Questo
è l'incontro di due
persone che non potrebbero provenire da ambienti più
diversi, pur
essendo entrambi nati nel mondo magico. Due persone che portano nomi
non loro, i quali – nel bene e nel male – segnano
la loro vita.
La protagonista è Bellatrix
Zabini
– un
personaggio inventato da me in Una strega in famiglia.
Perciò
è uno spin-off con
due dei personaggi della storia principale, che lì sono
più o meno
secondari. La OS si inserisce nello stesso periodo della mia long,
verso la fine. Prende le mosse dal capitolo 15 (di cui riporto un
passaggio), poco tempo prima della partita di Quiddich contro
Serpeverde, e si svolge parallelamente e poi indipendentemente
(temporalmente va di poco oltre il capitolo ventesimo, anche se
ovviamente prima dell'Epilogo).
Per la
comprensione è
consigliabile leggere prima la storia principale (sì, mi sto
facendo
bieca pubblicità). L'ideale è leggerla dopo
l'ultimo capitolo, ma
prima dell' Epilogo
di "Una
strega in famiglia".
Ah,
l'ultima cosa: Buon
Ferragosto a tutti/e :D
DAL
TESTO:
«Hai
ragione»
disse Trixy,
senza alcuna incertezza nella voce. Alice si stupì di quel
brusco
cambiamento, ma non accennò a riparlarne. Forse temeva di
farla
risprofondare in una crisi di coscienza. «Per
un attimo mi stavo facendo traviare da quelle idee insane che hanno
sempre provato ad inculcarmi: il dovere nei confronti della famiglia
e altre stronzate».
«Abbiamo
dei doveri anche verso noi stessi, tesoro. Primo tra tutti è
quello
di cercare la felicità»
le rispose Alice con un sorriso aperto e sincero.
IL
MATRIMONIO DI BELLATRIX
[Dal
capitolo 15 di "Una strega in famiglia":
Penny
stava per mangiare il dolce quando i gufi scesero in picchiata verso
i tavoli, lasciando cadere pacchetti e lettere a molti studenti.
Scorse la propria civetta Lara, che atterrò esattamente sul
budino
al cioccolato, sporcandosi tutte le zampe. Teneva nel becco una
lettera del nonno, che le scriveva quasi quotidianamente. Prese la
lettera e la scorse rapidamente, sorridendo. Adorava Arnold.
Quando
sollevò lo sguardò notò che, di fronte
a lei, Trixy mostrava un'
espressione piuttosto turbata. La vide leggere rapidamente -sembrava
più un telegramma che una vera lettera- e intascare la
pergamena.
Nessun'altro sembrava averlo notato.]
Trixy
non riusciva a credere ai propri occhi. La lettera di sua madre,
ammesso che quel telegramma si potesse definire tale, recava una
notizia piuttosto allarmante.
Quando
il gufo era atterrato era rimasta stupita: non riceveva quasi mai
posta, dato che i suoi genitori evitavano ogni contatto con lei e
viceversa. In fondo, ai loro occhi era solo una sudicia traditrice
del proprio sangue, una Purosangue rinnegata.
Purosangue:
quanto odiava quella parola. Non aveva alcun senso, proprio nessuno;
eppure le rovinava la vita da sedici anni. Il suo atteggiamento non
incontrava l'approvazione di sua madre, perché non mostrava
apprezzamento per quel nome da Mangiamorte che le aveva rifilato;
nè
quella di suo padre, che la considerava colpevole di essere una
Grifondoro amica di Mezzosangue e Nati Babbani. Non che la loro
approvazione contasse qualcosa per lei, anzi. Si sarebbe preoccupata
se due persone del genere l'avessero anche solo lontanamente stimata:
sarebbe stato un brutto segno. Ad ogni modo, quella lettera lapidaria
che teneva tra le mani, la atterriva come non mai.
Diceva
così:
Bella,
io
e tuo padre siamo in trattative per un evento che cambierà
radicalmente il tuo avvenire e che probabilmente si
verificherà
quando completerai la tua istruzione magica. Stiamo cercando di
combinare un matrimonio tra te e un Purosangue, poichè come sai
è molto importante preservare la purezza del sangue.
Tra
non molto – quando avremo la certezza - saprai su chi
è caduta la
scelta.
Vogliamo
che tu sappia che qualsiasi protesta solleverai, sarà
inascoltata.
Pansy
L'aveva
scorsa in fretta per poi toglierla di mezzo; non sapeva bene
perché,
ma non si sentiva pronta per parlarne alle altre. Doveva prima
rifletterci, e annunciare quella sconvolgente notizia a qualcuno le
dava l'impressione di renderla più vera, più reale.
Voleva
ritardare quel momento più a lungo possibile; non voleva
scendere a
patti con la realtà. Era consapevole del fatto che non c'era
nulla
che potesse fare per cambiare quello che sua madre Pansy le aveva
scritto: avrebbe sposato un Purosangue, proprio come avevano deciso
loro, o non avrebbe avuto pace. Doveva rompere i ponti con tutta la
sua famiglia? Era di sicuro l'unico modo per evitare quell'evento che
l'avrebbe resa totalmente infelice. In fondo avevano sempre Daniel:
lui non si sarebbe opposto ad un matrimonio combinato. Da quanto
aveva sempre detto, era onorato di preservare la purezza della razza
– neanche fossero cavalli da corsa!
Potevano
accontentarsi: Daniel avrebbe portato avanti quella buffonata,
insieme al cognome Zabini. Era un compromesso ragionevole, ma in
fondo sapeva che non avrebbero ceduto.
Si
costrinse ad accantonare quella storia in un angolino della propria
mente. In quei giorni doveva concentrarsi solo sulla partita contro
Serpeverde, e non aveva tempo per pensare a sè. Non avrebbe
più
guardato quella lettera per un po', e poi – una volta vinto
l'incontro – si sarebbe occupata di quel... problema.
Una
settimana dopo...
Da
circa mezz'ora era seduta sul proprio letto a fissare il muro, con
Alice che le parlava di qualcosa mentre innaffiava la sua Mimbulus
Mimbletonia. Ovviamente non aveva ascoltato una sola parola di quello
che stava dicendo; non che non le interessasse, semplicemente non
riusciva a pensare ad altro che non riguardasse il matrimonio. Penny
era ormai uscita dall'infermeria ed era finalmente riuscita a
mettersi con James, per il sollievo di tutti quanti.
Dunque,
ora che la tensione era scemata e la preoccupazione svanita, era di
nuovo sola coi propri pensieri. Con tutto quello che era successo,
non aveva ancora detto a nessuno della lettera che le aveva mandato
sua madre. Inoltre, sperava ancora in un miracolo.
Sperava
che da un giorno all'altro atterrasse un gufo con una missiva che
smentiva tutto: niente matrimonio forzato, l'accordo era saltato, il
rampollo era gay o semplicemente non la voleva. Aspettava con
trepidazione la seconda lettera dai suoi, quella che le avrebbe
rivelato il nome del suo futuro marito. Le faceva ribrezzo solo
pensarlo.
«Mi
stai ascoltando?»
chiese
Alice, leggermente imbronciata.
«Sì,
certo»
mentì
spudoratamente. «Però»
aggiunse, «mi
sono
ricordata che ho una cosa da fare. Ci vediamo dopo in sala comune».
Alice
avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che l'amica non avesse
sentito una parola, perché alla sua ultima – e
ovviamente falsa –
dichiarazione «sono
rimasta incinta di otto gemelli e ho deciso di darli in adozione»
non aveva battuto ciglio.
Decise
comunque di lasciar stare Trixy, che si alzò in fretta dal
letto e
uscì dal dormitorio.
Solo
quando varcò la soglia del ritratto, Bellatrix si concesse
la
possibilità di respirare. Avrebbe dovuto studiare quel
pomeriggio,
ma sapeva di non potersi concentrare, in quello stato. Optò
per
uscire a prendere una boccata d'aria in cortile: l'unica soluzione
per non soffocare e per leccarsi un po' le ferite in solitudine.
Il
grosso portone di legno di quercia fu il punto di rottura tra il
tepore della scuola e il vento gelido dell'esterno. Faceva freddo e
non era ben coperta, ma era l'ultimo dei suoi problemi. Andò
a
rannicchiarsi in un angolino dietro una colonna, portandosi le
ginocchia al petto e cullandosi nel proprio dispiacere. Le dispiaceva
di trovarsi in quella situazione, le dispiaceva di non aver detto
niente alle sue amiche e le dispiaceva di non poter far nulla per
cambiare il proprio futuro.
«Trixy...»
la chiamò piano una voce gentile.
Alzò
la testa di scatto per vedere a chi appartenesse e solo allora,
vedendo l'espressione dell'altro, si rese conto che stava
silenziosamente piangendo tutte le proprie lacrime.
«Va-va
tutto bene?»
balbettò
lui, incerto. Sì, certo. Tutto a meraviglia.
«No,
Fred, non va tutto bene»
ammise. Fred Weasley Junior mise su un'espressione quasi triste; era
buffo con quella montagna di capelli rossi. Non ci aveva mai
riflettuto prima di allora: la carnagione di lui era come quella del
padre. Sarebbe stato normale se fosse stato scuro, vista la
carnagione di sua madre, invece era bianco e roscio. Trixy –
pur
avendo una madre color mozzarella avariata - era venuta fuori con lo
stesso colore di suo padre Blaise.
Misteri
della genetica, pensò la ragazza.
«Problemi
in famiglia?»
chiese
aggrottando la fronte. Sembrava stesse combattendo una battaglia
interiore tra il farsi gli affari propri o aiutarla a sfogarsi.
«Più
o meno»
rispose restìa.
«Ne
vuoi parlare?»
domandò
senza alcuna nota di insistenza. Non sembrava neanche curioso, solo
dispiaciuto. Devo fare proprio pena,
pensò lei.
«Di
solito soffro in silenzio»
disse con un sorriso amaro.
«Ah»
osservò lui, molto acutamente. «E...
perché?»
chiese con
naturalezza.
«Ci
sono abituata, credo»
replicò con un'alzata di spalle.
«Capisco»
disse annuendo. «Ne
hai
parlato almeno con Rose, Penny e Alice?».
Facendo
il nome di Penelope non mostrò nemmeno la più
piccola traccia di
risentimento o rimpianto; eppure doveva aver saputo che stava con
James.
«Credevo
fossi arrabbiato con Penny»
osservò, senza seguire il filo logico del discorso.
Lui
sorrise e si strinse nelle spalle; sembrava quasi divertito.
«Lo
sono stato per poco»
rispose senza scomporsi. «Non
sono un tipo rancoroso».
«Perché
non le parli più allora?»
chiese.
Perché
non ti fai un pacco di cavoli tuoi?, si rispose da sola.
«Mh...»
mugugnò riflettendoci. «Per
un po' volevo fargliela pagare; e un po' non ho avuto occasione. Sto'
studiando come un forsennato per i M.A.G.O. e inoltre mi sembra che
sia più lei che vuole evitare me».
«Capisco».
«Insomma,
ci siamo baciati – immagino tu lo sappia – ma non
è che stavamo
insieme o cose del genere. Sarebbe eccessivo restare incazzati per
troppo tempo, ti pare?»
chiese conferma con un sorrisetto. Lei annuì; era
esattamente quello
che aveva detto a Penelope: il dispiacere di lui non era durato
molto. Aveva avuto ragione, tranne per l'ipotesi che avrebbe affogato
la delusione nelle pinte di Burrobirra. «So
che ora sta con James»
continuò tranquillamente. «Mi
aspettavo qualcosa del genere... nel senso che quando mi ha dato quel
due di picche si vedeva che aveva altro per la testa».
«Be'...
sono contenta che tu non ci sia rimasto male»
disse. «Lo
sarebbe anche
lei».
«Se
ti fa stare più tranquilla vedrò di dirglielo»
rispose sorridendole.
«Ora»
aggiunse, «io
sono stato
sincero con te. Che ne dici di ricambiare il favore?».
Bellatrix
sospirò energicamente, chiedendosi se fosse giusto o meno
nei
confronti delle sue amiche. Non aveva parlato con loro e stava per
aprire la mente a Fred Weasley? Era quantomeno... bizzarro,
benchè
sentisse che era giusto farlo. Si morse il labbro inferiore, ancora
leggermente incerta, e poi rispose:
«Non
lo sanno».
«Dovresti
dirlo a qualcuno, sfogarti».
«Lo
sto dicendo a te».
Lui
strabuzzò gli occhi, preso in contropiede da quella risposta
inaspettata – inaspettata anche per Trixy, a dire il vero.
«Davvero?
»
domandò.
«Davvero»
confermò, «ma
per
favore...».
«Tranquilla,
non uscirà dalla mia bocca»
la anticipò, mettendosi una mano sul cuore.
Lei
lo guardò riconoscente; prese una bella boccata d'ossigeno,
e poi
disse:
«Mi
sposo».
«Come
scusa?»
chiese per
l'ennesima volta. Sbatteva le palpebre e ripeteva le stesse due
parole da un minuto.
«Fred,
ti prego, non farmelo ripetere ancora»
sospirò lei. «E'
già
abbastanza difficile dirlo una sola volta».
Il
roscio la fissava come se non l'avesse mai vista prima, come se non
avesse proprio mai visto un essere umano. Era semplicemente
sconcertato da quella rivelazione.
«Come
sarebbe mi sposo?»
domandò ancora.
«Sarebbe
che i miei genitori – che detesto cordialmente – mi
hanno scritto
per annunciarmi che mi stanno combinando un'unione con non so che
rampollo Purosangue».
«Ah,
non sai neanche chi è lui?»
domandò, sempre più sconcertato. Lei scosse la
testa.
«Pansy
ha detto che me lo faranno sapere».
Non se la sentiva di chiamarla "mamma".
«Gentile
da parte loro...»
commentò lui ironicamente.
«Già...
i fottuti Purosangue ragionano così, non lo sai?»
fece con un sorriso tirato.
«Anche
io sono un Purosangue»
sputò fuori come se si sentisse disgustato di condividere
quel
titolo con gente come Blaise e Pansy Zabini.
«Oh,
andiamo, Fred!»
sbottò
lei. «Sai
bene che non si
possono paragonare i Weasley alla mia famiglia. I tuoi se ne fregano
della purezza del sangue!»
gli fece presente, con una punta di invidia. «I
miei be'... puoi capire che persone siano e come ragionino dal nome
che porto, no?»
disse;
nel tono c'era tutto il disprezzo che provava per loro.
«Non
fingerò che tu abbia torto Trix»
mormorò lui. Sembrava dispiaciuto di doverle dire quelle
parole.
«Non
mi fa piacere
parlare male della tua famiglia, ma sono la peggior specie di
Serpeverde che ci sia. Erano a scuola con i miei, quindi so quello
che dico. Certo... sono i tuoi genitori, ma penso che dovresti
opporti a questo matrimonio. È assurdo farti sposare uno
sconosciuto
solo perché possiate procreare altri puledri di razza pura!».
«Tu
non capisci... non mi lasceranno mai sposare un Mezzosangue,
nè un
Nato Babbano. Per non parlare del fatto che potrei proprio non
volermi sposare; il che - per quei due miserabili dementi–
sarebbe
come perdere la possibilità di partorire un altro bel
bambino
Purosangue, possibilmente maschio».
«Giusto».
«Ormai
siamo pochi; i matrimoni combinati sono l'unica soluzione. Non
capisco perché non possano accontentarsi di Daniel:
sarà
felicissimo di sposare la donna che sceglieranno per lui».
«Sul
serio tuo fratello è contento?»
domandò basito.
«Daniel
è come loro, Fred»
disse
amareggiata. «Sono
io
quella sbagliata, quella storta; e loro stanno cercando di
raddrizzarmi».
«No»
replicò lui con voce ferma. «Semmai
tu sei quella giusta, e non c'è proprio niente di sbagliato
da
correggere. Non hai niente che non vada».
«Sei
gentile».
«Sono
sincero: è diverso».
Due
settimane dopo...
Ormai
erano trascorse tre settimane dal giorno in cui aveva ricevuto quella
dannata lettera. In quei giorni nevicava: spesso uscivano a tirarsi
palle di neve, a ridere, a giocare; e lei fingeva di stare bene.
Fingeva che tutto andasse alla grande, come se quella lettera non le
fosse mai giunta. Più il tempo passava e più non
riusciva ad aprire
bocca. Ogni sera provava a parlare con le sue compagne di stanza, e
ogni sera falliva. Tutte le volte si ripeteva la stessa storia: era
lì lì per vuotare il sacco, doveva farlo; ma le
labbra le restavano
incollate e la salivazione si riduceva a zero. Alla fine –
ogni
volta – ci rinunciava. Glielo dirò
domani. Ma alla fine non
lo faceva.
L'unico
con cui ne parlava era Fred Weasley Jr. Ogni tanto spariva per
andarlo a trovare nei dormitori maschili e fare quattro chiacchiere,
o andavano fuori a fare una passeggiata.
Alice,
Rose e Penny erano perfino arrivate a credere che frequentasse
qualcuno. Anche se – ovviamente – non era
così. Cioè, passava
del tempo con Fred, ma non in quel senso.
Lui
la spronava a parlarne anche con loro, cercando di convincerla a
superare la morsa che le attanagliava lo stomaco ogni volta che ci
andava vicina.
«È
inutile Fred!»
gli disse
un giorno mentre passeggiavano in mezzo alla neve. «Tutti
i miei tentativi sono andati a vuoto».
«Miseriaccia
Trixy!»
replicò brusco.
«I
tuoi tentativi vanno a
vuoto perché tu vuoi che sia così».
Era maledettamente sincero, quel Weasley.
«Lo
so»
mormorò.
«Non
piangere»
la consolò,
ammorbidendo la voce.
«Non
sto piangendo»
protestò.
«E
quella cos'è?»
disse
poggiando il pollice sulla sua guancia destra. Inizialmente lei si
ritrasse d'istinto a quel tocco inaspettato; e poi comprese. Sul
polpastrello di Fred poteva vodere una stilla umida. Stava piangendo
di nuovo, e – di nuovo – non se ne era neanche
accorta.
«Scusami»
mormorò asciugandosi le guance con la manica della felpa.
«Ti
scusi perché stai piangendo?»
fece sollevando un sopracciglio.
In
effetti non aveva molto senso scusarsi per le lacrime.
«Sì,
hai ragione. Scusa»
disse
lei.
«Ti
sei di nuovo scusata!»
le
fece notare, sbuffando infastidito. «Smettila
di farlo e smetti di piangere»
le intimò. «Non
lo
sopporto».
«Non
sopporti che mi scusi o che pianga?»
gli chiese sorridendo.
«Entrambe
le cose»
borbottò lui.
«Allora»
riprese, «che
vuoi fare
con loro? Glielo dirai un giorno?»
domandò.
«Ma
certo: dovrò invitarle al mio matrimonio, no?»
cercò di sdrammatizzare, mentre in realtà avrebbe
tanto voluto
strillare e piangere a dirotto, senza ritegno.
Fred
smise di camminare e la costrinse a fermarsi; la guardava tra
l'allibito e l'irritato. Pensava che l'avrebbe piantata lì e
sarebbe
tornato indietro. Invece rise apertamente.
«Adoro
il fatto che ironizzi su tutto»
fece il roscio. «Quando
sono con te è come se mi guardassi allo specchio»
aggiunse, senza pensarci.
Si
somigliavano più di quanto Bellatrix avrebbe mai potuto
supporre.
Aveva sempre pensato che Fred fosse alla mano e divertente, ma mai
che stando con lui ci si potesse sentire così bene. Era una
sensazione intensa e positiva, che non aveva mai provato prima. Non
avrebbe saputo come classificarla, ma sicuramente era piacevole.
Gli
sorrise di rimando, senza parlare. Temeva di dire qualche idiozia,
rovinando il momento.
«Questa
dote non mi sarà molto utile, per quanto riguarda il mio
destino
imminente»
osservò
volgendo nuovamente il pensiero a quel matrimonio che stava
diventando la sua ossessione. Fred fece schioccare la lingua,
spazientito.
«Ti
dico una cosa: il tuo nome fa schifo»
iniziò. Che diavolo c'entra adesso?, si
chiese lei. Lo guardò
inarcando un sopracciglio, incerta se lasciarlo parlare o
preoccuparsi per la sua salute mentale.
«E'
il nome di una donna orribile e tua madre è stata ancora
più
orribile a volertelo affibbiare»
continuò. Ok, forse dovrei chiamare il San Mungo,
si disse
Trixy.
«Però
è il nome di una bellissima costellazione»
il suo tono ora era addolcito. «E
significa "guerriera"».
Lei stava per ribattere che la cosa non la consolava affatto, ma lui
fu più veloce. «Lo
so:
la tua omonima era una tizia piuttosto bellicosa e raccapricciante,
ma non è questo il significato che voglio dargli per te»
disse guardandola fisso negli occhi e leggendovi la totale confusione
che regnava nella testa della ragazza.
«Quello
che intendo dire»
spiegò,
«è
che nel tuo nome –
come nel tuo carattere – c'è un aspetto
battagliero che non stai
tirando fuori in questa situazione. Invece devi farlo, devi
combattere per la tua libertà. Vuoi davvero passare la vita
con un
uomo che non ami?».
Per
la prima volta Trixy si sentì meno in imbarazzo con il
proprio nome.
Durò solo un istante – certo – ma fu
comunque piacevole; non le
era mai accaduto in sedici anni.
«Ci
hai provato Fred!»
scherzò. «Ma
il mio nome
mi fa ancora schifo».
Lui
alzò gli occhi al cielo, esasperato dai suoi tentativi di
sviare il
discorso.
«Sai
che non era quello il punto – tu per me sei Trixy, non
Bellatrix.
Il punto è ciò che ho detto dopo, e devi
rispondere»
disse perentorio.
«Ovvio
che no: non voglio passare la mia vita con un viziato e odioso
Purosangue!»
sbottò lei.
Finalmente lui sembrò soddisfatto: l'aveva fatta uscire dal
guscio.
«E
allora lotta, maledizione! Fa qualcosa!»
la spronò.
«Se
mi rifiuto ci saranno delle conseguenze, Fred!»
fece con una nota di panico nella voce. «Dovrei
rompere coi miei!»
.
L'idea
la spaventava decisamente: non aveva altri parenti. Solo Pansy,
Blaise, Daniel e sua nonna – la vedova nera che aveva
partorito suo
padre – che la odiava. Non che le importasse dell'odio di una
donna
i cui sette mariti erano morti in circostanze poco chiare, ma
– oh
Godric! - era sua nonna!
«Per
Merlino, sì! Qualsiasi cosa, piuttosto che farti incastrare
in un
matrimonio combinato»
ribattè, stavolta con tono deciso.
«Per
te è facile dirlo: una famiglia che ti copre le spalle ce
l'hai.
Ottomila cugini, zii, parenti vari e anche una sorella. Io ho solo un
maledetto gemello Serpeverde che fa parte della cricca di Malfoy»
protestò, quasi gridando.
«Quella
sarebbe anche la tua famiglia, se lo volessi»
ribattè lui.
«Come
scusa?»
chiese lei
confusa e incerta. Fred divenne rosso per quelle parole inopportune
che gli erano uscite di bocca.
«Ehm...
io non intendevo niente di strano, solo...»
farfugliò, «nel
senso
che i Weasley sarebbero felici di darti una mano, come del resto i
Paciock, i Potter, e anche gli Shane»
si riprese. Per un momento con quel commento idiota aveva rischiato
di compromettersi e rovinare la loro passeggiata. Non era pronto per
dirle quello che provava.
A
dire il vero, Fred non sapeva bene cosa provasse per la Zabini.
Gli
piaceva da matti stare con Trixy; in ogni momento libero si
sorprendeva a pensare a lei. Inizialmente si era detto che era a
causa della preoccupazione: voleva aiutarla con la faccenda del
matrimonio. Ma poi si era accorto che non era solo quello: c'era di
più.
Era
divertente, allegra, spiritosa, intelligente e – soprattutto
– si
capivano al volo. Gli era sempe andata a genio, ma non erano mai
stati davvero amici. Non aveva avuto il piacere di conoscerla fino in
fondo, e ora che questo piacere l'aveva ottenuto, non riusciva
più a
starle lontano. Ci provava, soprattutto per ottenere la sensazione di
euforia che sentiva quando era lei a venirlo a cercare. Gli
illuminava le giornate. Perciò non sapeva più
cosa pensare di quel
rapporto che stava sbocciando, ma di certo non voleva rovinarlo. No
–
no – no.
«Mh...
sì... capisco cosa vuoi dire: che potrei contare
sull'appoggio e la
protezione dei miei amici e delle loro famiglie».
Lui annuì deciso.
«Vero,
ma dovrei chiedere loro di impegnarsi a sostenermi anche qualora i
miei dovessero "farmela pagare».
«E
come?».
«Magari
impedendomi di trovare lavoro al Ministero – dove sono pieni
di
contatti – o magari spargendo voci ignominiose su di me
nell'alta
società. Ricadrebbe tutto sulla famiglia che mi ospita»
espose le sue perplessità.
Fred
scosse la testa e sorrise, dicendo con tono dolce:
«Dopotutto
qualche ragionamento alla Zabini lo fai ancora; sul serio pensi che
possa importare a me o ai miei famigliari del giudizio di quattro
snob anti-babbani? Se è così mi deludi: significa
che non hai
capito la famiglia Weasley!»
la rimbrottò. Lei si sentì quasi in colpa per
quanto aveva detto,
finchè lui non sciolse il dubbio di averlo offeso con un
sorriso che
fu particolarmente gradito in quel frangente. Senza sapere bene come,
si ritrovò ad abbracciarlo, mormorando:
«Grazie,
Fred».
Sei
giorni dopo...
Con
il cuore in gola, Trixy prese la lettera che le veniva porta da un
gufo zompettante davanti a lei. Sembrava avesse fretta di beccare
qualcosa da mangiare e scappare via da quella gabbia di matti che era
la Sala Grande durante la cena.
La
lettera – come temeva – era di suo padre, e non
recava buone
notizie.
Cara
Bella,
tua
madre mi prega di scriverti per confermare quanto detto nella lettera
precedente. Il matrimonio si farà, è gia quasi
tutto deciso. Si
tratta di aspettare due, massimo tre anni e poi convolerai a nozze.
La famiglia che è stata scelta è tra le
più degne che ci siano in
circolazione tra i Purosangue – e non quella feccia che
frequenti
tu – e avrete tempo per "frequentarvi" prima del
matrimonio. Restano da definire gli ultimi accordi e poi saprai anche
tu la Casata alla quale ti unirai.
Blaise
Era
semplicemente assurdo! Le diceva che gli accordi erano quasi tutti
presi ma non si degnava neanche di dirle il nome dell'uomo con il
quale avrebbe dovuto condividere il letto! Doveva assolutamente
sfogarsi – parlare con qualcuno – o sarebbe esplosa
sul posto.
Intascò la lettera sperando che nessuno avesse colto
l'espressione
del suo viso.
Al
ciarlava con Alice di quando sarebbe diventato Guaritore al San
Mungo; Rose parlava di Lorcan; Penny del corso che avrebbe dovuto
affrontare per diventare Auror. Tutto sommato era possibile che
nessuno avesse fatto caso a lei. D'impulso voltò la testa
più in
là, verso qualcuno che la stava guardando con aria
apprensiva. Lui
se ne era accorto. Lui aveva visto il gufo
atterrare sul suo
piatto – e schizzare porridge ovunque. Lui
sapeva.
Dopo
la cena, mentre uscivano dalla sala grande, Fred la
intercettò e la
bloccò nella Sala d'Ingresso. Aveva capito dal suo sguardo
che c'era
qualche problema e le rivelò di aver visto arrivare la
lettera.
Trixy non negò: aveva bisogno di parlare con lui e lo disse
chiaro e
tondo.
«Senti,
in Sala Comune ci sono troppe orecchie. Potremmo andare in un'aula in
disuso senza farci beccare da Gazza»
propose lui. Lei mugugnò, poco convinta.
«Nel
dormitorio maschile io posso entrare, siete voi che venite buttati
fuori dal nostro. Sempre ammesso che la tua stanza sia vuota e che
siano tutti in Sala Comune».
«Giusto,
è meno rischioso che uscire fuori orario»
rispose convinto.
Era
meno rischioso in che senso? Nel senso che Gazza non li avrebbe
beccati a fare qualcosa di illecito, ma per lui era rischiosissimo.
Visto come – ultimamente – aveva iniziato a
guardare Trixy, non
era sicuro che fosse una buona idea quella di stendersi su un letto
con lei. Gli piaceva un po' troppo passare il tempo
insieme.
Era qualcosa che non aveva mai sperimentato; nè con Penny,
nè con
altre ragazze prima di lei.
Quando
fu sicura che tutti i compagni di stanza di Fred – James
compreso –
si trovassero fuori di lì, Trixy si intrufolò nel
dormitorio
maschile dei grifoni. Se le sue amiche avessero saputo che andava a
confidarsi con Weasley anzichè farlo con loro l'avrebbero
sgozzata,
ma non le importava. Le veniva naturale agire in quel modo, come se
parlarne a Fred fosse l'unico modo di alleviare le proprie
sofferenze.
Bussò
pianissimo alla porta scura in legno di noce; sperava solo che Fred
avesse sentito.
«Chi
diavolo è?»
si sentì
dire da dietro la porta. Un secondo dopo un ragazzo dai capelli rossi
la guardava sbalordito, facendo capolino dalla porta.
«Trixy!
Dovevi venire tra mezz'ora!».
Lei guardò l'orologio, e in effetti aveva ragione lui: aveva
mezz'ora di anticipo. Ma perché faceva capolino senza aprire
la
porta? Che fosse con una ragazza? Quel pensiero – lo doveva
ammettere – le dava un certo fastidio; ma non ci
badò.
«Vuoi
che me ne vada?».
«No!»
si affrettò a rispondere lui, spalancando la porta. «Aspetta
solo un secondo».
Ops,
momento sbagliato, pensò la ragazza.
Fred
era coperto da un asciugamano intorno alla vita, i capelli bagnati
gocciolavano acqua sul viso e sulle spalle. Già di solito su
di lei
esercitava un certo fascino, che si sforzava di ignorare – ma
così
era davvero difficile nasconderlo. Distolse educatamente lo sguardo
da quello spettacolo.
«P-puoi
vestirti?»
farfugliò
imbarazzata.
Lui
si avvicinò all'armadio e Trixy si girò
dall'altra parte. Era
coperto dall'anta dell'armadio, ma la prudenza non è mai
troppa. Non
era il caso di vederlo nudo.
«Allora,
come mai quella faccia?»
le disse una volta che si fu vestito.
Trixy,
ancora un po' accaldata, decise di sedersi sul letto. Finalmente
poteva guardarlo senza acquisire il colore di un peperone.
«Mio
padre ha scritto»
annunciò. «Prima
che tu
lo chieda: dice che massimo due o tre anni e sarò sposata,
che lui è
di una delle migliori e più antiche famiglie Purosangue, e
che è
già tutto fatto»
riassumette, il tono spento.
«Sì,
ma chi è?»
fece lui
sbuffando. Lei scosse la testa e scrollò le spalle.
<>.
«Pensa
se non me lo dicono»
aggiunse, «ti
immagini
che imbarazzo la prima notte di nozze?»
stava... ridendo. Fred non riuscì a sorridere di quella
battuta, pur
ammirando la sua capacità di scherzare (sarebbe andata a
genio anche
a suo padre).
Quella
situazione gli creava una innaturale sensazione di fastidio e
– se
lei gli avesse dato il permesso – avrebbe volentieri
picchiato uno
ad uno i membri della famiglia Zabini. E anche il fantomatico futuro
marito. All'improvviso lei smise di ridere, e ricadde nello
sconforto. Fred si sedette sul letto accanto a lei, col cuore che
batteva più forte del solito. Calde e limpide lacrime
iniziarono a
sgorgare silenziosamente e a rigare le gote di lei. Trixy stavolta se
ne rese conto, ma non fece nulla per bloccarle o per farle sparire
dalla vista di lui. Le sembava che non avesse senso nascondere quello
che era il segno della propria frustrazione, visto tutto quello che
si erano detti e tutto quello che sapeva di lei. Non provava
più
vergogna a piangere davanti a quel ragazzo, che tanto l'aveva aiutata
nell'ultimo periodo.
Lui
le circondò le spalle in un abbraccio e lasciò
che si sfogasse
così, esplodendo a volte in singulti disperati. Non disse
niente per
farla smettere: odiava vederla piangere, ma in quel caso comprese che
doveva permetterle di farlo fino in fondo.
La
strinse più forte, per farle sapere che lui era
lì per lei. O
almeno questa era la motivazione ufficiale. La verità era
che la
stringeva forte perché ultimamente avevano passato
così tanto tempo
insieme che la sua assenza gli era intollerabile. Il vero motivo era
che voleva starle il più vicino possibile. Metaforicamente e
fisicamente. Il vero motivo era che voleva entrare in contatto con il
calore della pelle di lei.
Trixy
singhiozzava sulla sua spalla e lui non poteva fare altro che
accarezzarle i capelli e rassicurarla sussurrandole che sarebbe
andato tutto bene.
«Non
fare così; troveremo una soluzione».
Lei sollevò la testa e lo guardò –
occhi nerissimi e profondi –
come se avesse detto qualcosa di insensato. Era così
frustrante star
lì a piangere davanti a qualcun altro, senza trovare la
forza di
smettere. Tutta quella storia era assurda.
«Troveremo?»
gli chiese. «Troverò!
Ti ho già coinvolto abbastanza: non sei obbligato
a darmi una
mano per sbrogliare questa matassa».
«Certo
che non lo sono, ma voglio farlo»
la rassicurò poggiando una mano sulla sua in un gesto
spontaneo. La
spostò subito dopo, pensando di averla infastidita, anche se
lei non
si era ritratta. «Abbiamo
ancora due anni per pensarci, no? Può succedere di tutto in
due o
tre anni»
la consolò.
«Per
ora devo fare come dicono Fred: sono minorenne e sarebbero capaci di
ritirarmi da Hogwarts»
gli spiegò lasciandolo ancora una volta stupito da quanto
fossero
ottusi.
«Per
ora»
sibilò piano. «Se
ti crederanno in loro potere, avrai quache possibilità di
escogitare
un piano»
riflettè ad
alta voce.
«Ma
sarò comunque costretta a rompere con loro; e
avrò contro di me sia
la mia famiglia che quella del ragazzo che rifiuterò: non
sarà una
passeggiata. Hanno ancora influenza nella società magica».
Fred sbuffò rumososamente.
«Tu
non sarai sola, te l'ho detto»
ripetè con convinzione. «Male
che ti vada hai sempre me. Meglio di una Pasticca Vomitosa, no?».
Cinque
giorni dopo...
Trixy
corse per il cortile, oltrepassò il grande portone finemente
intagliato nella quercia, schivò un gruppo di bambini del
primo anno
e ignorò la provocazione di una ragazza di Serpeverde.
Continuò a
correre come una forsennata, imboccò le scale e
arrivò alla Torre.
Quando ebbe attraversato il buco che dava sulla Sala Comune si
sentì
persino rincuorata: lì non c'era traccia dell'angoscia che
provava.
La stanza circolare era festosa, e il fuoco scoppiettava caldo e
accogliente nel caminetto. Come se niente fosse, come se la sua vita
non fosse stata appena rovinata. Era passato quasi un mese
dall'arrivo di quella lettera, e Fred era ancora l'unico a sapere
della sua esistenza: doveva parlargli subito. Ormai passavano la
maggioranza del tempo insieme, e le sembrava che fossero sempre
più
vicini.
«Trix!»
la chiamarono Penny e Alice, sedute in un angolino a parlottare.
«Dov'eri
finita?»
domandarono all'unisono; doveva avere un'aspetto terribile.
«Non
ora ragazze»
disse con
sguardo supplice, per invocare il loro perdono. Glissò le
loro
domande e si fiondò su per la scalinata del dormitorio
maschile. Non
appena fu davanti alla camera di Fred, si bloccò sulla
soglia. La
porta era aperta, e Fred stava parlando fitto fitto con una ragazza
che le dava le spalle. Non riusciva a vederla in faccia, ma al
pensiero che un'altra fosse così intima con lui, una
insensata
stretta di gelosia le prese lo stomaco. Lui allungò lo
sguardo e la
scorse sulla soglia. Le sorrise gioviale.
«Ehi»
la salutò.
«Ehi»
rispose con voce leggermente più acuta del solito.
A
quel punto la ragazza si girò e le sorrise.
«Ciao
Trixy!»
trillò
allegramente.
Sei
una completa idiota Trixy Zabini!
«Ciao
Roxanne!»
rispose
sorridendole di rimando. Non era mai stata così felice di
vederla.
Era sua sorella,
Merlino! Sua
sorella Roxanne!
Somigliava
a sua madre Angelina, anche se aveva la carnagione leggermente
più
chiara – ma molto più scura di quella di suo
fratello Fred.
Misteri della genetica.
Era
più o meno come Bellatrix, forse poco più scura
di pelle. Aveva
un'infinità di treccine castane, una bocca sottile e un bel
sorriso.
Purtroppo in quel momento indossava un cappello, perché se
Trixy
avesse visto i capelli non avrebbe avuto alcun dubbio che fosse
Roxanne.
«Scusate
se vi ho interrotto»
disse riprendendosi.
«Oh
no!»
rispose l'altra con
un'alzata di spalle. «Immagino
tu voglia parlare con Fred, perciò vado»
fece un sorrisetto sghembo, con l'aria di chi la sa lunga.
Trixy
la salutò educatamente e si sedette sul letto di Fred senza
neanche
aspettare di essere invitata. Quell'atteggiamento non prometteva
niente di buono e – infatti – prima che Fred
potesse chiederle
informazioni, fu lei a dire:
«Pansy
mi ha mandato il nome».
Dire
che la faccia di Bellatrix fosse allucinata sarebbe usare un
eufemismo; non prestava la minima attenzione a tutto ciò che
la
circondava. Ancora una volta, il roscio stava per chiederle chi fosse
il rampollo in questione, ma lei lo stupì porgendogli
direttamente
la lettera della madre. Gliela passò come se scottasse, come
se non
la volesse vedere mai più. Fred la prese dalle mani tremanti
di lei
e la lesse:
Bella,
sono
lieta di informarti che la nostra scelta è caduta su una
delle
famiglie più antiche e nobili del nostro mondo. Vi sono
molti
vantaggi nell'unione che abbiamo scelto per te, e ci ringrazierai
quando saprai che non dovrai affatto sposare uno sconosciuto. Come
sai, il nostro caro amico Draco Malfoy ha un figlio: Scorpius
Hyperion. Frequenta il tuo stesso anno e ogni goccia del suo sangue
è
pura come un diamante. Draco e Astoria sono disponibili e gli accordi
ormai sono presi. Confido che ne sarai felice. Presto lo
comunicheranno anche al ragazzo. Devi essere orgogliosa di
quest'opportunità, ricordalo.
Pansy
Fred
fissava la lettera da cinque minuti buoni, allibito, senza trovare il
coraggio di proferire parola. Trixy lo guardava senza battere ciglio;
aspettava che fosse lui ad aprire la bocca. Non sapeva che dire,
semplicemente perché non c'era niente che potesse dire per
cancellare l'orrore della comunicazione che stringeva tra le mani.
«Scorpius...»
mormorò con il fiato corto.
«Sì»
una sola dolorosissima e odiosa sillaba.
«Ma
voi vi odiate!»
protestò
lui. Le mani gli tremavano: era furente di rabbia.
«Sì»
ancora una volta un monosillabo. «Mi
spiacerà sporcare il biondo dei capelli Malfoy con il mio
nero»
fece poi, a sorpresa. Percepì un angolo della bocca di Fred
incurvarsi a quell'osservazione ironica, ma senza trasformarsi in un
vero e proprio sorriso. «Non
credo che sarà un matrimonio felice, non ho il minimo
rispetto per
lui»
sospirò con
rassegnazione. A quel punto Fred emise uno sbuffo irritato e si
voltò
verso di lei fulminandola con lo sguardo.
«Smettila
di parlare come se non avessi scelta».
«Perché,
ce l'ho?»
fece schioccare
la lingua, scettica a quella possibilità.
«Miseriaccia,
sì! C'è sempre una scelta – o almeno
nel tuo caso c'è, non puoi
negarlo».
Trixy
ci pensò su: quale alternativa preferiva? Rompere i ponti
con i suoi
o sposare qualcuno che detestava con tutta l'anima? Fred la guardava
con quegli occhioni speranzosi, aspettando che dicesse qualcosa. Per
tutta risposta – in barba alla logica e al fatto che non
stava
minimamente pensando a quello che faceva – si sporse verso di
lui
fino a incollare le proprie labbra alle sue.
Perché
diavolo l'ho fatto?, si chiese presa dal panico.
Ora
avrebbe perso anche il conforto di parlare con lui – dato che
non
le pareva che Fred fosse interessato a lei – per non aver
saputo
controllare un impulso. Provò a ritrarsi, ma lui non
glielò
permise. Delicatamente le premette una mano sulla nuca, per non
lasciare che si staccasse dalla sua bocca. Lei si sistemò
meglio e
la mano di lui si posizionò perfettamente nell'incavo del
collo,
lasciandole dolci carezze. L'altra mano del ragazzo era adagiata
mollemente sul fianco di lei. Quando lui le fece capire di voler
approfondire il bacio, lei non si tirò indietro. Dischiuse
le labbra
lasciandogli libero accesso alla cavità orale, senza
riuscire a
reprimere quella sensazione meravigliosa nello stomaco. Le
reclinò
la testa da un lato per avere la possibilità di accedere
meglio
all'interno della sua bocca, mentre lei gli mise le mani tra i
capelli rosso fuoco e li accarezzò, provocandogli una
piacevole
sensazione di benessere.
All'improvviso
qualcuno sulla soglia – ancora spalancata –
tossicchiò
nervosamente per segnalare la propria presenza. I due ragazzi si
separarono velocemente, voltando la testa verso l'intruso. James
Potter sghignazzava allegramente sulla porta.
«Ciao»
dissero in coro, decisamente imbarazzati.
«Ti
serve qualcosa?»
chiese
Fred rauco. Era una domanda idiota, dato che quella era anche la
stanza di James e di Baston, oltre che la sua.
«Ehm...
volevo chiederti una pergamena di riserva»
spiegò. «Baston
ha
pensato bene di versare l'inchiostro sul mio compito di Divinazione».
«Oh»
commentò Trixy, alla quale non poteva importare di meno.
«Be'»
ridacchiò James, «non
era un granché come predizione, ma ora mi serve un altro
foglio»
sollecitò suo cugino, che lo guardava imbambolato. Trixy gli
diede
una lieve gomitata per scuoterlo, e lui sembrò svegliarsi.
«Sì,
certo»
si alzò e si mise
a rovistare nel proprio – disordinatissimo – baule.
Alla fine,
dopo averci praticamente immerso la testa, ne uscì
vittorioso e
consegnò a James una pergamena pulita, anche se un po'
stropicciata.
«Grazie
mille»
disse quello,
contento di potersene andare e girandosi per uscire.
«James...»
lo chiamò il cugino, scoccandogli un occhiata di
avvertimento.
«Non
ho visto niente!»
dichiarò solennemente. «Omertà
completa».
Poi si dileguò
con un ghigno divertito e rivolgendo un occhiolino a entrambi.
Che
figura di merda, pensava a ripetizione Trixy senza guardarlo.
Che
figura di merda, si ripeteva Fred.
A
un certo punto, fu lui a trovare il coraggio di girarsi verso di lei,
ancora seduta sul letto. Ci fu il tempo di una lieve occhiata
imbarazzata, e poi – senza un motivo vero e proprio
– partì una
risata, poi un'altra – e in breve si trovarono senza fiato e
con le
costole doloranti, ripensando alla faccia di James quando li aveva
visti baciarsi.
Quella
sera...
Bellatrix
e Fred si stavano dirigendo in Sala Grande ed erano leggermente in
ritardo, dal momento che fino a quel momento erano stati...
impegnati. Dopo quel primo bacio – nella stanza di Fred
– ce
n'era stato un altro, e poi un altro e un altro ancora.
Scendendo
a cena, avevano la medesima espressione ebete dipinta sul viso. Per
le scale incrociarono Rose, Al, Alice, Penny e James -evidentemente
in ritardo come loro- e tutti insieme raggiunsero la Sala d'Ingresso,
chiacchierando.
L'atmosfera
allegra durò poco; e il sorriso morì sul volto di
Trixy quando vide
Scorpius Malfoy avanzare verso di loro. James si irrigidì,
come del
resto Penny, convinti entrambi che ce l'avesse con lei. Lei e Fred si
scambiarono un'occhiata complice senza fiatare. Trixy non sapeva se
Malfoy conoscesse i piani di Draco e di Astoria sul loro futuro, ma
era certa che non li avrebbe approvati. Avrebbe eseguito gli ordini,
ovviamente, ma non ne sarebbe stato entusiasta e – prima di
tutto –
si sarebbe operato per infastidirla. Il suo bersaglio preferito era
sempre stata Penny, e Trixy non ci teneva a prenderne il posto.
«Ciao,
Bella!»
esclamò
il biondo, mellifluo. Trixy alzò gli occhi al cielo; i suoi
timori
si erano avverati: era lì per lei. La stava fissando, senza
degnare
gli altri di un'occhiata.
«Ciao,
Malfoy»
gli
tenne testa.
«Hai
saputo l'orrenda notizia?»
le chiese.
Oh
Merlino, no! Dirà tutto davanti ai miei
amici prima che lo
faccia io!, riflettè.
Si
scambiò di nuovo uno sguardo con Fred, che tentò
di rassicurarla
posandole una mano sulla spalla.
«Non
toccarla Weasley: non è roba tua»
continuò Scorpius, sogghignando.
«Neanche
tua»
ribattè lei
fermamente, anticipando Fred.
«Sì,
secondo il nostro contratto».
«Non
abbiamo alcun contratto, Malfoy».
«Non
ancora»
ghignò cattivo.
«Anche
se l'avessimo, non mi renderebbe una tua proprietà»
replicò la ragazza, i pugni serrati fino a farsi sbiancare
le
nocche.
Gli
altri restavano silenti a contemplare quello scambio di battute.
Sembrava che stessero assistendo a una partita di tennis: voltavano
la testa da un lato e dall'altro, alternandosi tra lei e Scorpius.
«Dipende
dai termini dell'accordo, Bella».
«Non
chiamarmi Bella!».
Cominciava
a perdere la pazienza; era consapevole che lo faceva per infasidirla,
ma era più forte di lei. Sapeva che Bella
era stato il
soprannome della Lestrange, e per questo si faceva chiamare Trixy.
«E
come dovrei chiamarti, di grazia? Con un nomignolo affettuoso?»
disse sarcastico.
Gli
altri continuavano a fissarli allibiti. Tutti tranne Fred, che
riusciva benissimo a seguire quello scambio di battute.
«Zabini
andrà benissimo».
«Signora
Malfoy sarebbe più appropriato, non ti pare?»
replicò con sguardo glaciale e la bocca curvata in
un'espressione
sadica. Aveva sganciato la bomba; ora poteva ritenersi soddisfatto,
mentre Trixy avrebbe solo voluto sprofondare in un baratro ben al di
sotto delle fondamenta di Hogwarts.
A
quel punto il gelo scese su tutti quanti: sembrava che qualcuno li
avesse trasformati in statue di sale. Improvvisamente davanti a lei
c'erano la versione marmorea di James, Al, Penny, Rose e Alice
–
tutti con la stessa identica faccia basita. Trixy stava per mettere
mano alla bacchetta, quando Fred le bloccò il polso.
«Adesso
basta, Malfoy!»
ringhiò
il roscio.
«Aspetta,
aspetta... come mai Weasley lo sa e gli altri no? Oho, ci sono! Devo
considerarti un rivale?».
«Dacci
un taglio!»
berciò Fred.
«A
giudicare dalle vostre espressioni inebetite – non che di
solito
sfoggiate facce migliori – non sapete ancora la lieta
novella...»
riprese, rivolto al resto della truppa.
Trixy
deglutì rumorosamente senza riuscire a spiccicare parola, e
sentì
una rabbia ribollirle in petto, mista a senso di vergogna. Tutti gli
sguardi erano puntati su di lei. Fortunatamente c'era Fred che ora le
teneva la mano, o avrebbe rischiato di perdere il contatto con la
realtà e svenire all'istante – o peggio, pestare a
sangue Malfoy.
«Trixy...»
mormorò Alice con un filo di voce. «Di
che diavolo sta parlando?».
«Sì,
di che cavolo parla?»
le
fece eco Rose, aggrottando la fronte.
«Ma
come, non glielo hai detto?»
fece il platinato con voce appositamente carezzevole.
«Ti
diverti proprio a seminare zizzania, vero?»
strillò Fred.
«Fatti
gli affari tuoi, Weasley!».
A
quel punto fu il roscio a prendere la bacchetta e fu Al a bloccarlo,
bofonchiando qualcosa sul fatto che non ne valesse la pena.
«La
signorina Zabini e io convoleremo a nozze»
annunciò Malfoy, con aria cerimoniosa e la voce tutta
zucchero e
miele.
Merlino,
non ho mai desiderato di schiantare qualcuno come in questo momento!
Al
diede un colpo di tosse, James e Penny sgranarono gli occhi per la
sorpresa, mentre Alice e Rose sputarono in contemporanea una gomma da
masticare – per inciso addosso a Scorpius. Trixy non riusciva
a
spiccicare parola, era come se qualcuno le avesse mangiato la lingua.
Aveva troppe cose da dire; così – nell'incertezza
– restava
muta.
«Non
è certo una sua scelta»
la difese Fred. Erano tutti così scossi che nessuno gli
chiese come
facesse a saperlo, desiderosi di apprendere qualche notizia in
più
su quella storia. «Sapete
come funzionano i matrimoni Purosangue, no?»
aggiunse scoccando a Malfoy un'occhiata di puro disprezzo.
«Veramente
no»
pigolò Penny. «Io
sono Nata Babbana».
«Non
me lo ricordare»
biascicò
Malfoy con un'occhiataccia, «o
potrei non rispondere di me».
James stava già partendo alla carica, ma Penny lo trattenne
per un
braccio. In quel momento avere notizie su Trixy era una
priorità
perfino rispetto al pestaggio di Malfoy.
«Mia-madre-e-mio-padre-hanno-combinato-il-matrimonio-con-i-Malfoy».
Aveva
parlato così in fretta che gli altri ci misero un po' a
comprendere
il significato completo della frase. «Mi
spiace di non avervelo detto prima; fino ad oggi non sapevo chi fosse
la controparte. E neanche tu, vero?»
fece rivolta al platinato.
«No,
infatti»
le riservò
un'occhiata schifata. «Non
credere che la cosa mi alletti».
«Perché
diavolo non ti rifiuti?»
aveva quasi il tono supplice. Forse se ci rifiutiamo entrambi
lasceranno perdere, si disse. Malfoy le rise bellamente in
faccia, gelido.
«Pensi
davvero che io intenda contravvenire a un mio dovere?».
«Vuoi
passare la vita con me, dai vent'anni in su?»
ritentò.
«Certo
che non voglio, ma lo farò. Farò quello che mi
dicono i miei; e
dovrai farlo anche tu, che ti piaccia o meno».
Nella sua voce, gelida e crudele come sempre, colse una nota di
rassegnazione. Era consapevole di non potersi opporre a quella cosa e
non intendeva fare assolutamente nulla per evitarla – come
fosse un
obbligo di nascita.
«Non
mi interessa se vuoi rovinarti la vita per andare appresso alla mania
del sangue puro – che per inciso è anche passata
di moda dopo la
Seconda Guerra Magica!»
berciò. «Mi
fai solo una
gran pena»
sputò fuori,
sprezzante.
Dopodichè
si fece largo fra tutti e lo sorpassò, marciando verso la
Sala
Grande, dove finalmente trovò un po' di pace.
Il
giorno dopo...
«Sono
la tua migliore amica, Merlino!»
gemette Alice Paciock, lo sguardo carico di rabbia repressa. «Non
lo dici a me e lo dici a Fred Weasley? Da quand'è che siete
amici
intimi?».
Era
circa una mezz'ora che discutevano degli avvenimenti del giorno
prima.
«Non
siamo amici intimi»
ribattè Trixy. Quella lite la stava sfiancando. La sera
prima, una
volta in stanza, l'aveva informata – come pure Penny e Rose
– di
tutti i dettagli riguardanti il "matrimonio". Ora erano
sole e Alice la stava rimproverando come non aveva mai fatto in sei
anni; e non poteva proprio darle torto.
«Ah
no?»
la rimbeccò
inferocita. A dire il vero, non era molto credibile mentre annaffiava
la Mimbulus Mimbletonia con la tenera Janny – la Puffola
Pigmea che
James aveva regalato a Penny – appoggiata sulla spalla.
«Ci
siamo baciati»
annunciò
Trixy con nonchalance.
«Perché
non mi hai detto...»
stava continuando a sproloquiare quando improvvisamente si
bloccò,
colpita dalle ultime tre parole dell'amica. «In
che senso?»
aggrottò la
fronte.
«Ba-cia-ti»
sillabò l'altra. «Nel
senso che ieri eravamo in camera sua e stavamo parlando dell'ultima
lettera che mi aveva mandato Pansy... e a un certo punto l'ho
baciato. Credevo mi avrebbe preso per pazza, invece ha reagito
piuttosto bene. Diciamo che quello che io avevo iniziato come un
bacio a stampo si è un po' evoluto...»
raccontò.
Alice
era senza parole, a quanto pareva. Apriva e chiudeva la bocca ma non
uscivano parole di senso compiuto. Alla fine qualcosa uscì,
ma non
era niente di confortante.
«Scherzi?».
«Puoi
chiederlo a James, se non mi credi»
aggiunse, un po' a disagio.
«James?»
squittì Alice confusa.
«Ci
ha visti»
confessò
mordendosi nevroticamente il labbro inferiore, imbarazzata al
ricordo. «Anche
se la
cosa non ci ha scoraggiati, devo dire. Siamo rimasti a baciarci per
tutto il pomeriggio. Te lo sto dicendo principalmente perché
mi
sento in colpa ad averti nascosto la storia delle lettere e non
voglio nasconderti anche questo. Ma sappi che mi sto vergognando
parecchio a raccontartelo»
disse sincera. Alice non replicò, nè
sembrò piccata: poteva
immaginare come si sentisse in quel momento la sua migliore amica.
«Che
pensi di fare?»
domandò
tranquillamente. Nel frattempo sussurrava alla piantina qualcosa che
somigliava preoccupantemente a una ninna-nanna.
«A
me lui piace... e parecchio...»
ammise. «Bisogna
vedere
se la cosa è reciproca».
«Era
con lui che passavi tutto quel tempo, ultimamente?»
chiese come colta da un improvviso lampo di genio; smise persino di
parlare sottovoce con la Mimbulus.
«Ehm...sì»
bofonchiò.
«Aha!
Quindi avevamo ragione noi: uscivi con un ragazzo!»
affernò trionfante.
«Non
esattamente; fino a ieri non pensavo che... cioè... ecco...
io...
non era mai successo niente tra di noi»
riuscì a stento ad esprimere il concetto. «Sai...
lui era l'unico con cui potevo confidarmi; l'unico a sapere
della...».
«TACI!
Non me lo ripetere o mi infurierò di nuovo!»
la rimbrottò severamente. Pur di non guardarla in faccia,
Trixy
prese a giocherellare con uno dei propri lunghi ricci neri, senza
rispondere direttamente.
«Non
voglio sposare Malfoy»
pigolò a un tratto. Le apparve l'immagine di lei al Malfoy
Manor,
con Draco e Astoria come suoceri e il cognome Malfoy
sui
documenti, un figlio Purosangue a cui trasmettere il patrimonio e
Scorpius come marito. A quel punto Alice si avvicinò al
letto, dove
stava seduta, mettendosi accanto a lei.
«Riusciremo
a evitarlo, in qualche modo».
«Fred
ha detto la stessa cosa, ma non credo che capite appieno. Io ho solo
i miei genitori e mio fratello. Per quanto mi odino, io vivo con
loro. Mio padre non mi permetterà di sottrarmi ai miei
doveri, nè
tantomeno mia madre interverrà per fargli cambiare idea, dal
momento
che è peggio di lui»
tentò di spiegarsi, anche se a fatica. Le veniva di nuovo da
piangere, a pensarci. Non aveva mai versato tante lacrime come da un
mese a quella parte.
«Ma
tu non sei sola!»
ribattè
in tono ovvio. «Ne
hai
minimo tre di famiglie pronte ad ospitarti! Hai me, hai Rose, hai
Penny. Merlino, Trix! Hai l'imbarazzo della scelta. Solo la famiglia
Weasley conta un centinaio di diramazioni!».
«Grazie,
Alice»
disse
semplicemente, abbracciandola.
«È
la pura verità; non sto mica scherzando! Mio padre ti adora,
nonostante il tuo nome non gli vada a genio»
aggiunse giocosa. Bellatrix rise, abituata a quel tipo di presa in
giro.
«Perciò
anche tu pensi che io debba rompere con i miei?»
chiese con un po' di ansia nella voce. Alice la guardò per
un
attimo, restia a parlare. Optò per la verità.
«Sì,
Trix, io penso di sì»
dichiarò sinceramente. «Aspetta...
perché anche tu?».
«Anche
Fred ha detto che...».
«No»
strillò, «non
voglio
ascoltare le perle di saggezza di Fred!».
«Non
puoi avercela con lui!»
protestò Trixy. «Al
massimo devi avercela con me!».
Alice
la guardò con superiorità, inarcando le
sopracciglia e girandosi a
guardare la Puffola Pigmea sulla propria spalla.
«Infatti
ce l'ho anche con te»
dichiarò poi con estrema noncuranza. Trixy
sbuffò; l'avrebbe mai
perdonata? Insomma, la sua famiglia voleva farle sposare un ragazzo
pieno di gel nei capelli e di odio per i Babbani e la sua migliore
amica si preoccupava di chi lo fosse venuto a sapere per primo?
«Alice,
davvero, mi dispiace. Tuttavia»
aggiunse, «non
credo che
la priorità al momento siano i tuoi moti di risentimento nei
miei
confronti, quanto il mio non voler sfornare figli con Malfoy!».
A quel punto l'amica sembrò riscuotersi e tornò a
guardarla.
«Se
ti opponi adesso – come hai detto ieri sera –
faranno di tutto
per fermarti e ti ritireranno da Hogwarts, dato che sei ancora
minorenne. Ma non appena avrai diciassette anni sarai libera; quando
usciremo da scuola ti rifiuterai di sposare Scorpius e – se
sarà
necessario – scapperai di casa. Fino ad allora non stare a
gingillarti con questa storia e viviti la tua vita; perché
l'unica
soluzione possibile te l'ho appena detta»
concluse. Trixy sospirò. Alice aveva ragione, lo sapeva.
Sì, quelli
erano i suoi parenti, ma non la sua famiglia.
Nelle
loro vene scorreva il suo stesso sangue: sangue puro.
Ma
che valore poteva avere per lei? Non aveva mai creduto nel sangue,
nè
nei legami che imponeva. Non sarebbe stato facile lasciare tutto, ma
in fin dei conti in casa Zabini non era mai stata felice. Hogwarts
era la sua casa, e i suoi amici erano la sua vera famiglia. Quella di
cui aveva bisogno e che la sosteneva nei momenti di
difficoltà.
Blaise,
Pansy, Daniel: che cos'erano per lei? Solo nomi, facce, punti
sull'albero genealogico affisso in camera sua. Niente di più
e
niente di meno.
«Hai
ragione»
disse Trixy,
senza alcuna incertezza nella voce. Alice si stupì di quel
brusco
cambiamento, ma non accennò a riparlarne. Forse temeva di
farla
risprofondare in una crisi di coscienza. «Per
un attimo mi stavo facendo traviare da quelle idee insane che hanno
sempre provato ad inculcarmi: il dovere nei confronti della famiglia
e altre stronzate».
«Abbiamo
dei doveri anche verso noi stessi, tesoro. Primo tra tutti è
quello
di cercare la felicità»
le rispose Alice con un sorriso aperto e sincero. Le sorrise di
rimando, grata per quella chiacchierata pacificatoria. Si sentiva
decisamente meglio.
«Lo
so, Alice».
A
quel punto, assodato il suo rinsavimento, l'amica pensò bene
di
virare la conversazione per parlare di qualcosa di più
piacevole.
«Per
esempio, a proposito del "viverti la tua vita": che mi dici
di Fred?>> buttò lì.
<».
Trixy
distolse lo sguardo, colpita da quella domanda diretta.
«Non
avevi detto che non volevi sentir parlare di lui?»
provò a dire.
«Rispondi»
fece l'altra, perentoria.
«I-io
p-penso di sì».
«Che
fai, tartagli? Da quando?»
la punzecchiò.
«Da
quando sei così stronza!»
replicò acidamente, beccandosi un pugno sul braccio.
Qualche
ora dopo...
«Ehi!»
la voce di Fred la raggiunse alle spalle, in Sala Comune. Chiuse il
libro di Pozioni che stava leggendo e gli fece posto sul divano,
accanto a sè. Due espressivi occhi castani la guardavano con
dolcezza. Teneva qualcosa nella mano destra, sembrava un pezzo di
torrone.
«Non
pensarci neanche!»
le
disse vedendo la direzione del suo sguardo. Lei inizialmente non
comprese. «Questo»
riprese lui, «è
Torrone
Sanguinolento dei fratelli Weasley – non ti consiglio di
ingerirlo».
Trixy rise
tra sè e sè al pensiero di tutte le cianfrusaglie
assurde che le
menti geniali dei fratelli Weasley avevano partorito.
«Ti
va di fare due passi?»
le
chiese poi.
Trixy
annuì semplicemente e in men che non si dica erano fuori
dalla
Torre, diretti in cortile. Ora mi dice che non avremmo dovuto
baciarci e che non se ne fa niente...
Mentre
camminavano fianco a fianco, nel silenzio più totale,
notò che
anche Fred era nervoso: si stava torturando le mani proprio come
stava facendo lei.
In
cortile si sedettero nello stesso angolino in cui lui l'aveva trovata
a piangere un mese prima, in un giorno che ora sembrava tanto lontano
nel tempo.
Passarono
uno o due minuti a guardarsi, senza che nessuno dei due pronunciasse
una sillaba. Trixy aspettava che fosse Fred a parlare: in fondo era
stato lui a chiederle di andare in un posto più tranquillo
della
Sala Comune.
«Che
ne pensi di quello che è successo ieri?»
le domandò a bruciapelo.
«Con
Malfoy, intendi?»
replicò
vaga. Non voleva fargli capire che sperava tirasse fuori
quell'argomento, per non essere obbligata a farlo
lei stessa.
Sperava
e temeva,
in realtà.
«No,
tra noi»
precisò
sbuffando.
«Oh,
quello»
mormorò.
Adesso ti dice che si è pentito.
«Tutto
quest'entusiasmo potrebbe ucciderti...»
fece sarcastico, strappandole una risata.
«Tu...ehm...
ti sei... pentita?»
le
parole sembrarono uscire a fatica.
Trixy
prese un respiro e buttò fuori l'aria, tanto per perdere
tempo.
«No».
Il
volto di Fred, fino a quel momento contratto in una smorfia, si
distese all'istante; quello che accadde dopo la stupì non
poco. Non
ebbe neanche il tempo di sbattere le ciglia, che le sue labbra e
quelle di Fred erano di nuovo incollate, esattamente come il giorno
prima.
Beh,
evidentemente neanche lui è pentito, si disse.
Le
sarebbe venuto da ridere, se non fosse stata impegnata a baciarlo.
Reclinò la testa da un lato per facilitargli l'accesso, e le
loro
lingue si esibirono in un'intima danza di conoscenza. Quando si
staccarono per riprendere fiato, si concesse di sorridere al ragazzo
che le stava di fronte.
«E
se provassimo a... frequentarci?»
le chiese lui.
Evidentemente
era stato incerto sul termine da utilizzare, visto che uscire insieme
era diventata un'abitudine, ma – alla luce degli ultimi
eventi –
la natura della loro "frequentazione" era mutata di
parecchio.
Trixy
aveva chiara la risposta nella propria mente ma, non sapendo come
esprimersi, non fece altro che attirarlo nuovamente verso di
sè e
lasciargli un bacio a stampo sulle labbra, che si curvarono in un
sorriso soddisfatto.
«Lo
prendo come un sì»
bisbigliò Fred ridacchiando e stringendola dolcemente tra le
braccia.
SPAZIO
AUTRICE
Allora,
che ne dite di questa breve storiella? Spero davvero vi sia piaciuta
:D
L'idea
mi è stata inconsapevolmente ispirata da una richiesta che
mi aveva
fatto Francesca lol (di
"trovare una donzella per Fred Jr.), e spero di averla
esaudita scrivendo questa OS. Quindi la ringrazio per avermi ispirata
e spero che non deluda chi l'ha aspettata :)
Ho
pensato di unire due personaggi che avevo trascurato un po'. Trixy
era l'unica delle compagne di Penny a non avere un cavaliere, e
stessa cosa valeva per Fred (che, nonostante abbia inizialmente
intralciato James, mi sta molto simpatico). Ho pensato di rendere
protagonista l'altro "nuovo personaggio" di Una strega in
famiglia (il primo è, ovviamente, Penelope). Mi sentivo un
po' in
colpa per averla creata e non averle dedicato abbastanza attenzione,
e all'improvviso nella mia testa si è formata questa coppia
– come
se ci fosse sempre stata. L'ho pubblicata prima dell'epilogo
perché
lì ci sarà un riferimento a loro due, quindi
leggendolo prima vi si
sarebbe rovinata la sorpresa.
Ha
un finale aperto, anche se non troppo. Conoscete abbastanza Trixy da
sapere che se sarà costretta, rinuncerà a quello
schifo di famiglia
che si ritrova, piuttosto che alla propria libertà. Nel
frattempo ha
Fred al suo fianco; magari i suoi le metteranno un po' i bastoni tra
le ruote, ma – come dice Virgilio – omnia
vincit amor.
Insieme ce la faranno, dai, e il resto potete immaginarlo ;)
Spero
mi lascerete un commentino, perché ci tengo taaanto e, per
una serie
di motivi, ho fatto una fatica immane a pubblicarlo in giornata.
Fatemi questo favore :D
Intanto
ringrazio chiunque abbia letto e vi do appuntamento all'epilogo della
long! Un bacio,
Jules
p.s.
Un grazie immenso a sa_speed_02
che ieri
mi ha inserito tra gli autori preferiti – ti ho adorata
davvero
Sara *-*
A
presto, gente!
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