Ciao
a tutti, cari lettori! E dunque rieccomi qua, ancora una volta a
salutarvi alla conclusione di una long-fic, dopo avervi a lungo
intrattenuto, divertito, emozionato, e, stavolta, anche un po'
spaventato ^__°
Un
progetto originale, ho provato non poco sfizio nel realizzarlo: è
stato il mio primo tentativo di “horror”, anche se so di doverlo
scrivere tra virgolette in quanto comunque molto contaminato da altri
generi, molto influenzato dal mio solito stile diciamo, ma che è
stato comunque in grado di piacere, e ne sono felice. Le mie
soluzioni narrative non sono state sempre graditissime (in certi
commenti eravate proprio sconvolti... ^_° XD) ma tante altre hanno
entusiasmato me nello scriverle e voi nel leggerle (l'immagine di
Zombi-Russia non ce la toglieremo dalla mente per un po' mi sa...
XD), e grazie a tutte loro sono riuscito a comporre il quadro di
questa storia struggente e spassosa insieme di cui ora leggerete il
finale.
Non
è singolare il fatto che ora questa storia finisca e a breve ci sia
Halloween? XD
Prima
di lasciarvi all'ultimo capitolo, lasciatemi fare un po' di saluti!
Un
grazie in particolare a Nordwestwinde, Framboise, Claireroxy,
Immatura e Frostylily, fedelissime nel leggere e nel farsi sentire
nei commenti, commenti talvolta anche belli e approfonditi, fin
dall'inizio ^_^
Molte
grazie anche a Summerstar, anche lei tra i primi lettori, a Wendiie,
Classicboy e Darkshin, e per finire a tutti voi che avete letto sin
qui ma non avete mai commentato, grazie anche a voi! ^__^
Buona
lettura, e alla prossima storia!
TonyCocchi
Le
labbra di Feli si arricciarono, come stesse assaporando qualcosa di
delizioso. Poi gli occhi iniziarono pian pianino ad aprirsi.
Riconobbe i visi familiari di suo fratello maggiore e del suo
migliore amico e si raddrizzò sullo schienale della sedia.
“Veee,
buongiorno... Non potete immaginare: ho sognato che tutti erano stati
trasformati in zombi spaventosi che volevano mangiarci, e poi eravate
diventati zombi anche voi... Eh eh eh!”
“Infatti
è successo davvero.” -annuì Romano.
“AAAAAAAAAAAAH!!!”
“Però
ora sono di nuovo tutti normali. È tutto finito, Italia.” -lo
rassicurò Germania.
“Ah...”
Rise
e gli mollò una pacca.
Italia,
complice il colpo presogli un attimo prima, non ebbe bisogno di
stropicciarsi gli occhi e, sveglio del tutto, si guardò intorno. Si
trovava nella sala riunioni e c'erano proprio tutti, una folla di
nazioni, normalissime e viventissime nazioni, riempiva ora quello
spazio. Anche per loro doveva essere stato come destarsi da un brutto
sogno, un'esperienza tanto tragica e irreale che faticavano ancora a
crederci, e solo il sollievo che fosse finita riusciva a diluire quel
senso di assurdo che tutti provavano ripensandoci. Tutti loro avevano
infatti conservato ogni ricordo di ciò che era accaduto, ogni
istante della loro esperienza da zombi si era conservato nitido, ed
era una bella fonte di imbarazzo per molti... Un po' come quando ci
si è ubriacati e il mattino dopo si fa i conti con quello che
l'alcol non è riuscito, purtroppo, a cancellare, e non restava che
mettersi le mani nei capelli e promettere di non bere più un goccio
per il resto della vita, o, in quel caso, non assaggiare più carne
umana fresca...
Molti
stavano come lui riposandosi, ma c'era anche molto movimento; alcuni,
come Inghilterra e Giappone, apparivano ancora in forze e si
dedicavano a dare una prima sommaria risistemata alla loro carissima
sala semi-distrutta, raddrizzando sedie, spazzando sporcizia, pulendo
macchie; la maggior parte però era divisa tra quelli in cui
prevaleva il conforto di averla ormai sfangata, come Danimarca, che
dimenticandosi di tutto l'accaduto faceva salti di gioia e
abbracciava i suoi fratelli uno per uno, e quelli che invece, colti
dal rimorso, erano impegnati a scusarsi più e più volte per le loro
azioni. Molti di loro ne avevano commesse di spiacevoli, ma nessuno
di loro era in sé, e nessuna delle vittime avrebbe mai potuto
prendersela davvero.
“Ehi,
Francia... Scusa se ti ho morso...”
“Oh,
ma figurati, Spagna! Un po' me lo sono meritato, sarei dovuto stare
più attento! Eh eh!” -ci passò su Francis, ricordando, senza però
il minimo pentimento (e con un accenno di sangue al naso...), quando
era riuscito a mordere il suo carissimo Arthur...
“Scusamiscusamiscusamiscusami!”
-ripeteva nervosa Ungheria nel suo prendersi cura di Turchia.
“Ehi,
calmati!”
“Sigh!
Il tuo povero naso! Mi spiace tanto! Quando ho la padella in mano
sono un pericolo pubblico, lo sai! Se c'è qualcosa che posso fare
per te...”
“Una
cosa ci sarebbe: potresti smetterla di fasciarmelo? Credo basti!”
Ungheria
batté le palpebre, rendendosi conto che, nel suo premuroso tentativo
di fare ammenda per la padellata in piena faccia con cui l'aveva
steso, aveva usato tanta di quella garza per fissare la stecca da
avvolgergli quasi del tutto la testa, rendendo Sadiq simile a una
delle mummie di Egitto.
“Ops...
Eh eh eh!”
Tanto
per restare in tema di mostri... In ogni caso non sarebbe stato
nemmeno necessario: quando la maledizione del deodorante-zombificante
era stata spazzata via da quella nebbia verde, in poco tempo tutte le
loro ferite, piaghe, cancrene e quant'altro si erano rimarginate e
curate completamente da sé. Persino gli arti e le membra amputate
erano magicamente tornate al loro posto: così Svezia aveva riavuto
le sue dita, e la testa di Olanda era tornata al suo solito posto.
Erano tornati tutti come nuovi!
“Come
mai a noi quasi nessuno chiede scusa?” -si chiese Prussia.
“Perché
abbiamo passato la gran parte del tempo chiusi in un pianoforte?”
-suggerì Austria.
“...
Tutto come dal mio magnifico piano, certo! Ah ah ah!”
Austria
gemette disperato.
“Ehm,
s-signor Russia, p-posso disturbarla?” -gli si avvicinò Lettonia
mentre stava rimettendosi al collo l'amata sciarpa bianca.
“Dimmi.”
“Ecco,
io, anche a nome dei miei fratelli certo, vorrei scusarmi con lei per
il mio increscioso atteggiamento mentre ero uno zombi: penso sia
stato molto scortese cercare di farla a brandelli e
mangiarla.”
Russia sorrise: “Oh, suvvia, non serve ti scusi,
non sei il solo che ha cercato di mangiarmi nelle ultime ventiquattro
ore!”
“Ad
ogni modo... tutto perdonato?” -chiese il dolce piccoletto dei
baltici.
“Ma certo, Lettonia! Perdonatissimo! In fondo, non sei
nemmeno riuscito a farmi granché del male, anzi, a pensarci non mi
hai fatto neanche un graffio!”
“Eh
eh eh... Eh, già...”
Si girò... e la sua faccia si trasformò!
“Peccato...”
“Uh?
Hai detto qualcosa, Lettonia?”
Si girò col viso di nuovo
illuminato: “Oh, niente di che, signor Russia! Grazie mille!”
Tornò
ad allontanarsi e a mordersi una mano di nascosto: “Sigh! Sigh!
Maledetto!”
Tra
una scusa e l'altra, erano d'obbligo anche i ringraziamenti agli eroi
di quell'avventura, i Sei dell'Apocalisse. Ritrovatisi per puro caso,
spauriti e tanto diversi tra loro, sulla cresta dell'onda a cercare
di non farsi trascinare, erano stati in grado di riuscire
nell'impresa! In fondo avevano compiuto il loro dovere, fatto ciò
che chiunque al loro posto avrebbe fatto... Ma questo ovviamente non
avrebbe mai e poi mai fermato il loro esuberante leader dal godersi
la gloria saltando su una sedia e narrando le loro, e soprattutto,
sue, audaci gesta!
“Zombi
alla mia destra! Zombi alla mia sinistra! So che l'unico modo per
uscirne è aprirmi un varco, e, per Giove, è proprio quello che
faccio! Io e la mia fedele mazza abbattiamo un morto vivente dopo
l'altro! Avreste dovuto vedere come volavano quando li colpivo! E
come volavano i loro denti!”
“Lo
sappiamo... -lo interruppe Norvegia dal pubblico massaggiandosi una
guancia- “C'eravamo anche noi...”
“Da
quanto va avanti?” -chiese Giappone.
Inghilterra
scosse il capo: “Il mio orologio si è rotto, ma senza dubbio da
troppo.”
Giappone
sospirò e sorrise: “Oh, beh, è il suo momento, se lo è
guadagnato: lasciamo che vada avanti finché non si stanca.”
“Sei
un ingenuo Giappone: America, di questo, non si stancherà MAI!”
Intorno
la sua sedia si era radunato un nutrito gruppetto: la narrazione di
America era a tratti un po' faziosa, ma di sicuro appassionante, ed
erano molti quelli che volevano conoscere altri dettagli della loro
avventura. C'era chi lo ascoltava a braccia conserte e con aria
critica, come Cina e Australia, chi a bocca aperta, rapito, come la
nuovamente dolcissima Lily, e chi come la piccola Wy, seduta sul
pavimento con gli occhioni enormi che brillavano, vibrava tutta per
l'emozione!
“Così,
dopo aver condotto i miei uomini fino alla sala riunioni dove ora ci
troviamo, mentre Giappone e Italia facevano il loro dovere col
congegno, io mi tenevo pronto di guardia, perché sapevo bene i guai
ci avrebbero presto raggiunti! E infatti << BAM! >>,
le porte vengono giù, e una decina di zombi irrompe! A quel punto mi
sono messo alla testa dell'attacco per scacciarli! Oh, la mia fida
mazza da baseball, quante ve ne potrebbe raccontare se fosse ancora
qui!”
“Ehi, America, perché non racconti di quando contro di
me ti è servita una mano?” -lo canzonò Australia.
Cina
sorrise in modo malvagio: “O di quando ti ho disarmato
semplicemente con un calcio... ben due volte?”
“Questa
non è una conferenza stampa!” -li zittì arrossendo il grande
eroe- “Le domande alla fine! Allora... Dicevo? Ah, si! Ovviamente
potevo contare su un valido e a me fedele gruppo di compagni, salvo
qualche piccola eccezione ogni tanto... Inghilterra naturalmente era
più pessimista delle previsioni del tempo la domenica!”
La
battuta riuscì ad accattivargli il pubblico e gli valse una corale
risata.
“Per
fortuna io sono un concentrato di ottimismo fin nel midollo! Così
mentre lui piagnucolava che non ce l'avremmo fatta gli ho detto...”
Gli
spettatori non ebbero modo di saperlo in quanto Inghilterra in
persona gli aveva appena tolto in malo modo da sotto i piedi la
sedia, facendogli prendere una fragorosa caduta sul pavimento.
“Scusa,
America, devo rimetterla a posto.” -disse col suo calmo e
brevettato aplomb britannico, mentre il pubblico rideva ancora di
più!
“Inghilterra!”
-urlò rialzandosi- “Come hai potuto interrompermi?! Stavo per
arrivare alle parti migliori! Non hai proprio un briciolo di tatto!”
“Tu
invece hai qualche briciola di attinenza nei tuoi resoconti: mi
aspettavo di peggio.” -si allontanò dopo averlo trafitto con una
seconda frecciata.
“Urgh!
Suvvia! Al pubblico la storia piace di più se la infiocchetti un po'
nei punti giusti!”
“Non
prendertela, America.”
“Uh?
Chi mi chiama?”
“Sono
Canada.” -che per la verità era stato tra il pubblico, ora
dispersosi, fin dall'inizio.
America
sentì il gelo lungo la schiena: proprio col suo fratellino aveva
vissuto il suo momento peggiore, quello doveva aveva sul serio
pensato di lasciarci le penne.
“Tutto
a posto?” -gli domandò, ricordando la loro aspra battaglia in cui
ce l'aveva fatta per un pelo: se avesse reagito solo un istante più
tardi non sarebbe stato lì, a non raccontare a nessun altro del suo
momentaccio...
“Si,
per fortuna sto bene come tutti gli altri. Piuttosto America, scusami
per...”
“Non dirlo nemmeno! Sei stato strepitoso: sgusciarmi
così vicino a quel modo, quello sguardo che avevi... A momenti mi
veniva un colpo! Sei stato strepitoso, forse non mi ricorderò spesso
di te, ma di sicuro non mi dimenticherò mai dello zombi-Canada!”
“...
Ehm... Grazie?” -domandò lui, confuso sul doversi sentire
lusingato o meno dalla cosa!
“Di
nulla!”
Nel
suo modo strano di pensare, doveva avergli regalato delle emozioni
belle forti, qualcosa che gli valeva decisamente la sua stima! Provò
a dire altro, ma in quel momento suo fratello fu distratto.
Si
era infatti visto passare davanti, come se nulla fosse, nientemeno
che Bielorussia! Tutta intera in carne ed ossa!
La
rincorse: “Ehi! Sei proprio tu?”
“Chi
dovrei essere, scusa?” -gli rimandò con tono gelido.
“No,
cioè...” -sorrise- “Sono solo sorpreso di rivederti tutta d'un
pezzo, mi fa piacere! Voglio dire... Russia ti aveva divorata, dico
bene?”
“Esatto,
ma mi sono rigenerata a partire dal mio fiocco.”
“......”
“......”
“...
Sul serio?” -balbettò America fissando il candido nastro che le
ornava i capelli biondo platino.
“Si.”
Dopotutto
lei era sorella di Russia: era tutto fuorché incredibile in fondo!
“Oh,
beh... Ottimo! E... stai bene? Voglio dire, il fatto che tuo
fratello, anche se in preda allo zombismo, ti abbia mangiata...
Suppongo tu ci sia rimasta parecchio male, eh?”
Bielorussia
roteò al cielo gli occhi, visibilmente annoiata: “Tsk, ne parli
come se fosse accaduto qualcosa di male! Si vede proprio che non
capisci niente!”
“Eh?”
Il
tempo di un battito di ciglia e Bielorussia gli sparì da sotto il
naso per riapparire seduta accanto a Russia! Come c'era da aspettarsi
lo spazio vitale della superpotenza era stato brutalmente azzerato
dall'abbraccio in cui la sorellina, sprizzante gioia da ogni poro,
l'aveva rinchiuso.
“Mio
fratello mi ha divorata... È come se avesse voluto rendermi tutt'uno
con sé! Sono stata dentro di lui, parte di lui, uniti come non mai
prima!” -sospirò, sfregando la guancia al suo braccio- “Ah, non
potrei esserne più felice!”
Russia invece non poteva essere più
paralizzato dall'orrore! Aveva lo sguardo fisso davanti a sé e stava
addirittura iperventilando.
“Ah,
fratello mio... Puoi mangiarmi tutte le volte che vuoi!”
Veloce
come un razzo, ecco Ucraina piombare e stringersi alla sorella allo
stesso modo di lei con Russia, piangendo commossa: “Ueeeh!
Bielorussia! Sei tutta intera!”
“Fratello... Non hai
fame?”
“SIGH!”
Quando si diceva “famiglia
disfunzionale”, pensò America...
Quella
scenetta tanto familiare però servì anche a rincuorarli, come fosse
un segno che tutto era tornato alla normalità.
“Dal
canto mio” -disse Giappone, tornato del suo solito pacato distacco-
“Posso dire di aver imparato delle valide lezioni da tutto questo.
In primo luogo, a non lavorare oltre orario dopo essere stato
mentalmente condizionato.”
Fra
le altre cose c'era il serrare porte e finestre ogniqualvolta
impegnato in un progetto, e dotarsi di un efficace sistema
anti-intrusione di America... D'ora in avanti avrebbe fatto in modo
di tenere il suo lato otaku, che condivideva con piacere con quello
nerd dell'amico, ben separato dall'ambito lavorativo!
“Come
si suol dire, non tutto il male vien per nuocere allora. Che ne farai
adesso?” -gli domandò Inghilterra riferendosi al congegno tra le
sue mani, che li aveva rovinati e poi salvati- “Hai intenzione di
farlo diventare un deodorante come l'avevi pensato in origine?”
“Sai,
Inghilterra, questa brutta esperienza mi ha fatto capire che in fondo
apprezzo i caratteristici e innocenti odori delle nostri riunioni: in
fondo i profumi di Francia o l'odore dei tuoi scones non hanno mai
fatto male a nessuno.”
“Su
quest'ultimo punto avrei delle riserve...” -tossicchiò Francia.
“Penso
lo ricaricherò e lo lascerò così com'è. Dopotutto un apparecchio
che de-zombifica è un invenzione comunque notevole, e soprattutto
utile: non si può mai sapere, vuoi che ricapiti qualcosa del
genere...”
“Il
cielo ce ne scampi!”
Giappone
aveva quindi deciso di custodirla con cura a casa propria, come
monito, ricordo, e assicurazione per il futuro: nell'eventualità
remota che si riscatenasse un putiferio di morti viventi (un
Halloween finito male magari...), si sarebbero fatti trovare pronti!
D'altro
canto, come era stato appena dimostrato, in un mondo con un America
così appassionato, un Giappone tanto geniale suo malgrado, un
inglese che possedeva una bacchetta magica, un Finlandia che la notte
di Natale era in grado di fare il giro del mondo portando doni, e
tanto altro, chissà cosa non poteva accadere!
“Anche
Italia ha imparato molto da questa esperienza!” -continuò Arthur-
“Ancora non riesco a credere a quello che mi hanno raccontato
Germania ed America. Forse d'ora in avanti potremo vedere un Italia
diver...”
Ad
interromperlo fu il solito, emotivo Italia, che agguantò lui e
Giappone, uno per braccio, in un fortissimo abbraccio!
“Veeee!
Ragazzi! Siete di nuovo normali! Come sono contento! Siamo tutti sani
e salvi!”
“Dicevi?”
“Oh,
beh... Se non altro ora sappiamo per certo che ha superato il
momentaccio.” -ammiccò il biondo.
“Sono
felicissimo di rivedervi, tutti quanti!”
“Anche Russia?” -lo
punzecchiò Germania, raggiungendoli.
“Ve,
si, anche lui è uno di noi dopotutto: ci ha dato una mano, no?”
Non
poco sorpreso di venire ancora ricordato per i suoi sforzi dalla
parte del bene, oltre che per essere il più tremendo e terrificante
di tutti gli zombi, Russia, senza nascondere la contentezza sul suo
viso, si alzò dalla sedia per unirsi a loro.
“Ce
l'abbiamo fatta!” -continuava esagitato Feliciano- “Ce l'abbiamo
fatta davvero! Abbiamo salvato il mondo!”
E
naturalmente America, che non sia mai potesse mancare, sopraggiunse
di gran carriera: “Signori, lasciatemi dire che siamo stati tutti
semplicemente grandiosi! Abbiamo riportato la luce dove le tenebre
regnavano sovrane! Siamo i più grandi sterminatori di zombi della
storia!” -oltre che probabilmente gli unici- “Ma questo vuole
anche dire che il nostro compito è terminato.” -continuò
aggiungendo un pizzico di drammaticità “cinematografica” al tono
e alle espressioni- “Il nostro team qui si scioglie, ma vivrà per
sempre nel ricordo e nella gratitudine dei posteri! Potrei quasi
commuovermi! È stato un onore combattere al vostro fianco! Avanti,
ora che ci siamo tutti, mettiamoci in cerchio e uniamo un'ultima
volta le mani al centro a suggellare la nostra... EEEEHI!?!?!”
Non
poteva dire da quanto avessero smesso di ascoltarlo, ma di sicuro
avevano smesso di farlo! Si erano spostati a qualche passo più in
là, continuando a parlare e scherzare, raccontare e complimentarsi,
al sicuro dal suo blaterio!
“Ragazzi,
ma perché rovinare un momento così?”
“Tsk,
che pena!” -gli fece Romano alle sue spalle.
“Romano!
Grande amico mio! Il fighissimo sopravvissuto che ci ha tratto
d'impiccio! A cui mi sono ispirato per il mio attacco intralciante al
detersivo! Tu almeno me lo concederai un bel cinque, dico bene?”
“Oh,
se proprio ci tieni.”
Forse
non lo avrebbe fatto se avesse saputo che per America battere il
cinque è una cosa seria e schiaccia davvero forte! Ad ogni modo con
quel poco era riuscito a riaggiustargli l'umore e, mentre si teneva
la mano che bruciava, lo vide saltellare euforico verso i compagni.
Il
solito esagerato, pensò imbronciandosi, che c'entrava lui da
chiedergli il cinque? Mica era uno di loro, il grande team di
salvatori del mondo. Lui era quello che, fosse dipeso solo da lui, se
ne sarebbe rimasto rinchiuso nella caffetteria tutto il tempo, e
quanto era contento che alla fine, grazie a loro, non fosse stato
davvero così.
“......”
“Romano!”
Rialzò
gli occhi e vide Belgio e Spagna sorridergli.
Quei
begli occhi verdi che lo mandavano in visibilio erano ancora più
splendenti del solito: “È vero quello che ha detto America? È
vero che li hai salvati più volte dal pericolo? E ti sei persino
sacrificato pur di salvare il tuo fratellino!”
“I
ragazzi e Italia ci hanno raccontato tutto!” -si unì Spagna-
“Senza di te loro non ce l'avrebbero fatta!”
“Che?
Andiamo, io...”
“Sei stato grandioso! Un vero eroe!”
“Eroe?!
Io?!” -Ma che diavolo stavano dicendo?! Lui era il più codardo di
tutti, tutti lo sapevano!- “Io non sono...”
Belgio nemmeno lo
ascoltava: “Voglio abbracciare un vero eroe!”
Lo
agguantò per i fianchi e lo strinse a sé. Un calore immenso e
dolcissimo parve sprigionarsi dalla sua guancia, appoggiata sul suo
petto, e tramite esso, diffondersi a tutto il corpo. Davvero gli
altri avevano parlato così di lui? In fondo non aveva fatto altro
che offrire loro cibo e riparo, aiutarli di nascosto rallentando gli
zombi che li attaccavano, ridare fiducia in sé a suo fratello
minore, coprire la loro avanzata a costo della vita...
Per
essere un codardo che voleva solo restarsene rannicchiato in disparte
era un bel curriculum, pensò sentendo gli occhi inumidirsi. No, non
era il caso, si disse: non poteva mica sfigurare davanti a Belgio! Si
ispirò ad America ed esibì un baldanzoso sorriso: “Umpf! Io...”
Aveva
riaperto gli occhi e a stringerlo al posto di Belgio ci aveva trovato
Spagna!
“AAAAAAAAAAAAAARGH!!!”
Anche
lui aveva voluto provare l'emozione di abbracciare un vero eroe!
America
salì sul podio del portavoce, si schiarì la voce e batté qualche
volta la mano sul microfono acceso per richiamare l'attenzione.
“Bene,
direi che la nostra ultima assemblea è stata alquanto stressante!
Anche troppo... Perciò gente, penso sia il caso che ci prendiamo il
resto della giornata e anche domani. Dopo questo abbiamo bisogno
tutti di un po' di riposo.”
Nessuno
infatti ebbe da ridire al riguardo. America era stato quello che
aveva più volte parlato di parate e banchetti, ma sentiva di potersi
già accontentare così, e di sicuro nei giorni seguenti non si
sarebbe parlato altro che della loro avventura; per ora, lo stanco
guerriero non aveva altro desiderio che tornare un po' a casa e
rilassarsi.
Alzò
la mano destra in modo solenne: “E già che ci sono, prometto
niente horror per almeno sei mesi, e che non costringerò mai più
nessuno a fare le ore piccole davanti film, telefilm, videogiochi e
simili senza previo consenso.”
“Il
che è molto apprezzato.” -gli fece eco Giappone.
“Anche
se...”
“Anche
se cosa?” -chiese Austria.
America
si sciolse in una grassa risata: “Oh, niente! Pensavo solo, che se
questo dovesse essere un finale horror che si rispetti, questo
sarebbe proprio il momento in cui, quando tutto sembra ormai finito,
capita qualcosa di spaventosissimo prima che si chiuda il tutto! Eh
eh eh eh! Eh eh... Eh... Eh...”
Nessuno
l'aveva trovata divertente...
E
Russia stava facendo una brutta faccia... Una faccia da Gatling...
“Ah
ah ah! Scherzavo! Scherzavo!” -si asciugò la fronte- “Non
succederà proprio niente, tranquilli!”
Approvando
all'unanimità la mozione, le tante nazioni, stanche ma col morale di
nuovo alto, iniziarono ad avviarsi all'uscita. America con un agile
salto scese giù dal podio e si sfregò le mani: “A dopodomani,
gente! Su, andiamo a casa a farci uno spuntino!”
Germania
storse il naso: “Visto quel che è successo, penso sarebbe meglio
un pisolino piuttosto!”
“Eh
eh, hai ragione!”
“Ve!”
“Parla
per te!” -ribatté l'affamatissimo Romano facendo ridere Belgio
accanto a sé.
In
quel momento, appena fuori l'ingresso, c'era qualcuno che, naso
all'insù, scrutava immobile e silenzioso il palazzo.
Qualcuno
di bassino, i cui capelli biondi, il cappello e la divisa da
marinaretto identificavano subito come il piccolo Sealand.
C'erano
però anche altre cose non tanto usuali in lui, che certo sarebbero
subito saltate all'occhio a chiunque: come lo strano sorrisetto con
cui fissava l'edificio di fronte a sé, quasi fosse una succulenta
torta, o il visino di solito vispo adesso alquanto scolorito, anche
se aveva conservato un raggiante, ma pure inquietante sorriso...
E
così le altre nazioni più grandi non volevano riconoscerlo come una
di loro?
Si
leccò i baffi.
Allora
forse poteva rendere le altre nazioni più simili a lui!
“Eh
eh eh!”
Le
porte automatiche lo accolsero aprendosi e si richiusero, leste, come
i battenti di una gabbia.
FINE?
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