14.
Brian
provò a rigirarsi nel letto, a stringere un cuscino come a
reclamare
conforto, a resistere all'impulso di accendere la tv per non
imboccare in spiacevoli scoperte. Ormai ci aveva riflettuto tutta la
notte e solo ora aveva rivisto tutto il suo operato con mente
più
lucida: Mark sarebbe passato per la parte della vittima e a quel
punto avrebbe potuto infangare la sua faccia e gettare nel baratro
insieme a lui tutta la band. Non era questo di cui avevano bisogno
per risollevarsi dopo la morte di Jim, e non era questo che
quest'ultimo aveva sperato per loro. Brian aprì gli occhi,
il sole
non arrivava minimamente a sfiorarlo dato che aveva tenuto
giù le
persiane per evitare anche i flash di eventuali scocciatori. Avrebbe
aspettato con ansia notizie da parte di Matt e prima di allora si
sarebbe rigirato nel suo stesso brodo nell'attesa di sapere se mai
Michelle si sarebbe fatta viva: era il giorno della verità e
questo
lo faceva rabbrividire. Diede un'occhiata all'orologio sul comodino e
notò che era ancora presto, si sarebbe fatto prima una
doccia e
fumato una sigaretta per rifocillare tutti i pensieri. La casa era
vuota, silenziosa, il freddo marmo del pavimento non gli arrecava
nessun danno, troppo occupato ad osservare il desolante spazio
infinito della casa. L'aveva scelta per Michelle e anche per Pinkly,
affinché ognuno di loro avesse lo spazio che desiderava; lui
si era
solo accontentato di insonorizzare la soffitta così da avere
il suo
angolo privato di musica. Uscì dalla doccia ancora
gocciolante,
scivolando una mano fra i capelli umidi per dargli un garbo
più
voluminoso; si asciugò con malavoglia, si avvitò
un asciugamano
alla vita e poi si diresse alla penisola della cucina per versarsi
del caffè. Sorseggiò a malapena e si
affiancò all'enorme vetrata
della stanza per accendersi una sigaretta, tenendola pendente fra le
labbra sottili che assunsero una smorfia di disapprovazione.
Cercò
di essere poco visibile dalla strada ma lui godè della vista
dello
spiazzale che l'avvicinava ad una lunga scia luminosa di mare, che si
estendeva fino all'oceano, era un punto strategico che gli
catapultava in casa le bellezze della litorale californiana. Ma non
la osservò per davvero. Il suo sguardo color nocciola si
mosse da
una parte all'altra della strada, spiava il via vai frenetico, il
caramello brillante di una duna di spiaggia. Qualcosa però
nella sua
mente si ricollegava ai ricordi recenti che gli frastagliavano fra le
pareti della testa, lasciandolo completamente estraneo.
Aspirò una
boccata di fumo e attese qualche secondo prima di soffiarla via, il
suo gesto lento si amplificò ancor più, come se
il mondo corresse
veloce e lo lasciasse indietro, senza rumori, senza espressione. Non
oggi, non domani. Strinse fra le dita la punta della sigaretta fino a
portarla alle labbra con rabbia, il fumo uscì dalle narici
poi
risalì fra i denti come se fosse un palmo aperto ad
agguantargli la
faccia, prima di gettarla via con uno slancio del dito. Brian
sospirò, la città era viva e lì fuori
stava solo aspettando di
poterlo sbranare. Quando udì il cellulare vibrare dall'altra
stanza
accorse veloce, portandoselo all'orecchio trattenendolo fra la testa
e la spalla per darsi la possibilità nel frattempo di
indossare un
jeans.
-Brian,
come stai?-
-Un
pò.. stordito. - Matt dall'altro capo sospirò
lasciandosi andare a
qualche secondo di pausa. -Matt.. - l'intimò, l'amico doveva
dargli
notizia della sua situazione.
-Non
si sa ancora nulla. Mark è in ospedale, gli faranno una tac
per
accertarsi che non abbia subito danni alla testa. Lo hai gonfiato
come un pallone, lo sai vero?-
-Ho
ricordi confusi. Mi sembra passata un'eternità. - si
portò una mano
alla fronte cercando di riaffiorare alla mente qualche sprazzo di
ricordo che non salì a galla. -Jillian.. come sta? So che
l'hai
vista, ne sono certo. - Matt ammutolì, poi tornò
a sospirare.
-Se
la caverà. Ce la caveremo tutti. Pensa a cose più
importante
adesso. -
-Cosa
c'è di più importante? - Brian non seppe bene per
quanto tempo
rimasero in silenzio, dovette convincersi a pensare ad altro solo che
la sua mente era albergata dalla continua, innefrenabile voglia di
sapere di lei. -Non so cosa mi sta succedendo.. Non ho mai provato
tutto questo. Cazzo, io, sentivo nelle braccia la voglia di
ammazzarlo. Di ammazzare un uomo, capisci? Per quello che le aveva
fatto! La mia testa era solo piena di questo! -
-Ma
non lo hai fatto. Non farti uscire una dichiamazione del genere
davanti un giudice, cazzo, o ti farai la tua schifosa vecchiaia in
una topaia. -
-Fratello,
non mi pento di averlo pestato se questo basta a far passare la
voglia a quel figlio di puttana. Spero che nessuno provi mai una tale
rabbia da sentirsi esplodere il sangue nelle vene. Pensa se una cosa
del genere accadesse a Val o tua sorella..-
-Ho
capito, ho capito.. sei stato chiarissimo. Non ti biasimo ma non
possiamo comportarci come bestie. Non come Mark. Questo è
solo colpa
di quella di merda che.. Dio, come è finito
così?! - Brian si
lasciò cadere pesantemente sul letto, ancora a petto nudo,
con le
schiere di tatuaggi che gli ornavano il corpo per ogni centimetro di
pelle delle braccia e del petto.
-Non
è più la persona che conoscevamo, l'ho capito
quando l'ho guardato
negli occhi e quando.. quando mi parlava in.. quel modo. - Brian
strinse i denti, tornando a ricordare la loro conversazione con la
stessa intensità di quando ce lo aveva avuto vicino.
-Perché?
Che cosa ti ha detto? - Brian sapeva di non poterne parlare con
nessuno, che non avrebbero capito, che le parole di Mark non
avrebbero toccato nessuno nel profondo come invece avevano fatto con
lui. -Brian?-.
-Veramente..
lui.. - il bussare alla porta lo aveva completamente colto di
sorpresa, costringendolo a spalancare le iridi e a rizzarsi in piedi
in un secondo. -Ti devo lasciare, scusami. - quando interruppe la
comunicazione si diresse nell'altra stanza con un passo veloce, ma
allo stesso tempo rallentò per prendersi il tempo necessario
per
prepararsi a trovarsela davanti. Si portò una mano alla
bocca
scompigliando la barbetta incolta, prima di calare giù la
maniglia.
Mad
World – Gary Jules
Quando
i loro occhi si incontrarono Brian credette di affogare, gli si
mozzò
il respiro in gola per così tanto tempo che un lungo ispiro
non
colmò la mancanza nei polmoni.
-Sei
l'ultima persona che mi aspettavo di vedere.- Jillian calò
il
cappuccio nero lasciando libera la chioma ramata, prima di sorridere
mestamente alle sue parole. Amava lasciarlo di sorpresa, oppure
sapeva nel profondo che quella era una delle più forti
emozioni che
gli procurava in ogni caso, come fosse la prima volta. Sempre.
-Anche
io non credevo che sarei venuta. - L'uomo distolse lo sguardo, era
troppo per lui sperare di evitarla almeno in quel momento di pura
fragilità. Sperò che non se ne accorgesse, ma
cosa non potevano
scorgere i suoi occhi? Erano verdi, come specchi, vitrei, brillanti e
quasi lo mettevano a nudo contro il suo volere.
-Cosa
ci fai quì? Il viale è pieno di scocciatori. -
non sapeva come
comportarsi, dal suo petto infervorava la voglia di stringerla e
dirle che tutto sarebbe finito, che sarebbe passato, che adesso
avevano la possibilità di riprovarci. Ma non sarebbe stato
così.
-Ho
preso una scorciatoia. Posso entrare? Per favore.. - Notò il
suo
modo di comportarsi un pò strano, di rannicchiarsi le mani
al petto
come una bambina spaventata che però aveva uno strano ghigno
stampato in viso. Brian si guardò intorno poi si fece da
parte. -Non
ho parole per descrivere tutto quello che sta succedendo. -
-Io
sì. - l'interruppe l'uomo, che si porse poco lontano da lei
per non
calare le sue difese. Ella cercò di non badargli troppo, di
non
cedere al tono provocatorio e di darsi la possibilità di
spiegarsi
ancora.
-Non
potevo non ringraziarti. -
-Di
cosa in particolare? - Brian storse il viso in una smorfia. -Di fare
tutto quello che vuoi? Che ti basta battere le ciglia ed io sarei
disposto a gettarmi da un ponte? - adesso stava urlando, eppure non
se ne era neppure accorto. -Sapevo che liberarti di lui era quello
che volevi e l'ho fatto. E se tu me l'avessi detto, io l'avrei fatto
ugualmente. Avrei fatto tutto per te. - si allontanò da lei
come se
lo stesse scottando, poi si voltò trattenendosi i capelli
all'indietro per prendere fiato lontano da quello che lei avrebbe
potuto fare. La donna non si mosse, non parlò, si
limitò ad
ascoltare con un nodo alla gola che le strozzava le parole ad un
soffio dall'essere pronunciate.
-Mi
dispiace.. - Brian si voltò a guardarla mentre sulle guance
lentigginose scivolava una lacrima sottile e orgogliosa che
morì
asciugata dal suo piccolo palmo.
-Ti
dispiace? - Tornò a pronunciarsi con un tono più
pacato ma comunque
gutturale che la fece tremare.
-Sì.
Non ho scelto io quello che doveva accadere. -
-Sì
invece. Sei stata tu a scegliere per entrambi! È tutta una
vita che
lo fai! - Brian si diresse contro di lei arrabbiato, ringhiando a
denti stretti, indicandosi con un indice accusatorio come se la colpa
fosse solo sua di averglielo lasciato fare: andare e distruggere le
loro vite.
-Non
ti è mai successo di fare la scelta sbagliata? - Brian
annuì alla
sua risposta.
-Ho
solo fatto scelte sbagliate, e questa è stata un'altra di
quelle. -
Jillian l'osservò ed egli si sentì morire.
-Quale
in particolare? - sapeva la risposta e anche lei, gliela si leggeva
in faccia, passava trascritta nei suoi occhi come una richiesta
disperata di stare finalmente con lei.
-Non
provarci Jill, non giocare con me. Non farlo. Non sarò il
tuo
giocattolo preferito. -
-Sai
con cosa mi piace giocare? - la donna gli si avvicinò, un
passo dopo
l'altro gli era sempre più vicino. Portò lo
sguardo a squadrargli
il petto, a respirare contro la pelle del collo che era l'ultimo
punto alla quale riusciva ad arrivare a causa della sua altezza; a
guardare il viso di lui dal basso, mentre lui con un respiro pesante
come se avesse scalato montagne la osservava, a quella distanza
così
misera, così debole che un solo centimentro l'avrebbe fatta
sua.
-A
biliardino, come hai vecchi tempi, ricordi?- mormorò ad un
soffio da
lui che riuscì finalmente a sentire il suo odore. -Ad
inseguire le
oche, oppure a spruzzarci con l'acqua gelida dell'oceano.. ma non
con le persone. Non arrivo a questo punto, Bri. - Brian
deglutì,
credette di non udire bene le sue parole, troppo accecato dalla bocca
di lei che si muoveva ad un passo dal suo petto.
-Hai
bevuto.. - la donna annuì, i suoi occhi vitrei e lucidi ne
erano la
conferma. Avrebbe dovuto accorgersene subito.
-Sì.
Sì ho bevuto, altrimenti non avrei avuto il coraggio di
venire quì
stamane e fare questo.. - si porse il avanti e toccò con la
bocca il
centro del suo petto, vi posò appena le labbra ma Brian
sussultò,
come fosse il tocco più violento e agognato che avesse mai
avvertito. Dopo quell'interminabile secondo le vide alzare il viso
contro di lui, sporto a chiederle di stringerla fra i palmi e
trascinarla a sè, di toccare la bocca con la sua, di
infrangere lo
stesso respiro, di avvertire la stessa eccitazione che convogliava in
lei. Lui la guardava, bella come una dea, con i capelli che le
incorniciavano il viso e che sarebbero stati così morbidi al
centro
della sua mano, affinchè aderisse bene al suo viso.
-Ti
prego.. Jillian.. - Brian alzò le mani ai lati delle spalle,
come ad
arrendersi ed impedirsi di sfiorarla con un solo dito. La donna dopo
qualche secondo di mutismo tornò a stare dritta avanti a
lui,
roteando solo un pò la testa in modo rilassato.
-Suonami
qualcosa.. - L'uomò disdì col capo, cercando di
trattenere il
respiro, ancora scosso violentemente dal corpo di lei che ancheggiava
aggrazziatamente.
-No..
n-non credo sia una buona idea. Forse è meglio che ti
riaccompagni..
- Jillian si allontanò senza curarsene e lo precedette lungo
la
stanza adiacente che aveva entrata per la soffitta. Salì le
scalinate con qualche problema di equilibrio e lui le venne dietro
per accertarsi che non cadesse. Qualcosa, una forza che non capiva,
lo convinse a seguirla e non dissuaderla, nonostante questa non fosse
la cosa giusta da fare. Quando entrambi riuscirono a salire lui la
guardò a lungo, nei suoi momenti sconnessi che volevano
sembrare più
naturali possibili. Richiuse la porta del pavimento e rimasero in
quel silenzio docile qualche secondo, sopprimendo la voglia di
chiederle cosa avesse in mente.
-Allora..
- gli sorrise. - Suonami qualcosa. - Brian sorrise di rimando. Stava
scherzando, vero?
-Perché
ti sei ridotta così?- alludeva al suo stato brillo e lei non
se lo
lasciò sfuggire.
-Sai
quanta difficoltà ho nel parlare. -
-No,
non lo so.. hai sempre parlato chiaro. Nulla di tutto quello che ti
passava per la testa te lo tenevi per te. -
-Non
tutto quello che dicevo era importante. Adesso invece ho imparato a
stare zitta.- Brian si prese qualche secondo per pensare, seduto per
terra con una mano penzoloni sul ginocchio mentre lei rigirava per la
stanza ammaliata come l'ultima volta.
-Credevo
avessi smesso. -
-Di
bere? Ho smesso di fare molte cose. - Sapeva che Brian attendeva che
continuasse. -Ho smesso di bere, di fumare quella robaccia, di
fidarmi di chi mi prometteva il mondo a parole. Starai sicuramente
pensando che se una persona fa del male a se stessa come non potrebbe
ferire gli altri? .. ed io non so darti una risposta. Io ci ho
creduto e basta. - l'uomo si guardò le mani laccate di nero,
con le
scie nere di inchiostro che gli imbrattavano i dorsi delle dita,
senza interessarvisi davvero.
-Se
fossi rimasta, un motivo per regalartelo lo avrei avuto.- Jillian si
voltò a guardarlo finalmente, ed egli ricordava fedelmente
il Brian
Haner di venti anni o poco più, che si era lasciata alle
spalle un
decennio prima. Sorrise, così mestamente che Brian ebbe un
tuffo al
cuore, spaventato per la sua risposta.
-Lo
so Brian. È per questo che sono andata via.. io, non avevo
nulla da
offrirti. - quando lo vide alzarsi, con il viso infervorato dalla
collera, la donna non si scompose, continuò a guardarlo
mentre
batteva le ciglia lunghe, in parte annebbiate dalle lacrime che
affioravano come gemme.
-Tu
sei completamente pazza! Pazza, maledizione! Preferirei schiattare
senza una risposta anziché credere ad una falsità
simile! - le fu
ad un centimetro di distanza ed ella indietreggio per incollarsi al
muro per chiedere protezione.
-E
quale credi sia la verità? -
-Che
eri innamorata di Mark. Che hai preferito stare con lui.. che credevi
fosse più adatto a te. -
-Mark
è sempre stato uno stronzo alcolizzato, pezzo di merda! -
urlò
Jillian, tanto che Brian zittì portandosi una mano fra i
capelli pur
di sperare che quella conversazione non stesse davvero avvenendo.
-Per colpa sua ho iniziato a bere e drogarmi, mi ci sono voluti sette
anni per uscirne pulita! Ho perso un figlio a causa delle botte ed
ogni volta che cercavo di allontanarlo compariva come un fantasma!
Quel maledetto viveva per tormentarmi! -
-E
allora perché non sei tornata da me? - Brian si
spazientì e
scaraventò le braccia contro il muro ai lati della testa di
Jillian,
tanto che ella tremò e chiuse gli occhi fremendo le labbra.
Si prese
qualche secondo per tornare a normalizzare il respiro, e quando
tornò
a guardarlo lo vide ringhiare a denti stretti a pochi centimetri da
lei. Deglutì, prese qualche respiro ampio dalla bocca ma non
riuscì
a parlare. Brian rimase qualche altro secondo immobile, a guardare
ogni particolare del suo viso, ogni angolo, ogni discromia della
pelle che la rendevano così bambinesca e prese a calmarsi.
-Perdonami. Ho odiato Mark con tutto me stesso per quello che ti
aveva fatto e ho finito per spaventarti anche io.- si prese una pausa
facendo per allontanarsi. -Fai uscire davvero il peggio dalle
persone, lo sai?- Jillian rimase incollata alla parete per
permettersi un appoggio, guardandolo allontanarsi in quel suo piccolo
angolo di paradiso con un passo leggero e calmo, diverso da poco
prima.
-Nel
profondo speravo non ti fossi dimenticato di me.-
-Perché
sei egoista e dovevi colmare il tuo ego. Ed io ti ho dato la
possibilità di farlo.- la punzecchiò amaro.
-Perché
dopo anni ho capito che non avevo più una casa dove tornare,
se non
quella che avevo abbandonato quì.. - tornò a
tenersi sulle proprie
gambe dirigendosi al centro della stanza per raggiungerlo con passo
felpato. Brian era di spalle ma la sentiva avvicinarsi, forse per
questo non ebbe il coraggio di voltarsi. -Brian.. ero così
spaventata. Mi rendeva così vulnerabile stare con te che
avevo
scambiato quel sentimento per una minaccia, invece non era altro che
l'inizio di quello che ho cercato in tutti questi anni lontana.
Eppure ce lo avevo già quì, a casa mia. - quando
mancavano pochi
passi da lui si fermò un attimo ad osservare i muscoli
turgidi della
schiena: era agitato, teso, tanto che quando lo toccò appena
lo
sentì fremere. Prese coraggio e gli circondò la
vita con una mano
arrivando a posargliela sul petto, mentre poggiava il viso stanco
contro la sua schiena. Brian non si mosse, si godè appieno
il tocco
della sua mano, perfino contando i respiri di lei che gli si
infrangevano sulla pelle.
-Cosa
vuoi adesso da me? - Jillian non lo sapeva, tanto che questa domanda
la lasciò ammutolita. Cosa voleva da lui? Perdono? Conforto?
Amore?
Probabilmente voleva tutto, e niente. Perché sapeva di non
meritarlo
una seconda volta.
-Voglio
baciarti. Lo vuole ogni fibra del mio corpo. - alzò il viso
e con la
pressione del braccio lo spinse a voltarsi verso di lei. Brian era
quasi pallido, scosso nell'ascoltarla. Non immaginava Brian Haner, la
stessa persona che surfava sui palchi di tutto il mondo, ad
affrontare migliaia di fans incalliti, potesse spaventarsi
così.
-Non
posso. Non di nuovo.- Jillian squadrò i dettagli del viso di
lui,
garbatamente, come se stesse parlando ad un bambino.
-Perché?
Perché non vuoi baciarmi?- Brian si morse le labbra, le
sopracciglia
assunsero una espressione dolorosa e una mano le carezzò la
guancia
come fosse l'oggetto più delicato al mondo.
-Perché
non riuscirei più a fermarmi.- disse in un soffio quasi
inudibile,
tanto che quando quel suono le sfiorò le orecchie un lungo
brivido
le percorse la schiena. Era un'alchimia perfetta, tanto che Jillian
non seppe come continuare a sopprimerla.
-Nessuno
ti ha chiesto di farlo.- si alzò sulle punte delle scarpe
sperando
di riuscire a sfiorare almeno la punta delle sue labbra, nonostante
lui rimanesse immobile come una statua di bronzo. La bocca di lui non
si mosse, anzi diventò d'improvviso pastosa e la gola si
prosciugò
in un attimo, lasciandolo senza fiato. La donna gli afferrò
il viso,
battè le ciglia per lubrificare gli occhi stanchi e si
sporse ancora
fino a toccarlo, fino a socchiudere le labbra per sperare che
l'accogliesse allo stesso modo. Gli baciò la bocca per un
pò, per
dargli il tempo di convincersi a fare lo stesso, di prenderla, di
volerla. Continuò finchè lui non chiuse gli occhi
e cercando tutta
la forza che aveva in corpo le afferrò i polsi che aveva ai
lati
della testa per allontanarla appena.
-Jillian..
c'è una cosa che devo dirti.- la vide sorridere, curvare le
meravigliose labbra che fino a poco fa sentiva soffici su di
sè.
-Lo
so che vivi con Michelle. So che quel pantalone che mi hai prestato
la prima sera non era di McKenna e che quell'oggetto floreale in
cucina non era parte dei tuoi gusti personali. - continuò a
sorridere come se la cosa fosse divertente. -E so leggere il suo
cognome insieme al tuo fuori dalla porta di casa.- osservò
Brian che
rimaneva impassibile a guardarla, con un'espressione che non
trapelava nulla che lei potesse leggere.
-Non
è solo questo..- Jillian annuì, forse era stato
troppo presuntuoso
il suo gesto, troppo credere che dopo tanti anni di vuoto Michelle
non l'avesse finalmente colmato.
-Ci
tieni a lei.. lo capisco, è normale. Cioè,
è l'unica donna che ha
davvero capito di cosa avevi bisogno e lei c'è sempre stata
per t..-
-Siamo
sposati. - l'interruppe lui, trovando le parole per impedirle di
continuare a porsi domande. -Da un anno.- Le vide spalancare le
iridi, dilatare tanto la pupilla che quasi sembrava una palla da
bowling. Aveva trattenuto il respiro che espirò via quando
si
accorse di esserselo dimenticata in gola, zittendo e voltandosi
appena per programmare le informazioni arrivatele al cervello. Un
decennio ad aspettarla e solo un anno di ritardo per riuscire forse a
riparare le cose. Jillian si portò una mano alla bocca
inchiodando
gli occhi al pavimento, mentre Brian la osservava in ogni gesto
risollevato dalla sua dichiarazione.
-Adesso
lei se ne è andata. Ha creduto che tra me e te potesse
esserci di
nuovo qualcosa, ha pensato che farsi da parte era la cosa migliore
per renderci le cose più facili ed evitare di soffrire.
È una donna
speciale, lei.. non lo merita. Ho trovato la persona che mette la mia
felicità al di sopra della sua, e l'ho distrutta dal
dolore.- si
prese un secondo di pausa come per accertarsi che lo stesse
ascoltando. -Anche io sono una pessima persona Jillian, anche io
ferisco gratuitamente me stesso e gli altri. Sono uno stronzo, un
povero stronzo che non capisce dov'è la sua casa e gira a
zonzo
sperando che qualcuno venga a prenderlo per mano.- le si
avvicinò
trovandosi davanti la sua nuca nuda e le spalle morbide, e dovette
calarsi per poterle posare un bacio.
-Noi
insieme, tenendoci la mano, vagheremmo all'infinito, perché
siamo
uguali. Siamo maledettamente uguali. - Jillian socchiuse la bocca ad
ascoltarlo, le lacrime che cominciavano a scendere a fiotti fra le
onde del viso. Le afferrò la sommità del braccio
e la costrinse a
voltarsi; Jillian deglutì rumorosamente, gli occhi persi in
una
pozza di lacrime. Brian le afferrò la nuca e la
baciò con forza,
rudemente, tanto che lei gemette per la forza improvvisa con cui la
strinse. L'impatto fu forte che lei indietreggiò, si
trovò spalle a
muro, petto contro il suo, il fiato infranto dall'eccitazione che le
infiammava le gote. La mano di lui le scivolò lungo il
fianco,
voleva avvertire ogni centimetro perso in quegli anni fino a
sollevarla di qualche centimetro verso di lui tenendola per il retro
della coscia. Le dita sottili e affusolate di lei andarono ad
affondare nei suoi capelli corvini, a scoprirli ed agguantarli per
impedirgli di allontanarsi di nuovo. Le loro bocche si muovevano
all'unisono, erano alla ricerca continua dell'altra metà,
alla
disperata ricerca del fiato dell'altro nel proprio. Jillian non lo
credette possibile ma il suo cuore tremava, un battere forsennato che
quasi le facevano credere che stava per sfuggirle dal petto.
-Mi
dici come.. come potrei.. fermarmi adesso? - la voce di lui era
spezzata dall'eccitazione, tanto che Jillian fremette e
carezzò le
labbra sottili di lui con un dito.
-Anche
se lo sapessi.. non te lo direi mai.. - gli carezzò il petto
nudo
dolcemente, tanto che lui sperò di poter fare presto lo
stesso.
***
Michelle
prese qualche lungo respiro, osservando da lontano la coltre di
giornalisti e fotografi che si era piantata fuori la casa di Synyster
Gates, per documentare chissà quale scoop da mettere in
mostra al
mondo. Dovette convincersi ad entrare dal retro, l'ultima cosa che
avrebbe voluto quella mattina era rispondere alle domande sulla loro
relazione sentimentale quasi completamente in frantumi. Sapeva che
qualsiasi cosa le si sarebbe ritorta contro e prefererì
optare per
una strada spianata. Non era brava nè abituata alle
interviste.
Pinkly si avviò al fianco della padrona, camuffata con
cappello e
occhiali da sole, crogiolandosi dolcemente in quel sole californiano
che cominciava a mostrarsi sempre più spesso le mattine di
aprile.
Avrebbe parlato con Brian e cercato una soluzione al problema, non
avrebbe potuto ancora rimandare la cosa dopo che fra qualche mese
sarebbe di nuovo iniziato il tour e altri impegni legati alla band,
che lo avrebbero visto fuori casa per chissà quanto.
La
parte opposta alla strada era lontana da occhi indiscreti, o almeno
così le era parso. Dovette sfoderare le chiavi di casa e
penetrare
con attenzione nelle scale di emergenza, per poi percorrere l'interno
di casa fino al pianerottolo.
B.
E. Haner – M. Di Benedetto
Michelle
si guardò la punta delle scarpe per allontanare la tensione
e darsi
la possibilità di inspirare ancora un pò. Gli
faceva sempre un gran
effetto vederlo, non avrebbe mai potuto negare di amarlo
all'inverosimile. Diede un'occhiata al muso languido del suo
batuffolo bianco, che alla soglia di casa iniziò a grattare
il legno
dell'abitazione per incitarla a sbrigarsi. Pensò bene di
suonare e
attendere che venisse lui ad aprirle, così avrebbe dato la
possibilità ad entrambi di prepararsi, di trovarsi sullo
stesso
piano. Non sapeva se abbracciarlo o rimanere ferma; magari avrebbe
aspettato che lo facesse lui e gli si sarebbe abbandonata fra le
braccia come desiderava. Non doveva lasciarsi abbindolare da belle
parole, lei era lì per cambiare la situazione che li stava
allontanando. Attese qualche altro minuto poi tornò a
bussare, pensò
stesse ancora dormendo e quasi roteò gli occhi per
l'esasperazione:
strano come un uomo cresciuto e pasciuto di trentadue anni
continuasse a comportarsi come un adolescente del collage. Il
tintinnio metallico delle chiavi di casa si espanse nel silenzio del
pianerottolo, completamente confezionato in granito con qualche
pianta a foglia larga che risiedeva agli angoli dell'atrio.
-Coraggio
Pinkly. - esclamò la donna, come se di coraggio ne avesse
bisogno il
cagnolino ansimante. Quando entrò in casa si accorse del
silenzio
impressionante, stroncato solo dal rumore di auto dalla strada che si
udiva a causa delle finestra spalancata della cucina. Notò
una tazza
di caffè ormai freddo e odore di una sigaretta; il letto era
disfatto e gli abiti disseminati in giro, ma di lui non c'era
traccia. Il bagno era in disordine, ci andò sperando di
trovarlo lì
ma sentì solo l'odore del bagnoschiuma al muschio bianco che
adorava
lui. Michelle non seppe cosa pensare, possibile che non fosse in
casa? Credeva l'attendesse quella mattina e invece non riusciva a
capire dove fosse e perché avesse lasciato la casa in quelle
condizioni. Il guaire sinistro di Pinkly la smorzò dai suoi
pensieri: era adagiato a terra teso e puntava il muso contro la
soffitta, Michelle alzò la testa anche lei a dare
un'occhiata. Non
seppe bene cosa pensare, sapeva solo che Brian non poteva permettersi
scherzi con lei, non glielo avrebbe permesso. Non un'altra volta.
Note
dell'autrice:
Vi
ho consigliato una canzone da ascoltare a metà del racconto
che mi
ha ispirato a scrivere il paragrafo; per ogni scena ho bisogno della
musicalità giusta per non perdere il ritmo e questa canzone,
"Mad
World" di Gary Jules mi ha accompagnato per tutto il tempo!
Non mi ero neanche accorta di aver scritto tanto in questo capitolo,
tutto e solo concentrato su di loro per spiegare un pò il
personaggio strano e contorto di Jillian e di Brian, che si
completano e distruggono allo stesso momento. Brian dopo tanti anni
non è più sofferente, ma arrabbiato,
perché ha superato
l'allontanamento della donna riuscendo a trovare ciò che
cercava in
sua moglie senza però riuscire mai a trovare allo stesso
modo una
motivazione dell'allontanamento di Jillian. Spero che il capitolo vi
sia piaciuto come è piaciuto a me scriverlo.
Un
grazie speciale per i complimenti, a chi ha recensito, a chi
recensirà, chi ha aggiunto la storia fra le preferite,
ricordate,
seguite.
Comments
are love
Un
abbraccio :)
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