16.
-Brian
è stato arrestato? State scherzando spero! Q-questo non
è
possibile! - Valary si contorse dall'angoscia, portandosi seduta e
con una mano a cingersi i fianchi osservando un punto impreciso della
sala di registrazione. Tutti i restanti del gruppo si erano radunati
alla telefonata tempestiva di Matthew, che stava ormai da
più di
dieci minuti in silenzio a guardare il notiziario trasmesso alla tv
riguardando il loro primo chitarrista. Zachary e Johnny rimasero a
tranquillizzarla, con le mani incrociare al busto senza riuscire a
nascondere le loro sensazioni di sfiducia: possibile che la
situazione si fosse ridotta a questo? Avevano sperato in un
pò di
discrezione da parte degli avvocati ed invece sembrava che il virus
mediatico avesse già preso ampio campo sulla faccenda.
-Non
è stato arrestato, è solo in stato di fermo. -
Iniziò Zacky, alla
quale si allacciò subito dopo il bassista.
-Già.
Serve ad evitare che uno se la squagli dopo il fattaccio. È
capitato
già centinaia di volte: Jimbo era dentro quasi ogni anno. -
-Stai
parlando dei tempi del collage. Non abbiamo l'età e non
passiamo
neanche più tanto inosservati.. Brian ha fatto una tremenda
puttanata.- La donna si asciugò le lacrime che le coprivano
gli
occhi per poi sbottare su di giri, ringhiando contro Zachary a pugni
stretti.
-Di
che puttanata stai parlando? Dite tutto quello che sapete sulla
faccenda! Tanto lo so che state cercando di coprirlo!- un tremendo
frastuono improvviso scosse i tre, tanto che sull'attenti si
voltarono verso il leader che aveva scaraventato via gli oggetti dal
ripiano di fianco lo schermo da parete. Matt era furibondo, non aveva
pronunciato una parola e il suo fiato si era fatto improvvisamente
affannoso. L'aria in sala si fece torbida, arida e i ragazzi
dovettero deglutire a fatica per ritornare a parlare. Attesero
qualche secondo di comune accordo poi si spostarono verso l'amico
portandogli una mano sulla spalla e stringendola con convinzione.
-Vedrai
che sarà fuori in un batter d'occhio. -
-Siamo
invasi dalla stampa.- dalle vetrate ampie del secondo piano una massa
informe e brulicante di giornalisti aveva invaso le strade parallele
alla sala.
-Quando
avrà chiarito la sua posizione se ne andranno.-
-Rimane
il fatto che lo ha pestato a sangue! Questo ci vorrà tempo
prima che
qualcuno se ne dimentichi!-
-Di
cosa diavolo state parlando? - Valary intervenne su di giri, ma i
ragazzi accerchiati erano troppo presi dalla situazione sfuggita di
mano.
-Dovrò
andare a depositare per lui.- Matt si voltò dileguandosi
verso
l'ingresso dopo aver afferrato la giacca al volo, ma i ragazzi lo
raggiunsero in un batter d'occhio.
-Sei
impazzito? Centinaia di testimoni sanno che sei intervenuto dopo,
finiresti nei guai anche tu!-
-E
allora cosa diavolo possiamo fare? Non posso lasciarlo così!
-
Zachary affondò lo sguardo negli occhi del leader, le sue
pupille
continuavano a cerchiarsi e dilatarsi come sotto l'effetto di una
droga, non lo aveva mai visto così. Sicuro fosse lo stesso
Matt di
sempre? Quei due giorni avevano mandato tutti ad impazzire, si era
perso lo scorrere del tempo ed i loro neuroni stavano andando
completamente a farsi fottere.
-Tu
non puoi. - intervenne Johnny richiamando l'attenzione vagante di
tutti. -Ma abbiamo chi può farlo.-
***
Jillian
riaprì gli occhi attendendo qualche secondo per riuscire a
rendere
nitida la veduta di ciò che la circondava: la sala era
immersa nel
silenzio, poteva udire il suo respiro come mai prima d'ora, come se
si trovasse in un sogno distorto. Si tirò seduta aiutandosi
con le
braccia, mugugnando per la scomoda posizione in cui aveva giaciuto
per chissà quanto tempo in attesa che Brian tornasse, ma
così non
era stato a quanto pareva. Non seppe bene che ora fosse, in quello
spazio di legno e corde di rame sembrava che il tempo non potesse
penetrare o imporre limiti, era tutto innaturale. Diede un'occhiata
al display del suo smartphone sorprendendosi di quanto tempo fosse
passato, chiedendosi quale fosse davvero la cosa migliore da fare.
Aveva accantonato per un attimo ciò che era successo quella
mattina
stessa, con Brian, abbracciati a fare l'amore sul pavimento della sua
stanza dello spirito e del tempo. Jillian rise al pensiero, poi
però
smise riflettendo sul motivo del perché ora lui non fosse
più lì.
Pensò bene di raccattare le sue cose e fare in modo di
dileguarsi il
prima possibile: sentiva la testa pesante per lo stato brillo delle
ore precedenti e ora si sentiva anche stupida di aver causato alla
vita coniugale di Brian una falla grande quanto il suo ego. Brian era
sposato e ora che ci rifletteva a mente lucida tutto stava
riprendendo pian piano forma. Una forma mostruosa e diabolica ma pur
sempre una risposta alle sue domande. Affondata di nuovo dalle sue
iniziative che prima o poi l'avrebbero lasciata sola, in qualche
angolo dell'America, senza più speranza. Prese un gran
respiro prima
di alzare la botola impiantata al pavimento, incapace di evitare di
far cigolare il legno e costretta ad una smorfia di sforzo e
terrore. Si sentiva una ladra e la cosa le immobilizzò il
cuore in
gola per qualche tempo, finché non riuscì a
rendersi conto che la
casa era completamente deserta e che vi fosse solo lei ormai. Dovette
sbrigarsi ad allontanarsi verso l'altra parte della strada, dove
ormai vigilavano insieme ad un brusio sconnesso un'orda di
giornalisti e affini, cercando di confordersi tra loro una volta
alzati al viso i grandi occhiali specchiati. Come se la sua esistenza
venisse cancellata solo grazie a quello.
***
-Davvero
sei della tv?- Brian continuò ad accerchiare con la punta
dell'indice il legno del tavolo della sala d'attesa, stralunato,
stanco delle continue domande della guardia ingorda che continuava a
sputacchiargli addosso pezzetti di donut alla nutella.
-Non
sono della tv.-
-Ma
sei uscito nel notiziario, non posso crederci! Finalmente qualcosa di
interessante anche da queste parti. Che cosa fai allora?- Non
alzò
lo sguardo, si limitò ad aspettare il suo avvocato
sbirciando la
porta d'entrata con la coda dell'occhio, grugnendo infastidito quando
si accorgeva che rimaneva ancora ottusamente serrata.
-Eddai,
puoi parlarne con me! Quì la vita non è semplice:
scartoffie, ronde
di routine, altre scartoffie. Secondo me tu sei un ragazzo a posto,
ne ho viste di facce da galera e a parte quella matita sotto l'occhio
non hanno nulla a che fare con te. Nel minore dei casi spacciano
qualche merda ai ragazzi di quartiere fino a sparare alle vecchiette
per le loro pensioncine da quattro soldi. Che sudicio mondo. -
mormorò, tornando a cibarsi quasi come per allontanare la
collera
fremente. Brian si voltò a guardarlo sorpreso dalle sue
parole,
quasi annuiva per la rabbia che aveva sentito dalla sua voce e non
potè evitare un'espressione amareggiata. L'attenzione dei
due si
spostò però fugacemente al rumore della porta che
si apriva,
mostrando una guardia che irruppe col capo quasi come evasivo.
-Hai
una visita: dice di essere tua moglie. - Brian si alzò in
piedi
fulmineo e annuì, notando la figura snella di Michelle
nascosta
dietro due grandi occhiali a specchio.
-'chelle.-
pronunciò quando gli si sedette di fronte, sempre sotto
l'occhio
attento dei due agenti in divisa. La donna non parlò,
armeggiò con
la borsa finché non riuscì a trovare la posizione
adatta per
contenere leggermente la sua impazienza.
-Dimmi
che c'è stato un errore e che non è possibile che
tu sia quì,
adesso.-
-Come
hai fatto a..-
-Brian!
Maledizione, dillo! Che accuse hanno contro di te per tenerti
quì? -
La donna si spazientì, strinse i pugni contro il bancone ed
i suoi
occhi specchiati non ammettevano nessun contatto con quello
dell'uomo. Brian attese qualche secondo poi umettò le labbra
con un
gesto veloce cercando le parole giuste da usare, semmai ce ne fossero
state.
-È
una situazione passeggera..-
-Sono
otto mesi di reclusione, questo ti sembra passeggero?- la voce della
donna si fece disarmante ma nessuno trovò il modo giusto di
aiutarla
a calmarsi.
-I
miei avvocati devono ancora deporre, non è nulla di
effettivo!
Stiamo aspettando che riescono ad ottenere tutto l'occorrente per
ribattere. Lo sai che non so come funzionano queste cose..-
-Perché?-
-Perché
pago loro per farlo.-
-Intendevo,
perché ti hanno arrestato. Voglio la verità
Brian, non credi di
aver già mentito abbastanza? Quanto credi che io possa
reggere
queste umiliazioni da parte tua?- I due agenti restarono impalati ad
assistere, costretti per motivi interni agli ordini, ma Brian non se
ne curò, era come se nella sua testa fosse tutto vuoto ed il
solo
motivo per uscirne era scomparire. Peccato fosse impossibile.
-C'è
stata solo una stupida rissa.. - mormorò con un filo di
voce, che
gli uscì appena mentre stringeva forte i pugni fino a far
sbiancare
le nocche.
-Una
rissa? Cristo, ma sei impazzito? Con chi? - Strinse le labbra mentre
gli moriva il nome sulla punta della lingua: solo ricordare quel
momento gli faceva scorrere la rabbia fin dentro le vene delle
braccia.
-Mark..-
-Mark?-
-Johnson.
Mark Johnson.- Michelle spalancò gli occhi ma il gesto si
materializzò solo nella testa dell'uomo che immaginava
ognuna delle
sua reazioni alla scoperta di quel nome. Mark, Mark Johnson, terza
classe del college; numero otto nella squadra di football della
scuola; chitarrista a tempo perso, grande amico ai tempi della loro
vita da adolescenti; fidanzato di Jillian con la quale si
trasferì
fuori la California pochi anni dopo il diploma. Il tutto tornava a
ricollegarsi a lei, a Jillian, e Michelle non potè che
stringere i
denti alla notizia.
-Mark
Johnson.- iniziò con una smorfia annichilita. -Il fidanzato
di
Jillian.-
-Non
è come pensi. L'aveva picchiata, il suo viso era
completamente
gonfio e tumefatto. Quel figlio di puttana era ubriaco e sballato di
merda, mi rilasceranno per forza, è solo questione di ore.-
-Perché
non me lo hai detto? Perché mi tratti come una stupida,
come.. come
una cosa inutile, un ripiego? - Brian disdì col capo per
rinnegare
le parole di lei, scaricate fuori con rabbia, come tante lingue di
fuoco che lo schiaffeggiavano.
-Non
è così! Avevo solo paura che non saresti
venuta..-
-E
avevi ragione. Almeno qualcosa di me lo conosci. - la donna si
alzò
in uno scatto veloce che lo immobilizzò per qualche istante,
finché
con un gesto immediato non le vide trascinarsi la borsa in spalla e
voltarsi verso la porta.
-Michelle!
Michelle, aspetta..- cercò di afferrarla ma il braccio esile
le
sfuggì dalla presa, mentre un agente lo fermava all'uscio
per
impedirgli di seguirla.
-Aspetta
cazzo, devo parlare con mia moglie! - intimidò con uno
strattone a
lasciarlo ma non gli fu dato ascolto, guardandola mentre si
allontanava lungo i corridoi del distretto locale accompagnata dai
suoi richiami rauchi. -Michelle! Michelle, cazzo!-
***
Tirò
su col naso ancora dolorante, gli tiravano tutti i punti di sutura
che aveva sul collo della narice e con una smorfia contratta
cercò
di sopportarli con appena qualche rantolo. Erano due ore che
aspettava in auto al buio, con accesa la radio, crogiolandosi della
notizia che girava ormai da ore sull'arresto di Synyster Gates,
chitarrista degli Avenged Sevenfold. Incredibile, non si sarebbe mai
aspettato che finisse dentro con tanta velocità e la cosa
non potè
che farlo sorridere. Mark fece un altro tiro veloce di sigaretta:
Jillian mancava dall'intera mattinata da casa e cercare di capire
dove fosse stata non era difficile. Sicuramente quei maledetti dei
suoi amici l'avevano tenuta dentro una campana di vetro
finché uno
dei loro componenti principali non è finito al fresco.
Già se li
immaginava piangenti e smarriti in mancanza dell'anello che
concatenava tutti gli altri della band. Synyster Gates non era quello
che conosceva di lui, ma Brian Haner sì. Ricordava ancora
come fosse
stato appena il giorno prima la sua faccia a vederlo andare via
stretto a Jillian: come aveva fatto ad innamorarsi di lei? Era bella,
sì. Ed era buffa, lentigginosa, scuoteva la testa come una
bambina
quando qualcosa non la convinceva. Forse per questo Brian Haner
l'aveva amata? Non era una donna a quei tempi, non era neanche
formosa, non era provocante, vestiva come una suora e leggeva tanti
noiosi libri. Eppure anche lui l'amava, l'amava tanto. Lei era
premurosa con lui, gli prestava attenzioni di cui aveva bisogno per
colmare il vuoto costante intorno a sè. Non aveva famiglia,
non
aveva una casa, era un ragazzo strano e attivo che l'aveva stretta
fra le braccia e le aveva fatto credere che fosse l'unica. Ma chi
può
davvero credere di essere unica in una popolazione così
vasta come
quella? Solo una sciocca. I fanali dell'auto restarono oscuri a
mimetizzarsi nella sera, mentre passi svelti si erano apprestati a
rincasare. La fiaccola aranciata della sigaretta si accese in quel
buio assoluto, prima di morire lanciato via sull'asfalto. Jillian
aveva varcato la soglia di casa e probabilmente avrebbe passato
qualche secondo a rinsavire prima di mettersi a letto.
Chissà se le
era giunta la notizia: il suo Brian non sarebbe stato lì a
prendersi
cura di lei. Che peccato. Scese dall'auto con un tremolio alla gamba,
gli faceva così male che la trascinò fino al
pianerottolo dove
sbirciò con la coda dell'occhio verso ogni angolo. Il
cancello alto
era ancora socchiuso, sapeva che la sua abitudine si prolungava
finché non si sarebbe coricata, allora ne
approfittò per sgusciare
all'interno. Non era molto agile, gli ci volle un pò per
salire i
gradini ma poi si affiancò al portone poggiandovisi contro
per
ascoltare. Non c'era nulla, solo silenzio. Mark si accostò
spingendo
e cercando di girare la maniglia, ma era chiusa, avrebbe dovuto
bussare? Oppure prendere il suo mazzo personale per farle una bella
sorpresa?
-Principessa?
Finalmente a casa.- bofonchiò. Sapeva che il suo tono era
troppo
basso e ovattato per sperare in una risposta ma sogghignò,
come se
la cosa lo divertisse al quanto: essere un'ombra, un sospiro di
vento. Il tintinnio metallico dell'anello di chiavi
riecheggiò nel
vialetto disabitato, era come il suono di catene che cozzavano, di
spade, di una gabbia d'oro che stava per sigillare il suo portoncino
ovale. Oro ma pur sempre una gabbia. Quando il chiavistello
combaciò
perfettamente ci fu un momento di pausa, qualche secondo per darsi il
tempo di respirare a pieni polmoni l'aria della notte. Sapeva di
bruciato, ma forse era solo un pensiero che gli affiorava la mente o
la causa dei forti pugni al viso. Non ci pensò troppo, aveva
solo
pochi minuti. Il pomello iniziò a rigirare su se stesso e
questo fu
il chiaro segno che quella porta non li avrebbe divisi, non
l'avrebbe tenuta lontana da lui come le volte precedenti. Solo allora
Jillian sobbalzò; si chiedette più e
più volte se fosse stato il
vento a scuotere i cancelli o a graffiare fuori dalla porta, ma quel
particolare le diede la conferma che forse non era sola. Quasi le
gambe diventarono molli sotto il suo peso, dovette farsi forza in un
ultimo estenuante tentativo prima di dileguarsi verso la stanza da
letto e chiudere la porta alle spalle con un giro di mandata, come se
bastasse a renderla immune. Jillian annaspò, il suo fiato si
assottigliava sempre di più, divenne un alito che sembrava
spirare
da un momento all'altro minacciando di lasciarla senza ossigeno.
Indietreggiò senza perdere d'occhio il legno inciso,
inciampando
contro il caos, gli angoli del letto, oggetti sparsi in giro. Ci fu
un tonfo, il rumore di passi sconnessi e scoordinati, che il suo
cuore, quasi come se volesse tuffarsi fuori dal petto,
monitorò a
suon di battiti forsennati.
-Ti
prego... ti prego... - piagnucolò a voce bassa, stesa a
terra come
se riuscisse ad unirsi al pavimento per scomparire. -N-non.. no..
no.. - si asciugò le lacrime con la manica della maglia e
camminò
carponi verso l'angolo del letto per pararsi dall'aura pesante che la
stava schiacciando come un macigno.
-Possibile
che hai ancora voglia di giocare? - Jillian sobbalzò, la
voce di
Mark era atona, quasi cordiale, dovette prendere un lungo respiro per
impedirsi di urlare. -Apri questa porta Jillian, sono stanco di
perdere tempo. - sentì spingere da fuori e battere contro la
maniglia serrata. -Coraggio, apri questa porta. Siamo persone adulte,
perché non chiarire una volta e per tutte?- La donna
batté
velocemente le palpebre per liberare gli occhi dalle lacrime, che le
rendevano la vista offuscata fino a rigarle le guance. -Apri questa
cazzo di porta! - non riuscì a trattenere un urlo debole,
spaventata
dai rantoli e dai suoni dei palmi che si scagliavano sulla
superficie. -Va bene.. va bene.. Troverò un modo
altrenativo.- Il
suono dei passi zoppi e innatuali si allontanò di poco per
poi
tornare iniziando a colpire forte con qualcosa di pesante,
finché
non avrebbe fatto cedere la sua unica protezione fra mille schegge
appuntite. -Hai sentito la notizia? Oh, sì che l'hai
sentita. Chi è
che ormai in tutto il mondo non sa che Brian Haner è al
fresco a
pagare per i suoi crimini? Dio, quanto si è esposto per te!
Un vero
martire! - Il cuore della donna accellerò fino a scoppiare,
mentre
si portava una mano alla bocca per evitare di gemere ancora. Brian
arrestato? Voleva vendicarsi di lui continuando a perseguitarla,
ormai stretti in una morsa che mai l'avrebbe allontanata da Mark.
Cosa poteva fare? Cosa avrebbe potuto evitare che entrasse in quella
stanza? Cosa voleva da lei?
-Incredibile
quanto quell'uomo non sia cambiato di una virgola! In tutti questi
anni non ha ancora capito quanto sforzo gli sia costato stare con una
come te, ma quanto si è fatto male adesso? Avrà
imparato la lezione
spero! Sei davvero un pericolo, principessa. Ci manderai tutti
all'inferno! - il crepitio violento cominciava ad inarcare la soglia
della porta fino a farle emettere un suono stridulo, come un urlo
soffocato di sofferenza. Jillian si asciugò gli occhi e i
lati della
bocca, raggiungendo l'angoliera ai lati del letto per afferrare il
suo smartphone: le dita le tremavano così tanto che quasi
non
riusciva ad usarlo, continuava a sbagliare e riprovare
finché non si
appiattì con le spalle al muro attendendo che qualcuno
rispondesse
alla sua chiamata di aiuto.
-Cristo,
sono due ore che cerco di mettermi in cont..-
-È
quì... è quì..- Jillian emesse un
lungo lamento che scoppiò in
pianto. Era stanca, sfinita, non avrebbe affrontato Mark con la forza
debole che le appesantiva le braccia.
-Chi?-
-Aiutami
Matt, ti prego.. ti supplico.. è quì.. non so
cosa voglia! Sta
buttando giù la porta! - i colpi alla porta furono udibili
dal
microfono tanto che Matt sussultò e si rizzò in
piedi di scatto
afferrando la giacca.
-Sto
arrivando! Dove sei? -
-A
casa.. a casa..- emesse in un soffio quando riuscì a
smettere di
piangere, raggelata dalla porta della stanza che si spalancava e
dalla figura affannata e imperlata di sudore dell'uomo. Il buio della
stanza dove risiedeva lasciò spazio alla luce soffusa che
proveniva
dalla cucina; era un alone ombrato, caldo, che aveva circondato il
corpo snello e mal messo di lui, voltatosi a sogghignare contro di
lei rannicchiata al buio in un angolo.
Il
labbro di Jillian aveva preso a tremare forsennatamente fino ad
impedirsi di fermarsi, mentre lo guardava avvicinarsi a lei con un
passo lento imbracciando la mazza da baseball della squadra del
paese.
-Resisti,
sto arrivando! - lo smartphone cadde al pavimento in un tonfo sordo,
mentre la voce di lei si affievoliva, le moriva in gola, stretta fra
le sue dita.
-Jill..
Jillian! -
Angolo
dell'Autrice:
A
qualche settimana di distanza eccovi quello che sembrerebbe essere il
penultimo capitolo. Ringrazio chi con tanto affetto mi ha seguito,
recensito, chi silenziosamente ha apprezzato la mia storia.
L'argomento che ho trattato mi è stato tanto a cuore e
tutt'ora lo
trovo decisivo per sensibilizzare sempre più persone a
combattere
contro la violenza sulle donne; in questo caso in particolare la fan
fiction è raccontata in modo molto soft, soprattutto con i
nostri
idoli quindi è stata resa più leggera possibile.
Comunque,
dato che i ringraziamenti e le risposte a possibile vostre domande
saranno poste solo alla fine, vi ringrazio ancora per essere
arrivate/i fin quì.
Un
abbraccio e a presto!
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