XXXIII
OLTRE
LE STELLE
Berkana stava accoccolata
all’interno dell’incavo di un
albero. Accudiva la sua ultima cucciolata con amore. Era felice di
essere una
madre in questa nuova Era di pace. Cinque piccoli Alti le restavano
accanto,
emettendo strani versi. Lei ripose, con un altro verso, e sorrise.
Krì stava su
uno dei rami all’esterno e sorvegliava la sua famiglia,
suonando il flauto, con
la sua Messaggera che canticchiava. Lui e Berkana avevano avuto molti
piccoli
assieme. Alti, Celesti, Dèi, Angeli, Demoni,
mortali… Entrambi piuttosto
orgogliosi e felici, nei secoli successivi alla fine della guerra,
avevano
rigenerato molti creatori di varie specie.
Anche il fratello di Krì
aveva seguito l’esempio e si era
sposato con una giovane Dea, generando a sua volta Alti, Celesti ed
altre
creature.
Kavahel passò,
fischiettando, con le mani in tasca e
salterellando.
“Salve,
Equilibrio!” lo salutò l’Alto.
“Ciao, Krì! Buon
pomeriggio!”.
“Dove vai di
bello?”.
“Vado a riprendere i
bambini. Li ho lasciati dal nonno”.
“Vereheveil?”.
“Già…”.
“É bravo con i
piccoli”.
“Sì,
è vero. Tu, grande Alto…” si notava il
lieve sarcasmo
nella voce di Kavahel “…sai per caso
dov’è la mia sorellona?”.
“Luciheday? Credo sia
sull’Isola, a trovare suo padre”.
“Capisco…”.
L’Equilibrio aveva lasciato
crescere i capelli, che ora
erano mossi dalla lieve brezza.
Sorrise, facendo brillare gli occhi
dorati.
“Oggi…è
l’anniversario di quando è
successo…” disse,
guardando il cielo.
Krì annuì,
serio: “Vero. È da quel giorno che Luciherus non
lascia mai l’Isola”.
“Che vuoi
farci…del resto Mihael ha preso il suo posto”
commentò il Dio, continuando ad agitarsi sul posto, muovendo
i piedi e le gambe.
“Mihael
è il Principe
del regno dei Demoni. E Forza e Coraggio non servono in
quest’Epoca di
tranquillità e pace”.
“Sarà
così, spero, ancora a lungo, Krì!”.
“Lo spero
anch’io. Buona giornata, Kavahel”.
“Anche a te e
famiglia!”.
I due si salutarono e si separarono.
Kavahel aveva preso in
moglie la sua corrispondente degli Universi dei Celesti, aveva avuto
quattro
figli, e progettava di espandere ulteriormente la famiglia.
Si allontanò con le mani
in tasca, riprendendo a
fischiettare quel motivetto che aveva interrotto precedentemente.
“Mamma!”.
Il piccolo demone corse in contro
alla mamma, la Dea della
Morte, chiamandola a braccia aperte.
Il Sole stava tramontando sulla
spiaggia e la famigliola
decise di rientrare. Marito e moglie, Vita e Morte, chiamarono a
raccolta tutti
i loro figli: erano davvero tanti. Luciheday ne teneva uno in braccio,
dai
simpatici riccioli neri, addormentato sulla sua spalla. Molti di loro
presentavano tratti in comune con il nonno, Luciherus, o Kasday. Erano
Angeli e
Demoni, con alcuni Dèi.
“Ok! Adesso basta giocare.
Bambini, venite qui!” chiamò il
Dio della Vita.
“Rientriamo, prima che
venga buio!” aggiunse la Dea della
Morte.
Alcuni obbedirono, altri ignorarono i
richiami dei genitori
e continuarono a giocare. Intanto il Sole scendeva
all’orizzonte, emanando una
luce più forte del solito.
“Papà!
Papà noi andiamo!” disse Luciheday, quando ebbe
radunato la sua ciurma di eredi.
Che tramonto…si
diceva Luciherus, seduto in riva al
mare.
Non sentì le parole della
figlia, perso nei suoi pensieri.
L’acqua gli lambiva la punta dei piedi scalzi. La marea stava
salendo e, nel
giro di pochi minuti, si ritrovò seduto in un paio di
centimetri d’acqua.
Nonostante questo, il demone non si mosse.
Chissà
perché continuo a stare qui…
Vereheveil, dopo la morte di Kasday,
aveva capito che, in
realtà, l’Alto non era morto ma lo si poteva
ritrovare in ogni cosa. Nel vento,
nei fiori, nel mare, in ogni essere, in ogni cosa.
Luciherus si era reso conto che fare
lo stesso ragionamento
a lui non bastava. Aveva bisogno di altro, non solo di sogni e profumi.
Non gli
importava se, nei colori di una farfalla, poteva rivedere i suoi occhi.
Lui era
più materialista, più possessivo, e desiderava il
corpo fisico della madre di
sua figlia. Nonostante il tempo passato, lui ancora ci pensava. E non
si
muoveva dall’Isola.
Perché avrebbe dovuto? Per
fare cosa?
Mihael era Principe, la sua unica
figlia era sposata, i suoi
nipoti a malapena lo conoscevano.
A nulla serviva. Nessuno lo cercava.
Guardò in alto,
sospirando. Il buio stava avanzando rapidamente e le stelle iniziavano
ad
accendersi, anche quelle che aveva fra i capelli.
Sentì qualcosa salirgli ed
appoggiarsi sulle ginocchia. Abbassò
lo sguardo e si sentì chiamare. L’acqua aveva
preso forma e, lentamente,
cambiava colore. Era una donna, con le mani sulle sue ginocchia, che lo
guardava con grandi occhi azzurri. Si fissarono, con aria
interrogativa.
“Lucy” disse, con
entusiasmo, la donna.
“Shekinah? La tua
voce…”.
“Anche”.
“Kasday!”.
“Non mi hai
dimenticato”.
“Come potrei?”.
Lei gli aprì le gambe e lo
abbracciò.
“Lucy…sento il
tuo cuore…è un suono che avevo
scordato”
sussurrò.
“É un
sogno…è tutto un sogno…” si
disse Luciherus,
riprendendo a guardare le stelle.
Aveva un’aria triste. Si
ostinava a guardare in alto, pur
non resistendo alla tentazione di stringere a sé la donna
d’acqua. Le sue
lacrime si fondevano con il corpo di lei.
“Chiudi gli
occhi” mormorò l’apparizione.
Il demone non ascoltò.
Sorrise, percependo le urla dei suoi
nipoti che giocavano, nonostante i rimproveri ed i richiami dei
genitori.
“Chiudi gli
occhi!” ripeté la donna, con maggior
convinzione.
Il Principe la fissò:
“Sei l’allucinazione più testarda e
ostinata che abbia mai visto! Non li chiudo gli occhi!”.
“Uffa” si
lamentò lei “Non vuoi venire con me?”.
“Con te? Dove?”.
“Ha importanza? Saremo
soli, io e te. Dove non so ma…che
importa? Saremo insieme!”.
Luciherus notò che, sulla
testa e lungo la schiena, la donna
portava un lungo velo.
“Sembri proprio una giovane
sposa” commentò, a bassa voce,
lui.
“Saremo
insieme…non vuoi?” domandò lei, di
nuovo.
“Insieme, con Kasday, di
nuovo? Ah! Se fosse possibile…”.
“Ma è possibile!
Non sono un’allucinazione, sai?”.
A prova di questo, lei
appoggiò le mani sul petto del demone
e lo baciò sulle labbra, ad occhi chiusi. “Sei
tu?! Sei tu per davvero?!”
esclamò Luciherus.
“Sì!”
ridacchiò Kasday “Sì, sono io, stupido!
La madre di
tua figlia e la donna che hai amato e che ami!”.
“Amo?”.
“Sì, e che palle
con questa storia che i demoni non amano!”.
“Io sono un Dio,
infatti”.
“Per me sarai sempre un
Arcangelo”.
“Che cosa
stupida…”.
Il demone si sentiva strano,
affaticato e confuso.
“Sei stanco?” gli
chiese lei.
“Un
po’…” ammise Luciherus.
“Allora distenditi e
rilassati. Chiudi gli occhi”.
Lo spinse, delicatamente, facendolo
stendere. Lui
rabbrividì, sentendo l’acqua del mare sulla
schiena e sulle ali. Chiuse gli
occhi, sorridendo. Li riaprì con uno scatto quando scorse
una luce fortissima e
mille colori.
“Vieni con me”
parlò Kasday, librandosi a mezz’aria.
Si presero per mano e si alzarono in
volo, senza usare le
ali. Erano il vento e le onde del mare a tenerli su.
“Kasday! Non
correre!” esclamò il demone, notando la
velocità con cui si separavano dalla terra. “Non
vuoi venire con me?”.
“Sì, certo! Ma
vai piano! Ho una certa età…”.
Lei era adesso come l’aria,
non più
come l’acqua. Lui sentiva molto caldo. Le
stelle fra i suoi capelli brillavano, fortissime, e si libravano in
cielo in
modo indipendente.
“Vestirai della mia luce,
Luciherus! Lasciati alle spalle il
buio della tristezza e del dolore, abbandona le tenebre della paura e
vestiti
della mia luce!”.
Il demone la guardò,
fermandosi: “La tua luce?” ripeté,
ricordando le parole che, tanto tempo prima, gli erano state dette da
una
visione.
Ricordò il figlio che non
aveva avuto e che aveva visto.
Vestiti della Sua luce…la luce di chi? Si era sempre
chiesto. Lo aveva
domandato, quella volta, senza ricevere risposta. Ora lo sapeva.
Guardò dietro di
sé e si vide, disteso sulla spiaggia ad
occhi chiusi, con le braccia lungo i fianchi e la marea che saliva.
“Papà!”
lo stava chiamando sua figlia, Luciheday.
“Luciherus!”
gridò Kasday, per riavere la sua attenzione.
“Che succede?” si
allarmò lui.
“Vieni con me”.
“Che cosa succede?! Cosa
sei tu? E cosa sono io? Il mio
corpo è laggiù!” esclamò,
indicando la spiaggia lontana, là in fondo.
“La tua essenza
è la cosa importante. Il corpo è solo un
involucro” spiegò lei.
“Sì
ma…è il mio involucro!”
piagnucolò Luciherus.
I suoi occhi erano sempre
più grandi, così come sempre più
forte era la sua luce.
“Vieni con me”
disse Kasday, con sempre più insistenza.
“Dove?”.
“Oltre le
stelle”.
“Oltre le
stelle?”.
Sotto di lui vide sua figlia che,
allarmata dalla mancata
risposta del padre, stava andando a controllare.
“Cosa
c’è oltre le stelle?” domandò
il demone.
“Vieni con me a
scoprirlo”.
“Io…una volta ho
fatto un sogno. Avrei avuto un figlio, che
avrebbe portato alla fine degli Universi, quando sarei stato in grado
di andare
oltre le stelle…”.
“Non ci pensare. Vieni con
me”.
Lei gli andò di nuovo
vicino, abbracciandolo.
“Non aprirò
più gli occhi?” mormorò Luciherus,
continuando a
guardare in basso.
“No. In realtà
tu non li hai mai aperti, se non pochi
istanti fa. Ora li hai aperti”.
“Non il mio
corpo…”.
“Ma la tua anima! La tua
anima ha aperto gli occhi!”.
“Se io ora ti
seguo…muoio?”.
“Muore il tuo
corpo”.
Il demone annuì, confuso.
“Non posso obbligarti,
Lucy. Se non è questo ciò che
desideri…” parlò Kasday, allontanandosi
“…non importa. Torna pure giù. Vivi
ancora. Oppure…seguimi!”.
“Pur sapendo che, se ti
seguissi, io e te avremmo un figlio
che porterà alla distruzione degli Universi?! Lo vuoi
veramente?!”.
“Me lo hai detto tu che
sono egoista. Non mi interessa! E a
te? Importa davvero?”.
Luciherus scosse il capo, sorridendo.
“Non credevo che le essenze
potessero avere dei figli…”.
“Solitamente non
è possibile…ma io e te possiamo fare
tutto!”.
“Nostra figlia è
la Dea della Morte…sono sicuro che, anche
se tutto finisse, se la caverebbe assieme ai suoi figli. Del resto non
mi
importa niente!”.
Si ripresero per mano.
“Papà?
Papà, và tutto bene?”
domandò la Dea della Morte,
avvicinandosi al padre.
“Tesoro!”
chiamò il marito “Tesoro, non mi
risponde!”.
“Si sente male?”
si allarmò il Dio della Vita.
Ad un tratto la Dea capì:
“No, papà! Papà, non seguire la
luce! Non andare via! Papà!” urlò.
Ma Luciherus si stava allontanando
velocemente, dimenticando
tutto.
“Perché ci hai
messo tanto per venirmi a prendere, Kasday?”
chiese il demone.
“Speravo trovassi un motivo
per cui vivere…” ammise lei,
mentre avanzavano verso l’alto, mano nella mano.
“Da quel giorno, da quando
ti ho visto morire, ho capito il
tuo desiderio di porre fine alla tua vita. Non lo avrei mai creduto
possibile”.
“Non pensarci
più!”.
Ora entrambi splendevano molto
più del solito. I loro
capelli si allungarono a dismisura, mutando colore. Non erano
più corvini o
scuri, ma di pura luce. Risero, solleticati.
“Vestirò della
tua luce, oltre le stelle!” esclamò
Luciherus.
Si abbracciarono, baciandosi,
fondendosi insieme in un unico
corpo luminoso.
Kavahel e Vereheveil guardavano le
stelle. Notarono subito
la nuova, appena apparsa, e più luminosa delle altre.
Entrambi sorrisero,
percependo la gioia che emetteva.
FINE
Settembre 2009
Ebbene
sì, questa
seconda parte è terminata! Ci sarebbe anche la
terza...qualcuno ha resistito ed
è riuscito a leggere fin qui? :P qualcuno vuole la terza (ed
ultima) parte? Ad ogni
modo, vi ringrazio per aver seguito questa storia. Spero
l’abbiate trovata
interessante!
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