Capitolo
tre: Black
Diamond
«Sono
una stupida, soltanto una stupida!»
«Sonny,
smettila subito! Insomma, credi forse che convincendo te stessa di
queste stronzate riuscirai a cambiare qualcosa?» sbottò
Ambra, in preda all'esasperazione.
«Lui
ha provato... lui ha...» farfugliai.
«Il
fatto che lui ti sembri interessato, non significa che tu debba
starci per forza! Evidentemente non te la sei sentita, tutto qui»
intervenne Diego, per poi sbuffare.
Sapevo
che mio fratello non ne poteva più delle mie lamentele e, in
effetti, anche io ero stanca di lagnarmi come una bambina. Il
problema però sembrava non risolversi: Francesco aveva provato
ad avvicinarsi a me, sul letto della mia stanza, e io mi ero chiusa a
riccio come una perfetta idiota. Ripensandoci adesso, seduta in
quella gelateria stracolma di gente visto il cado che impestava la
città ad agosto inoltrato, mi sentivo gelare il sangue nelle
vene e avvertivo brividi di incredulità e paura invadermi il
corpo. La verità era lampante: mi sentivo in colpa per non
essermi gettata tra le braccia del ragazzo che amavo, ma allo stesso
tempo qualcosa in me non andava e riuscivo soltanto a pensare che
avevo preso la decisione giusta.
«Scusatemi.
Sono qui da ieri e già non mi sopportate più, del resto
anche io non saprei gestirmi se fossi in voi...» blaterai
mentre un cameriere alto e biondo posava sul tavolino inondato dal
sole le nostre ordinazioni.
«Adesso
mangia quel gelato e taci, donna!» ordinò mio fratello,
tuffandosi sulla sua coppa colma di deliziosi gusti colorati.
Seguii
il suo consiglio e mangiai in silenzio, mentre ascoltavo le
conversazioni incomprensibili di chi ci circondava.
E
la mia mente, intanto, vagava per i fatti suoi.
Mentre
ero intenta a catturare i residui di gelato al pistacchio dal fondo
del contenitore, il mio cellulare mi avvisò dell'arrivo di un
messaggio su WhatsApp.
Cercai
di non darlo a vedere, ma sapevo perfettamente che poteva essere
soltanto una persona.
Afferrai
l'apparecchio e controllai con riluttanza, scoprendo che avevo
azzeccato.
Il
messaggio era di Martina, la cugina di Alice. La mia nuova amica, se
così potevo definirla.
Ciao
bella, come va in Germania? Mi manchi... ripenso a quel giorno in
piscina e mi manchi...
Soffocai
un grido e il cellulare rischiò di scivolarmi dalle mani.
«Sonny,
che hai?» domandò Ambra preoccupata. Quando vide che non
mi decidevo a rispondere, afferrò il mio cellulare e io non
opposi resistenza. «Oh, merda... questo cosa significa?»
aggiunse poi, dopo aver letto il messaggio di Martina.
«Io...
io non lo so...» farfugliai.
Mi
preparavo per uscire e non riuscivo a stare tranquilla.
Non
potevo credere che Martina mi avesse scritto davvero quelle cose.
Dopo
aver parlato per un bel po' con Ambra e Diego, mi ero decisa a
risponderle e le cose erano andate di male in peggio.
Ciao...
qui tutto bene, grazie! Tu stai bene?
Non
starò bene finché non rientrerai a casa, Sonia...
Cosa?
Non scherzare dai, Marti!
Chi
scherza? Sono seria.
Punto.
Sono seria. Punto. Oh, cielo. Non ci stavo capendo niente. Ero andata
in Germania per stare con mio fratello e la mia migliore amica, ma
soprattutto per Francesco. Io amavo Francesco e volevo stare con lui,
prima che lui mi lasciasse per trasferirsi in Germania ne ero certa:
non l'avrei mai dimenticato perché rappresentava il grande
amore per me, colui che mi faceva battere il cuore e risvegliava in
me sensazioni sconosciute o sepolte da tempo immemore.
E
poi c'era Martina che mi inviava quei messaggi ambigui, messaggi che
non lasciavano intendere nulla di buono o comunque nulla che a me
importasse approfondire. Forse Martina era lesbica? O forse era
soltanto troppo apprensiva e ossessiva nei miei confronti?
Ci
conoscevamo appena, diamine, come poteva essersi attaccata così
tanto a me?
Adesso
devo uscire, ci sentiamo poi...
Esci
con l'amico di Diego, vero? Esci con Francesco...
Usciamo
tutti insieme
Perché
mi stavo giustificando? Avrei potuto anche dirle che avevo un
appuntamento romantico con Francesco, soltanto io e lui. Mi sarebbe
piaciuto tanto, ma mi ritrovai a pensare che ormai lo avevo
allontanato da me con il mio comportamento del giorno precedente.
Decisi
di mollare il telefono in camera e mi diressi in cucina a bere un po'
d'acqua: avevo la gola secca e non mi ero ancora truccata, ero
inguardabile e confusa come non mai. Proprio non capivo cosa stava
succedendo alla mia vita, cosa stava succedendo a me.
Nel
corridoio mi imbattei in Francesco, rischiando quasi di sbattergli
addosso. Era evidentemente uscito da poco dalla doccia e gironzolava
per casa con indosso soltanto un paio di boxer, i capelli umidi gli
incorniciavano il viso in maniera disordinata e io mi sentii
avvampare per l'imbarazzo. Stavo andando a fuoco dentro e fuori,
letteralmente.
«Andavo
in cucina a bere...» farfugliai facendo un passo indietro.
«Stai
bene?» domandò invece lui, ignorando il mio patetico e
inutile tentativo di giustificarmi. Ultimamente tentavo di
giustificare le mie azioni un po' troppo spesso, dovevo smetterla.
«Certo
che sì!» mi affrettai a ribattere.
«Sonia...»
Stavo
per oltrepassarlo e filare dritta in cucina, quando lui pronunciò
il mio nome e automaticamente mi fermai. Allungò una mano e mi
posò l'indice sotto il mento, costringendomi poi a guardarlo
negli occhi.
«Cosa
vuoi?» mi sentii dire. Ero stata troppo brusca, avevo usato
delle parole che non avrei voluto usare, avevo sbagliato tutto anche
questa volta e il pentimento si insinuò in me come uno spillo,
ferendomi e lasciandomi piena di vergogna e risentimento verso me
stessa.
«Voglio
sapere perché sei così distante» affermò
Francesco con sicurezza. Neanche il fatto che fosse di fronte a me a
petto nudo lo imbarazzava, era come se si sentisse a suo agio o la
cosa non gli importasse minimamente.
«Io
non... non sono distante.»
A
quel punto Francesco mi si avvicinò e mi attirò a sé.
Mi ritrovai con il viso premuto sulla sua pelle umida, incastrata tra
le sue braccia e l'incavo della sua spalla.
Mi
irrigidii completamente, spiazzata da quel contatto improvviso.
«Allora
perché fai così? Perché non ti lasci
abbracciare?» mormorò al mio orecchio.
Dovevo
smetterla subito. Sospirando, mi lasciai andare contro il suo corpo e
allora cominciai a percepire tutto il suo calore, il suo profumo, la
sensazione vellutata della sua pelle contro la mia. Mi lasciai
invadere da lui e mi ritrovai a stringerlo, accarezzandogli la
schiena e chiudendo gli occhi per avvertirlo meglio.
«Scusa»
sussurrai, non sapendo cos'altro dire.
«Averti
tra le braccia è la sensazione migliore del mondo, Sonia»
dichiarò, la voce inondata da un sorriso colmo di emozione.
Non
potevo credere che finalmente fossimo ancora una volta così,
insieme, stretti nella dolce morsa dei nostri sentimenti. Non potevo
credere che inizialmente l'avessi quasi respinto, mi fossi rifiutata
di vivere quei momenti belli e intensi da morire.
D'istinto,
lasciai un piccolo bacio sulla sua spalla e Francesco scoppiò
a ridere. Sentire il suo corpo vibrare contro il mio mi fece fremere.
Era indescrivibile.
Mi
allontanò da sé e mi guardò negli occhi per un
po', scrutandomi nel profondo. Poi mi lasciò un bacio a fior
di labbra e ridacchiò ancora, annullando definitivamente il
nostro contatto.
«Vado
a prepararmi, stasera ci divertiremo. Se continuo ad averti qui
intorno, perderò la concentrazione» spiegò, per
poi scomparire in camera sua.
Ridendo,
mi fiondai in cucina. Ora la mia gola era ancora più secca.
«Continua
a dirmi che le manco e che non riesce a darsi pace perché non
sa cosa faccio, con chi esco...» raccontai sull'orlo della
disperazione a Sonia, mentre aspettavo che uscisse dal bagno del pub
in cui ci eravamo accampati da più di un'ora.
«Oddio,
ho paura! Lo hai detto ad Alice?» gridò lei
scandalizzata, poi tirò lo sciacquone e mi raggiunse
nell'antibagno.
Ci
lavammo le mani in silenzio, poi risposi: «No, non posso. Non
vorrei creare casini, ingigantire questa cosa... Martina è sua
cugina, lei le vuole troppo bene! Però ne ho parlato con
Laura».
«Ecco,
hai fatto bene, lei saprà sicuramente cosa consigliarti!»
commentò Ambra, sistemandosi in fretta i capelli di fronte al
grande specchio non troppo pulito.
Ammiravo
come lei riuscisse a passare sopra a tutti i dissapori avuti con
Laura, alle occhiatacce e al fatto che la mia amica non l'avesse mai
sopportata. Ma per Ambra era acqua passata, per lei non era successo
niente. Del resto, Laura non aveva fatto qualcosa di veramente grave,
non si era comportata come Anna o Valeria. Semplicemente, Ambra non
le era mai piaciuta e si era limitata a non nasconderlo alla diretta
interessata.
«Lau
dice che Martina è lesbica» raccontai, porgendo la
matita per gli occhi alla mia amica. «Ma io non ci credo
tanto... Laura a volte è un po' pettegola, un po' maligna...»
«Però
si spiegherebbero i messaggi di Martina.»
Forse
aveva ragione, forse no. Ma perché dovevo pensarci? Non ne
potevo già più! Ero venuta in vacanza per svagarmi e
divertirmi, non per entrare in paranoia in ogni momento della
giornata.
Scossi
il capo e sorrisi.
«Io
e Francesco ci siamo abbracciati. Lui era mezzo nudo.»
Ambra
rischiò di cavarsi un occhio con la matita, così la
allontanò dal viso e mi guardò con aria sorpresa
attraverso lo specchio.
Ci
fu un istante in cui mi sentii un po' come Alice che vive la sua
avventura al di là dello specchio e crede che tutto sia reale,
che esista davvero quel mondo oltre la fredda parete di vetro in cui
si riflette la sua immagine. Un mondo di opposti, un mondo di fatti
inspiegabili, dominato da grandi mani invisibile che giocano a
scacchi con la sua vita.
Sbattei
le palpebre. Stavo diventando matta.
«Cosa
significa?» chiese Ambra.
Le
raccontai tutta la scena e lei cominciò a ridacchiare e
saltellare per tutta la stanza, finché non entrarono delle
altre ragazze e le lanciarono un'occhiataccia.
Raggiungemmo
nuovamente i ragazzi, continuando a ridere.
Una
cameriera sostava di fronte al nostro tavolo e sbatteva le sue tette
enormi in faccia a mio fratello. Sentii, ancora prima di vederla, la
rabbia invadere la mia migliore amica e trasfigurarle il viso.
Raggiunse
il suo ragazzo a passo di marcia e si sedette accanto a lui con foga,
attirando così l'attenzione di Diego e della tedesca in abiti
succinti.
«Abbiamo
già ordinato, grazie, puoi andare» ringhiò Ambra,
afferrando Diego per un braccio e stringendolo forte.
Lui
annuì, deglutendo a fatica per evitare di lamentarsi per il
dolore.
I
due, non appena la cameriera se ne fu andata, cominciarono a
battibeccare.
«Sembravi
un'esaltata! C'era bisogno di fare così?»
«Sì,
caro Diego! Dato che ti stavi godendo il panorama!»
«Ambra,
non essere ridicola! Quale panorama?»
«Devo
anche specificarlo? Andiamo!»
«Sei
gelosa? Insomma, è ridicolo!»
«Certo
che sono gelosa, è ovvio che lo sono!»
A
quel punto Francesco sospirò e si alzò, guardandomi con
aria complice.
«Mi
accompagni fuori? Qui dentro si muore dal caldo.»
Annuii
e afferrai la mano che mi tendeva.
Ci
allontanammo verso l'uscita, lasciando che i piccioncini litigassero
tra loro. Mi ero dovuta trattenere per non ridere durante la loro
discussione: erano veramente carini e dolci insieme, ne ero sempre
più convinta!
Io
e Francesco raggiungemmo la terrazza del pub, trovandola poco
popolata e illuminata da qualche lanterna dalla luce tenue che
conferiva al tutto un aspetto romantico, un'atmosfera gradevole e
calda.
Ci
appoggiammo con i gomiti sulla balaustra e osservammo il panorama
notturno, la città disseminata di miliardi di piccole luci che
ricordava molto un albero di Natale addobbato alla perfezione. Era
tutto magico quella notte, anche se non sapevo spiegarmi il perché.
Francesco
afferrò nuovamente la mia mano e intrecciò le sue dita
alle mie.
Mi
sentivo bene, in quel momento non avrei potuto desiderare di meglio.
Mi accostai un po' di più a lui e posai la testa sulla sua
spalla.
Lasciò
andare la mia mano e mi circondo la vita con le braccia. Mi ritrovai
con le spalle rivolte alla notte luminosa oltre il terrazzo, il suo
corpo premuto contro il mio e le sue labbra così vicine e
invitanti che i miei pensieri si concentrarono unicamente sul bacio
che volevo ricevere da esse.
«Se
ti bacio, mi prometti che non scappi?» mormorò con gli
occhi che sorridevano e brillavano, fissi sui miei.
«Baciami
e sta' zitto» conclusi.
E
allora ci fondemmo in un unico elemento, trovando subito un'intimità
che solo i baci più dolci e profondi possono trasmettere. Ci
abbandonammo a quel contatto magico, già vissuto ma in qualche
modo nuovo e inesplorato.
Fu
come se quel pub, lontano mille miglia dal nostro nido in Sicilia,
avesse sciolto le nostre emozioni, le inibizioni e i dubbi. Come se
quella notte, quel panorama, quelle luci lontane e quel luogo ci
avessero finalmente condotto l'uno tra le braccia dell'altra, cullati
da sentimenti inespressi e indescrivibili.
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