo stesso» gli rispose, scrollando le spalle.
Il
biondo sbuffò, spazientito. Tentare di spiegarle che
Kristofer e Kristoff sono due nomi totalmente diversi (o
almeno secondo il suo punto di vista) sarebbe stato un inutile spreco
di tempo.
«Taglia
corto e dimmi cosa vuoi!»
«Mi
fanno male le caviglie» gli disse con un pizzico di stizza
per il tono che le aveva appena riservato.
«Non
possiamo fermarci» rispose sbrigativo il ragazzo.
«Perché
no? Sono ore che camminiamo e i lupi ormai saranno lontani»
«Non
esistono solo i lupi. La foresta è piena di pericoli,
specialmente di notte»
La
rossa fu sul punto di controbattere, ma venne preceduta dal montanaro,
il quale aveva intuito il nascere di una fastidiosa quanto futile
polemica, e aveva deciso di troncarla alla radice.
«Sosteremo
solo quando avremo trovato un rifugio sicuro, fine della
discussione!»
Anna
mugugnò un “ok” scontento e
continuò a camminare in silenzio. Il ragazzo la
guardò incrociare le braccia al petto e mettere il broncio
come una bambina, allorché non poté trattenere
una piccola risata che non sfuggì all’udito della
rossa. Questa, in tutta risposta, lo ignorò accelerando il
passo.
Kristoff
se ne dispiacque.
Sebbene
non volesse ammetterlo, la principessa gli piaceva veramente, e a poco
a poco gli stava diventando persino simpatica. Sven, che aveva
osservato in disparte tutta la scena, si avvicinò
all’amico e lo spintonò da dietro mandandogli un
chiaro messaggio: «non
stare lì impalato e valle a parlare!»
«E
cosa dovrei dirle?» sussurrò alla renna,
coprendosi la bocca per non farsi sentire
«Per esempio
“scusa”?»
«Che?!
Non ci penso nemmeno! Non è colpa mia se si comporta come
una ragazzina vizia-»
Uno
spintone più forte del precedente raggiunse il fondoschiena
del biondo, il quale per poco non perse l’equilibrio.
«Ok
ok, ci vado»
Kristoff
accelerò anch’egli la marca e con un paio di
falcate arrivò a posizionarsi affianco la rossa. Mai come in
quel momento chiedere scusa gli sembrò così
complicato.
«Senti...
ehm... ecco, io... ehm... »
Anna,
nel frattempo, ammirava divertita il biondo annaspare alla ricerca
delle parole. In realtà non si era offesa, ma aveva finto di
mettere il broncio per strappare al montanaro delle scuse sentite. Era
proprio curiosa di vedere se, sotto quella scorza di uomo rude e
scontroso, si nascondesse un animo gentile e sensibile.
«Sii?»
lo invitò con voce dolce a proseguire, mettendolo
ulteriormente a disagio.
«Ecco...
ehm... mi aiuteresti a raccogliere la legna?»
terminò il montanaro, spiazzando completamente la renna, ma
non la rossa, la quale non sembrava aver compreso bene le parole del
biondo.
«Accetto
le tue scu- aspetta che?» gli rispose stupita.
«Beh,
sì... la temperatura sta calando rapidamente... e prima o
poi saremo costretti ad accendere un fuoco... sì, per non
gelare intendo...»
Anna
lo guardava sempre più sbalordita, senza rispondere. Dopo
diversi minuti di silenzio imbarazzante, la rossa portò
entrambe le mani alla bocca nel tentativo di soffocare le risate.
«Mi
vuoi aiutare sì o no?» aggiunse con una smorfia di
fastidio.
«Oh...
si, certo... ti aiuto volentieri»
I
ragazzi si sorrisero a vicenda ed iniziarono a raccogliere la legna.
Kristoff le consigliò di cercare rami secchi ed asciutti,
ma, dopo ventiquattro ore di gelo, tutti gli alberi del bosco erano o
ghiacciati o umidi a causa della neve. Per Anna, però, non
fu affatto un problema. Le bastò allontanarsi per poco tempo
dal montanaro ed asciugare con il suo potere -facendo attenzione a non
dargli fuoco- i rami che raccoglieva per terra lungo la strada. Quando
i due si rincontrarono vicino alla renna, Kristoff aveva tra le mani
due miseri rametti di legno, mentre la rossa portava con sé
una pila molto consistente.
«Ma
dove li hai trovati?»
«Te
l’ho detto che sono fortunata» gli rispose, mentre
conservava la legna appena raccolta dentro una grande sacca agganciata
al fianco di Sven.
Kristoff
stavolta non se la bevve.
La
principessa gli stava nascondendo qualcosa. Trovare tutta quella legna
secca era praticamente impossibile, lo sapeva bene. Inoltre, per
esperienza sapeva che un branco di lupi non rinuncia mai ad un preda,
men che meno se questa è più lenta di loro, e,
durante la fuga, aveva avuto la netta sensazione che la rossa
l’avesse distratto di proposito per impedirgli di vedere che
fine avessero fatto gli inseguitori. E i misteri non finivano qui. La
ragazza non sembrava minimamente soffrire per il freddo notturno. Lui
stava praticamente congelando con sopra due strati di maglioni, mentre
lei... fresca come una rosa.
“Aspetta
un attimo, non porta neppure i guanti!”
Kristoff
si diede mentalmente dello stupido per non averlo notato prima. Stare
all’aperto e al gelo senza un’adeguata protezione
per le mani, provoca raggrinzimento e perdita di sensibilità
alle dita. Le mani di Anna, invece, erano lisce e rosee, come se
fossero immuni al freddo pungente.
«Perché
mi fissi?» gli chiese la rossa con una nota
d’inquietudine nella voce.
«Le
tue mani...» si affrettò a risponderle per evitare
che fraintendesse «...non senti freddo?»
Anna
si guardò con timore le estremità e
sbiancò in viso, maledicendosi per la propria sbadataggine.
Nella fretta di cambiarsi d’abito, aveva dimenticato i guanti
di lana nell’emporio Querciola Vagabonda. Per colpa del
potere del fuoco che le impediva di percepire il freddo, durante il
viaggio non aveva notato la presenza o meno degl’importanti
accessori, e ora si vedeva costretta ad inventarsi una scusa plausibile
per non insospettire ulteriormente il biondo.
«C-certo
che sento freddo» annui la rossa, strofinandosi le mani
fingendo di scaldarle «i guanti di lana però mi
danno un fastidio tremendo, mi irritano terribilmente la pelle. Oh,
dovresti vedere le macchie e le bolle che mi spuntano tra le dita dopo
averli indossati per cinque minuti, un vero orrore, ma che dico, un
vero e proprio insulto al genere femminile»
Kristoff
la osservò perplesso mentre rideva nervosamente.
Era
palese che stesse mentendo; tuttavia, non riuscendo a trovare alcuna
spiegazione logica per tali misteri, decise di stare al gioco e di
sorriderle bonariamente, ripromettendosi di tenerla d’ora in
avanti maggiormente d’occhio.
La
rossa si rassicurò, trattenendo a stento un sospiro di
sollievo.
“Basta,
ho capito: niente più poteri finché non troviamo
Elsa” si impose Anna con decisione. Ovviamente non poteva
sapere quello che sarebbe successo di lì a poco.
Passò
rapidamente un’altra ora, durante la quale nessuno dei
viaggiatori proferì parola.
La
stanchezza difatti si faceva sentire, e ancora non avevano trovato un
luogo ritenuto adatto dal montanaro per accamparsi. Per di
più la fiamma della lanterna aveva consumato quasi tutto
l’olio residuo e presto sarebbero rimasti al buio nel cuore
della foresta, facili prede di animali in cerca di uno spuntino di
mezzanotte. In sintesi, la loro situazione non era affatto delle
migliori.
Mentre
costeggiavano la parete rocciosa di un grande altopiano,
però, Anna intravide tra il fitto del fogliame qualcosa che
riaccese la sua tipica allegria.
«Kristoff,
guarda un po' cosa ho trovato?» cantilenò la
rossa, trascinando il biondo e la renna di fronte alla sua scoperta
«L’entrata
di una caverna?»
«Sììì!
Non è magnifico? Proprio quello che cercavi: un luogo sicuro
e tranquillo dove accamparci per la notte... o se non altro per
ciò che ne rimane... ma che importa, finalmente la ricerca
è finita!»
Sven
saltellò dalla gioia per la lieta notizia, pregustando come
la rossa l’agognato riposo. L’amico, tuttavia, non
era della stessa opinione del quadrupede.
«Non
credo che sia una buona idea avventurarci là
dentro» le rispose dubbioso. «di solito le caverne
sono abitate... e noi potremmo essere degli ospiti
indesiderati»
«Ah
no! Non ci provare!» gli puntò il dito sul petto
«Girovaghiamo per questa foresta da chissà quanto
tempo, con i piedi e gli zoccoli ormai doloranti» la renna a
quel punto annuì convinta, beccandosi
un’occhiataccia da parte di Kristoff «Tu e Sven
avete riposato in quella stalla si e no mezz’ora, mentre io
l’ultima volta che ho dormito è stato, pensa un
po', due giorni fa! Qua fuori, a parte neve, rocce e alberi, non vedo
niente che assomigli ad una baita, per non parlare che si gela a tal
punto che non mi sento più le sopracciglia (piccola bugia a
fin di bene). Per cui, caro-il-mio-montanaro, se proprio vuoi
continuare a cercare il tuo fantomatico “rifugio
anti-lupo”, fa pure, ma noi due non ci muoveremo da qui, non
è vero Sven?»
La
renna emise un verso di approvazione e la rossa guardò il
ragazzo a braccia conserte sorridendo trionfante.
Il
montanaro non sapeva come risponderle.
In
effetti aveva ragione: lui e Sven erano sfiniti quanto lei e se non
riposavano un po', l’indomani mattina sarebbero crollati a
terra come pere mature. Inoltre dovevano accendere un focolare al
più presto, altrimenti sarebbero diventati per davvero dei
ghiaccioli da esposizione.
“Noi
di sicuro, lei invece ho qualche dubbio” gli
sussurrò un vocina scettica nella testa... vocina che per il
momento decise di ignorare.
«Vedi
che sarà umido» la mise in guardia
«l’umidità
non mi dà fastidio»
«e
sporco»
«ogni
tanto sporcarsi fa bene»
«e
pieno di pipistrelli»
«sono
carini, non trovi?»
«sei
sicura di volerlo fare?»
«sicurissima»
«E
va bene» sospirò alla fine «ma stammi
vicina»
Kristoff
fece strada entrando per primo, seguito a ruota da Anna e da Sven. La
flebile lanterna tenuta in mano dal capofila illuminava le pareti del
tunnel, rivelando le rocce troppo appuntite o gocciolanti da scansare.
Dopo una ventina di metri, i tre udirono un rumore di squittii in
lontananza. Il rumore divenne sempre più forte,
finché una scia di volatili neri non passò con
gran fracasso sopra le loro teste. La rossa si fece scappare un
gridolino, il quale non sfuggì al montanaro.
«Non
ti stavano simpatici?» le domandò sarcastico.
«Ammetto
che di presenza fanno un po' ribrezzo»
«“Di
presenza”? Ma dove li avevi visti allora?»
«Nel
mio vecchio libro di fiabe» confessò Anna
imbarazzata, provocando nel biondo una risata genuina che
contagiò piacevolmente anche lei.
Dopo
aver percorso all’incirca altri venti metri in leggera
pendenza verso il basso, i tre esploratori raggiunsero
l’estremità della grotta. Essa era abbastanza
spaziosa da accogliere tutti i presenti senza problemi, compreso Sven,
e la pendenza del tunnel permetteva di accendere un fuoco senza il
rischio di soffocare per l’accumulo di fumo.
«È
perfetta» dovette ammettere Kristoff.
«A
quanto pare ti preoccupavi per nulla» sorrise vittoriosa la
rossa «Non lo conosci il detto “chi non risica non
rosica”?»
«E
tu non conosci il detto “la prudenza non è mai
troppa”?»
«Mmmm...
no, mai sentito»
I
due ragazzi scoppiarono a ridere.
Sven,
nel frattempo, osservava felice il suo migliore amico: senza rendersene
conto, aveva creato con la ragazza un legame d’amicizia che
cresceva di minuto in minuto... amicizia che un giorno -sperava la
renna- sarebbe potuta sfociare in qualcosa di più.
Tuttavia,
l’allegra atmosfera fu improvvisamente squarciata da un
potentissimo ruggito proveniente dall’ingresso della grotta.
I
tre rabbrividirono a tal punto da bloccarsi sul posto come delle statue
di sale. Un secondo ruggito, più vicino del precedente, li
ridestò un minuto dopo dalla loro paralisi. Kristoff si
avvicinò a Sven, anch’egli molto spaventato, prese
dalla sacca laterale un grosso ramo e gli diede fuoco con la fiamma
della lanterna.
Subito
dopo la creatura si mostrò ai loro occhi: era un enorme orso
bruno lungo almeno due metri e mezzo, molto arrabbiato e probabilmente
anche molto affamato. L’arrivo improvviso
dell’inverno lo aveva indotto a cercare un luogo dove passare
il letargo, e sicuramente non aveva apprezzato il fatto che la grotta
fosse già occupata da qualcun altro.
«Anna...
prendi Sven ed esci subito di qui» sussurrò
Kristoff con tutta la calma che riusciva a trattenere in corpo.
Anna
non fece caso alla parole del biondo, troppo intenta a riflettere sul
da farsi.
Usando
i suoi poteri avrebbe potuto facilmente allontanare il pericoloso
animale, ma in tal modo il biondo l’avrebbe sicuramente
vista... e non aveva la minima idea di come avrebbe reagito alla
scoperta. Sebbene si fosse mostrato molto comprensivo riguardo i poteri
Elsa, ancora non si sentiva del tutto sicura: temeva che non avrebbe
capito, che l’avrebbe giudicata un mostro, o una strega,
proprio come il duca di Weselton. Ma il pericolo era troppo grande per
essere ignorato, e doveva prendere in fretta una decisione.
“Non
ho scelta, correrò il rischio” concluse con un
sospiro la rossa
L’animale
intanto avanzò di qualche passo, ringhiando minacciosamente
ai tre sgraditi inquilini. Anna, in risposta, punto le braccia davanti
a sé, pronta ad evocare l’infuocato potere. Il
montanaro, però, la strattonò con forza e si
posizionò d’avanti a lei per proteggerla.
«Ma
che fai?! Ti ho detto di andare via! Io nel frattempo lo
distraggo» le urlò in uno stato tra
l’ansia e la determinazione
«No,
non capisci, io-»
La
rossa non ebbe il tempo di finire la frase che il mammifero, sentendosi
minacciato dai movimenti bruschi dei ragazzi, ruggì ancora
più forte di prima e si alzò sulle gambe
posteriori, mostrando tutta la sua enorme stazza. Kristoff
tentò di spaventarlo agitando la torcia di fronte al suo
muso, ma l’orso, anziché indietreggiare, si
infuriò ulteriormente. Con una zampa lo disarmò,
e con l’altra lo colpì alla spalla con incredibile
violenza, facendolo volare di qualche metro fino alla parete rocciosa
sulla sua destra. Il montanaro grugnì per
l’intenso dolore, ma constatò -per fortuna- di non
aver riportato alcuna frattura alle ossa.
L’orso
ignorò il resto dei presenti e si concentrò sulla
preda ormai indifesa, dirigendosi con bruttissime intenzioni verso il
ragazzo.
Kristoff,
a quel punto, pensò di essere spacciato. Come ultimi
pensieri, il ragazzo sperò con tutto il cuore che Anna fosse
riuscita a fuggire insieme a Sven... e rimpianse amaramente di non aver
avuto più tempo per conoscerla meglio.
Quando
l’animale fu sul punto di finirlo, però, accadde
qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Tra
lui e il grosso mammifero si materializzò dal nulla una
gigantesca colonna di fuoco, il calore così intenso da
riportare in un attimo la temperatura dell’estate.
L’orso bruno perse l’equilibrio e cadde
all’indietro, per poi allontanarsi spaventato dalla colonna
infuocata. Tentò allora di scagliarsi sulla rossa, ma questa
creò sotto le zampe dell’animale una striscia di
fuoco che lo costrinse di nuovo a ritrarsi.
«Via,
sciò! Trovati un’altra grotta!»
Anna
scagliò un ultima sfera che esplose a pochi centimetri dal
mammifero, dissolvendosi nell’aria senza provocare danni.
L’orso emise un guaito per la paura e alla fine
fuggì terrorizzato dalla caverna.
Infine,
con un leggero movimento del polso, la rossa estinse tutte le fiamme
che aveva creato, riportando la grotta nella semioscurità.
Kristoff,
che nel frattempo era riuscito a rialzarsi, la guardava senza fiatare,
gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore. Anna si
voltò verso di lui, e gli rivolse un sorriso pieno di timore
e imbarazzo.
«Posso
spiegare»
ANGOLO
AUTORE: Salve a tutti, rieccomi qua con un nuovo capitolo della mia fic
preferita ^^ (come si dice a Napoli “ogne scarrafone e
bell’ a mamma soja” XD).
Il
capitolo stavolta è denso di eventi, come del resto lo
è anche la scrittura, quasi del tutto priva di spazi.
Sicuramente qualcuno di voi si sarà chiesto “ma per
quale motivo questo qua scrive ogni capitolo diverso dall'altro?!?”; beh, in effetti stavo sperimentando diverse
presentazioni del testo per trovare quello che fosse più
piacevole da leggere e pensavo di averlo trovato con quello precedente,
ma di recente mi hanno fatto giustamente notare che lasciando troppi
spazi inutili spezzettavo la scorrevolezza della storia, e per questo
ho deciso di tornare alla forma del primo capitolo, dove inserivo gli
spazi solo per i salti di tempo o di luogo (la forma dovrebbe rimanere
finalmente così, ma nel caso non vi piaccia non esitate a
farmelo sapere :)).
Per
le note e l’analisi del capitolo direi invece di partire
dall’inizio:
Il
primo pezzo è un missing moment dedicato ad Hans che ho
inserito per creare un parallelismo con quello di Elsa del capitolo
precedente. Il povero principe non è libero di dormire
neanche la notte (ho pensato che in una situazione di crisi fosse
normale) e finalmente si scopre cosa gli frulla veramente in testa. Per quanto
provi qualcosa per Elsa, lui la odia e la reputa un mostro
perché assomiglia a questa misteriosa persona che gli ha
rovinato la vita (o più precisamente hanno entrambi dei
poteri, ma non gli stessi) e che a quanto pare solo lui e suo padre sanno essere ancora in
vita. Hans si trova perciò ad odiarla e ad amarla allo
stesso tempo, ma l’odio sembra prevalere
sull’amore, e quindi ha intenzione di ucciderla ad ogni costo.
Le
scene successive sono invece sia dal punto di vista di Anna che di
Kristoff, ed è stata la parte più divertente da
scrivere XD. Il nostro montanaro, mentre è alla ricerca di
un rifugio per la notte (si trovano ancora nel bosco prima del
burrone), finalmente ha modo di sfogarsi con Anna (dopotutto nel film
lo faceva durante l’inseguimento, ma in questa fic non ne
aveva avuto il tempo ;)), ma questa gli rigira la frittata facendolo
sentire in colpa XP. Inoltre si scopre come già sospettasse
di Anna, ma ovviamente non poteva immaginare che avesse dei poteri ;).
Anna alla fine trova una caverna e gli fa una bella ramanzina per
convincerlo ad entrare (mi sono ispirato alla scena di quando gli
regala la slitta nuova XD), ma quando sembra essere tutto risolto, ecco
che spunta l’orso XP (Pacha e Kusco: “è
un classico -.-” Io: “tornatevene nel vostro
film!”). Kristoff cerca di fare l’eroe per salvare
Anna ma alla fine è lei a dover salvare lui con i suoi
poteri. E adesso come reagirà Kristoff alla scoperta? Vi dico
solo che, ora che Anna non deve più nascondere i suoi
poteri, nei prossimi capitoli vedrete quello di cui è
realmente capace ;)
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto (scusatemi di nuovo per
l’immenso angolo autore) e ci vediamo al prossimo
aggiornamento, ciaoooo :)
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