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Autore: DalamarF16    04/11/2015    2 recensioni
Post stagione 1- Dopo essere riusciti a incastrare Fisk, Matt e Foggy sono diventati molto popolari a Hell's Kitchen e la loro amicizia si è rinsaldata. Il mondo di Daredevil ha ora una rassicurante routine, ma il ritorno di Stick rimescolerà le carte in tavola. Cosa vuole il vecchio ninja da Matt? Matt accetterà di aiutarlo anche a costo di uccidere qualcuno?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claire Temple, Foggy Nelson, Karen Page, Matt Murdock, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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PERSONAL SPACE: Buonsalve!! Chapter 6 is out!
Grazie a tutti voi che leggete, in particolare a ragdoll_cat che mi dice sempre quello che pensa! ^__^
Vi lascio al capitolo. Buona lettura!

PS: momento marchetta: ho pubblicato una nuova one shot, ambientata al college...la trovate qui

Chapter 6: You'll wish I Killed You Yesterday

Matt tremava ancora, Claire riusciva chiaramente a sentirlo dalle sue mani che teneva strette tra le proprie mentre si trovavano sul sedile posteriore di un taxi che li stava portando all'appartamento che aveva preso in affitto quando aveva lasciato New York.
Il ragazzo era praticamente immobile, seduto al suo fianco, all'apparenza perfettamente calmo e accettando il contatto fisico come se i due fossero una coppietta che tornava a casa dopo una giornata in giro per la città. Non poteva dirlo con certezza, poichè il resto del suo corpo era ben nascosto dai vestiti, ma dall'espressione apparentemente rilassata sul suo viso, l'infermiera sospettava che qualunque fosse la causa del tremore, non era soltanto di natura psicologica. Matt sembrava avere i nervi sotto controllo, almeno per ora, e Claire sapeva fin troppo bene che se davvero avesse voluto, sarebbe riuscito a fermarsi.
Dato lo stato in cui si trovava la maglietta, poteva ipotizzare che si trattasse di brividi di freddo... e a proposito: se il resto del suo abbigliamento era asciutto, e di certo non parte del suo costume da vigilante (Claire avrebbe riconosciuto quella dannata maglia nera ovunque), perchè non aveva completato il lavoro? Era ferito a tal punto da non riuscire a sfilarsela?
Una volta cominciate le domande, a quanto sembrava la sua mente non aveva intenzione di smetterla: come le ciliegie, una tirava l'altra: che cosa ci faceva lì, così lontano da Hell's Kitchen? E perchè non indossava il completo rosso che aveva visto sui giornali (e che sembrava fatto decisamente meglio)? E, ancora, con chi cavolo aveva fatto un patto? E cosa c'entrava Foggy in tutto questo? Avevano poi ricominciato a parlarsi quei due?
La sua mente tornò a quella notte, quando aveva conosciuto finalmente il partner di Matt, dopo averne sentito largamente parlare durante le loro sedute di sartoria su pelle umana. Nelle tre ore che era rimasta con lui nell'appartamento dell'amico, Foggy era passato alternativamente dall'essere furioso al piangere di preoccupazione, senza una vera e propria logica, e quando l'aveva dichiarato fuori pericolo, le ci erano voluti dieci interminabili minuti per convincerlo a rimanere per dargli un'occhiata e aspettare di parlargli al mattino.
Già sapeva che il biondo non era mai stato un grande fan del Diavolo di Hell's Kitchen, per questo aveva insistito così tanto perchè ascoltasse le ragioni di Matt, salvo poi scoprire che non ne aveva comunque voluto sapere. Poi lei se ne era andata (non senza qualche senso di colpa, tra l'altro, sapendo che sarebbe rimasto solo) e non aveva idea di come stessero le cose tra i due.
Non divagare, Claire. Ha bisogno di te, ora.
L'infermiera si auto-richiamò all'ordine e gli diede un'altra occhiata, mentre col il pollice gli accarezzava piano la mano, in un tentativo di aiutarlo a restare concentrato su qualcosa. Cercò di rimanere impassibile e di muoversi il meno possibile mentre cercava di capire quanto effettivamente fossero gravi le sue condizioni senza farsi notare troppo. Era molto pallido, ora che lo vedeva alla luce del sole, e la smorfia che aveva fatto (e subito nascosto) quando l'auto era sobbalzata sopra una buca le faceva pensare che effettivamente fosse ferito e che stesse cercando di nascondere il dolore sotto una maschera di stoicismo.

Riuscì a tenere duro per tutta la corsa, e per il breve tratto di strada che li aveva portati dall'auto alla porta del suo appartamento, pur sorreggendosi a lei per aiutarsi a stare in piedi, ma, nel momento in cui lasciò la presa, dopo averlo fatto appoggiare alla parete, il ragazzo si lasciò scivolare a terra fino a quando con un leggero tonfo non si ritrovò seduto sul pavimento, come se fosse troppo stanco per restare in piedi un secondo di più.
-Matt!- esclamò accucciandosi accanto a lui, sfiorandogli la spalla con una mano.
-Sto... bene- le parole uscirono dalla sua bocca come se parlare richiedesse l'uso di una riserva incredibile di energie che non aveva.
-Col cavolo- Aveva pensato di tenere una linea dolce con lui, sembrava già abbastanza sull'orlo di una crisi di nervi senza che ci si mettesse pure lei, ma questa volta non riuscì proprio a contenersi.
Non c'è tempo per scusarti ora, le fece notare la sua voce interiore, mentre faceva passare un braccio sotto la sua ascella per aiutarlo ad alzarsi. Matt cercò di aiutarla come poteva, allungando una mano lungo il muro alla ricerca di un appiglio, e quando non riuscì a trovarlo, cercò di spingere contro di esso per toglierle un po' del suo peso dalla schiena. Claire riuscì finalmente a dare un calcio alla porta e a portarlo fino al divano, dove lo fece stendere ignorando completamente i suoi tentativi di opporsi.
Fu sollevata quando vide finalmente il suo volto distendersi in un'espressione meno tirata mentre chiudeva gli occhi, seguita da un sospiro di sollievo. Si sedette accanto a lui, sul bracciolo del sofà, e gli spostò una ciocca ribelle dalla fronte. Matt allungò una mano verso di lei, sopra la propria testa, cercando a tentoni le sue mani. Senza smettere di accarezzarlo, gli porse la mano sinistra, sentendolo immediatamente stringere la presa, ma senza arrivare a farle male. Sembrava quasi che stringerla forte fosse il suo modo di rimanere attaccato alla realtà, di accertarsi che fosse reale, e Claire non si sottrasse. Se serviva a tenerlo calmo, poteva restare così anche tutta la notte, tenendogli la mano e accarezzandogli la fronte.
E, a proposito di realtà, si ricordò all'improvviso che se non voleva farlo ammalare doveva assolutamente tirarlo fuori dai vestiti bagnati. Lentamente, si alzò, dal bracciolo, e vide immediatamente il suo corpo irrigidirsi, mentre la presa sulla mano si faceva più salda mentre cercava di alzarsi , come se temesse di "vederla" scomparire se avesse interrotto il contatto.
-Non muoverti, Matt- sussurrò mentre dolcemente lo spingeva di nuovo contro i cuscini, liberando nello stesso momento anche la propria mano -Torno subito. Vado a prenderti qualcosa di caldo da metterti, ok? Torno tra un momento.-
Si alzò e più velocemente che potè raggiunse la camera da letto, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse andargli bene. Alla fine riuscì a rintracciare una delle vecchie felpe del famigerato Mike, che non sapeva nemmeno come cavolo le fosse finita in valigia prima di partire, non che al momento le importasse molto. Sarebbe andata bene allo scopo, e tanto le bastava. Era una felpa pesante, molto calda e soffice, semplice, grigia con un grande cappuccio, di quelli che non solo coprivano la testa, ma che arrivavano ben oltre, cadendo (fastidiosamente) sugli occhi.
La annusò velocemente, assicurandosi che non sapesse (troppo) di naftalina o di chiuso ( o di entrambi), prima di tornare in salotto.
Sorrise, quando vide che nel frattempo il suo ospite era riuscito ad addormentarsi, e non fu molto felice di svegliarlo, ma quella cosa andava tolta al più presto, e non le sembrava una buona idea cercare di cambiarlo senza svegliarlo. Probabilmente si sarebbe ritrovata bloccata a terra, o lanciata dall'altra parte della stanza nel giro di mezzo secondo se lo avesse fatto.
Prudentemente, gli mise una mano sulla spalla e lo scosse gentilmente.
Tutto inutile.

Matt sobbalzò, aprendo gli occhi di scatto e lasciandosi scappare un gemito di dolore mentre le afferrava la mano con un gesto brusco, tutti i muscoli tesi e pronti all'attacco, o almeno così le era sembrato in un primo istante. Solo dopo un secondo, guardando come l'altra mano fosse rimasta vicino al corpo, a metà strada tra lo stomaco e la testa invece di muoversi in un gesto fulmineo per colpirla, realizzò che non la stava attaccando: stava cercando di proteggersi.
Questo la preoccupò, e non poco. Per esperienza lavorativa sapeva che questo tipo di reazioni erano del tutto istintive, specialmente dopo un trauma, o in situazioni di poca lucidità mentale, mentre le sue notti con il vigilante le avevano insegnato che il suo primo istinto non era mai quello di difendersi; era quello di attaccare.
Cosa diavolo ti è successo, Matty?
- Tranquillo. Sono io, Matt- fortunatamente, il suono della sua voce, unito alla sua mano che andava a cercare quella dell'amico, furono sufficienti a convincerlo a rilassarsi quel tanto che bastava a farlo smettere di intercettare ogni sua mossa, in modo da riuscire a esaminarlo per bene, ora che erano soli e non più in un luogo pubblico. -Bravo. Ora ho bisogno che mi aiuti, però. Puoi farlo? Per me?-
L'unica risposta che ottenne fu un piccolo cenno con la testa, che allo stesso tempo la rassicurò (perchè le diceva che era lucido a sufficienza da capirla), ma allo stesso tempo le rivelò anche quanto fosse debole. Si chiese, distrattamente, cosa gli avesse dato pochi istanti prima la forza di reagire quando lo aveva svegliato, e quando arrivò da sola alla risposta, non le piacque per niente: paura.
Sui giornali aveva letto che lo chiamavano l'uomo senza paura, e per come lo conosceva pensava che fosse un soprannome piuttosto azzeccato, ma cosa poteva spaventare a morte un uomo così temerario, allora?
Decise di escludere la domanda dalla propria mente, ricordando a sè stessa, ancora una volta, che adesso Matt aveva bisogno delle sue doti di infermiera (e di amica); perciò si concentrò di nuovo su di lui.

Prima di cercare di farlo sedere, gli slacciò la cerniera della giacca, prima di aiutarlo a sollevarsi per toglierla. Come il suo braccio di mosse per sfilarsi dalla manica, non riuscì a trattenere un grugnito di dolore, e Claire iniziò a muoversi ancora più cautamente per evitare di aumentare la sua sofferenza.
Tolta la giacca, veniva il difficile. La t-shirt a maniche lunghe era palesemente appiccicata alla sua pelle a causa dell'acqua e del sudore, e toglierla non sarebbe stata una passeggiata, non se voleva evitare di tagliarla, per lo meno.
-Matt, adesso cerco di toglierti la felpa. ok? Voglio darti un'occhiata e, tra l'altro è fradicia. Non hai freddo?- Sapeva che non aveva bisogno di applicare il protocollo da infermiera con lui; non l'aveva mai fatto prima, ma visti i segnali che il suo comportamento le aveva dato finora, riteneva fosse necessario avvisarlo di ogni suo gesto esattamente come se si fosse trovata di fronte a un paziente appena uscito da un incidente.
-Un... pochino- riuscì ad ammettere, riuscendo in qualche modo a mettere insieme un mezzo sorriso, uno di quelli adorabili da cucciolo che avrebbe spento la rabbia di chiunque. Ricambiò, sfiorandogli la guancia con una mano.
-Rilassati, ok? Sei al sicuro-
-Per favore... fa... piano. Fa...un male... cane- Ok. Claire aveva visto Matt mezzo morto, letteralmente, più volte di quanto avesse voluto, e aveva imparato una cosa: Matthew Murdock era testardo ai limiti dell'impossibile e aveva una soglia del dolore al di fuori di ogni logica, considerando quando il suo corpo fosse ipersensibile, ma soprattutto, Matt Murdock non implorava.
Poteva chiedere con educazione (era davvero una delle persone più educate che conoscesse), al massimo, ma mai, mai l'aveva pregata di fare attenzione, e mai, mai aveva ammesso di provare dolore, sopportando il suo lavoro stringendo i denti o, al limite, accettando la resa e perdendo i sensi; sapeva bene che non sempre poteva essere delicata, eppure questa volta lo stava facendo. E nei limiti del possibile, cercò di accontentarlo.
Un centimetro alla volta, sollevò la t-shirt, cercando di evitare il contatto diretto con il suo petto. Matt rimase in silenzio, aiutandola più che poteva cercando di rimanere immobile, e obbedendo quando gli chiese di sollevare le braccia per poter finalmente sfilare l'indumento, che gettò immediatamente a terra per concentrarsi sul.. ammasso di lividi che un tempo era stato un busto perfettamente modellato.
-Dio- si lasciò scappare mentre involontariamente sussultava alla vista dello scempio che aveva davanti, il che, considerando che aveva lavorato prima come paramedico e poi in un pronto soccorso, diceva già tutto. - Come cavolo...-
-Storia lunga- la interruppe, la voce incrinata dal dolore, mentre ricominciava a tremare più forte di prima, ora che la sua pelle era esposta all'aria e a chissà che altro recepiva il suo senso del tatto. Cercando di limitare i brividi, gli fece immediatamente infilare le braccia nelle maniche della felpa, che fortunatamente era di quelle aperte davanti, e poi gli calcò il cappuccio sulla testa per cercare di tenerlo al caldo.
Le mani del ragazzo cercarono subito i lembi dell'indumento nel tentativo di chiudere la cerniera, ma Claire lo fermò afferrandogli delicatamente le mani.
-Matt, mi dispiace. Lo so che hai freddo, ma devo visitarti prima...-
-Sto...Bene- rispose a voce bassa, mentre lottava per restare sveglio, l'infermiera non sapeva bene se per la stanchezza o il dolore, o entrambe le cose insieme -Sono solo... lividi. Forse... una o due...costole... incrinate. Non voleva...uccidermi-
-Ah no?- aveva qualche problema a crederci, onestamente, ma lo vide scuotere lentamente la testa. Molto lentamente.
-Solo... punirmi. Devo... riposare...ti prego...svegliami...un'ora...devo...tornare...ti prego-
Matt stava velocemente perdendo conoscenza, e i brividi erano di nuovo aumentati a un livello quasi allarmante. Velocemente, senza discutere, lo aiutò a chiudere la felpa fino in fondo, sistemandogliela in modo che gli coprisse anche il collo. Mike era di almeno una taglia più grande di Matt, e Claire sfruttò le maniche troppo lunghe per coprirgli anche le mani prima di aiutarlo a stendersi. Un minuto dopo era già profondamente addormentato. Sospirò, perchè avrebbe voluto prima accertarsi che stesse bene, ma se erano davvero solo dei graffi e dei lividi, effettivamente potevano aspettare. Ma allora perchè soffriva così tanto?
Oh giusto. Si rispose mentalmente. Perchè la sua definizione di lividi non è esattamente quella riportata sui manuali di medicina, o nei dizionari. Con un sospiro, lo coprì bene con una coperta di pile e lo lasciò riposare. Magari, se gli avesse dato modo di recuperare le forze (e almeno un pochino della sua lucidità mentale) avrebbe lasciato che lo medicasse senza opporsi (troppo).

Claire non lo svegliò dopo un'ora. Nemmeno dopo due o tre, in effetti.
Semplicemente, lo lasciò dormire. Era così completamente fuori gioco che un paio di volte, passando vicino al divano, si era fermata per assicurarsi che fosse ancora vivo. Era completamente immobile da ore ormai, raggomitolato sul divano sotto la coperta, il respiro lento e regolare e il volto completamente nascosto dal cappuccio. Sembrava non tremasse più, finalmente, e questo la rassicurò. Magari si trattava davvero soltanto di freddo e stanchezza, forse, per una volta, anche Matt Murdock aveva dei problemi comuni a tutti gli essere umani.

***

Matt non era in casa, Stick se ne era reso conto nello stesso istante in cui aveva raggiunto la porta del loro appartamento. Questa volta non si era disturbato a prendere una stanza in un motel, poichè sapeva che la loro missione sarebbe durata molto più a lungo rispetto alle altre, e gli appartamenti per studenti vicino all'MIT di Boston erano, sul lungo periodo, molto più convenienti anche rispetto al più economico degli ostelli.
Quando aveva lasciato la casa quel mattino, era quasi inciampato sul corpo di Matt, ancora svenuto per terra dove lo aveva lasciato la notte prima. Il vecchio si era preso solo un minuto per assicurarsi di non averlo ucciso prima di uscire e finire la parte del lavoro che doveva compiere alla luce del sole.
Di solito, quando doveva fare certe cose, lasciava a quell'idiota la mattina libera, con il doppio intento di non averlo tra i piedi e di non sentirgli recitare una di quelle sue solite manfrine sulla moralità e la giustizia, e di dargli il tempo di andare in chiesa a pregare per la salvezza della propria anima. Per Stick le religioni (tutte, senza distinzioni) erano solo una marea di stronzate che qualcuno svariati secoli prima aveva messo insieme per riuscire a controllare il comportamento delle persone sotto la minaccia di punizioni divine in nome di un qualche Dio. Non aveva mai capito davvero perchè il migliore dei suoi allievi (perchè, porca puttana, l'avvocato era davvero stato uno dei migliori soldati che avesse addestrato, soprattutto grazie ai suoi poteri, se di poteri si poteva parlare.) tenesse così tanto a certe cazzate, ma aveva notato che se andava in chiesa, di solito il periodo immediatamente successivo non rompeva troppo le palle, per cui aveva deciso di fargli fare quel che voleva.
Stick, tra l'altro, non era nato ieri, e aveva capito fin dal principio che non aveva più un controllo assoluto su Matt (e segretamente ne era anche contento: sarebbe stata una vera delusione se,  vent'anni dopo l'abbandono l'avesse trovato pronto ad adorarlo come quando l'aveva tirato fuori dall'orfanotrofio), ma comunque, non era preoccupato che potesse scappare: quel moccioso era un uomo d'onore, oltre che un avvocato, ed era sicuro che avrebbe tenuto fede al patto che avevano fatto prima di partire, se non per lealtà, per la salvezza dei suoi cosidetti amici. Tra l'altro, finchè avesse rispettato gli ordini e non gli avesse creato troppe grane, al vecchio della fedeltà di Matt non fregava praticamente nulla.
Una volta entrato in casa, si svestì velocemente e si infilò sotto la doccia. Si sentiva puzzare di sangue, di morte e di fogne, e non avrebbe tollerato quell'odore su di sè per un istante più del necessario, dopodichè avrebbe meditato. A lungo. Molto a lungo, o la prossima volta avrebbe davvero potuto arrivare a ucciderlo.

Era quasi mezzanotte, ormai, Matt non era ancora rientrato e lui cominciava a innervosirsi. Era sicuro che non se ne fosse andato per sempre: il suo bastone e le sue cose erano ancora nell'appartamento, inclusa la sua preziosa Bibbia, quella che suo padre gli aveva regalato quando aveva iniziato il catechismo (come un allora bambino non aveva mancato di fargli sapere un giorno mentre lo stava addestrando); era una di quelle stampate tradizionalmente, non in Braille perchè all'epoca, Matt ci vedeva, ma non se ne era mai separato, e se l'aveva lasciata indietro, significava che aveva pensato di tornare indietro.
Quel dannato ragazzino emotivo lo avrebbe fatto uscire pazzo, prima o poi!
Stick sospirò e si concentrò per entrare in uno stato di leggera meditazione per calmarsi. Avrebbe dovuto comunque uscire quella notte, con l'unica differenza che avrebbe dovuto fare tutto da solo perchè qualcuno non si era degnato di tornare a casa.
Quando torni, ragazzino, rimpiangerai che non ti abbia ucciso ieri, giuro.

***

Claire era rimasta con Matt, seduta sul tappeto accanto al divano, fino a quando non le si chiusero gli occhi, e l'ultima volta che l'aveva controllato, all'una di notte più o meno, era ancora profondamente addormentato, apparentemente sordo a tutto ciò che lo circondava, (incluso il piatto che aveva rotto per sbaglio mentre preparava qualcosa per cena).
Alla fine anche lei aveva ceduto al sonno e si era decisa a lasciare il suo fianco per infilarsi a letto, cadendo in un sonno leggero e teso.
Si svegliò di soprassalto quando lo sentì iniziare a gemere, e mentre tornava alla realtà, svegliandosi completamente mentre percorreva i pochi metri che la separavano da lui iniziò a vedere che il sonno tranquillo di poche ore prima era solo un ricordo.
Matt sembrava quasi preda delle convulsioni, sembrava lottare contro qualcuno o qualcosa in sogno, mormorando cose incomprensibili alternati a gemiti di dolore. Il cappuccio gli era scivolato via, rivelando quanto stesse anche sudando.
Pur essendo cosciente dei rischi che correva a svegliarlo (lei e Foggy ne avevano provato le conseguenze sulla loro pelle), capì che l'amico stava andando in panico all'interno del sogno e di non avere altra scelta se non quella di sperare di riuscire a schivare qualunque colpo fosse arrivato.
Si avvicinò lentamente e afferrò piano ma risolutamente la sua spalla, scuotendolo per svegliarlo. Ovviamente, si aspettava la sua solita reazione violenta, ma la velocità con cui riuscì a schivare i suoi movimenti e saltare al di fuori del suo raggio d'azione stupì perfino lei stessa
-Matt- chiamò dolcemente, ma a voce abbastanza alta e decisa da penetrargli nelle orecchie -Matt, sono io. Claire-

***

Da quando era partito con Stick, svegliarsi di soprassalto era diventata una routine. Il vecchio trovava sempre la scusa per punirlo per qualcosa che non aveva fatto, eppure, questa volta era abbastanza sicuro di non aver fatto niente per meritarselo.
-Matt. Sono io. Claire-
Non appena sentì la voce familiare dell'infermiera, tuttavia si bloccò. Cosa diamine...?
Calmati, Matt. A quanto pare, la fedele voce di Foggy nella sua testa era più sveglia del suo cervello. Riavvolgi il nastro. Premi play.
Fece un respiro profondo, mentre richiamava (senza nemmeno troppa fatica) alla mente le immagini delle ultime ore. Ora tutto aveva un senso.
Vedi? Riprese, e non riuscì a non chiedersi in quale momento esatto della propria vita la sua coscienza aveva iniziato a parlare con la voce del suo migliore amico, perchè, onestamente, la cosa era un po' inquietante, oltre che seccante. E' tutto a posto, sei solo paranoico.
No. Niente era ok.
Si mise a sedere sul divano, aggrappandosi alla spalliera per tirarsi su e rimanere in posizione.
-Che ore sono?- salutò la ragazza, la voce roca a causa della secchezza che sentiva in gola, probabilmente, mentre si voltava per cercare di guardarla. La dormita gli aveva fatto decisamente bene, e anche se non si sentiva ancora nel pieno delle forze, era abbastanza forte da parlare e muoversi senza troppi problemi.
Sentì i suoi passi leggeri avvicinarsi a lui, mentre gli rispondeva che era notte fonda. Percepì lo spostamento d'aria mentra la ragazza si accovacciava sul tappeto vicino a lui, abbastanza da riuscire a sentire il calore del suo corpo attraverso la propria pelle e il profumo del suo dentrifricio, una particolare fragranza di frutti di bosco mista a menta. Gli prese gentilmente una mano, mentre con l'altra gli accarezzava la fronte, spostandogli i capelli in un gesto che lo fece sentire immediatamente a casa e al sicuro.
Ma c'era dell'altro.
I movimenti della giovane erano lenti, troppo lenti per avere il solo scopo di non spaventarlo. Poi all'improvviso capì quanto fosse esausta, e una fitta di senso di colpa lo attraversò. -Stavi avendo un incubo, credo-
-Ti avevo chiesto di svegliarmi dopo un'ora- Non potè fare a meno di protestare debolmente, mentre un angolo (più vigile) della sua mente cercava di esortarlo a muovere il culo e tornare da Stick prima che andasse a prendersela con i suoi amici. Era una parte molto piccola, e decisamente in conflitto con tutto il resto, che implorava pace e riposo, ma era come una zanzara: insistente e fastidiosa fino a portarti all'esasperazione.
- E da quando faccio quello che mi dici, Matt?-
E, nonostante tutto, non riuscì a evitare che gli angoli delle proprie labbra si incurvassero in un mezzo sorriso, prima di fare un nuovo tentativo di alzarsi, dando retta al suo senso del dovere (paura?) che gli imponeva di uscire al più presto da quella casa, nonostante il resto di lui voleva rimanere tra quelle quattro mura, il più possibile vicino a Claire e alla sua dolcezza, possibilmente, nonostante il dolore che questo gli provocava.
Non avrebbe mai potuto essere sua, questo Matt lo sapeva bene. Aveva buttato tutto all'aria, e riavvicinarsi ora non gli avrebbe certo fatto bene, senza contare che più a lungo restava, più aumentavano le probabilità che Stick facesse un viaggio a New York per prendersela con Foggy; perciò chiuse le porte ai sentimenti e con un gesto deciso (o almeno, il più deciso possibile) si mise in piedi, ignorando il vortice di fuoco che divenne il mondo nell'istante preciso in cui la testa cominciava a girargli, i sensi impazziti. Non vedeva più contorni definiti, solo un mare di fuoco in burrasca. Molto in burrasca. Si prese non più di un minuto per stabilizzarsi e ritrovare una corrente tranquilla dove navigare, poi cominciò ad avanzare nella tempesta.
Non è il mondo a essere in burrasca, razza di idiota, sei tu!
Taci, orsetto- Foggy. Ok quella coscienza stava diventando decisamente invadente e fastidiosa, esattamente come il suo migliore amico, quando ci si metteva d'impegno.
-Dove pensi di andare, esattamente?- Claire sembrava seccata, più che curiosa.
-Devo andare- Rispose, forse più duro di quanto volesse.
-Dove?- Sentì distrattamente che lo stava guardando, in piedi con le braccia conserte
-Devo andare- ripetè, testardo -Non ho molto tempo-
-Ok- rispose lei, fredda come non la sentiva da molto tempo, dal giorno in cui gli aveva detto che non voleva innamorarsi di qualcuno così vicino a diventare quello che non voleva. Sentì una fitta al cuore, che si sforzò di ignorare. -Ci vediamo, Matt. Fa attenzione.-
Non le rispose neppure, e tornò a percorrere la strada verso la porta.

***

Se c'era una cosa che aveva imparato nei mesi in cui aveva ricucito Matt Murdock, alias Daredevil, era che quel pazzo era forse la persona più testarda sulla terra. Per questo, nel momento in cui si era messo in piedi, si era alzata anche lei, interrompendo il contatto tra le loro mani e facendo un passo indietro.
Dopo il loro rapido scambio di battute, lo guardo oscillare attraverso la stanza, aspettando (come aveva fatto durante il loro primo incontro) il momento in cui sarebbe caduto, perchè sapeva che sarebbe successo.
Non sprecò nemmeno il fiato per cercare di fermarlo quando dichiarò che voleva andarsene; era in quella che lei chiamava la modalità da Uomo in Maschera (anche se forse avrebbe dovuto cambiare la dicitura in modalità Daredevil, stando ai giornali) e le parole erano più che inutili quando si trovava in quello stato; quindi lasciò che fosse il suo stesso corpo a fargli capire che se avesse davvero voluto lasciare quel palazzo, avrebbe dovuto il modo di scindere completamente la mente dalle ossa, perchè muscoli e tendini non l'avrebbero seguito in quella pazzia.
Dieci.
Contò mentalmente l'infermiera. Se si fosse trattato di una persona normale, non sarebbe andata oltre il tre, ma si parlava di Matt, perciò gli diede un po' di credito in più. Matt fece il primo passo verso quella che lui fosse convinto essere la direzione della porta, ma che in realtà l'avrebbe portato dritto contro un muro. Non disse una parola per correggerlo, e non si sentì nemmeno troppo in colpa a riguardo.
Nove.
Dannazione.
Matt aveva campito di stare commettendo un errore e si girò per cercare un qualunque cosa che lo aiutasse ad orientarsi; Claire non si aspettava che chiedesse aiuto, ovviamente.
Otto.
Alla fine, trovò quella che capì essere la giusta direzione e riprese a camminare.
Sette.
Finalmente iniziò a incespicare, inciampando sui propri piedi, ma senza cadere.
Sei.
Inciampò ancora.
Cinque.
E ancora.
Andiamo!
Quattro.
Matt cominciò seriamente a barcollare, ora in seria difficoltà, e Claire fece molta, molta fatica a trattenersi dall'andargli incontro quando cominciò ad allungare le mani di fronte a sè stesso, cercando una parete, o qualcosa che lo aiutasse a rimanere in piedi. Alla fine le sue mani incontrarono una sedia.
Tre.
Era, in qualche modo, arrivato alla porta.
Due.
Ora le scale erano a soli uno o due passi di distanza da lui, e il suo equilibrio lasciava decisamente a desiderare.
No no no, ti prego, ti prego cadi. Cadi. Si augurò la ragazza guardandolo preoccupata. Possibilmente, prima delle scale.
Uno.
Sapeva che avrebbe dovuto, ma proprio non riuscì a trattenere il sospiro di sollievo che le salì dal petto quando Matt finalmente si arrese e lasciò il comando ai propri muscoli, che erano evidentemente più svegli del loro proprietario e pensarono bene di fallo collassare a terra.
Un giorno o l'altro ti ammazzo, Matthew, dannazione.
Sospirò di nuovo prima di raggiungerlo e trascinarlo di nuovo in casa prendendolo da sotto le ascelle, ringraziando qualunque divinità del fatto che fosse quel tipo di persona che era in forma, ma comunque piuttosto magra, in modo da non dover chiamare in aiuto nessuno dei vicini.
Tuttavia, Matt era troppo pesante perchè riuscisse a sollevarlo da sola sul divano, per cui lo lasciò per un istante sul tappeto solo per correre a disfare il proprio letto, un matrimoniale che però, fortunatamente era composto da due materassi singoli. Ne prese uno e ansimando lo trascinò fino al salotto, dove lo sistemò nel punto più caldo della casa: vicino al calorifero e nel punto esatto del pavimento dove passavano le tubature del riscaldamento, che restava di conseguenza sempre a temperatura un po' più alta.
-Resisti, Matt- gli sussurrò prima di muoverlo vicino al giaciglio improvvisato -Questo ti farà male, ma non posso fare altro- Con l'aiuto di un lenzuolo, riuscì a far rotolare l'amico sul materasso, comprimendolo il più possibile col proprio peso per rendere il passaggio un filo più confortevole. Non esattamente una manovra da manuale del primo soccorso, e perfino nel suo stato di incoscienza il ragazzo emise un gemito di dolore durante l'operazione, ma al momento non poteva fare di meglio, non con un paziente completamente non cooperativo.
Dopo averlo sistemato al centro del materasso lo coprì bene prima di soffermarsi a studiarlo per qualche istante: aveva il respiro accelerato e stava iniziando anche a sudare, come se avesse appena affrontato una lunga corsa.
Sta calma, Claire. L'hai appena strapazzato per bene. Si disse per placare il principio di panico che le stava nascendo dentro. Lascialo riposare un pochino.
L'infermiera che era in lei (e che aveva preso il sopravvento) aveva decisamente ragione, perciò le diede retta. Gli rimboccò bene le coperte fin sotto il mento e poi si concesse un momento di riposo sdraiandosi sul divano, a meno di un metro da lui.
Si disse che poteva perfino chiudere gli occhi, magari, e riposare una decina di minuti.

Fu svegliata da un raggio di sole che la colpiva in piena faccia, il che era strano perchè aveva chiuso gli occhi solo per cinque minuti mentre la stella non era visibile nell'appartamento fino alle und... Merda.
Si mise seduta di scatto, il collo e la schiena che le dolevano a causa della posizione in cui si era addormentata, metà sdraiata e metà seduta tra lo schienale e uno dei braccioli. Imprecò tra i denti, maledicendosi per non aver messo una sveglia, e iniziò a muoversi molto lentamente, cercando di sciogliere i muscoli irrigiditi senza prendersi uno strappo, mordendosi le labbra per evitare di svegliare Matt con i propri gemiti di dolore. Piano piano, le membra ripresero sensibilità e agilità, e finalmente riuscì a concentrarsi sul proprio paziente.
Dio.
Matt era ancora incosciente, forse svenuto o forse addormentato, non ne era certa, ma le sue condizioni erano decisamente precipitate dalla sera prima. Se quando si era addormentata aveva soltanto il respiro un po' affannato, ora era in preda ai brvidi e coperto di sudore, tanto che aveva spinto via le coperte in cui lo aveva avvolto.
Non andava bene. Per niente.

***

Era ormai mezzogiorno, e di Matt ancora non c'era traccia.
Stick riuscì a percepire la sua assenza non appena si era svegliato dalla mattinata passata a letto dopo una notte dedicata alla sua missione.
Se quell'idiota stava cercando di testare la sua pazienza, presto avrebbe scoperto che non era stata la migliore delle proprie idee.
Arrabbiato, si alzò e si diresse nella stanza dell'avvocato, cercando almeno di capire se fosse tornato a casa a cambiarsi. Niente. Tutte era come l'avevano lasciato due notti prima, e non c'era traccia di odori che tradissero la presenza.
L'uomo scandagliò la stanza. Una giacca e i jeans erano spariti, così come la sua maschera, probabilmente si era rimesso a giocare all'eroe.
Comunque, non aveva importanza, non più, almeno.
Era arrivato il momento di fargli capire che il tempo dei giochi era finito.

No, non mi sento il colpa, sappiatelo XD
Cosa succederà ora? Foggy e Karen saranno in pericolo? Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Ciao!

PS: i feedback sono moooolto graditi :)

   
 
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