PERSONAL SPACE: Buonsalve!! Chapter 6 is out!
Grazie a tutti voi che leggete,
in particolare a ragdoll_cat che mi dice sempre quello che pensa! ^__^
Vi lascio al capitolo. Buona
lettura!
PS: momento marchetta: ho
pubblicato una nuova one shot, ambientata al college...la trovate
qui
Chapter
6: You'll wish I Killed You Yesterday
Matt tremava ancora, Claire riusciva chiaramente a sentirlo dalle
sue mani che teneva strette tra le proprie mentre si trovavano sul
sedile posteriore di un taxi che li stava portando all'appartamento che
aveva preso in affitto quando aveva lasciato New York.
Il ragazzo era praticamente immobile, seduto al suo fianco,
all'apparenza perfettamente calmo e accettando il contatto fisico come
se i due fossero una coppietta che tornava a casa dopo una giornata in
giro per la città. Non poteva dirlo con certezza, poichè il resto del
suo corpo era ben nascosto dai vestiti, ma dall'espressione
apparentemente rilassata sul suo viso, l'infermiera sospettava che
qualunque fosse la causa del tremore, non era soltanto di natura
psicologica. Matt sembrava avere i nervi sotto controllo, almeno per
ora, e Claire sapeva fin troppo bene che se davvero avesse voluto,
sarebbe riuscito a fermarsi.
Dato lo stato in cui si trovava la maglietta, poteva ipotizzare che si
trattasse di brividi di freddo... e a proposito: se il resto del suo
abbigliamento era asciutto, e di certo non parte del suo costume da
vigilante (Claire avrebbe riconosciuto quella dannata maglia nera
ovunque), perchè non aveva completato il lavoro? Era ferito a tal punto
da non riuscire a sfilarsela?
Una volta cominciate le domande, a quanto sembrava la sua mente non
aveva intenzione di smetterla: come le ciliegie, una tirava l'altra:
che cosa ci faceva lì, così lontano da Hell's Kitchen? E perchè non
indossava il completo rosso che aveva visto sui giornali (e che
sembrava fatto decisamente meglio)? E, ancora, con chi cavolo aveva
fatto un patto? E cosa c'entrava Foggy in tutto questo? Avevano poi
ricominciato a parlarsi quei due?
La sua mente tornò a quella notte, quando aveva conosciuto finalmente
il partner di Matt, dopo averne sentito largamente parlare durante le
loro sedute di sartoria su pelle umana. Nelle tre ore che era rimasta
con lui nell'appartamento dell'amico, Foggy era passato
alternativamente dall'essere furioso al piangere di preoccupazione,
senza una vera e propria logica, e quando l'aveva dichiarato fuori
pericolo, le ci erano voluti dieci interminabili minuti per convincerlo
a rimanere per dargli un'occhiata e aspettare di parlargli al mattino.
Già sapeva che il biondo non era mai stato un grande fan del Diavolo di
Hell's Kitchen, per questo aveva insistito così tanto perchè ascoltasse
le ragioni di Matt, salvo poi scoprire che non ne aveva comunque voluto
sapere. Poi lei se ne era andata (non senza qualche senso di colpa, tra
l'altro, sapendo che sarebbe rimasto solo) e non aveva idea di come
stessero le cose tra i due.
Non divagare, Claire. Ha bisogno di
te, ora.
L'infermiera si auto-richiamò all'ordine e gli diede un'altra occhiata,
mentre col il pollice gli accarezzava piano la mano, in un tentativo di
aiutarlo a restare concentrato su qualcosa. Cercò di rimanere
impassibile e di muoversi il meno possibile mentre cercava di capire
quanto effettivamente fossero gravi le sue condizioni senza farsi
notare troppo. Era molto pallido, ora che lo vedeva alla luce del sole,
e la smorfia che aveva fatto (e subito nascosto) quando l'auto era
sobbalzata sopra una buca le faceva pensare che effettivamente fosse
ferito e che stesse cercando di nascondere il dolore sotto una maschera
di stoicismo.
Riuscì a tenere duro per tutta la corsa, e per il breve tratto di
strada che li aveva portati dall'auto alla porta del suo appartamento,
pur sorreggendosi a lei per aiutarsi a stare in piedi, ma, nel momento
in cui lasciò la presa, dopo averlo fatto appoggiare alla parete, il
ragazzo si lasciò scivolare a terra fino a quando con un leggero tonfo
non si ritrovò seduto sul pavimento, come se fosse troppo stanco per
restare in piedi un secondo di più.
-Matt!- esclamò accucciandosi accanto a lui, sfiorandogli la spalla con
una mano.
-Sto... bene- le parole uscirono dalla sua bocca come se parlare
richiedesse l'uso di una riserva incredibile di energie che non aveva.
-Col cavolo- Aveva pensato di tenere una linea dolce con lui, sembrava
già abbastanza sull'orlo di una crisi di nervi senza che ci si mettesse
pure lei, ma questa volta non riuscì proprio a contenersi.
Non c'è tempo per scusarti ora,
le fece notare la sua voce interiore, mentre faceva passare un braccio
sotto la sua ascella per aiutarlo ad alzarsi. Matt cercò di aiutarla
come poteva, allungando una mano lungo il muro alla ricerca di un
appiglio, e quando non riuscì a trovarlo, cercò di spingere contro di
esso per toglierle un po' del suo peso dalla schiena. Claire riuscì
finalmente a dare un calcio alla porta e a portarlo fino al divano,
dove lo fece stendere ignorando completamente i suoi tentativi di
opporsi.
Fu sollevata quando vide finalmente il suo volto distendersi in
un'espressione meno tirata mentre chiudeva gli occhi, seguita da un
sospiro di sollievo. Si sedette accanto a lui, sul bracciolo del sofà,
e gli spostò una ciocca ribelle dalla fronte. Matt allungò una mano
verso di lei, sopra la propria testa, cercando a tentoni le sue mani.
Senza smettere di accarezzarlo, gli porse la mano sinistra, sentendolo
immediatamente stringere la presa, ma senza arrivare a farle male.
Sembrava quasi che stringerla forte fosse il suo modo di rimanere
attaccato alla realtà, di accertarsi che fosse reale, e Claire non si
sottrasse. Se serviva a tenerlo calmo, poteva restare così anche tutta
la notte, tenendogli la mano e accarezzandogli la fronte.
E, a proposito di realtà, si ricordò all'improvviso che se non voleva
farlo ammalare doveva assolutamente tirarlo fuori dai vestiti bagnati.
Lentamente, si alzò, dal bracciolo, e vide immediatamente il suo corpo
irrigidirsi, mentre la presa sulla mano si faceva più salda mentre
cercava di alzarsi , come se temesse di "vederla" scomparire se avesse
interrotto il contatto.
-Non muoverti, Matt- sussurrò mentre dolcemente lo spingeva di nuovo
contro i cuscini, liberando nello stesso momento anche la propria mano
-Torno subito. Vado a prenderti qualcosa di caldo da metterti, ok?
Torno tra un momento.-
Si alzò e più velocemente che potè raggiunse la camera da letto, alla
disperata ricerca di qualcosa che potesse andargli bene. Alla fine
riuscì a rintracciare una delle vecchie felpe del famigerato Mike, che
non sapeva nemmeno come cavolo le fosse finita in valigia prima di
partire, non che al momento le importasse molto. Sarebbe andata bene
allo scopo, e tanto le bastava. Era una felpa pesante, molto calda e
soffice, semplice, grigia con un grande cappuccio, di quelli che non
solo coprivano la testa, ma che arrivavano ben oltre, cadendo
(fastidiosamente) sugli occhi.
La annusò velocemente, assicurandosi che non sapesse (troppo) di
naftalina o di chiuso ( o di entrambi), prima di tornare in salotto.
Sorrise, quando vide che nel frattempo il suo ospite era riuscito ad
addormentarsi, e non fu molto felice di svegliarlo, ma quella cosa
andava tolta al più presto, e non le sembrava una buona idea cercare di
cambiarlo senza svegliarlo. Probabilmente si sarebbe ritrovata bloccata
a terra, o lanciata dall'altra parte della stanza nel giro di mezzo
secondo se lo avesse fatto.
Prudentemente, gli mise una mano sulla spalla e lo scosse gentilmente.
Tutto inutile.
Matt sobbalzò, aprendo gli occhi di scatto e lasciandosi scappare un
gemito di dolore mentre le afferrava la mano con un gesto brusco, tutti
i muscoli tesi e pronti all'attacco, o almeno così le era sembrato in
un primo istante. Solo dopo un secondo, guardando come l'altra mano
fosse rimasta vicino al corpo, a metà strada tra lo stomaco e la testa
invece di muoversi in un gesto fulmineo per colpirla, realizzò che non
la stava attaccando: stava cercando di proteggersi.
Questo la preoccupò, e non poco. Per esperienza lavorativa sapeva che
questo tipo di reazioni erano del tutto istintive, specialmente dopo un
trauma, o in situazioni di poca lucidità mentale, mentre le sue notti
con il vigilante le avevano insegnato che il suo primo istinto non era
mai quello di difendersi; era quello di attaccare.
Cosa diavolo ti è successo, Matty?
- Tranquillo. Sono io, Matt- fortunatamente, il suono della sua voce,
unito alla sua mano che andava a cercare quella dell'amico, furono
sufficienti a convincerlo a rilassarsi quel tanto che bastava a farlo
smettere di intercettare ogni sua mossa, in modo da riuscire a
esaminarlo per bene, ora che erano soli e non più in un luogo pubblico.
-Bravo. Ora ho bisogno che mi aiuti, però. Puoi farlo? Per me?-
L'unica risposta che ottenne fu un piccolo cenno con la testa, che allo
stesso tempo la rassicurò (perchè le diceva che era lucido a
sufficienza da capirla), ma allo stesso tempo le rivelò anche quanto
fosse debole. Si chiese, distrattamente, cosa gli avesse dato pochi
istanti prima la forza di reagire quando lo aveva svegliato, e quando
arrivò da sola alla risposta, non le piacque per niente: paura.
Sui giornali aveva letto che lo chiamavano l'uomo senza paura, e per
come lo conosceva pensava che fosse un soprannome piuttosto azzeccato,
ma cosa poteva spaventare a morte un uomo così temerario, allora?
Decise di escludere la domanda dalla propria mente, ricordando a sè
stessa, ancora una volta, che adesso Matt aveva bisogno delle sue doti
di infermiera (e di amica); perciò si concentrò di nuovo su di lui.
Prima di cercare di farlo sedere, gli slacciò la cerniera della giacca,
prima di aiutarlo a sollevarsi per toglierla. Come il suo braccio di
mosse per sfilarsi dalla manica, non riuscì a trattenere un grugnito di
dolore, e Claire iniziò a muoversi ancora più cautamente per evitare di
aumentare la sua sofferenza.
Tolta la giacca, veniva il difficile. La t-shirt a maniche lunghe era
palesemente appiccicata alla sua pelle a causa dell'acqua e del sudore,
e toglierla non sarebbe stata una passeggiata, non se voleva evitare di
tagliarla, per lo meno.
-Matt, adesso cerco di toglierti la felpa. ok? Voglio darti un'occhiata
e, tra l'altro è fradicia. Non hai freddo?- Sapeva che non aveva
bisogno di applicare il protocollo da infermiera con lui; non l'aveva
mai fatto prima, ma visti i segnali che il suo comportamento le aveva
dato finora, riteneva fosse necessario avvisarlo di ogni suo gesto
esattamente come se si fosse trovata di fronte a un paziente appena
uscito da un incidente.
-Un... pochino- riuscì ad ammettere, riuscendo in qualche modo a
mettere insieme un mezzo sorriso, uno di quelli adorabili da cucciolo
che avrebbe spento la rabbia di chiunque. Ricambiò, sfiorandogli la
guancia con una mano.
-Rilassati, ok? Sei al sicuro-
-Per favore... fa... piano. Fa...un male... cane- Ok. Claire aveva
visto Matt mezzo morto, letteralmente, più volte di quanto avesse
voluto, e aveva imparato una cosa: Matthew Murdock era testardo ai
limiti dell'impossibile e aveva una soglia del dolore al di fuori di
ogni logica, considerando quando il suo corpo fosse ipersensibile, ma
soprattutto, Matt Murdock non implorava.
Poteva chiedere con educazione (era davvero una delle persone più
educate che conoscesse), al massimo, ma mai, mai l'aveva pregata di
fare attenzione, e mai, mai aveva ammesso di provare dolore,
sopportando il suo lavoro stringendo i denti o, al limite, accettando
la resa e perdendo i sensi; sapeva bene che non sempre poteva essere
delicata, eppure questa volta lo stava facendo. E nei limiti del
possibile, cercò di accontentarlo.
Un centimetro alla volta, sollevò la t-shirt, cercando di evitare il
contatto diretto con il suo petto. Matt rimase in silenzio, aiutandola
più che poteva cercando di rimanere immobile, e obbedendo quando gli
chiese di sollevare le braccia per poter finalmente sfilare
l'indumento, che gettò immediatamente a terra per concentrarsi sul..
ammasso di lividi che un tempo era stato un busto perfettamente
modellato.
-Dio- si lasciò scappare mentre involontariamente sussultava alla vista
dello scempio che aveva davanti, il che, considerando che aveva
lavorato prima come paramedico e poi in un pronto soccorso, diceva già
tutto. - Come cavolo...-
-Storia lunga- la interruppe, la voce incrinata dal dolore, mentre
ricominciava a tremare più forte di prima, ora che la sua pelle era
esposta all'aria e a chissà che altro recepiva il suo senso del tatto.
Cercando di limitare i brividi, gli fece immediatamente infilare le
braccia nelle maniche della felpa, che fortunatamente era di quelle
aperte davanti, e poi gli calcò il cappuccio sulla testa per cercare di
tenerlo al caldo.
Le mani del ragazzo cercarono subito i lembi dell'indumento nel
tentativo di chiudere la cerniera, ma Claire lo fermò afferrandogli
delicatamente le mani.
-Matt, mi dispiace. Lo so che hai freddo, ma devo visitarti prima...-
-Sto...Bene- rispose a voce bassa, mentre lottava per restare sveglio,
l'infermiera non sapeva bene se per la stanchezza o il dolore, o
entrambe le cose insieme -Sono solo... lividi. Forse... una o
due...costole... incrinate. Non voleva...uccidermi-
-Ah no?- aveva qualche problema a crederci, onestamente, ma lo vide
scuotere lentamente la testa. Molto lentamente.
-Solo... punirmi. Devo... riposare...ti
prego...svegliami...un'ora...devo...tornare...ti prego-
Matt stava velocemente perdendo conoscenza, e i brividi erano di nuovo
aumentati a un livello quasi allarmante. Velocemente, senza discutere,
lo aiutò a chiudere la felpa fino in fondo, sistemandogliela in modo
che gli coprisse anche il collo. Mike era di almeno una taglia più
grande di Matt, e Claire sfruttò le maniche troppo lunghe per coprirgli
anche le mani prima di aiutarlo a stendersi. Un minuto dopo era già
profondamente addormentato. Sospirò, perchè avrebbe voluto prima
accertarsi che stesse bene, ma se erano davvero solo dei graffi e dei
lividi, effettivamente potevano aspettare. Ma allora perchè soffriva
così tanto?
Oh giusto. Si rispose
mentalmente. Perchè la sua
definizione di lividi non è esattamente quella riportata sui manuali di
medicina, o nei dizionari. Con un sospiro, lo coprì bene con una
coperta di pile e lo lasciò riposare. Magari, se gli avesse dato modo
di recuperare le forze (e almeno un pochino della sua lucidità mentale)
avrebbe lasciato che lo medicasse senza opporsi (troppo).
Claire non lo svegliò dopo un'ora. Nemmeno dopo due o tre, in effetti.
Semplicemente, lo lasciò dormire. Era così completamente fuori gioco
che un paio di volte, passando vicino al divano, si era fermata per
assicurarsi che fosse ancora vivo. Era completamente immobile da ore
ormai, raggomitolato sul divano sotto la coperta, il respiro lento e
regolare e il volto completamente nascosto dal cappuccio. Sembrava non
tremasse più, finalmente, e questo la rassicurò. Magari si trattava
davvero soltanto di freddo e stanchezza, forse, per una volta, anche
Matt Murdock aveva dei problemi comuni a tutti gli essere umani.
***
Matt non era in casa, Stick se ne era reso conto nello stesso
istante in cui aveva raggiunto la porta del loro appartamento. Questa
volta non si era disturbato a prendere una stanza in un motel, poichè
sapeva che la loro missione sarebbe durata molto più a lungo rispetto
alle altre, e gli appartamenti per studenti vicino all'MIT di Boston
erano, sul lungo periodo, molto più convenienti anche rispetto al più
economico degli ostelli.
Quando aveva lasciato la casa quel mattino, era quasi inciampato sul
corpo di Matt, ancora svenuto per terra dove lo aveva lasciato la notte
prima. Il vecchio si era preso solo un minuto per assicurarsi di non
averlo ucciso prima di uscire e finire la parte del lavoro che doveva
compiere alla luce del sole.
Di solito, quando doveva fare certe cose, lasciava a quell'idiota la
mattina libera, con il doppio intento di non averlo tra i piedi e di
non sentirgli recitare una di quelle sue solite manfrine sulla moralità
e la giustizia, e di dargli il tempo di andare in chiesa a pregare per
la salvezza della propria anima. Per Stick le religioni (tutte, senza
distinzioni) erano solo una marea di stronzate che qualcuno svariati
secoli prima aveva messo insieme per riuscire a controllare il
comportamento delle persone sotto la minaccia di punizioni divine in
nome di un qualche Dio. Non aveva mai capito davvero perchè il migliore
dei suoi allievi (perchè, porca puttana, l'avvocato era davvero stato
uno dei migliori soldati che avesse addestrato, soprattutto grazie ai
suoi poteri, se di poteri si poteva parlare.) tenesse così tanto a
certe cazzate, ma aveva notato che se andava in chiesa, di solito il
periodo immediatamente successivo non rompeva troppo le palle, per cui
aveva deciso di fargli fare quel che voleva.
Stick, tra l'altro, non era nato ieri, e aveva capito fin dal principio
che non aveva più un controllo assoluto su Matt (e segretamente ne era
anche contento: sarebbe stata una vera delusione se, vent'anni
dopo l'abbandono l'avesse trovato pronto ad adorarlo come quando
l'aveva tirato fuori dall'orfanotrofio), ma comunque, non era
preoccupato che potesse scappare: quel moccioso era un uomo d'onore,
oltre che un avvocato, ed era sicuro che avrebbe tenuto fede al patto
che avevano fatto prima di partire, se non per lealtà, per la salvezza
dei suoi cosidetti amici. Tra l'altro, finchè avesse rispettato gli
ordini e non gli avesse creato troppe grane, al vecchio della fedeltà
di Matt non fregava praticamente nulla.
Una volta entrato in casa, si svestì velocemente e si infilò sotto la
doccia. Si sentiva puzzare di sangue, di morte e di fogne, e non
avrebbe tollerato quell'odore su di sè per un istante più del
necessario, dopodichè avrebbe meditato. A lungo. Molto a lungo, o la
prossima volta avrebbe davvero potuto arrivare a ucciderlo.
Era quasi mezzanotte, ormai, Matt non era ancora rientrato e lui
cominciava a innervosirsi. Era sicuro che non se ne fosse andato per
sempre: il suo bastone e le sue cose erano ancora nell'appartamento,
inclusa la sua preziosa Bibbia, quella che suo padre gli aveva regalato
quando aveva iniziato il catechismo (come un allora bambino non aveva
mancato di fargli sapere un giorno mentre lo stava addestrando); era
una di quelle stampate tradizionalmente, non in Braille perchè
all'epoca, Matt ci vedeva, ma non se ne era mai separato, e se l'aveva
lasciata indietro, significava che aveva pensato di tornare indietro.
Quel dannato ragazzino emotivo lo avrebbe fatto uscire pazzo, prima o
poi!
Stick sospirò e si concentrò per entrare in uno stato di leggera
meditazione per calmarsi. Avrebbe dovuto comunque uscire quella notte,
con l'unica differenza che avrebbe dovuto fare tutto da solo perchè
qualcuno non si era degnato di tornare a casa.
Quando torni, ragazzino, rimpiangerai
che non ti abbia ucciso ieri, giuro.
***
Claire era rimasta con Matt, seduta sul tappeto accanto al divano, fino
a quando non le si chiusero gli occhi, e l'ultima volta che l'aveva
controllato, all'una di notte più o meno, era ancora profondamente
addormentato, apparentemente sordo a tutto ciò che lo circondava,
(incluso il piatto che aveva rotto per sbaglio mentre preparava
qualcosa per cena).
Alla fine anche lei aveva ceduto al sonno e si era decisa a lasciare il
suo fianco per infilarsi a letto, cadendo in un sonno leggero e teso.
Si svegliò di soprassalto quando lo sentì iniziare a gemere, e mentre
tornava alla realtà, svegliandosi completamente mentre percorreva i
pochi metri che la separavano da lui iniziò a vedere che il sonno
tranquillo di poche ore prima era solo un ricordo.
Matt sembrava quasi preda delle convulsioni, sembrava lottare contro
qualcuno o qualcosa in sogno, mormorando cose incomprensibili alternati
a gemiti di dolore. Il cappuccio gli era scivolato via, rivelando
quanto stesse anche sudando.
Pur essendo cosciente dei rischi che correva a svegliarlo (lei e Foggy
ne avevano provato le conseguenze sulla loro pelle), capì che l'amico
stava andando in panico all'interno del sogno e di non avere altra
scelta se non quella di sperare di riuscire a schivare qualunque colpo
fosse arrivato.
Si avvicinò lentamente e afferrò piano ma risolutamente la sua spalla,
scuotendolo per svegliarlo. Ovviamente, si aspettava la sua solita
reazione violenta, ma la velocità con cui riuscì a schivare i suoi
movimenti e saltare al di fuori del suo raggio d'azione stupì perfino
lei stessa
-Matt- chiamò dolcemente, ma a voce abbastanza alta e decisa da
penetrargli nelle orecchie -Matt, sono io. Claire-
***
Da quando era partito con Stick, svegliarsi di soprassalto era
diventata una routine. Il vecchio trovava sempre la scusa per punirlo
per qualcosa che non aveva fatto, eppure, questa volta era abbastanza
sicuro di non aver fatto niente per meritarselo.
-Matt. Sono io. Claire-
Non appena sentì la voce familiare dell'infermiera, tuttavia si bloccò.
Cosa diamine...?
Calmati, Matt. A quanto pare,
la fedele voce di Foggy nella sua testa era più sveglia del suo
cervello. Riavvolgi il nastro. Premi
play.
Fece un respiro profondo, mentre richiamava (senza nemmeno troppa
fatica) alla mente le immagini delle ultime ore. Ora tutto aveva un
senso.
Vedi? Riprese, e non riuscì a
non chiedersi in quale momento esatto della propria vita la sua
coscienza aveva iniziato a parlare con la voce del suo migliore amico,
perchè, onestamente, la cosa era un po' inquietante, oltre che seccante. E' tutto a posto, sei solo paranoico.
No. Niente era ok.
Si mise a sedere sul divano, aggrappandosi alla spalliera per tirarsi
su e rimanere in posizione.
-Che ore sono?- salutò la ragazza, la voce roca a causa della secchezza
che sentiva in gola, probabilmente, mentre si voltava per cercare di
guardarla. La dormita gli aveva fatto decisamente bene, e anche se non
si sentiva ancora nel pieno delle forze, era abbastanza forte da
parlare e muoversi senza troppi problemi.
Sentì i suoi passi leggeri avvicinarsi a lui, mentre gli rispondeva che
era notte fonda. Percepì lo spostamento d'aria mentra la ragazza si
accovacciava sul tappeto vicino a lui, abbastanza da riuscire a sentire
il calore del suo corpo attraverso la propria pelle e il profumo del
suo dentrifricio, una particolare fragranza di frutti di bosco mista a
menta. Gli prese gentilmente una mano, mentre con l'altra gli
accarezzava la fronte, spostandogli i capelli in un gesto che lo fece
sentire immediatamente a casa e al sicuro.
Ma c'era dell'altro.
I movimenti della giovane erano lenti, troppo lenti per avere il solo
scopo di non spaventarlo. Poi all'improvviso capì quanto fosse esausta,
e una fitta di senso di colpa lo attraversò. -Stavi avendo un incubo,
credo-
-Ti avevo chiesto di svegliarmi dopo un'ora- Non potè fare a meno di
protestare debolmente, mentre un angolo (più vigile) della sua mente
cercava di esortarlo a muovere il culo e tornare da Stick prima che
andasse a prendersela con i suoi amici. Era una parte molto piccola, e
decisamente in conflitto con tutto il resto, che implorava pace e
riposo, ma era come una zanzara: insistente e fastidiosa fino a
portarti all'esasperazione.
- E da quando faccio quello che mi dici, Matt?-
E, nonostante tutto, non riuscì a evitare che gli angoli delle proprie
labbra si incurvassero in un mezzo sorriso, prima di fare un nuovo
tentativo di alzarsi, dando retta al suo senso del dovere (paura?) che
gli imponeva di uscire al più presto da quella casa, nonostante il
resto di lui voleva rimanere tra quelle quattro mura, il più possibile
vicino a Claire e alla sua dolcezza, possibilmente, nonostante il
dolore che questo gli provocava.
Non avrebbe mai potuto essere sua, questo Matt lo sapeva bene. Aveva
buttato tutto all'aria, e riavvicinarsi ora non gli avrebbe certo fatto
bene, senza contare che più a lungo restava, più aumentavano le
probabilità che Stick facesse un viaggio a New York per prendersela con
Foggy; perciò chiuse le porte ai sentimenti e con un gesto deciso (o
almeno, il più deciso possibile) si mise in piedi, ignorando il vortice
di fuoco che divenne il mondo nell'istante preciso in cui la testa
cominciava a girargli, i sensi impazziti. Non vedeva più contorni
definiti, solo un mare di fuoco in burrasca. Molto in burrasca. Si
prese non più di un minuto per stabilizzarsi e ritrovare una corrente
tranquilla dove navigare, poi cominciò ad avanzare nella tempesta.
Non è il mondo a essere in burrasca,
razza di idiota, sei tu!
Taci, orsetto- Foggy. Ok
quella coscienza stava diventando decisamente invadente e fastidiosa,
esattamente come il suo migliore amico, quando ci si metteva d'impegno.
-Dove pensi di andare, esattamente?- Claire sembrava seccata, più che
curiosa.
-Devo andare- Rispose, forse più duro di quanto volesse.
-Dove?- Sentì distrattamente che lo stava guardando, in piedi con le
braccia conserte
-Devo andare- ripetè, testardo -Non ho molto tempo-
-Ok- rispose lei, fredda come non la sentiva da molto tempo, dal giorno
in cui gli aveva detto che non voleva innamorarsi di qualcuno così
vicino a diventare quello che non voleva. Sentì una fitta al cuore, che
si sforzò di ignorare. -Ci vediamo, Matt. Fa attenzione.-
Non le rispose neppure, e tornò a percorrere la strada verso la porta.
***
Se c'era una cosa che aveva imparato nei mesi in cui aveva ricucito
Matt Murdock, alias Daredevil, era che quel pazzo era forse la persona
più testarda sulla terra. Per questo, nel momento in cui si era messo
in piedi, si era alzata anche lei, interrompendo il contatto tra le
loro mani e facendo un passo indietro.
Dopo il loro rapido scambio di battute, lo guardo oscillare attraverso
la stanza, aspettando (come aveva fatto durante il loro primo incontro)
il momento in cui sarebbe caduto, perchè sapeva che sarebbe successo.
Non sprecò nemmeno il fiato per cercare di fermarlo quando dichiarò che
voleva andarsene; era in quella che lei chiamava la modalità da Uomo in
Maschera (anche se forse avrebbe dovuto cambiare la dicitura in
modalità Daredevil, stando ai giornali) e le parole erano più che
inutili quando si trovava in quello stato; quindi lasciò che fosse il
suo stesso corpo a fargli capire che se avesse davvero voluto lasciare
quel palazzo, avrebbe dovuto il modo di scindere completamente la mente
dalle ossa, perchè muscoli e tendini non l'avrebbero seguito in quella
pazzia.
Dieci.
Contò mentalmente l'infermiera. Se si fosse trattato di una persona
normale, non sarebbe andata oltre il tre, ma si parlava di Matt, perciò
gli diede un po' di credito in più. Matt fece il primo passo verso
quella che lui fosse convinto essere la direzione della porta, ma che
in realtà l'avrebbe portato dritto contro un muro. Non disse una parola
per correggerlo, e non si sentì nemmeno troppo in colpa a riguardo.
Nove.
Dannazione.
Matt aveva campito di stare commettendo un errore e si girò per cercare
un qualunque cosa che lo aiutasse ad orientarsi; Claire non si
aspettava che chiedesse aiuto, ovviamente.
Otto.
Alla fine, trovò quella che capì essere la giusta direzione e riprese a
camminare.
Sette.
Finalmente iniziò a incespicare, inciampando sui propri piedi, ma senza
cadere.
Sei.
Inciampò ancora.
Cinque.
E ancora.
Andiamo!
Quattro.
Matt cominciò seriamente a barcollare, ora in seria difficoltà, e
Claire fece molta, molta fatica a trattenersi dall'andargli incontro
quando cominciò ad allungare le mani di fronte a sè stesso, cercando
una parete, o qualcosa che lo aiutasse a rimanere in piedi. Alla fine
le sue mani incontrarono una sedia.
Tre.
Era, in qualche modo, arrivato alla porta.
Due.
Ora le scale erano a soli uno o due passi di distanza da lui, e il suo
equilibrio lasciava decisamente a desiderare.
No no no, ti prego, ti prego cadi.
Cadi. Si augurò la ragazza guardandolo preoccupata. Possibilmente, prima delle scale.
Uno.
Sapeva che avrebbe dovuto, ma proprio non riuscì a trattenere il
sospiro di sollievo che le salì dal petto quando Matt finalmente si
arrese e lasciò il comando ai propri muscoli, che erano evidentemente
più svegli del loro proprietario e pensarono bene di fallo collassare a
terra.
Un giorno o l'altro ti ammazzo,
Matthew, dannazione.
Sospirò di nuovo prima di raggiungerlo e trascinarlo di nuovo in casa
prendendolo da sotto le ascelle, ringraziando qualunque divinità del
fatto che fosse quel tipo di persona che era in forma, ma comunque
piuttosto magra, in modo da non dover chiamare in aiuto nessuno dei
vicini.
Tuttavia, Matt era troppo pesante perchè riuscisse a sollevarlo da sola
sul divano, per cui lo lasciò per un istante sul tappeto solo per
correre a disfare il proprio letto, un matrimoniale che però,
fortunatamente era composto da due materassi singoli. Ne prese uno e
ansimando lo trascinò fino al salotto, dove lo sistemò nel punto più
caldo della casa: vicino al calorifero e nel punto esatto del pavimento
dove passavano le tubature del riscaldamento, che restava di
conseguenza sempre a temperatura un po' più alta.
-Resisti, Matt- gli sussurrò prima di muoverlo vicino al giaciglio
improvvisato -Questo ti farà male, ma non posso fare altro- Con l'aiuto
di un lenzuolo, riuscì a far rotolare l'amico sul materasso,
comprimendolo il più possibile col proprio peso per rendere il
passaggio un filo più confortevole. Non esattamente una manovra da
manuale del primo soccorso, e perfino nel suo stato di incoscienza il
ragazzo emise un gemito di dolore durante l'operazione, ma al momento
non poteva fare di meglio, non con un paziente completamente non
cooperativo.
Dopo averlo sistemato al centro del materasso lo coprì bene prima di
soffermarsi a studiarlo per qualche istante: aveva il respiro
accelerato e stava iniziando anche a sudare, come se avesse appena
affrontato una lunga corsa.
Sta calma, Claire. L'hai appena
strapazzato per bene. Si disse per placare il principio di
panico che le stava nascendo dentro. Lascialo
riposare un pochino.
L'infermiera che era in lei (e che aveva preso il sopravvento) aveva
decisamente ragione, perciò le diede retta. Gli rimboccò bene le
coperte fin sotto il mento e poi si concesse un momento di riposo
sdraiandosi sul divano, a meno di un metro da lui.
Si disse che poteva perfino chiudere gli occhi, magari, e riposare una
decina di minuti.
Fu svegliata da un raggio di sole che la colpiva in piena faccia, il
che era strano perchè aveva chiuso gli occhi solo per cinque minuti
mentre la stella non era visibile nell'appartamento fino alle und... Merda.
Si mise seduta di scatto, il collo e la schiena che le dolevano a causa
della posizione in cui si era addormentata, metà sdraiata e metà seduta
tra lo schienale e uno dei braccioli. Imprecò tra i denti,
maledicendosi per non aver messo una sveglia, e iniziò a muoversi molto
lentamente, cercando di sciogliere i muscoli irrigiditi senza prendersi
uno strappo, mordendosi le labbra per evitare di svegliare Matt con i
propri gemiti di dolore. Piano piano, le membra ripresero sensibilità e
agilità, e finalmente riuscì a concentrarsi sul proprio paziente.
Dio.
Matt era ancora incosciente, forse svenuto o forse addormentato, non ne
era certa, ma le sue condizioni erano decisamente precipitate dalla
sera prima. Se quando si era addormentata aveva soltanto il respiro un
po' affannato, ora era in preda ai brvidi e coperto di sudore, tanto
che aveva spinto via le coperte in cui lo aveva avvolto.
Non andava bene. Per niente.
***
Era ormai mezzogiorno, e di Matt ancora non c'era traccia.
Stick riuscì a percepire la sua assenza non appena si era svegliato
dalla mattinata passata a letto dopo una notte dedicata alla sua
missione.
Se quell'idiota stava cercando di testare la sua pazienza, presto
avrebbe scoperto che non era stata la migliore delle proprie idee.
Arrabbiato, si alzò e si diresse nella stanza dell'avvocato, cercando
almeno di capire se fosse tornato a casa a cambiarsi. Niente. Tutte era
come l'avevano lasciato due notti prima, e non c'era traccia di odori
che tradissero la presenza.
L'uomo scandagliò la stanza. Una giacca e i jeans erano spariti, così
come la sua maschera, probabilmente si era rimesso a giocare all'eroe.
Comunque, non aveva importanza, non più, almeno.
Era arrivato il momento di fargli capire che il tempo dei giochi era
finito.
No, non mi sento il colpa,
sappiatelo XD
Cosa succederà ora? Foggy e Karen saranno in pericolo? Lo scopriremo
nel prossimo capitolo!
Ciao!
PS: i feedback sono moooolto graditi :)
|