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Autore: avalon9    31/01/2009    5 recensioni
I loro pugni fendono l'aria e i loro calci spaccano la terra; ma i loro corpi sono quelli di normali esseri umani. Una dea bambina trasforma le loro mani; una tyche beffarda gioco con il loro corpo e i loro desideri. E li incammina su una strada che dissolve i pensieri
. Cento parole per ogni cavaliere d'oro; cento parole per raccontare la sorte diversa delle mani di ognuno.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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4

4. Brûlant

[Acquarius no Camus]

 

 

 

L’izba è calda.

Mentre la neve si distende; mentre il samovar borbotta. E la stufa (oranževij) abbrustolisce il kalač. E c’è uchityep nell’ izba. Con il kvas (dolce) e quella parola strana: capirai.

Perché la kosovorotka (di neve) non riscalda. Perché le mani (blu) alla stufa (che borbotta) non gliele avvicina. Uchityep ripete: capirai

Ma capirai non lo connaît. E le mani (fredde) restano blu, nell’izba (calda). E fanno male. Perché il ljod (blu) è cattivo e le mani se le mangia.

E del bleu (delle mani) ha paura. Perché significa: mort.

Ma capirà.

E le mani (calde) diranno: vivi.

 

 

 

 

 

Nota al titolo:


In francese, brûlant è il participio presente del verbo brûler, e significa colui che brucia.

 

De verbis

Quarta drabble.

Complessa, ad esser sincera. Perchè ci sono tanti elementi che concorrono. Camus non appartiene a un solo mondo; e in più è magnetico. Proprio come il ghiaccio.

Di nuovo l’infanzia. La primissima infanzia, in specialmodo. E il gioco dei termini, francese e russo, che si rincorrono.

Di nuovo, l’idea è nata da quest’immagine. Assieme ad una mia (opinabile) idea su Camus.

Il mio Camus è ribelle; ma soprattutto è un bambino spaventato. Da una lingua che non conosce e non capisce. Da un mondo che non ha mai visto. E dalla morte. Soprattutto dalla morte. Che sente (forte) nelle mani fredde e semiassiderate.

É un Camus ribelle, il mio. Che di capire, in fondo, non ne ha molta intenzione. E rimpiange la sua lingua madre, il suo mondo dove le mani non diventano mai così fredde. E il blu e il bianco non sono morte, ma cielo e mare e nebbie e gabbiani. Forse l’impressione che posso dare è di non apprezzare molto il personaggio: la freddezza che lo caratterizza.

In realtà, è uno degli elementi che più mi attira. L’ho detto: Camus, per me, è un magnete.

Non amo la freddezza in ; ma sono convinta che l’atteggiamento di Camus sia costruito. Non per tenere lontani gli altri (certo: il risultato è quello), ma per avvicinare la Siberia, per cercare (imparare) ad amare quella terra dove deve vivere. Perchè il mio Camus ha bisogno di affetto e di capire. In mdo disperato (quasi). E mi sono divertita a immaginare come fosse prima, appena arrivato in Siberia. E il risultato è questo bambino terrorizzato.

Non voglio sminuirlo. Al contrario. Credo fermamente che Camus sia uno di quei personaggi la cui profondità sia immensa, ma difficile da cogliere. Perchè è facile bloccarsi al ghiaccio e vederlo freddo.

Io non credo che Camus sia freddo; non nel senso di indifferente, almeno. In fondo, ritengo che la chiave di lettura (della drabble, ma anche del personaggio) sia nel ghiaccio stesso.

Schermo, muro invalicabile, indica la lontananza da qualcosa e la perdita della – di una – vita (qui è la Francia e la vita di prima, dell’infanzia). Ma è anche immagine di rinascita, di continuità, di volontà di vivere. Solo che il ghiaccio cela, nasconde, gioca. E la forza che possiede emerge solo alla fine, quando si scioglie, e consegna, in morte (e solo in morte) i suoi segreti.

Le mani di Camus sono fredde (lo dice di riflesso la Taizen, dove afferma che le armature dei ghiacci, con una temperatura inferiore alle normali corazze, sono solitamente indossate da chi è temprato al gelo e ne ha buona resistenza); nelle mani Camus concentra sovente il suo potere. E con le mani uccide e insieme sa dare vita: il sarcofago di ghiaccio non lo intendo come una tomba, ma come vita.

E mi piace pensare che le mani fredde di Camus, il suo ghiaccio, sia in realtà caldo. E che quando muore contro Hyoga non fa altro che insegnarli che bisogna continuare, consegnandoli la fertilità dei suoi segreti.

Camus, per me, brucia. Per questo ho scelto il titolo sopra indicato. Camus arde: di paura all’inizio; di freddezza (e no, non lo vedo come ossimoro); di orgoglio; di determinazione. Di vita. Di voglia di vivere appieno; nonostante il suo mondo freddo. Perchè la Siberia non è riuscita a togliergli tutto il caldo della Francia.

Per questo l’altalena linguistica. Il russo all’inizio, dove l’attenzione è concentrata sul maestro; il francese dopo, quando Camus si presenta in scena direttamente. Perchè Camus è ancora un bambino e la nuova lingua ancora non la conosce e i suoi ragionamenti e le sue parole sono francesi.

Infine, con ordine. L’izba è la tradizionale casa contadina russa, costruita in tronchi e con tetto (di solito) di paglia, mentre il samovar indica una particolare teiera usata per scaldare l’acqua, soprattutto per il tè. Il kalač [калач] è un tipo di pane russo bianco, fatto con farima di frumento e a forma di maniglia; il kvas [Квас] è una bevanda russa fermentata a bassa gradazione alcolica, di origine vegetale, prodotta in casa. La kosovorotka [косоворотка] è la tipica casacca russa maschile a maniche lunga, asimmetrica e abbottonata laterale, mentre uchityep [учитель] significa maestro, ljod [лёд] ghiaccio e oranževij [оранжевый] arancio (il colore) in lingua russa.

In francese, invece, connaît è la terza persona singolare del verbo connaître, che significa conoscere; blue significa blu e mort un sostantivo, che significa morte.

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Remerciements]

 

 

NinfaDellaTerra: lieta di sapere che il piccolo Shaka ha riscosso la tua approvazione. Vedremo adesso con Camus (un parto! Un vero parto!). Mi sono divertita molto nel disegnare questo piccolo furbetto (e dirlo di lui è, a volte, incredibile). E sì. Lo vedo proprio bene, quel sorrisino discreto: di chi la sa luuunga e della vita a già capito tanto (forse troppo). Felice anche che il sanscrito sia stato apprezzato. Per me è abituale, ormai (Oddio! Non che lo mangi anche a colazione, ma ritorna. Ritorna [molto] spesso). Grazie infinite!

 

Ti con zero: ma io adoro chi è orientalista (condizione non necessaria, ma se c’è, ben venga!). E hai ragione: imprigionare Shaka in cento misere paroline è quasi un attentato alla sua essenza. Ma sono contenta che comunque questo accenno fuggevole alla filosofia del silenzio e il gioco delle mani sia stato di tuo gradimento. Grazie infinite per i complimenti [*imbarazzo-imbarazzo-imbarazzo*]!

 

Un grazie particolare a Blackvirgo e Miriel67.

 

 

 

Anticipazione

 

Prossimo personaggio: Tauros no Aldebaran

 

  
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