15.
Brian
sentì una forte pressione invadergli il basso ventre,
soffocandolo,
risucchiando tutto il fiato che aveva ancora a rantoli nei polmoni
finché con un solo gesto delle dita non sbottonò
il jeans. Dovette
cingerle il corpo con il braccio per sorreggerla, nella sua vita
esile e longilinea come quelle di una venere maledetta dalla quale
invece di fuggire si stava lasciando risucchiare via l'anima. Si
cibò
del suo collo, lo baciò lungo tutto l'incavo nascosto,
intimandosi
di non smettere neanche alla richiesta silenziosa di lei che gli
graffiava le braccia. Le mani gli artigliarono così le
scapole
muscolose fino a farlo mugugnare sulle sue labbara, sfilandole la
maglietta con una velocità tale che gli sembrava non essersi
mai
staccato da lei proprio come desiderava. Il fiato s'era fatto
così
corto e affannoso che faticavano a parlare, al massimo qualche
mugolio gli sfiorava le orecchie e non era altro che il suono
più
melodioso che avesse mai ascoltato. Quando le scoprì i seni
erano
turgidi e acerbi, così come li ricordava, così
come l'aveva amata
anni prima, nella loro ingenuità di ragazzini maldestri e
goffi,
ritrovatisi invece adesso come due amanti in attesa e in scoperta
l'uno dell'altro. La mano ruvida e callosa di lui si posò
con tale
delicatezza che quasi non l'avvertì, aiutandolo piuttosto a
stringerla con più fervore grazie anche allo sguardo
malizioso con
la quale si era persa a fissarlo. Brian non vedeva più
ubriachezza
nei suoi occhi ma solo passione, languidi e brillanti come enormi
smeraldi incastonati nell'incavo dell'iride. Grandi, dominanti, poi
dolci, socchiusi per lo sforzo di resistere alle sue carezze. Brian
la baciò di nuovo, cercò di mozzarle i gemiti da
bocca e rubarli
nella sua gola carezzando la lingua con la sua sempre nella stessa
danza; si trascinarono entrambi verso il pavimento senza scollarsi
mai; la donna allungò un braccio alla parete e
colpì forte una
Gibson ES-150 sistemata lì al muro, poco lontana, che
lanciò un
suono stridulo e tremolante tanto che li fece sorridere, guardarsi
appena mentre entrambi si scambiavano un'ilare e sonora risata che li
aveva interrotti in un momento così intimo e confusionario.
-Attenta
o ci cade tutto addosso..- tornò a posarle un bacio casto
che poi lo
tramortì e lo indirizzò sempre più
verso il pulsare irrequieto
della sua intimità; dovette costrinsersi ad abbassare i
jeans per
non sentirsi ancora stretto nei limiti del vestiario e
agguantò la
coscia di lei pur di trascinarla meglio sotto di lui e sovrastarla
trattenendosi appena a pochi cenimetri di distanza tenendosi solido
sugli avambracci.
-Davvero
tu.. t-tu vuoi.. - la donna annuì interrompendo il suo
biascicare
irrequieto, lo guardava a bocca socchiusa, con la fronte imperlata di
sudore ed il petto scoperto che si muoveva su e giù su di
lei
affannosamente. Aderivano perfettamente, si sentiva parte del suo
stesso busto, tanto che la linea che li divideva quasi
scomparì
schiacciata dal suo corpo. L'uomo gracchiò qualcosa, forse
stava
pensando ad alta voce e si fece trasportare dallo stesso tremolio che
avvolgeva il corpo di lei, perfettamente fremente sotto di lui, sotto
la presa delle sue mani, del caldo del suo fiato sul collo.
Sentì
sfilarsi il pantalone lentamente, mentre lui si limitava a palmare
ogni zona scoperta della sua pelle; era calda per la foga con la
quale lo cercava, pallida, diafana, morbida da far invidia. Sembrava
di carezzare pura seta e godè di quel manto setoso
finché non fu
impossibile resisterle: si posizionò fra le sue gambe
sentendosi
accolto con un bacio che finì col mordergli il labbro, ma il
dolore
era troppo al di sotto della sua eccitazione. Troppo al di sotto
della sensazione di pienezza che avrebbe colmato quegli anni di
vuoto.
Michelle
roteò su se stessa in cerca di qualcosa: non sapeva bene
cosa ma se
ci fosse stato lo avrebbe trovato. Si lanciò sul letto e lo
scoprì
completamente in cerca di indumenti femminili, intimo, borse, oggetti
nascosti. Tutto ciò che fosse stato estraneo a quella casa
lo
avrebbe scovato e avrebbe temperato la fedeltà di Brian. La
spaventava l'idea che avesse potuto fare l'amore con qualche altra
donna nel suo letto, nella sua casa mentre lei continuava a soffrire
della situazione nella quale erano caduti. La risollevò il
fatto di
non trovare nulla ma non si arrese alla ricerca per il resto
dell'abitazione. Pinkly continuara a puntare un angolo indefinito
della soffitta guaendo come nella speranza di farsi accarezzare
dall'odore del suo padrone, ma Michelle si ritrovò troppo
occupata
dal suo rimuginare irrequieto per prestarvi ascolto. Si diresse verso
l'enorme cucina pensile, la squadrò completamente,
contò gli
utensili sporchi nel lavello d'acciaio, scarpe o tracce di impronte
in giro: quando se ne rese conto cominciò a pensare di
essere
diventata pazza e si portò una mano alla fronte come per
frenare
questo suo comportamento insolito. Pensò bene di prendere il
suo
smartphone e telefonargli, chiedergli dove fosse e di tornare subito
perché la situazione fuori dall'abitazione era irrefrenabile
e
l'avrebbero atteso come lupi famelici. Magari si era rifugiato a casa
di qualcuno dei ragazzi ma sarebbe stato meglio non fare giri di
telefonate per allarmare gli altri, gli avvenimenti degli ultimi
tempi avevano reso Brian più responsabile e sarebbe riuscita
a
trovarla a breve. Mentre si dirigeva nell'altra stanza per recuperare
la sua borsa notò Pinkly e solo allora pensò alla
possibilità di
trovarlo nella sala musica. Che sciocca, pensò, semmai fosse
stato
lì tutto il tempo nessuno dei due se ne sarebbe mai accorto
a causa
della parete insonorizzata.
Brian
le baciò il corpo sudato, annaspando e stringendo i pugni ai
lati
della testa di lei per scaricare l'eccitazione che gli stava
scuotendo violentemente il corpo. Pelle contro pelle emanavano un
calore sovrumano, li avvolgeva e li spingeva a cercarsi sempre di
più
con la stessa foga e la stessa energia. Jillian cinse il bacino di
lui con le gambe e accompagnò il ritmo delle sue spinte con
i gemiti
della sua voce serafica, mite, che gli fece accapponare la pelle
costringendolo a stringere i denti pur di non deturpare il momento
idilliaco. La voce di lui era graffiante, cercava di trattenere in
gola i mugugni, troppo occupato a non perdersi neanche un solo
istante sulla pelle di lei. Non poteva descriverla, non voleva
descriverla, non gli bastavano parole adatte a ciò che stava
provando in quel momento. Il pavimento in parquet laminato
sembrò
farsi irrimediabilmente rovente, invece era solo frutto della sua
immaginazione e di quel giaciglio così arrangiato che aveva
ancor
più il profumo della passione.
Michelle
salì la scaletta di legno con malcelata preoccupazione,
sempre
troppo precaria per i suoi gusti: come prima cosa avrebbe cercato di
convincere Brian a cambiarla con una più sicura e meno
traballante.
Portò le mani piatte contro il soffitto proprio dove si
parava
l'angolatura per l'apertura interna e spinse guardandosi bene dal
rimanere in equilibrio. Non ci saliva quasi mai, alle volte Brian le
raccomandava di voler restare solo per non perdere la concentrazione
e lei aveva sempre soddisfatto questo suo angolo di privacy.
Cercò
di dargli una spinta assestata ma qualcosa non andava, c'era come un
peso a bloccare l'apertura e dovette murirsi di fiato e forza per
riuscire a riprovare. Rifilò un'altra spinta all'entrata
alla
soffitta, ma non riuscì a sollevarla in alcun modo neanche
stavolta.
-È
come bloccata. - biascicò lamentandosi, come se il cagnolino
vispo
stesse lì ad ascoltarla. Dovette arrendersi dopo qualche
tentativo e
sperare che rintracciarlo al cellulare sarebbe risultato più
semplice.
Brian
si lasciò andare su di lei senza fiato, neanche le braccia
con le
quali si era trattenuto fino a quel momento avevano continuato a
sostenerlo. Era esausto, il corpo completamente in balia degli ultimi
sussulti che l'avevano visto vittima di una fortissima eccitazione.
Jillian amorevolmente lo strinse, il viso di lui posato al seno, come
a dare il tempo ad entrambi di formulare nella loro mente quello che
era appena successo e cioè che erano finiti per fare
l'amore,
insieme, come a spolverare un vecchio ricordo sepolto in un angolo
della loro mente. Non potè credere a ciò che
aveva provato, si
sentì ancora il calore che le pervadeva le budella
così le mani
scesero a carezzare i capelli corvini: le era mancato, le era mancato
tutto. Le parve come se in tutti quegli anni di rapporti con un altro
uomo non avesse mai più provato una sensazione
così pura di
felicità e di completezza. Brian l'aveva trattata con una
premura
che non credeva possibile, nonostante la forza del suo ritmo e dei
suoi baci le davano quasi l'impressione che volesse divorarla. Sapeva
essere l'uomo più imprevedibile che avesse mai incontrato, e
per
questo che quando le ribadiva che erano perfettamente uguali lei non
poteva fare a meno di dargli ragione.
-Wow..
Tutto questo non lo avevo previsto.. - Brian era ancora stretto alla
presa delle sue braccia, morbidamente posato fra le rosee curve del
suo petto. Quando la sentì parlare non potè fare
a meno di
sorridere.
-Avevo
ragione allora: programmi davvero come distruggermi la vita.- Le
sfuggì un sorriso, ma non era tutto così
divertente nelle sue
parole. Brian si umettò le labbra poi tornò a
puntare i gomiti al
pavimento per permettersi di guardarla. Riuscì a trattenere
il suo
sguardo diversamente da poche ore prima, adesso vi si perdeva dentro,
ammaliato, felice, non potè evitare di baciarglieli
dolcemente,
prima uno poi l'altro. -Sei stata comunque la rovina più
bella della
mia vita.-
Quando
si staccò le portò con una mano delicatamente una
ciocca di ciuffi
ramati dietro l'orecchio argentato da orecchini e schioccò
la lingua
sotto al palato per darsi il tempo di parlare di nuovo.
-Se
mi avessero chiesto come mi sarei visto fra dieci anni dopo quel
maledetto giorno, di sicuro non avrei mai pensato a questo. -
entrambi tornarono a ridere, una risata che rieccheggiò
sublime e li
costrinse a guardarsi ancora negli occhi con una luce diversa.
-Neanche
io.. Ma non nego che adesso è come se la mia vita fosse
cambiata una
seconda volta. Probabilmente potrò finalmente tornare a
vivere e
sperare di riuscire a ricominciare. - Jillian alludeva al fatto di
essersi liberata finalmente della presa possente di Mark e Brian
annuì poco convinto, dimenticando quel piccolo particolare e
ritornando con i piedi per terra. Uno strano ronzio sommesso
interruppe entrambi dai loro pensieri e dal loro abbraccio ancora
indissolubile. Brian si portò seduto e recuperò i
jeans, cogliendo
l'occasione per infilare nuovamente i boxer abbandonati poco lontani
e ci mise qualche secondo per riuscire a capire che l'attrazione
della sua curiosità era contenuta nella tasca posteriore.
Jillian si
infilò la t-shirt lentamente cercando di rivestirsi anche
lei, fino
a che non si fermò nel guardarlo immobile a fissare lo
schermo dello
smartphone che continuava a lampeggiare invano.
-Merda.-
gli sentì sussurrare agguantanto i jeans per indossarli.
Michelle
interruppe la chiamata con una smorfia che voleva essere tutto tranne
che benevola: davvero non riusciva ad immagiarsi una persona
più
difficile da rintracciare di quell'uomo. Manco fosse presidente dei
cinquanta stati d'America. Dovette permettersi un lungo
inspirò per
non mettersi ad urlare prima di lanciare lo smartphone con forza
nella borsa per portarla in spalla e voltarsi nell'altra stanza per
dirigersi verso la porta d'ingresso.
-Andiamo
Pink.. Brian! Cristo, mi hai spaventata! - le comparve alle spalle
poco prima che svoltasse verso la porta, lasciandola impalata ad
occhi spalancati come se avesse visto un fantasma. L'uomo, a petto
nudo e leggermente affaticato le si porse con un'espressione basita,
pallido, sorpreso anche di lui di trovarla già lì.
-'chelle,
cosa ci fai quì? - la donna lo guardò come per
far finta di non
aver sentito, dandogli la possibilità di recuperare al
torto.
-Cioè.. cazzo, lo so, dovevamo vederci.-
-Dove
diavolo eri? Ti ho cercato per tutta la casa. - L'uomo
biascicò
qualcosa, si grattò la nuca in modo incomprensibile poi si
avvicinò
per abbracciarla.
-Perdonami,
non ti ho sentita entrare.-
-Brian..-
esclamò sorpresa dal suo comportamento, cercando spiegazioni.
-Lo
so, lo so, vieni c'è del caffé di là,
parleremo più con calma.
Sono sicuro di averlo preparato, almeno. Non ho dormito tutta la
notte mi sento un pò tramortito, perdonami. Mi serve solo un
secondo.- prese ad avvantaggiarsi lungo la cucina mentre finalmente
Pinkly gli andava incontro, contento di vederlo perfettamente
scodinzolante.
-Hei,
hei! Campione! - cercava di acciuffarlo ma il cagnolino continuava a
sgusciargli via dalle mani completamente fuori di senno dalla
contentezza. -Come stai? La mamma ti ha portato a fare una corsetta
in questi giorni? - scherzò beffeggiando l'animaletto ancora
su di
giri e regalandogli qualche carezza.
-Sono
contento di avervi quì, solo che.. è stata una
nottata strana.-
cercò di mantenersi sul vago sperando che non le fosse
giunta ancora
nessuna voce e nel frattempo prese ad armeggiare ancora con le mani
che gli fremevano per la situazione improponibile che si era andata a
creare. Non credeva che Michelle fosse già lì,
chissà da quanto
ormai, le aveva detto di averlo cercato ovunque e ringraziò
il cielo
che la sua avanscoperta non l'avesse portata dove realmente risiedeva
fino a pochi minuti fa insieme a Jillian. Dio, Jillian,
sperò
rimanesse buona per un pò: avesse potuto si sarebbe preso a
schiaffi
in quel momento. Michelle a quel punto si arrese, preferì
aspettare
che Brian scaldasse del caffé e attese sedendo alla
pensilina della
cucina con le mani congiunte come a non saper come iniziare la
conversazione.
-Wow,
è una situazione strana.-
-Puoi
dirlo forte..- biascicò l'uomo a bassa voce fra
sè e sè,
voltandosi solo dopo per porgerle la tazza e avvicinandosi per
sedersi di fronte. -Che intendi?-
-Hai
la lampo aperta.- L'uomo calò lo sguardo verso la zip dei
jeans e la
tirò su imbarazzato, mettendosi a ridere pur di smorzare lo
stupido
comportamento teso che stava assumendo.
-Odio
le zip, sono... così scomode.- alzò le mani in
segno di resa quando
osservando la donna cominciò a trovare in lei un'espressione
fermamente stranita. Stava cercando di essere più naturale
possibile
invece gli sembrava di stare rovinando tutto.
-Beh
comunque, sono stata felice della tua telefonata e ci tenevo comunque
a ribadirlo..- Brian sorrise e annuì, sollevato anche lui.
-Sì,
e sono felice che tu abbia accettato di vederci.-
-Non
significa che la cosa si sia risolta, credo tu lo sappia questo.-
annuì e lei proseguì. -Brian io.. ci ho pensato
tanto e nonostante
la mia famiglia non sia molto d'accordo con la mia decisione
frettolosa, vorrei darti la possibilità di rimediare.
Salvare il
nostro matrimonio è troppo importante per me. - fece per
commuovere
la voce e Brian sentì una morsa allo stomaco, sentendosi il
pezzo di
merda peggiore sulla faccia della terra. Una feccia umana.
Allungò
una mano a carezzare quella di lei posata sul ripiano e la
tranquillizzò annuendo dolcemente senza riuscire a dire
nulla.
-Val
non ne è per nulla felice, credo tu lo sappia, e ..neanche
mio padre
ha preso bene la cosa.- Avesse avuto un colletto, Brian si sarebbe
preoccupato di allentarlo all'estremità del collo, eppure
era a
petto nudo e sentiva comunque una morsa invisibile come fossero le
mani del suocero.
-Certo,
posso solo immaginare.-
-Naturalmente,
dall'ultima discussione che abbiamo avuto ho fatto in modo di non
lasciarmi influenzare troppo, quindi..- prese un lungo respiro.
-adesso sono quì. Non farmene pentire, Brian.- il suo
sguardo non
ammetteva repliche. -Mi serve che tu mi faccia delle promesse.. -
-'chelle
ti prego..-
-Brian..-
chiamò supplichevole e l'uomo capitolò.
-I-io
posso provarci ma promettere è un qualcosa che.. lo sai,
è fatto
per chi ha una vita normale e tranquilla. Quì è
tutto sregolato,
non posso rispettare orari, ho impegni internazionali e..-
-Se
ci trovassimo in una situazione inversa avresti spostato mari e monti
pur di riuscire a tranquillizzare il tuo cervello. Io non riesco
più
a vivere con questo peso sullo stomaco, mi sento come trattata da
stupida! Io so di poter gestire la mia vita ed il mio matrimonio!-
-Certo
che puoi..-
-Giurami
allora che non c'è stato niente.- Brian si interruppe e
deglutì
rumorosamente sperando di aver frainteso le sue parole.
-Cosa?-
-Giurami..
che non c'è stato niente.- battè le palpebre
velocemente come per
ossigenare il cervello da quella improvvisa supplica, si
portò una
mano alla bocca mestamente scompigliando i ciuffetti di barba che
sbucavano dal mento.
-Michelle
io non so cosa intendi, cioè cosa vuoi che..-
-Che
non sei stato con lei! Che non l'hai baciata, che non hai passato
attimi sperando in lei. Brian noi siamo una famiglia, dobb.. - il
campanello interruppe la donna indirizzando il viso di entrambi verso
la direzione della porta d'ingresso, cosa che Brian
ringraziò felice
di averlo salvato. Certo che se non fosse stato certo che Jillian
fosse nascosta nella sala musica non avrebbe avuto tutta questa
sicurezza nel dirigersi ad aprire.
-Aspettavi
qualcuno?- mormorò la donna, mentre l'uomo si
allontanò per
chiedersi anche lui effettivamente chi fosse a cercarlo.
-Agente..-
Disse Brian aprendo la porta con sorpresa e mentre corrugava le
sopracciglia gli venne sporta una carta compilata che si
apprestò a
leggere con malcelata preoccupazione.
-Brian
E. Haner? - egli annuì e continuò a scivolare gli
occhi sulle righe
rigide e formali di un arresto riferito ad un certo Haner come stato
di fermo per l'aggressione al sopracitato Sig. Johnson, vittima di
una rissa, con annessi acciacchi annotati sul referto medico
allegato.
-Deve
esserci un errore, dovrò sicuramente parlare con il mio
avvocato
prima.- Michelle si alzò dalla sua postazione assistendo
alla scena
con un'espressione disorientata, che quasi sentì le gambe
gelatinose
cederle sotto il peso del proprio corpo.
-Mi
sa che lo farà direttamente alla nostra stazione di
polizia.- cercò
di ribattere ma non se la sentì, trovò solo la
forza di voltarsi a
guardare sua moglie, spaesata, confusa; tutto lo stupore e il rancore
racchiuso nei suoi occhi che solo sfiorarli con lo sguardo lo
punivano di tutte le sue colpe. Quanto male le stava facendo, quanto
male stava facendo a lui.
-'chelle..
perdonami..- mormorò. Gli fu appena concesso di indossare
una
t-shirt insieme alla giacchetta di pelle prima di trovarsi
inghiottito dalla folla dei giornalisti fuori al vialetto di casa,
con i flash contro che lo immortalavano spento in viso, colpito nel
profondo mentre si infilava in auto insieme agli agenti locali.
Alzò
il viso alla palazzina e scontrò il viso di Michelle
completamente
insabbiato dal pianto e avrebbe voluto allungarsi per abbracciarla,
ma chissà se mai le sarebbero arrivate le sue richieste di
perdono
se solo l'avesse guardato negli occhi in quel momento.
Angolo
dell'autrice:
Quando
prendo di mira i personaggi so essere davvero spietata ma tutto
questo serve all'andamento della storia, coraggio Bri!
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto e che le descrizioni siano state
abbastanza chiare da riuscire a ricreare le scene così come
sono
nate nella mia mente. Il compito più difficile è
sempre trasferirle
su carta -se così si può chiamare-.
Sono
felice ed entusiasta del tempo che ho a disposizione per questa
causa.
Ringrazio
animatamente chi ha recensito la fanfiction, per i complimenti ed il
tempo dedicatomi che mi da una spinta sempre maggiore a completare la
fanfiction; a chi ha aggiunto la storia tra le preferite, seguite,
ricordate.
A
presto! :)
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