In francese, brûlant è il participio presente del verbo brûler, e significa colui che brucia.
De verbis
Quarta drabble.
Complessa, ad esser
sincera. Perchè ci sono tanti elementi che
concorrono. Camus non appartiene a un solo mondo; e in più è magnetico. Proprio come il ghiaccio.
Di nuovo l’infanzia. La primissima infanzia, in specialmodo. E il gioco dei termini, francese e russo, che
si rincorrono.
Di nuovo, l’idea è nata da quest’immagine. Assieme ad una mia (opinabile) idea su Camus.
Il mio Camus è ribelle;
ma soprattutto è un bambino spaventato.
Da una lingua che non conosce e non capisce. Da un mondo che non ha mai
visto. E dalla morte. Soprattutto
dalla morte. Che sente (forte) nelle mani fredde e semiassiderate.
É un Camus ribelle,
il mio. Che di capire, in fondo, non
ne ha molta intenzione. E rimpiange la sua lingua madre, il suo mondo dove le mani non diventano mai così fredde. E il blu e il bianco non sono morte, ma cielo e mare e nebbie e
gabbiani. Forse l’impressione che posso dare è di non apprezzare molto il
personaggio: la freddezza che lo
caratterizza.
In realtà, è uno degli elementi che più mi attira. L’ho
detto: Camus, per me, è un magnete.
Non amo la freddezza in sè; ma
sono convinta che l’atteggiamento di Camus sia costruito. Non per tenere lontani gli altri (certo: il risultato è
quello), ma per avvicinare la Siberia, per cercare
(imparare) ad amare quella terra dove deve vivere. Perchè
il mio Camus ha bisogno di affetto e
di capire. In mdo disperato (quasi). E mi sono
divertita a immaginare come fosse prima, appena arrivato in Siberia. E il
risultato è questo bambino terrorizzato.
Non voglio sminuirlo. Al contrario. Credo fermamente che
Camus sia uno di quei personaggi la cui profondità sia immensa,
ma difficile da cogliere. Perchè è facile bloccarsi al ghiaccio e vederlo freddo.
Io non credo che
Camus sia freddo; non nel senso di indifferente, almeno. In fondo, ritengo
che la chiave di lettura (della drabble, ma anche del
personaggio) sia nel ghiaccio
stesso.
Schermo, muro invalicabile, indica la lontananza da qualcosa e la perdita della – di una – vita (qui è la Francia e la vita di prima, dell’infanzia). Ma è anche immagine di rinascita,
di continuità, di volontà
di vivere. Solo che il ghiaccio cela, nasconde, gioca. E la forza che possiede emerge solo alla
fine, quando si scioglie, e consegna, in morte (e solo
in morte) i suoi segreti.
Le mani di Camus sono fredde (lo dice di riflesso la Taizen,
dove afferma che le armature dei ghiacci, con una temperatura inferiore alle
normali corazze, sono solitamente indossate da chi è temprato al gelo e ne ha
buona resistenza); nelle mani Camus concentra sovente il suo potere. E con le
mani uccide e insieme sa dare vita: il
sarcofago di ghiaccio non lo intendo come una tomba, ma come vita.
E mi piace pensare che le mani fredde di Camus, il suo ghiaccio, sia in realtà caldo. E che quando muore contro Hyoga non fa altro che insegnarli
che bisogna continuare, consegnandoli
la fertilità dei suoi segreti.
Camus, per me, brucia.
Per questo ho scelto il titolo sopra indicato. Camus arde: di paura all’inizio;
di freddezza (e no, non lo vedo come ossimoro); di orgoglio; di determinazione.
Di vita. Di voglia di vivere
appieno; nonostante il suo mondo freddo.
Perchè la
Siberia non è riuscita a togliergli tutto il caldo della
Francia.
Per questo l’altalena linguistica. Il russo all’inizio, dove
l’attenzione è concentrata sul maestro; il francese dopo, quando Camus si
presenta in scena direttamente. Perchè Camus è ancora
un bambino e la nuova lingua ancora non la conosce e i suoi ragionamenti e le
sue parole sono francesi.
Infine, con ordine. L’izba
è la tradizionale casa contadina russa, costruita in tronchi e con tetto (di
solito) di paglia, mentre il samovar
indica una particolare teiera usata per scaldare l’acqua, soprattutto per il
tè. Il kalač [калач]
è un tipo di pane russo bianco, fatto con farima di
frumento e a forma di maniglia; il kvas
[Квас] è una bevanda russa
fermentata a bassa gradazione alcolica, di origine vegetale, prodotta in casa.
La kosovorotka [косоворотка]
è la tipica casacca russa maschile a maniche lunga,
asimmetrica e abbottonata laterale, mentre uchityep’ [учитель] significa maestro, ljod [лёд]
ghiaccio e oranžev’ij [оранжевый] arancio (il
colore) in lingua russa.
In francese, invece, connaît è la terza persona
singolare del verbo connaître,
che significa conoscere; blue significa blu e mort un
sostantivo, che significa morte.
[Remerciements]
NinfaDellaTerra: lieta di sapere che il piccolo Shaka
ha riscosso la tua approvazione. Vedremo adesso con Camus (un
parto! Un vero parto!). Mi sono divertita molto nel disegnare questo piccolo furbetto (e
dirlo di lui è, a volte, incredibile).
E sì. Lo vedo proprio bene, quel sorrisino discreto: di chi la sa luuunga e della vita a già
capito tanto (forse troppo). Felice anche che il sanscrito sia stato
apprezzato. Per me è abituale, ormai (Oddio! Non che
lo mangi anche a colazione, ma ritorna. Ritorna [molto] spesso). Grazie infinite!
Ti con zero: ma io adoro chi è orientalista (condizione
non necessaria, ma se c’è, ben venga!). E hai ragione: imprigionare Shaka in cento misere paroline è quasi un attentato alla
sua essenza. Ma sono contenta che
comunque questo accenno fuggevole alla filosofia del silenzio e il gioco delle
mani sia stato di tuo gradimento. Grazie infinite per i complimenti [*imbarazzo-imbarazzo-imbarazzo*]!
Un grazie particolare a Blackvirgo e Miriel67.
Anticipazione
Prossimo personaggio: Tauros no Aldebaran