Loki
sollevò lo sguardo sul volto mascherato di Hela, mentre lei
aggirò il piccolo tavolo che li separava. Lui alzò una mano,
per far cenno a Sif di stare ferma e non fare mosse
azzardate.
Il
dio degli inganni sorrise, ostentando tranquillità. «Non sei
più una bambina, l’altezza è un dono che hai ereditato
sicuramente da tua madre» le disse, valutando che la donna
doveva superare i due metri di almeno una spanna, complici
gli stivali dai lunghi tacchi, che ne slanciavano
ulteriormente la figura.
«E
la bellezza, invece, l’ho ereditata da mio padre» rispose
Hela, incamminandosi verso il corridoio. «Sapevo che saresti
venuto, ma non mi è stato possibile scoprire il perché»
aggiunse, guidandoli sino al salotto, dove si accomodò sul
divano, stendendo le gambe sulla seduta e appoggiando il
fianco al bracciolo. «Quindi, padre, perché vieni a cercarmi
secoli dopo che la tua gente ha ucciso mia madre?»
«Noi
asgardiani hanno combattuto i giganti di fuoco che hanno
ucciso tua madre e credevamo che foste morti anche voi tre»
intervenne Sif, difendendo l’onore della propria gente.
Hela
spostò impercettibilmente lo sguardo verso di lei, prima di
rivolgersi a Loki: «È la tua nuova fiamma?»
«Sono
venuto perché ho bisogno del tuo aiuto» rispose lui,
offrendole un’adeguata riverenza e ignorando la sua ultima
domanda. «Angrboda era abile con le pozioni e io necessito
di preparare l’antidoto per l’elisir senz’anima» proseguì
Loki, senza distogliere lo sguardo da lei. Fu proprio per
questo che scorse quella piccola vibrazione del seidr e capì
di essere di fronte a un’illusione. Non lasciò trapelare
nulla sul volto, ma si concentrò per individuare la vera
posizione di Hela. Come la percepì, si voltò di scatto in
direzione di Sif e vide figlia di Angrboda apparire dal
nulla. Loki strinse i pugni, digrignando i denti a labbra
serrate.
Hela
sorrise. «Sei sempre stato il miglior allievo di mia madre,
ti sei reso conto molto rapidamente di dove io fossi e hai
capito immediatamente che fosse troppo tardi» disse, alzando
la mano sinistra tra le cui dita correva un sottile filo di
energia dorata, che scompariva tra i capelli di Sif.
Le
iridi di Loki scivolarono su quel legame intangibile e poi
si puntarono su Hela. Il dio rivolse alla figlia un sorriso
gentile. «Lasciala libera, cosa mai potrai ottenere da una
donna che non ha mai imparato a stare al suo posto?»
Hela
lo scrutò in viso, cercando di sondargli l’anima e alla fine
premette le labbra tra loro. «Perché non punirla, quindi? O
forse c’è qualche legame che lo impedisce? Forse qualche
sentimento, magari lo stesso che hai negato a mia madre, ti
impone di difendere costei?»
«Il
sangue» rispose Loki. «Sif è asgardiana e non posso
permettere che un mezzo gigante quale tu sei leda alla
sottile tregua che vige tra Asaheim e Jotunheim.»
Hela
strappò il filo dorato dalla nuca di Sif con un colpo secco
e la donna cadde a terra, priva di sensi. Loki non si mosse
ed evitò di distogliere lo sguardo da quello della figlia
che lo fissava intenta a sua volta.
«Spero
che un sonno ristoratore non leda a questa tregua tra mondi
che non mi hanno mai riguardato» disse lei con tono freddo,
«ma necessitavo di un po’ di riservatezza per conversare con
te.»
Loki
sorrise. «Avrai tutta la riservatezza che Heimdall ci
concederà.»
Hela
lo guardò gelidamente. «Credi che io mi preoccupi del vostro
divino impiccione? Ho impedito ai suoi acuti sensi di
scorgere me e i miei fratelli dal giorno stesso in cui
nostra madre è stata uccisa. E non dai giganti di
Muspellsheim.» Sottolineò con tono carico di disprezzo
l’ultima frase.
Un
sorriso tagliente increspò le labbra di Loki e il dio
materializzò dal nulla, sul palmo della mano, un medaglione
e Hela lo riconobbe immediatamente come proprietà di
Angrboda.
«So
perfettamente cos’è successo e chi l’ha uccisa ha pagato, te
lo posso assicurare» mormorò Loki con voce suadente.
Lei
alzò una mano e sfiorò il monile, percependo ancora una
debole traccia di seidr materno, nonostante tutti i secoli
passati. «Mamma ha impresso i suoi ultimi istanti di vita in
questo gioiello...» mormorò con una punta di commozione.
Chiuse il pugno, lo posò sul petto e si allontanò verso la
finestra, dando le spalle a Loki. La corona e gli abiti che
sottolineavano il suo potere scomparvero e, davanti al dio
degli inganni, rimase una ragazza normale, dai capelli neri,
lunghi fino al bacino, raccolti in una semplice treccia.
«Per
cosa ti serve l’antidoto?» domandò Hela senza voltarsi.
Loki
ragionò su quella domanda, se Hela era abile quanto la
madre, mentirle poteva essere un azzardo. «Per salvare mio
fratello» confidò dopo quella breve riflessione.
Lei
si voltò, scrutandolo con le iridi eterocrome. «E per
salvare tuo fratello, saresti disposto ad aiutarmi a
salvare il mio?»
Loki
aggrottò la fronte e la esortò senza parole a spiegarsi.
«Abbiamo
dovuto affrontare molti pericoli» raccontò lei allora.
«Midgard sa essere insidiosa, anche se dubito tu possa
credermi. Quando gli Europei hanno scoperto questo
continente, che per loro era nuovo e sconosciuto, spinti
dalla curiosità siamo venuti sino a qua. Ma su questa terra
era precipitata una minaccia provieniente dagli spazi più
profondi. Quando io e i miei fratelli incrociammo quella
creatura, la combattemmo e riuscimmo a sconfiggerla, ma
pagammo un prezzo che per Jormungandr si rivelò molto alto.
Quel giorno egli morì.»
Loki
socchiuse le labbra, per poi umettarsele appena.
«Jormungandr… è morto?» Hela annuì e lui allargò le braccia.
«Mi dispiace per la tua perdita, ma non capisco come io
possa aiutarti a salvarlo.»
«Ho
messo in stasi la sua essenza, quella che alcuni midgardiani
oggi chiamerebbero anima»
rispose lei.
Il
padre sollevò le sopracciglia, non riuscendo a celare il
proprio sconcerto. «Hai… fatto cosa? Hela, è una delle cose
più aberranti che si possa fare, tua madre mi mise bene in
guardia in merito.»
Lei
coprì la distanza che lo separava dal padre, fissandolo
agguerrita. «Asgard non aveva forse giurato di proteggere i
nove regni? Dov’era quando Midgard aveva bisogno di lei? La
verità è Asgard si sta indebolendo, si crogiola nei fasti di
un passato che non esiste più e ozia, cullandosi nell’odio
che prova per i giganti. La pace con Laufey vi ha
inflaccidito, vi ha resi indifferenti e mentre voi
banchettate e vi concentrate solo su ciò che porta lustro
alla casa di Odino, regni come Midgard sono abbandonati a
loro stessi» sibilò furente, per poi battersi le mani sul
petto. «Io e i miei fratelli non abbiamo mai abbandonato la
via che nostra madre ha scelto per noi, abbiamo sempre
protetto questo pianeta, ma solo uniti abbiamo la forza di
difenderlo per davvero e nessuno può permettersi di mal
giudicare il mio operato. Ho bisogno di mio fratello, così
come questo regno ne ha!»
«Angie
non era la paladina di Midgard» ribatté Loki.
«Lo
credi davvero?» rispose Hela, scuotendo il capo. «Stolto, la
luce di Asgard ti ha accecato. I midgardiani erano animali
timorosi, ignoranti e dotati di scarso intelletto. Poi tu
hai fatto loro uno scherzo, orchestrato da mia madre,
rammenti?» disse, cercando lo sguardo di smeraldo del padre,
che sembrava non comprendere.
«La
scintilla della civiltà, padre. Quello che per voi era uno
scherzo permise agli esseri umani di elevarsi oltre lo
status di animale; essi impararono a dare un significato a
quello che li circondava, inventando divinità per spiegare
l’incomprensibile. E il passo per svelare l’ignoto fu
naturale e permise alle civiltà di crescere e migliorarsi.
Gli esseri umani sono creature passive, la maggior parte di
loro vive senza mai cambiare ciò che altri hanno scelto per
loro; necessitano di una spinta, di qualcosa che li guidi e
li sproni a dare il meglio, qualcosa che li faccia vivere
veramente » spiegò Hela.
Loki
scosse il capo divertito e lei lo guardò perplessa. «Hai mai
pensato che un’interpretazione di quello che dici potrebbe
essere la schiavitù?»
Hela
sospirò. «Lo so, ma non è mai stata nostra intenzione.
Inoltre mettere in catene un intero regno credo che avrebbe
attirato anche l’attenzione di Odino.»
Loki
annuì e si allontanò, raggiungendo il divano, sul quale si
accomodò scompostamente, distendendo un braccio lungo lo
schienale. «La minaccia che avete affrontato e che è costata
la vita a Jormungandr: cos’era di preciso?»
Lo
sguardo di Hela lasciò trasparire la sofferenza che le
causava pensare al fratello. La donna chinò il capo e si
appoggiò con i lombi al tavolinetto, chiudendo gli occhi e
lasciando che i ricordi corressero indietro di alcuni
secoli.
«Non
so dire di preciso cosa fosse. Sembrava un Deviante(*), ma
aveva i poteri di un Eterno(*). È giunto dallo spazio per
sottomettere l’intero pianeta. Aveva un’arma portentosa e
siamo riusciti a sconfiggerlo solo quando Jormungandr è
riuscito a toglierla e l’ha ingoiata. Quell’oggetto era così
potente, che l’energia in esso contenuta lo ha ridotto in
pezzi...» raccontò Hela con tono sommesso, trattenendo il
dolore sordo che non si era mai spento.
«Dov’è
finita l’arma?» chiese Loki e Hela lo guardò con disappunto.
«È
perduta. Un simile oggetto è bene che sia scomparso, avrebbe
potuto minacciare l’intero pianeta; ha ucciso Jormungandr»
replicò lei stizzita.
Loki
assunse un’espressione addolorata e si alzò, avvicinandosi a
lei. «Non essere adirata, ma gioisci. Ho deciso di aiutarti,
ma quello che mi chiedi di fare è pratica proibita ad
Asgard.»
Hela
lo guardò con attenzione e attese che lui proseguisse.
«Mi
pare che tu abbia detto che sei in grado di nasconderti allo
sguardo di Heimdall. Insegna anche a me a farlo, affinché
possa compiere quello che mi chiedi» mormorò Loki.
«Posso
celarti io stessa allo sguardo del guardiano» rispose lei.
Loki
scosse il capo e sorrise. «Ma è la conoscenza che io
ambisco. Mi chiamano, talvolta, dio della magia, non posso
permettere che parte delle arti arcane mi siano precluse.»
Hela
sollevò una mano, afferrandogli il mento con pollice e
indice. «Credo che possa considerarsi un equo scambio, ma
direi di suggellare il nostro patto in maniera più formale.
Discuteremo il piano, ti illustrerò come intendo agire e tu,
rinomato stratega di Asgard, mi suggerirai come migliorarlo.
E io ti insegnerò...»
«Anche
di alchimia» intervenne Loki, ma Hela gli mise la mano sul
viso, spingendolo mollemente indietro.
«Non
tirare troppo la corda, padre. Magari se mi soprenderai in
maniera positiva, potrei prendere in considerazione di
insegnarti tutto quello che so, ma dubito che questo possa
mai accadere.»
Loki
arricciò le labbra e poi sorrise. «Sta bene» proferì con
tono piatto.
Hela
portò lo sguardo su Sif e si accovacciò di fianco alla
guerriera. «E di lei cosa ne vuoi fare? La sua testimonianza
potrebbe metterti nei guai» disse, alzando lo sguardo sul
padre.
«Ci
penserò a tempo debito» rispose Loki. «Ora, esponimi il tuo
piano.»
Il
sole splendeva e l’erba, tagliata all’inglese, sembrava un
tappeto di smeraldi, interrotto dai vialetti del campus. Nel
suo ufficio del primo piano, il rettore David Freeman
leggeva con attenzione i curriculum che stava vagliando. Una
vaga profumazione floreale scaturiva dai petali secchi
riposti in una ciotola sull’imponente scrivania di mogano,
ma non riusciva a coprire il sentore di tabacco, che aveva
ormai impregnato le pareti rivestite di legno e i vecchi
tomi presenti sugli scaffali.
David
alzò lo sguardo su Loki e Sif, seduti davanti a lui sulle
comode sedie di velluto rosa antico, e chiuse la cartella
dopo avervi riposto i documenti. «Signori Odinson, la Culver
è lieta di avervi nel suo organico. Vi farò subito assegnare
un alloggio» disse, per poi alzarsi in piedi e tendere la
mano verso Loki.
Lui
lo imitò e ricambiò la stretta con un sorriso. «La ringrazio,
signor Freeman, spero che le nostre ricerche possano portare
lustro a entrambi.»
I
due asgardiani si congedarono e lasciarono l’edificio,
immettendosi sul viale pedonale che tagliava per il prato
ben curato.
«Sei
sicuro che questa farsa sia necessaria?» chiese Sif,
camminando con passo deciso al fianco di Loki.
Lui
sorrideva divertito, cogliendo le occhiate di interesse che
solo la loro vista era in grado di indurre in quella bolgia
di giovani mortali che si muovevano per il campus. «Secondo
te come dovremmo comportarci? Vuoi forse che mi metta a urlare
che siamo creature provenienti da un altro mondo e che
l’esistenza degli esseri umani è per noi paragonabile a un
battito di ciglia?» ironizzò, sorridendo divertito.
«Non
intendevo dire questo. Quello che non capisco è il perché di
questa messinscena. Perché dobbiamo far finta di essere dei
ricercatori? Hanno una cultura primitiva e retrograda...»
replicò Sif sottovoce.
«Hanno
i semi della genialità anche loro. Necessitano solo… di
staccarsi dai loro limitati schemi mentali...» Loki si
zittì, percependo l’avvicinarsi di qualcuno alle proprie
spalle. Passi veloci, affrettati, due persone.
«Dottori
Odinson?» esclamò una voce di donna e lui e Sif si girarono
verso l’umana, accompagnata da un uomo, che rimase qualche
passo più indietro.
«Sì?»
esordì Loki, studiando i due con discrezione, soprattutto
l’uomo, che sembrava intimidito.
«Sono
Elizabeth Ross, sono lieta di conoscervi. Io e il dottor
Banner siamo stati informati del vostro arrivo. Vi hanno
assegnato al nostro progetto di ricerca» spiegò la donna,
spostandosi una ciocca corvina dei lunghi capelli dietro
l’orecchio.
Loki
sorrise. «Capisco» disse e tese una mano in segno di saluto,
come aveva imparato a fare dai midgardiani. «Piacere di
conoscerla dottoressa Ross» disse con una stretta decisa,
per poi rivolgersi all’umano, «dottor Banner, Loki e Sif
Odinson. Io e mia sorella siamo onorati di lavorare con voi»
mentì con disinvoltura. Detestava quell’inghippo, ma se
voleva che Hela preparasse l’antidoto per salvare Thor,
doveva sottoporsi anche a quel capriccio.
L’uomo
si fece avanti e ricambio la stretta di mano. «Piacere
nostro» rispose, sorridendo goffamente. «Ammetto che siete
diversi da come mi ero immaginato.»
«Per
quale motivo?» chiese Sif, partecipando a quel rituale di
socializzazione.
«Quando
il rettore ha parlato di due norvegesi, mi aspettavo il
classico stereotipo nordeuropeo alto, biondo e con gli occhi
azzurri...» spiegò Bruca, sfregandosi le mani per sfogare la
tensione. Era più a suo agio nel proprio laboratorio.
Sif
sorrise. «Posso immaginare la sua delusione...»
Lui
scosse il capo. «Oh, no, non sono deluso. La vostra altezza
ha soddisfatto egregiamente la mia immaginazione.»
Elizabeth
lo prese a braccetto. «Li portiamo al laboratorio?»
«Non
saprei, Betty, sono appena arrivati, magari vorranno
prendere confidenza con la nuova città» Bruce espose il suo
dubbio a bassa voce, ma Loki intervenne sorridendo.
«Saremmo
invece onorati. Prima ci aggiornate, prima potremo
cominciare a lavorare» obiettò il dio degli inganni, con
voce solare.
La
ricercatrice sorrise. «Ottimo, allora seguiteci!»