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Autore: Kim WinterNight    29/10/2015    3 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
[Sequel di 'If I'll be Yours'.]
Per chi ha letto la storia precedente, ho una piccola nota da fare: ci eravamo lasciati con Ambra e Diego che partivano per la Germania.
In questa nuova storia ci sarà una piccola sorpresa, ovverò sarà raccontata dal punto di vista di Sonia, la sorella minore di Diego.
Vorrei esporre le vicende future dai suoi occhi e farvi conoscere un po' meglio il suo mondo.
Credo sarà più semplice subentrare nella storia per i nuovi lettori, che potranno appunto leggere questo proseguo senza necessariamente subire tutti gli infiniti capitoli dell'altro racconto :D
Spero che questa mia decisione non vi deluda e che possa piacervi.
E non preoccupatevi: non mi dimenticherò di parlare di Ambra e Diego, potete starne certi! ♥
Le recensioni, comunque, sono sempre gradite, almeno potrò capire se questa è una schifezza o se vale la pena di portarla avanti. Ci tengo molto al parere altrui, perciò sbizzarritevi pure con i commenti!
NOTA: chi ha già letto l'altra storia lo sa, però lo ripeto: ogni capitolo prenderà il titolo da una canzone rock/metal di cui inserirò il link per poter ascoltare il brano durante la lettura.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'If I'll be...'
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Capitolo tre: Black Diamond








«Sono una stupida, soltanto una stupida!»

«Sonny, smettila subito! Insomma, credi forse che convincendo te stessa di queste stronzate riuscirai a cambiare qualcosa?» sbottò Ambra, in preda all'esasperazione.

«Lui ha provato... lui ha...» farfugliai.

«Il fatto che lui ti sembri interessato, non significa che tu debba starci per forza! Evidentemente non te la sei sentita, tutto qui» intervenne Diego, per poi sbuffare.

Sapevo che mio fratello non ne poteva più delle mie lamentele e, in effetti, anche io ero stanca di lagnarmi come una bambina. Il problema però sembrava non risolversi: Francesco aveva provato ad avvicinarsi a me, sul letto della mia stanza, e io mi ero chiusa a riccio come una perfetta idiota. Ripensandoci adesso, seduta in quella gelateria stracolma di gente visto il cado che impestava la città ad agosto inoltrato, mi sentivo gelare il sangue nelle vene e avvertivo brividi di incredulità e paura invadermi il corpo. La verità era lampante: mi sentivo in colpa per non essermi gettata tra le braccia del ragazzo che amavo, ma allo stesso tempo qualcosa in me non andava e riuscivo soltanto a pensare che avevo preso la decisione giusta.

«Scusatemi. Sono qui da ieri e già non mi sopportate più, del resto anche io non saprei gestirmi se fossi in voi...» blaterai mentre un cameriere alto e biondo posava sul tavolino inondato dal sole le nostre ordinazioni.

«Adesso mangia quel gelato e taci, donna!» ordinò mio fratello, tuffandosi sulla sua coppa colma di deliziosi gusti colorati.

Seguii il suo consiglio e mangiai in silenzio, mentre ascoltavo le conversazioni incomprensibili di chi ci circondava.

E la mia mente, intanto, vagava per i fatti suoi.

Mentre ero intenta a catturare i residui di gelato al pistacchio dal fondo del contenitore, il mio cellulare mi avvisò dell'arrivo di un messaggio su WhatsApp.

Cercai di non darlo a vedere, ma sapevo perfettamente che poteva essere soltanto una persona.

Afferrai l'apparecchio e controllai con riluttanza, scoprendo che avevo azzeccato.

Il messaggio era di Martina, la cugina di Alice. La mia nuova amica, se così potevo definirla.


Ciao bella, come va in Germania? Mi manchi... ripenso a quel giorno in piscina e mi manchi...


Soffocai un grido e il cellulare rischiò di scivolarmi dalle mani.

«Sonny, che hai?» domandò Ambra preoccupata. Quando vide che non mi decidevo a rispondere, afferrò il mio cellulare e io non opposi resistenza. «Oh, merda... questo cosa significa?» aggiunse poi, dopo aver letto il messaggio di Martina.

«Io... io non lo so...» farfugliai.



Mi preparavo per uscire e non riuscivo a stare tranquilla.

Non potevo credere che Martina mi avesse scritto davvero quelle cose.

Dopo aver parlato per un bel po' con Ambra e Diego, mi ero decisa a risponderle e le cose erano andate di male in peggio.


Ciao... qui tutto bene, grazie! Tu stai bene?


Non starò bene finché non rientrerai a casa, Sonia...


Cosa? Non scherzare dai, Marti!


Chi scherza? Sono seria.


Punto. Sono seria. Punto. Oh, cielo. Non ci stavo capendo niente. Ero andata in Germania per stare con mio fratello e la mia migliore amica, ma soprattutto per Francesco. Io amavo Francesco e volevo stare con lui, prima che lui mi lasciasse per trasferirsi in Germania ne ero certa: non l'avrei mai dimenticato perché rappresentava il grande amore per me, colui che mi faceva battere il cuore e risvegliava in me sensazioni sconosciute o sepolte da tempo immemore.

E poi c'era Martina che mi inviava quei messaggi ambigui, messaggi che non lasciavano intendere nulla di buono o comunque nulla che a me importasse approfondire. Forse Martina era lesbica? O forse era soltanto troppo apprensiva e ossessiva nei miei confronti?

Ci conoscevamo appena, diamine, come poteva essersi attaccata così tanto a me?


Adesso devo uscire, ci sentiamo poi...


Esci con l'amico di Diego, vero? Esci con Francesco...


Usciamo tutti insieme


Perché mi stavo giustificando? Avrei potuto anche dirle che avevo un appuntamento romantico con Francesco, soltanto io e lui. Mi sarebbe piaciuto tanto, ma mi ritrovai a pensare che ormai lo avevo allontanato da me con il mio comportamento del giorno precedente.

Decisi di mollare il telefono in camera e mi diressi in cucina a bere un po' d'acqua: avevo la gola secca e non mi ero ancora truccata, ero inguardabile e confusa come non mai. Proprio non capivo cosa stava succedendo alla mia vita, cosa stava succedendo a me.

Nel corridoio mi imbattei in Francesco, rischiando quasi di sbattergli addosso. Era evidentemente uscito da poco dalla doccia e gironzolava per casa con indosso soltanto un paio di boxer, i capelli umidi gli incorniciavano il viso in maniera disordinata e io mi sentii avvampare per l'imbarazzo. Stavo andando a fuoco dentro e fuori, letteralmente.

«Andavo in cucina a bere...» farfugliai facendo un passo indietro.

«Stai bene?» domandò invece lui, ignorando il mio patetico e inutile tentativo di giustificarmi. Ultimamente tentavo di giustificare le mie azioni un po' troppo spesso, dovevo smetterla.

«Certo che sì!» mi affrettai a ribattere.

«Sonia...»

Stavo per oltrepassarlo e filare dritta in cucina, quando lui pronunciò il mio nome e automaticamente mi fermai. Allungò una mano e mi posò l'indice sotto il mento, costringendomi poi a guardarlo negli occhi.

«Cosa vuoi?» mi sentii dire. Ero stata troppo brusca, avevo usato delle parole che non avrei voluto usare, avevo sbagliato tutto anche questa volta e il pentimento si insinuò in me come uno spillo, ferendomi e lasciandomi piena di vergogna e risentimento verso me stessa.

«Voglio sapere perché sei così distante» affermò Francesco con sicurezza. Neanche il fatto che fosse di fronte a me a petto nudo lo imbarazzava, era come se si sentisse a suo agio o la cosa non gli importasse minimamente.

«Io non... non sono distante.»

A quel punto Francesco mi si avvicinò e mi attirò a sé. Mi ritrovai con il viso premuto sulla sua pelle umida, incastrata tra le sue braccia e l'incavo della sua spalla.

Mi irrigidii completamente, spiazzata da quel contatto improvviso.

«Allora perché fai così? Perché non ti lasci abbracciare?» mormorò al mio orecchio.

Dovevo smetterla subito. Sospirando, mi lasciai andare contro il suo corpo e allora cominciai a percepire tutto il suo calore, il suo profumo, la sensazione vellutata della sua pelle contro la mia. Mi lasciai invadere da lui e mi ritrovai a stringerlo, accarezzandogli la schiena e chiudendo gli occhi per avvertirlo meglio.

«Scusa» sussurrai, non sapendo cos'altro dire.

«Averti tra le braccia è la sensazione migliore del mondo, Sonia» dichiarò, la voce inondata da un sorriso colmo di emozione.

Non potevo credere che finalmente fossimo ancora una volta così, insieme, stretti nella dolce morsa dei nostri sentimenti. Non potevo credere che inizialmente l'avessi quasi respinto, mi fossi rifiutata di vivere quei momenti belli e intensi da morire.

D'istinto, lasciai un piccolo bacio sulla sua spalla e Francesco scoppiò a ridere. Sentire il suo corpo vibrare contro il mio mi fece fremere. Era indescrivibile.

Mi allontanò da sé e mi guardò negli occhi per un po', scrutandomi nel profondo. Poi mi lasciò un bacio a fior di labbra e ridacchiò ancora, annullando definitivamente il nostro contatto.

«Vado a prepararmi, stasera ci divertiremo. Se continuo ad averti qui intorno, perderò la concentrazione» spiegò, per poi scomparire in camera sua.

Ridendo, mi fiondai in cucina. Ora la mia gola era ancora più secca.



«Continua a dirmi che le manco e che non riesce a darsi pace perché non sa cosa faccio, con chi esco...» raccontai sull'orlo della disperazione a Sonia, mentre aspettavo che uscisse dal bagno del pub in cui ci eravamo accampati da più di un'ora.

«Oddio, ho paura! Lo hai detto ad Alice?» gridò lei scandalizzata, poi tirò lo sciacquone e mi raggiunse nell'antibagno.

Ci lavammo le mani in silenzio, poi risposi: «No, non posso. Non vorrei creare casini, ingigantire questa cosa... Martina è sua cugina, lei le vuole troppo bene! Però ne ho parlato con Laura».

«Ecco, hai fatto bene, lei saprà sicuramente cosa consigliarti!» commentò Ambra, sistemandosi in fretta i capelli di fronte al grande specchio non troppo pulito.

Ammiravo come lei riuscisse a passare sopra a tutti i dissapori avuti con Laura, alle occhiatacce e al fatto che la mia amica non l'avesse mai sopportata. Ma per Ambra era acqua passata, per lei non era successo niente. Del resto, Laura non aveva fatto qualcosa di veramente grave, non si era comportata come Anna o Valeria. Semplicemente, Ambra non le era mai piaciuta e si era limitata a non nasconderlo alla diretta interessata.

«Lau dice che Martina è lesbica» raccontai, porgendo la matita per gli occhi alla mia amica. «Ma io non ci credo tanto... Laura a volte è un po' pettegola, un po' maligna...»

«Però si spiegherebbero i messaggi di Martina.»

Forse aveva ragione, forse no. Ma perché dovevo pensarci? Non ne potevo già più! Ero venuta in vacanza per svagarmi e divertirmi, non per entrare in paranoia in ogni momento della giornata.

Scossi il capo e sorrisi.

«Io e Francesco ci siamo abbracciati. Lui era mezzo nudo.»

Ambra rischiò di cavarsi un occhio con la matita, così la allontanò dal viso e mi guardò con aria sorpresa attraverso lo specchio.

Ci fu un istante in cui mi sentii un po' come Alice che vive la sua avventura al di là dello specchio e crede che tutto sia reale, che esista davvero quel mondo oltre la fredda parete di vetro in cui si riflette la sua immagine. Un mondo di opposti, un mondo di fatti inspiegabili, dominato da grandi mani invisibile che giocano a scacchi con la sua vita.

Sbattei le palpebre. Stavo diventando matta.

«Cosa significa?» chiese Ambra.

Le raccontai tutta la scena e lei cominciò a ridacchiare e saltellare per tutta la stanza, finché non entrarono delle altre ragazze e le lanciarono un'occhiataccia.

Raggiungemmo nuovamente i ragazzi, continuando a ridere.

Una cameriera sostava di fronte al nostro tavolo e sbatteva le sue tette enormi in faccia a mio fratello. Sentii, ancora prima di vederla, la rabbia invadere la mia migliore amica e trasfigurarle il viso.

Raggiunse il suo ragazzo a passo di marcia e si sedette accanto a lui con foga, attirando così l'attenzione di Diego e della tedesca in abiti succinti.

«Abbiamo già ordinato, grazie, puoi andare» ringhiò Ambra, afferrando Diego per un braccio e stringendolo forte.

Lui annuì, deglutendo a fatica per evitare di lamentarsi per il dolore.

I due, non appena la cameriera se ne fu andata, cominciarono a battibeccare.

«Sembravi un'esaltata! C'era bisogno di fare così?»

«Sì, caro Diego! Dato che ti stavi godendo il panorama!»

«Ambra, non essere ridicola! Quale panorama?»

«Devo anche specificarlo? Andiamo!»

«Sei gelosa? Insomma, è ridicolo!»

«Certo che sono gelosa, è ovvio che lo sono!»

A quel punto Francesco sospirò e si alzò, guardandomi con aria complice.

«Mi accompagni fuori? Qui dentro si muore dal caldo.»

Annuii e afferrai la mano che mi tendeva.

Ci allontanammo verso l'uscita, lasciando che i piccioncini litigassero tra loro. Mi ero dovuta trattenere per non ridere durante la loro discussione: erano veramente carini e dolci insieme, ne ero sempre più convinta!

Io e Francesco raggiungemmo la terrazza del pub, trovandola poco popolata e illuminata da qualche lanterna dalla luce tenue che conferiva al tutto un aspetto romantico, un'atmosfera gradevole e calda.

Ci appoggiammo con i gomiti sulla balaustra e osservammo il panorama notturno, la città disseminata di miliardi di piccole luci che ricordava molto un albero di Natale addobbato alla perfezione. Era tutto magico quella notte, anche se non sapevo spiegarmi il perché.

Francesco afferrò nuovamente la mia mano e intrecciò le sue dita alle mie.

Mi sentivo bene, in quel momento non avrei potuto desiderare di meglio. Mi accostai un po' di più a lui e posai la testa sulla sua spalla.

Lasciò andare la mia mano e mi circondo la vita con le braccia. Mi ritrovai con le spalle rivolte alla notte luminosa oltre il terrazzo, il suo corpo premuto contro il mio e le sue labbra così vicine e invitanti che i miei pensieri si concentrarono unicamente sul bacio che volevo ricevere da esse.

«Se ti bacio, mi prometti che non scappi?» mormorò con gli occhi che sorridevano e brillavano, fissi sui miei.

«Baciami e sta' zitto» conclusi.

E allora ci fondemmo in un unico elemento, trovando subito un'intimità che solo i baci più dolci e profondi possono trasmettere. Ci abbandonammo a quel contatto magico, già vissuto ma in qualche modo nuovo e inesplorato.

Fu come se quel pub, lontano mille miglia dal nostro nido in Sicilia, avesse sciolto le nostre emozioni, le inibizioni e i dubbi. Come se quella notte, quel panorama, quelle luci lontane e quel luogo ci avessero finalmente condotto l'uno tra le braccia dell'altra, cullati da sentimenti inespressi e indescrivibili.

  
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