Cap 2: L'arma del delitto
Erano già passati un paio di giorni da quando in
città si
era sparsa la voce di un terribile avvenimento. Un uomo era stato
trovato morto
sulla porta d’ingresso della sua abitazione, in un lago di
sangue.
Da due giorni Holmes girava in tondo
nello stesso punto
della stanza, dove oramai si era formata una buca, fumando una pipa al
minuto.
Di tanto in tanto deviava dal suo abituale percorso fino al cassetto
della
scrivania, si tirava su una manica della giacca e faceva …
bè … quello che
tutti possono immaginare.
Anche quella mattina
chiamò la signora Hudson una decina di
volte, ogni volta come se stesse per morire, solo per avvertirla di non
preparare la cena per lui.
All’undicesima chiamata, la
padrona di casa si fece dare un
calmante da Watson per la tachicardia.
Il terzo giorno dal delitto, un
Holmes piuttosto deperito,
con la barba incolta e i capelli scompigliati, entrò nella
stanza di Watson
spalancando la porta, che sbatté contro un mobiletto facendo
cadere la
bacinella dell’acqua per la toeletta mattutina.
- Watson! Si sbrighi!- Disse solo, ed
uscì calpestando la
pozzanghera che si era formata a terra.
Per il dottore non fu difficile
individuare la posizione di
Holmes, seguendo le orme umidicce che passavano dal pavimento sulla
spalliera
del divano, sulla ringhiera delle scale e sul soprabito dello stesso
Watson,
che era, sfortunatamente, caduto a terra.
Il dottore, che dalla fretta aveva
afferrato solo la giacca
e le scarpe, e aveva indossato il tutto sopra il pigiama a righe
regalatogli da
sua moglie, il tutto abbinato in maniera veramente molto virile, prese
al volo
la carrozza prenotata da Holmes, buttandosi addosso alla vettura in
corsa.
Dopo cinque minuti erano arrivati
sulla scena del crimine.
Holmes scese elegantemente dalla carrozza, mentre Watson si
sistemò meglio il
pigiama cercando di
renderlo il più
presentabile possibile, dato che il soprabito gli era volato via
durante la
corsa.
Holmes entrò nella casa
come una furia, intravedendo
Lestrade che lo salutava dalla soglia della porta e sorpassandolo con
incredibile
abilità, lanciandogli addosso il cappello ed il soprabito.
- Lestrade!- Annunciò con
aria solenne, alzando un dito al
cielo.
- Avete già spostato il
cadavere?-
- Beh, certo, ma … -
- Ah!- Esclamò Holmes,
puntando il sopracitato dito contro
l’ispettore.
- Avete commesso un errore
– Concluse, ignorando il fatto
che fossero passati tre giorni dal delitto e che sarebbe stato un
problema
lasciare un corpo in putrefazione sui gradini di una villetta a schiera.
- Ma, signor Holmes … -
- Dov’è
l’arma del delitto?-
- Non c’è
nessuna arma, l’uomo ha sbattuto il capo sui
gradini … -
- Eccellente!- Esclamò lui
di nuovo, facendo una piroetta
per poi puntare i suoi occhi su Watson, guardandolo con uno sguardo un
po’
folle, per la verità.
- Watson!-
- Mi dica Hol … -
- è evidente che
l’arma è stata rubata!-
- Ma le ho detto che … -
- Chi è stato il primo a
trovare il cadavere?-
- L’agente Smith
… -
- Lestrade!-
L’ispettore si mise
sull’attenti di scatto, rendendosi conto
in seguito che, in effetti, era lui quello che doveva comandare
lì.
- Dov’è ora
l’agente Smitd?-
- Veramente è Smith,
comunque suppongo sia incentrale-
All’improvviso Holmes
afferrò il soprabito e il cappello,
che l’ispettore aveva consegnato a Watson, ancora in pigiama,
ed uscì di scatto
dalla porta, incitando il dottore a darsi una mossa.
- Vada immediatamente
dall’agente Shimd e lo arresti!-
- Ma come … -
- Elementare, caro Watson!
È evidente che è stato Smitty ad
occultare l’arma del delitto –
- Le ho detto che si chiama
… -
- Non mi interessa come si chiama
– Concluse Holmes,
prendendo la carrozza e spronando Watson a salire con un agile scatto
della sua
gamba ferita.
- è lui il colpevole. Il
caso è chiuso –
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