CAPITOLO
3.
PORTAFORTUNA.
Pov Akito.
In casa di Sana c'era una gran
confusione, persone che entravano ed uscivano per ammirare il suo
salotto. I tavoli erano pieni di cose da mangiare e avevo sentito
persino qualcuno farle i complimenti per la sua cucina.
Anche quella, opera mia.
Gironzolavo nervosamente in mezzo a tutta quella gente, la mano
sinistra nella tasca che stringeva forte la chiave che Sana mi aveva
dato, e l'altra con il terzo bicchiere di vino. Stavo cominciando a
sentirmi su di giri, ma non rischiavo sicuramente di sentirmi male
perchè conoscevo bene i miei limiti ed ero ancora ben
lontano dal superarli.
Vidi che la cucina era vuota e mi ci fiondai, in cerca di un po' di
tranquillità, ma sapevo benissimo che non sarei mai stato
così fortunato da rimanere solo per almeno cinque minuti,
perchè Tsuyoshi si comportava come se stesse impazzendo per
dirmi qualcosa.
Quando lo vidi entrare in cucina dietro di me sbuffai e versai altro
vino nel mio bicchiere, forse avrei potuto attutire la pesante
conversazione con il migliore amico di un uomo, l'alcol.
«Allora... carina la casa, no?».
«Molto. Se solo Sana avesse mosso un dito per renderla
tale.»
Tsuyoshi rise e io, uscendo la mano dalla tasca, per sbaglio feci
cadere la chiave. Mi maledissi mentalmente per la mia distrazione,
mentre Tsu si abbassava a raccoglierla da terra.
«E questa cosa sarebbe?»
«La chiave di casa di Sana. E non cominciare con la solita
predica, non sono dell'umore adatto!»
Tsuyoshi abbassò lo sguardo e fissò per un paio
di secondi la chiave che aveva tra le mani, incerto su cosa dirmi e
soprattutto come dirmelo.
«Io ho smesso di fare le prediche, Akito, ma questa chiave
non è sicuramente fine a se stessa, sappilo.»
Odiavo quelle frasi criptiche, e lui lo sapeva benissimo. Lo faceva per
incuriosirmi, per farmi sviluppare una serie di domande a cui non avrei
mai trovato risposta, quindi mi induceva a trovarle nelle sue parole.
Se non fosse stato mio amico, probabilmente avrei dovuto pagarlo per
tutte quelle sedute di psicoanalisi a domicilio che mi riservava. Lo
incitai ad andare avanti.
«E' un segnale, Akito. Ti sta aprendo la porta non solo di
casa sua.»
E quello cosa significava? Il mio primo pensiero, lo ammetto, non fu
certo casto, ma immediatamente scacciai quell'immagine, non potevo
lasciarmi distrarre dai miei pensieri... particolari su Sana.
«Alcune volte mi domando perché dopo tutti questi
anni ancora perdo tempo ad ascoltare le tue frasi senza senso sul mio rapporto con Sana.
Sempre questi giri di parole! Per una volta non potresti parlare in
maniera diretta, senza che io sia costretto ad interpretare i tuoi
deliri? Se hai qualcosa da dire, fallo senza girarci troppo
intorno.»
Tsuyoshi prese a guardare per terra, destabilizzato dalle mie parole,
ma in realtà l'unica cosa che volevo era che mi spiegasse e
soprattutto che mi aiutasse, perchè da solo non potevo
farcela, non con una situazione come quella tra le mani.
«E’ una vita che cerco di dirti come stanno le cose
in maniera più o meno esplicita, ma tu non vuoi capire e
soprattutto non riesci mai a parlare di Sana senza andare di matto.
Comunque la verità è sempre e solo una: lei
è innamorata di te, ma sai che è tarda e non
riesce a capire nemmeno se stessa. Quindi il mio consiglio è
solo uno, prendi coraggio e fai la prima mossa, altrimenti ti
ritroverai tra qualche anno senza Sana, semplicemente perché
qualcuno che si fa meno pippe mentali di te e la porterà
via.»
Abbassai lo sguardo anch'io, rigirandomi tra le mani la chiave
dell'appartamento.
«Ci penserò su, magari questa chiave
sarà il mio portafortuna.»
*
La gente cominciò lentamente ad andarsene, per ultimi
Tsuyoshi e Aya insieme a Fuka e al suo ragazzo che mi aveva dato
l'impressione di essere un mezzo psicopatico. Entrambi erano stati
accettati da un'università poco lontana da Tokyo, e quindi
non ci avrebbero fatto compagnia per i prossimi quattro anni. Poco
male, almeno non avrei avuto Fuka a dare consigli a Sana per qualsiasi
cosa, perchè non mi fidavo del suo giudizio, considerato
anche l'elemento con cui stava attualmente.
Anche se dovevo ammettere che il ragazzo di Fuka era la persona
più normale del mondo se rapportato a quella sottospecie di
troglodita che stava con mia sorella e che, da quando erano arrivati,
non aveva fatto altro che bere e trovare ogni scusa possibile ed
immaginabile per andare via, a fare… Dio solo sa cosa. Quel
ragazzo non mi piaceva, si vedeva ad un miglio di distanza che voleva
solo portarsela a letto. Avevo cercato di parlare con Nat, ma dopo
l’ultima volta in cui avevamo seriamente litigato e non
c’eravamo parlati per una settimana, avevo deciso di non
intromettermi più.
Quando Sana chiuse la porta e si girò, mi vide ancora
lì e sobbalzò. «Come mai non sei andato
via anche tu?» domandò mentre raccoglieva
bottiglie varie.
«Ti aiuto a mettere a posto, genia. C'è un casino
qua dentro.»
In realtà non volevo andarmene per niente, erano gli ultimi
momenti che avrei potuto passare con lei per almeno una settimana,
perchè dovevo prepararmi per prendere l'abilitazione per
diventare maestro e, con Sana nei paraggi, non avrei potuto di certo
concentrarmi.
Sembrava che al buffet fossero passate delle cavallette, non era
rimasto niente, neanche un piccolo pezzo della famosa torta
crema e cioccolato della signora Shimura. Io e Sana non
eravamo riusciti a toccare cibo, ma la cosa che mi dispiaceva di
più era non aver potuto brindare da solo con lei. Mentre ero
ancora indaffarato a toglier bottiglie vuote di vino pregiato, sentii
Sana che mi chiamava dalla cucina, quando entrai la trovai seduta sulla
penisola con in mano un piatto con un’enorme fetta della
nostra torta preferita e vicino due calici con dello champagne.
La guardai e mi avvicinai, sedendomi accanto a lei, e mi
passò una forchetta.
Quando ormai la torta stava per finire, per evitare che mangiassi
l’ultimo pezzetto, Sana si avventò sulla mia mano
e morse le mie dita per rubarmelo e, sentendo la sua bocca sfiorarmi,
dovetti fare affidamento su tutto il mio autocontrollo per non
sdraiarla su quella penisola e dare vita a tutte le mie fantasie.
Mi allontanai da lei con la scusa di dover togliere le ultime cose dal
tavolo. Lei mi seguì, si tolse le sue scarpe tacco dodici e
si buttò sul divano.
Mi voltai a guardarla.
Il petto si alzava e abbassava piano, i capelli le ricadevano
scompostamente sul viso e aveva le guance rossissime. Aveva ancora
qualche traccia del trucco, un ombretto scuro che rendeva i suoi occhi
ancora più magnetici e un rossetto rosso che,
però, si era un po' consumato durante la serata.
Era bellissima.
Dopo essermi asciugato le mani la presi e sperai che non si svegliasse,
la portai a letto e le rimboccai le coperte.
Ero indeciso se stendermi vicino a lei, temendo che la mattina dopo
avrebbe dato di matto trovandomi nel suo letto, ma alla fine non
riuscii comunque a separarmi da lei e, dopo essermi tolto la camicia,
mi addormentai accanto a lei.
Pov Sana.
Mi svegliai di soprassalto durante la notte, e non rimasi meravigliata
di trovare Akito che dormiva accanto a me, doveva essere esausto anche
lui dopo tutto quel lavoro.
Notai solo in un secondo momento che non portava la camicia, prima di
allora l'avevo visto solo al mare a petto nudo, quindi rimasi per un
secondo a fissarlo. Era probabilmente ciò che la gente
comune chiama perfezione.
Mi girai di spalle, per non guardarlo più, ma ottenni la
reazione contraria: tutto il mio corpo voleva che mi avvicinassi a lui.
Cercai di combattere quell'impulso ma non c'era niente da fare, era
più forte di me, quindi mi girai e mi accoccolai sul suo
petto, inspirando il suo profumo di colonia da uomo e... profumo di
Akito.
La mattina dopo, quando mi svegliai, Akito dormiva ancora profondamente
ed io mi soffermai a guardarlo alla flebile luce del giorno e mi
ritrovai a pensare che mi sarebbe piaciuto poter usare Akito come
cuscino. Decisi di scacciare quel pensiero e tentai di alzarmi il
più piano possibile per non disturbare il suo sonno, ma il
mio piano fallì miseramente, perché notai due
occhi color ambra che mi stavano fissando. Restammo dei minuti a
guardarci, poi Akito decise di rompere qual gioco di sguardi dicendomi
che doveva andare a casa perché aveva bisogno di una doccia.
Un sorriso compiaciuto nacque sulle mie labbra, gli intimai di chiudere
gli occhi e lo portai all’interno della cabina armadio.
Quando gli diedi il permesso di guardare lui restò
esterefatto, notando che avevo acquistato delle tute per quando sarebbe
rimasto da me. Gli dissi che mentre io facevo la doccia poteva andare a
comprare i cornetti. Quando rientrò io ero già in
cucina a preparare il cappuccino, abitudine presa durante un
mio viaggio di lavoro in Italia, e una spremuta.
Mi sentivo un po' in uno di quei vecchi film americani, dove la ragazza
indossa la camicia del fidanzato e gli prepara la colazione con
pancakes e sciroppo.
Akito fece capolino in cucina circa dieci minuti dopo, con la tuta
grigia che gli avevo comprato e di cui, stranamente, avevo
azzeccato misura e colore.
«Buon giorno, Hayama. Cappuccino?»
«Chi sei tu, e cosa ne hai fatto della mia amica?»
rispose mangiando un pezzo di uovo che gli avevo messo davanti.
«Te l'avevo detto che non sono così male come
cuoca».
*
Ormai era
passata una settimana, Akito non si era più fatto sentire in
vista dell'incontro importante a cui doveva sottoporsi. Ero
così fiera di lui, così contenta che finalmente,
dopo tanto tempo, fosse riuscito a portare termine un percorso che gli
era costato fatica e moltissima dedizione.
Presi
il telefono, mentre ero alle prese con casa mia che lentamente decideva
di cadere a pezzi in assenza di Akito, e lo chiamai.
«T'avevo
detto di non chiamarmi, Kurata.». Rispose così, e
già la conversazione si rivelava più difficile
del previsto.
«Come
vanno gli allenamenti? Ti senti pronto?»
«Andrebbero
meglio se non mi avessi disturbato in realtà, ma sono
contento di sentirti. Come te la passi senza di me?»
Era
proprio quello il punto a cui volevo arrivare.
«A
proposito di questo.... non è che potrei venire a vederti
domani? E' un incontro troppo importante e voglio esserci! Ti
prego!».
Sfoderai
tutte le mie doti da bambina capricciosa e, dopo non pochi
tentennamenti, acconsentì a farmi andare in palestra ad
assistere.
«Solo
una cosa: indossa i jeans, non permetterti a venire con una gonna.
Lì dentro è pieno di maschi che sarebbero pronti
ad alzarla nel giro di dieci secondi.».
Dopo
le paranoie per la mia sicurezza chiuse la chiamata, dicendomi che
doveva allenarsi, e ci salutammo dandoci l'appuntamento per il giorno
dopo.
Pov Akito.
Sana,
ovviamente, non aveva seguito le mie direttive e si era presentata con
un vestito, non troppo corto, ma mai una volta che facesse
ciò che le dicevo.
Dovevo
essere concentrato al cento per cento, invece ogni volta che schivavo
un colpo, vedevo quelle benedette gambe nude sugli spalti e mi veniva
il vuoto allo stomaco.
Avevo
battuto tutti gli avversari che mi erano stati assegnati quel giorno e,
stranamente, la presenza di Sana in un certo qual modo mi confortava.
Prima
dell'inizio dell'esame era venuta nello spogliatoio, non curandosi
nemmeno delle decine di uomini nudi che avrebbe potuto trovarci, mi
aveva abbracciato e mi aveva detto «Stai tranquillo, sei
bravissimo, e non uccidere nessuno solo perchè ci prova con
me, so badare a me stessa.»
Facile
a dirsi, difficile a farsi.
Il
successivo candidato era Takeijo Shinatsu, quel deficiente che aveva
fatto apprezzamenti su Sana e che era stato
gentilmente cacciato
via da casa mia.
Dopo
l'inchino di tradizione, ci mettemmo in posizione e l'incontro
iniziò.
«Vedo
che anche oggi sei accompagnato dalla bella rossa, cos'è..
siete fidanzati?»
Cercavo
di non ascoltarlo, ma le sue parole mi deconcentravano e capii
immediatamente che era proprio quello il suo intento.
Avrebbe
fallito.
Diedi
un colpo ben assestato, ma non bastò a buttarlo a terra.
«E'
davvero una ragazza... appetibile.».
Disse quella parola come se avesse voluto davvero mangiare Sana e solo
il pensiero mi disgustava profondamente.
«Penso
che qualsiasi ragazzo la consideri una preda.»
Calmati,
Akito...
«Io,
di sicuro, si. Mi piacerebbe scoprire cosa c'è sotto quella
gonna.»
Respira,
Akito...
«Sono
sicuro che si divertirebbe molto con me.»
Devi
resistere, Akito...
«Ma
almeno te la sei scopata?»
Era
troppo.
Diedi
un colpo più forte di quanto avessi potuto fare, l'arbitro
comunque non si accorse della potenza del calcio e non mi
penalizzò in alcun modo, ma il ragazzo di fronte a me cadde
di colpo a terra e l'incontro fu decretato terminato.
Mi
abbassai, abbastanza vicino da potergli parlare all'orecchio, e
appoggiai una mano per terra per tenermi in equilibrio.
«Non
me la scopo, e tu non provare neanche a pensare di avvicinarti a lei...
non te lo consiglio se non vuoi ritrovarti paralizzato dalla testa ai
piedi.»
Dettò
ciò mi alzai, strinsi la mano all'arbitro e ai ragazzi della
palestra e mi diressi verso il mio maestro, che mi avrebbe dato il mio
atteso certificato di abilitazione.
Finalmente
ce l'avevo fatta, e tutto grazie a Sana. Mi pentii di non averla fatta
assistere ad altri combattimenti, ma forse era stato meglio non
rischiare.
Tuttavia,
quando corse ad abbracciarmi per congratularsi con me, il rimpianto fu
ancora più forte.
«Sei
il mio portafortuna, Kurata.» dissi mentre la stringevo
ancora di più a me.
E
lo era davvero, perchè la forza di vincere quegli incontri
me l'aveva data lei e non avrei saputo come ringraziarla.
«Sei
tu che sei stato grandioso, io ho solo pregato un po' i Kami per
te!».
La
feci girare per tutta la palestra, mentre tutti probabilmente pensavano
fossimo una coppia.
Dovevo
ammettere che, anche se tutto si era limitato ad un breve
momento, quella sensazione non mi dispiaceva affatto.
Puntuale
come al solito, ecco a voi il terzo capitolo.
Piccola
comunicazione di servizio: il 12 agosto partirò per le
vacanze, ma i capitoli saranno postati dalla mia Beta, Dalmata, quindi
non preoccupatevi.
Tornerò
il 29, per poi ricominciare a scrivere perchè con la stesura
sono ferma al capitolo 9. Spero che continuerete ugualmente a seguirmi,
vi lascio in buonissime mani!
Ps:
controllerò ugualmente le recensioni e, se mi
sarà possibile, risponderò a tutti...
Un
bacio e buone vacanze a me e a chiunque parta in questi giorni!
Akura.
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