Sogno
Un ragazzo accende il computer, le luci sono basse, si strofina gli occhi, legge:
"L'adolescenza, un percorso compiuto da tutti i vivi dove è
possibile che col desiderio di percorrere prima del tempo i suoi
misteriosi sentieri, superbi e onnipotenti, si può andare anche oltre
le barriere umane attraversando strade piene di rovi e di trappole,
anche mortali. Alla fine si arriva a volte colmi di ferite e fratture,
le cui cicatrici si porteranno per tutto il resto della vita, altre, si
soccombe, o si diventa più forti."
"Sciocchezze! I soliti messaggini a catena che inviano!" dice.
Cancella e esce.
***
Demion è un giovane di diciannove anni che sta per uscire dal
tortuoso sentiero dei teenager, questa sera compirà a mezzanotte 20
anni, chissà se arriverà alla fine di questo tortuoso sentiero.
Adesso percorre le strade della sua città, attraversando il caos
giornaliero che incombe in tutte le strade delle metropoli.
Con uno zainetto sulle spalle e uno scatolino in mano, guarda le insegne e le vetrine dei negozi.
Lui era un ragazzo a cui piaceva molto giocare con cose pericolose, tutto ciò che era proibito gli piaceva molto.
Stava per salire le scale che stavano vicino l'uscio di casa sua,
sentì il rumore di un aspirapolvere spegnersi e le solite lamentele di
sua madre.
Entrò.
A casa sua madre come ogni giorno lottava
contro l'ansia e la paura, Demion teneva nella sua stanza delle bestie
che per molti erano esseri pericolosi, come serpenti e vedove nere,
alcune di queste erano dei souvenir animati che aveva portato dai vari
viaggi che aveva fatto con lo zio, un esploratore.
Nutriva le sue vittime dandogli piccoli ratti o ingenui insetti, il suo animale preferito era la formica myrmecia detta Bulldog.
Aveva preso quelle simpatiche bestioline durante un suo viaggio a Poochera, un minuscolo paesino dell'Australia meridionale.
Aveva soggiornato nell'altrettanto piccolo Poochera Hotel, dove ricorda
ancora la storia che una guida turistica gli aveva raccontato riguardo
quel luogo.
Un
esploratore aveva trovato un esemplare nella sua stanza e lo chiamò
formica dinosauro, per il fatto che osservandola costatò che aveva
delle abitudini tipiche delle speci primitive, così venne poi chiamata
volgalmente "fossile vivente".
L'esploratore si soffermò sul fatto che quella formica era la prova
vivente delle strette relazioni filogenetiche fra le vespe e le
formiche, infatti possedeva un aspetto fisico vespoidale, Demion ne fu
affascinato.
Per loro fortuna era una formica abbastanza rara da trovare Demion
fece la sua conoscenza durante un'escursione in una foresta di
eucalipti situata nella zona circostante Poochera.
In seguito ad
un guasto meccanico, l'equipe di cui faceva anche parte Demion e lo
zio, fu costretta a sostare un'altra notte a Poochera finché il guasto
non fosse l'indomani stato riparato.
Quella fredda notte, Demion si allontanò dal centro abitato per
esplorare la mirmecofauna notturna presente nella vicina foresta di
eucalipti, ricorda adesso l'ombra scura che aveva seguito, che si
confondeva appena con il buio della notte.
La seguì incuriosito fino a dove subito dopo vi trovò proprio
un'operaia bottinatrice della tanto ricercata formica, un vero e
proprio ritrovamento fortuito.
Sorrise nella stanza osservando il formicaio.
Era appena sceso dal suo negoziante di animali di fiducia per comprare
un bel ratto da far mangiare a quegli insetti giganti che aspettavano
il cibo che stava in quella stretta scatola di cartone.
Il
suo formicaio artificiale è diviso in diversi ambienti, Demion adesso
stava regolando la temperatura ideale per le bestioline, la luce, e
l'umidità simili a quelle australiane.
Al suo esterno le formiche si muovono alla ricerca dell'alimento era
come se avvertissero ciò che stava appena facendo il loro padrone,
alcune formiche depositavano nel frattempo i materiali di rifiuto.
L'esterno
del formicaio è isolato con un fossatello ripieno d'acqua, per impedire
alle formiche di fuggire e di andare a fare stragi per casa.
Teneva il tutto sul balcone, le altre bestioline lo osservavano
dall'altra stanza, la sua, mentre prendeva il ratto per la coda con i
guanti sterili e lo depositava fuori il formicaio.
lui dette l'animale vivo alle bestioline, legò prima però
la coda del ratto scalpitante per evitare che questo scappasse
Qui le formiche iniziarono a Saltare, correre, mordere, pungere ed inseguire il malcapitato entrato nel loro territorio.
Demion osservava la scena soddisfatto.
***
Luce...
una forte luce mi accecava gli occhi, non riuscivo a guardare ma mi
ostinavo. Sentivo il calore della luce penetrare nelle mie pupille e le
lacrime sgorgare dai miei occhi, sentì un rumore forte, uno
schianto.
Un'auto una fiat punto bianca del 2000 stava di fronte a me, la sua
forma non era più quella di un auto, potevo osservare i pezzi che la
componevano, le lamiere, la plastica, ognuno di questi pezzi del
veicolo avevano preso una forma propria data dalla velocità e dalla
resistenza del palo contro cui avevano sbattuto.
Dentro un uomo col volto insanguinato, intrappolato non aveva più
vita, su di esso un mostro, un essere mai visto lo teneva per le
spalle, voleva portarselo via, mi guardava con cattiveria.
Capì che quell'uomo che tratteneva su cui era appollaiato quel mostro nudo e deforme, era ...mio padre.
Così corsi verso di lui, e sentì il desiderio di dovrer sguainare
una spada, ma io non avevo con ma una spada, mi toccai il fianco
sinistro e non trovai lì niente.
"Maledetto!" gli dissi stringendo i denti.
"Maledetto! Non puoi portartelo!" Gridai.
L'acqua scorre
adesso sgocciola sul corpo di chi ha appena lasciato la vita, lui aveva
un volto chiaro, la sua testa penzolava, il suo sguardo era rivolto
verso l'infinito, le sue spalle erano poggiate sulle mie ginocchia, il
suo sangue macchiava i miei abiti.
Guardavo mio padre, sentivo il suo corpo spento e senza vita,
adesso io ero il guerriero, adesso io ero il maschio che portava lo
stemma della mia famiglia, dentro questo un fiore doveva segnare il mio
omaggio a chi mi ha lasciato troppo presto e non ha potuto guidarmi
fino alla fine di questo sentiero.
Posai il suo corpo sull'erba bagnata lo guardai.
Dei suoi capelli
colore dell'argento e dei suoi occhi pieni di saggi e severi non
restava quasi più nulla.
Il suo corpo si dissolveva al vento, una sabbia color della luce saliva in cielo e lui mi salutava.
"Addio Padre!"
Subito pensai che quell'essere che mi stava
salutando non era mio padre, non era umano, così una nuvola nera mi
avvolse, guardai le mie mani, erano le mie, terrore, provai terrore e
sprofondai nel vuoto.
Ancora quel rumore... l'acqua continuava a gocciolare, questa volta cadeva sulle labbra di qualcuno.
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