PERSONAL
SPACE: Ciao a tutti! Eccomi qui con un nuovo capitolo di questa
long... voglio approfittare di questo spazio per ringraziare chi mi ha
recensito negli scorsi capitoli, PaperHero e Ragdoll_Cat (PS: se siete
fan di Cap o degli Olicity passate sul suo profilo, non ve ne pentirete
^__^ ) e anche tutti quelli che hanno messo questa storia tra le
seguite, le preferite e le ricordate, davvero grazie! ^__^
E ovviamente grazie anche a tutti i lettori silenti, spero che un
giorno troverete la voglia/il tempo/il coraggio di darmi la vostra
opinione. Giuro che non mordo ^_^.
Niente. Vi lascio al capitolo!
Buona lettura!
Chapter 7:
Mr. Murdock is out right now
Un mese.
Era passato un dannatissimo mese dal giorno in cui aveva trovato
l’appartamento di Matt vuoto e, quel che era anche peggio, entrambi i
cellulari abbandonati a New York. Aveva capito il perchè dello
smartphone, ma, dannazione, poteva almeno portarsi l’altro, almeno per
fargli sapere che era vivo e stava bene. E invece no.
Di quei 30 fottuti giorni poteva contare (e rivivere) ogni singolo
secondo.
Giusto perchè amava alla follia mentire alle persone a cui teneva, si
era ritrovato a raccontare palle su palle ogni singolo giorno, fingendo
di essere in perenne contatto giornaliero con il proprio
partner-e-forse-non-più-tanto-migliore-amico e raccontando che tutto
andava bene. Si sforzava di andare in ufficio ogni giorno, anche se
quello che avrebbe davvero voluto fare era agire: noleggiare (o perfino
comprare, se fosse stato necessario) un’auto e uscire da Hell’s
Kitchen, viaggiando per tutto il continente finchè non avesse ritrovato
e riportato a casa Matt.
E poi cosa farai, furbone?
Bene, adesso il suo cervello suonava come Matt Murdock in versione
so-tutto-io.
Ti prenderò a calci in culo per tutta
la strada del ritorno, e probabilmente continuerò a farlo vita natural
durante! Rispose irritato alla voce. Dannato Murdock. Ora
parlava pure da solo!
Tuttavia, era sbagliato dire che Foggy non stesse facendo proprio nulla
per ritrovarlo; aveva probabilmente esplorato tutte le opzioni che non
includessero una denuncia per persone scomparse pur di avere notizie,
ma senza risultati. Ogni mattina consultava l’elenco di tutte le
persone arrestate nello stato nella speranza (o forse no, non ne era
troppo sicuro in realtà) di trovarci il nome del proprio partner, o
un’identità fittizia che gli dicesse qualcosa, perchè di una cosa era
sicuro: se Matt si fosse trovato in condizioni di necessitare un aiuto
legale, avrebbe trovato il modo di farglielo sapere.
Leggeva e vedeva anche qualunque versione di qualunque notiziario o
quotidiano esistente, e spulciava internet costantemente, ma anche
questo non aveva dato frutti.
Nessuna nuova? Buone nuove! Era solito dire un amico di suo nonno, il
che in effetti poteva anche essere vero, se il tuo migliore amico non è
un dannato vigilante con la cattiva abitudine di spuntare fuori mezzo
morto nei posti più strani della terra.
Quando squillò il telefono, Foggy stava lavorando a un nuovo potenziale
caso, che non sapeva ancora se accettare o meno poichè non era sicuro
se la cliente stesse dicendo la verità o nascondesse qualcosa.
Nonostante si lamentasse moltissimo della politica aziendale di Matt,
ora che era assente cercava comunque di seguire al meglio la strada che
avevano deciso di intraprendere quando avevano aperto il loro studio
legale. Il vero problema è che senza Mr. poligrafo vivente le cose si
erano fatte un po’ complicate, poichè doveva affidarsi solo al proprio
istinto, senza contare che concentrarsi era veramente difficile quando
la sua testa si divertiva a proporgli i più svariati scenari sul
destino del suo socio, ma, per essere fedele alle proprie bugie doveva
fingere e a quel punto era meglio fingere lavorando su qualcosa di
reale.
Fu Karen a rispondere al telefono, non tanto perchè era la loro
segretaria, quanto perchè in quel momento era la più vicina alla
reception, e quindi al telefono. Per un nanosecondo, si permise di
sperare che all’altro capo della linea ci fosse Matt, realizzando solo
in quel momento che sentiva il cuore balzargli in gola per la speranza
(o la paura) ogni volta che sentiva la suoneria di uno dei loro
cellulari.
La cosa peggiore, però, era il peso al cuore che sentiva ogni volta che
restava deluso; avrebbe davvero dato qualunque cosa per un messaggio,
una chiamata, un’e-mail, un segnale di fumo, un razzo segnalatore, un
piccione viaggiatore…. insomma un qualunque cosa gli potesse dire che
era vivo. Non chiedeva altro. Non gli importava quanto gravemente
potesse essere ferito. Sapere che respirava sarebbe stato più che
sufficiente.
-Nelson e Murdock- rispose Karen, poi fece una pausa prima di mettere
la chiamata in stand-by ed entrare nel suo ufficio -Puoi parlare?-
-Certo- rispose fingendo di non aver ascoltato ogni sillaba -Di che si
tratta?-
-Non lo so ancora, ma dal tono di voce sembra urgente-
-Ok. Passamela di qui, per favore. Grazie-
La bionda gli sorrise mentre si chiudeva la porta alle spalle e tornava
alla propria scrivania. Dal vetro opaco riuscì a vederla esitare di
fronte all’uscio chiuso dell’ufficio di Matt, e non faceva fatica a
immaginarsi cosa stesse pensando. Mancava a tutti.
Sospirò e alzò la cornetta.
-Fog… Franklin Nelson-
-Foggy… sono Claire-
Quelle tre parole bastarono a raggelarlo sul posto; un best of di tutti
gli scenari venne velocemente alla sua mente, mentre cercava di
prepararsi al peggio, alla ragazza che gli diceva che Matt stava
morendo, o peggio, che fosse già morto. Solo dopo qualche secondo si
ricordò che Claire non era in città, e che non poteva sapere che Matt
non era reperibile al momento e arrivò alla ragionevole conclusione che
stesse solo cercando il suo amico, non riuscendo a parlargli tramite
telefono.
-Sì. Ci sono solo io al momento- rispose cercando di fingere che fosse
solo una potenziale cliente e non una loro conoscente -Il signor
Murdock al momento è fuori, ma se le servono informazioni, sono a sua
disposizione, oppure può fissare un appuntamento con la nostra
segretaria-
-Non puoi parlare?-
-Esatto. Sì-
-Ok. Matt è con me- e ora poteva tranquillamente andare in panico,
mentre un brivido gli correva involontario lungo la spina dorsare.
Tiprego,tiprego,tiprego non essere morto. Non. Essere. Morto, E non
avvicinarti nemmeno ad esserlo. Per favore, Matty!
-Puo’ spiegarmi la sua situazione?- chiede, meravigliandosi di essere
riuscito a tenere la voce ferma nonostante stesse letteralmente andando
in panico.
-Non lo so. L’ho incontrato per caso, in una chiesa. Foggy, era esausto
e come mi ha riconosciuto è crollato. E’ confuso, molto, e la maggior
parte delle volte fatica a riconoscermi. Ti chiamo solo ora perchè sta
dormendo, e sembra tranquillo, finalmente-
-Dove abita?-
-A Boston, vicino al campus dell’università-
Boston? Che cavolo ci facevano a Boston?!
-D’accordo, signorina…- stava cercando di tirare fuori un cognome
fittizio da affibbiarle, ma da quando Claire aveva pronunciato la
parola “crollato” non riusciva a pensare ad altro. In tutti quegli
anni, non aveva mai nemmeno pensato che Matt potesse avere un crollo
emotivo, e aveva pensato a tanti di quegli incidenti che avrebbero
potuto capitargli da poterci scrivere almeno 10 stagioni di un
qualunque medical drama.
-Oh.. ehm.. Carter- gli venne in aiuto, e Foggy cercò di aggrapparsi
alla calma nella voce della ragazza, tentando di auto-convincersi che
il fatto che lei fosse così tranquilla implicasse che, probabilmente,
Daredevil non era in pericolo di vita.
-Ok, Signorina Carter. Farò qualche ricerca e le farò sapere,
d’accordo?-
-Ok, Foggy. A più tardi-
-Lei stia calma- le raccomandò, cercando di farle coraggio (come se ne
avesse bisogno) - e cerchi di raccogliere tutto il materiale che ci
serve, d’accordo?-
-Grazie. Ciao-
Doveva trovare un modo di rimanere da solo. E alla svelta.
Questa fu la prima cosa che gli passò per la testa un secondo dopo aver
attaccato il telefono, ma poi realizzò che anche se fosse uscito ora e
l’avesse richiamata, se Matt fosse stato ancora fuori gioco non ne
avrebbe ricavato un ragno dal buco. Claire gli aveva già raccontato
quello che sapeva, quindi alla fine si costrinse a concentrarsi sul
lavoro.
I clienti vengono per primi.
Taci, Murdock! Stai dormendo su un
fottuto divano a Boston!
Tuttavia, l’irritante Matt che aveva preso residenza nel suo cervello
aveva ragione; se fosse rimasto in ufficio senza fare niente altro che
aspettare sarebbe stato inutile, oltre che sospetto. Doveva darsi una
mossa, scoprire se quel tizio era davvero innocente e, nel caso, fare
tutto il possibile per far cadere le accuse contro di lui.
Lo doveva anche a Matt.
Muovi il culo, orsetto Foggy!
Taci, cornetto! Al momento sono molto
incazzato con te!
***
Doveva ammetterlo: la reazione di Foggy l’aveva piacevolmente sorpresa.
Quando l’aveva chiamata, quella notte in cui aveva trovato Matt mezzo
morto, aveva avuto l’impressione che fosse una persona completamente
emotiva, che si lasciasse trascinare dalle proprie emozioni senza un
minimo di self-control, almeno quando si trattava del suo migliore
amico. Ma non questa volta.
Foggy era stato piuttosto intelligente a fingere che si trattasse
soltanto della chiamata di una potenziale cliente, e aveva fatto le
domande giuste senza sollevare sospetti.
Chiamare Foggy non era stata esattamente una delle sue priorità, ma poi
le condizioni di Matt erano peggiorate ora dopo ora.
L’infermiera non l’aveva perso di vista nemmeno per un secondo,
controllandolo così spesso da arrivare alla paranoia, ma così non
l’aveva davvero mai visto, e la cosa la spaventava abbastanza. Da
quello che aveva visto dalla distanza di sicurezza che era costretta a
tenere, gli si era alzata la febbre, ma quanto alta, e da cosa fosse
causata, non era proprio in grado di dirlo.
L’ipotesi che considerava più probabile era quella di una qualche
infiammazione dovuta a una delle trilioni di ferite che aveva sul
torace, ancora in attesa di essere medicate, e questa era solo la più
rosea delle possibilità, perchè se c’era qualcuno in grado di ferirsi
in modi improponibili, quello era proprio Matt Murdock.
Un’alternativa poteva essere dovuta a un qualche danno interno, ma
finchè non fosse riuscita ad avvicinarsi non poteva fare di più, e
finora lui non le aveva permesso di toccarlo, attaccandola ogni volta
che tentava di avvicinarlo per visitarlo, e ormai la situazione andava
avanti da più di 24 ore, un termine ben più che sufficiente a
terrorizzarla, considerando quello che gli aveva visto fare
praticamente 10 minuti dopo il collasso di un polmone.
Claire aveva già provato a calmarlo prima, ma ogni suo tentativo era
stato un buco nell’acqua, e nemmeno la sua voce, questa volta, aveva
fatto il miracolo.
Matt, anche quando si svegliava, sembrava non essere mai pienamente
cosciente di quello che faceva e, non riconoscendo la sua voce, cercava
di difendersi nell’unico modo che conosceva: non poteva fargliene una
vera e propria colpa, ma era comunque arrivata al punto che legarlo
sembrava l’unica soluzione rimasta; non che gioisse all’idea di farlo,
anzi, a maggior ragione, ora che era così spaventato, fargli una cosa
del genere la faceva venire la nausea, ma, d’altro canto, era ormai
evidente che aveva bisogno di assisenza medica. E in fretta.
Tuttavia, prima di compiere l’estremo passo, aveva deciso di dargli
un’ultima possibilità, e per quello aveva preso il telefono e chiamato
Foggy. Se nemmeno la voce del suo migliore amico poteva calmarlo, non
avrebbe potuto fare altro che ricorrere alle maniere forti.
Aveva pensato di svegliarlo non appena iniziata la telefonata, ma poi
aveva deciso di evitare: ogni minuto di veglia era prezioso, poichè era
ormai così debole che non riusciva a restare sveglio per più di pochi
minuti; inoltre, non voleva spaventare Foggy più di quanto fosse
necessario. Aveva deciso che era meglio prepararlo sulle sue
condizioni, prima di fargli sentire Matt in quello stato di delirio.
Meritava di sapere che c’erano serie possibilità che non lo
riconoscesse.
Sei un bel casino, Matt Murdock.
Sospirò la ragazza chiedendosi, per la milionesima volta, perchè si era
lasciata coinvolgere così tanto da quel pazzo.
Si era ripromessa di non innamorarsi di quel folle cieco che saltava
per i tetti e se ne andava in giro a picchiare le persone nascosto
sotto una maschera, perchè sospettava che, sotto sotto, fosse una
persona senza scrupoli, uno che si divertisse a giocare a fare DIo, e
quella sera, quando gliel’aveva fatto notare, lui aveva reagito come se
fosse esattamente così, come se non gli importasse di nessuno.
Ora, vederlo in quello stato, ricordando le sue lacrime disperate e il
modo in cui si era aggrappato a lei in quella chiesa, per non parlare
di come un suo singolo tocco fosse sufficiente a ricondurlo
instantaneamente alla ragione (quando era abbastanza lucido da porter
prestare attenzione, ovviamente), le stava mostrando quanto in realtà
tenesse a coloro a cui voleva bene.
Quanto tenesse a lei.
Gli sorrise, anche se non poteva vederla.
Matt si svegliò ore dopo da un sonno durato praticamente tutta la
giornata, mentre stava preparando la cena. Lo vide cercare di mettersi
seduto, evidentemente disorientato e con la mente confusa riguardo agli
avvenimenti delle ultime ore, ma più lucido di prima.
Questo bastò a farle abbandonare i fornelli per raggiungerlo, o almeno
provarci.
-Matt?- chiamò sfiorandogli cautamente il braccio, ma tesa e pronta a
balzare via da lui al minimo cenno di pericolo. -Va tutto bene. Sono
io. Sono Claire-
-Claire?- ripetè, e finalmente l’infermiera riuscì a cogliere una
scintilla di ragione dopo ore di puro delirio -Che ci fai qui? Come ti
ha trovato?-
Ed eccolo che ricominciava ad agitarsi e a cercare di divincolarsi in
preda al terrore e alla confusione, ma questa volta Claire cercò di
resistergli, sperando che l’averla riconosciuta bastasse a frenare i
suoi istinti da ninja-jedi o quel cavolo che era. Gli prese le mani in
una stretta ferrea, nonostante i suoi tentativi di liberarsi.
-Calmanti, Matt. Sono io. Sono io. Va tutto bene…- L’infermiera non
smise per un attimo di sussurrare parole rassicuranti, mentre lottava
contro la sua paura delirante. Riuscì a colpirla un paio di volte, ma,
fortunatamente, era così debole ed eccezionalmente scoordinato da non
farle del male. Alla fine, le forze lo abbandonarono del tutto e
ricadde con la schiena sui cuscini, arrendendosi completamente,
strappandole un (colpevole) sospiro di sollievo. -Nessuno mi ha
trovato, Matt- gli sussurrò a voce bassa, con le labbra praticamente
attaccate al suo orecchio, nell’unico modo che aveva capito essere in
grado di fare breccia: producendo un suono così flebile da essere quasi
inudibile, in modo che fosse costretto a ignorare il resto per darle
retta. -Ci siamo incontrati in chiesa. Ti ricordi?-
***
Era passata un’ora. Una sola, lunghissima ora e Foggy si era ritrovato
a guardare l’orologio più o meno ogni trenta secondi, la sua mente
bloccata sull’immagine del proprio migliore amico, da qualche parte a
Boston che lottava contro solo Dio sapeva quale male.
Fog. Sto bene. Sono al sicuro.
Bene. Il suo cervello aveva ricominciato a reincarnarsi in Matt Murdock
(di nuovo). Proprio quello di cui aveva bisogno.
Col cavolo! Eh, bravo Foggy.
Rispondigli pure. Asseconda il delirio.
-Foggy?- la voce di Karen lo riportò improvvisamente alla realtà. La
ragazza era sull’uscio, appoggiata allo stipite sul lato destro con la
spalla e la testa.
-Sì?-
-Va tutto bene?- La bionda sembrava così preoccupata che l’idea di
mentirle ancora minacciava di ucciderlo.
-Certo- si sforzò di parlare normalmente -Sono solo un po’ stanco, non
preoccuparti-
-Sicuro?- ovviamente, non sembrava convinta. Annuì, non fidandosi oltre
della propria lingua.
-Troppo lavoro. Non è facile senza Matt. E’ lui quello bravo-
Karen sorrise ed entrò nell’ufficio.
-Tu non sei da meno. Il tuo unico problema è che non credi abbastanza
in te stesso-
-Non sono come lui-
-Si, invece. Ricordi quanto eri spaventato all’idea di tornare alla
Landman & Zack? Eppure hai preso Marci ha calci in culo-
Foggy sorrise a quello, e ad altri ricordi. Gli sembrava di ripensare a
un’altra vita, una di quelle normali in cui il suo migliore amico era
un normale ragazzo cieco e la sua più grande paura era quella che
cadesse in un tombino.
-Sì… io…-
La porta dell’ufficio che si apriva li interruppe, offrendogli la
possibilità di non terminare la frase (anche perchè non aveva alcuna
idea di come finirla). La ragazza sorrise di nuovo, prima di voltarsi e
andare ad accogliere il loro ospite.
-Buongiorno, signore, come possiamo aiutarla?-
-Buongiorno- Il tono era dei più cordiale, ma quella voce
inconfondibile era più che sufficiente a spaventarlo. Per un momento,
rimase paralizzato. Quell’uomo aveva causato a Matt un attacco di
panico con la sua sola presenta. Senza di lui, se avesse deciso di
ucciderli, non avrebbero avuto neanche mezza possibilità di farcela.
Foggy. Pensa. Ok, questa cosa
che il suo cervello parlava con la voce di Matt stava diventando
irritante. Ma aveva ragione. Doveva pensare, restare calmo.
Bene. Qual è la tua priorità?
Salvarti il culo, Cornetto.
Andiamo. Puoi fare di meglio. Riprova.
Cercare di non farmi ammazzare da
quel vecchio bacucco?
Già meglio. Riprova ancora.
Cosa cav… ? Aspetta… Karen!
E bravo il mio Orsetto Foggy!
Doveva tenere Karen al sicuro. Finalmente le sue gambe si decisero a
obbedirgli, e fu di nuovo in grado di camminare. Forse non era in grado
di saltare da un tetto all’altro senza spiaccicarsi al suolo, e
sicuramente non faceva tripli salti mortali facendoli sembrare facili,
ma avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per tenere la ragazza
fuori da quella storia.
Insieme alle gambe, anche le sue orecchie tornarono a funzionare.
-C’è il signor Murdock?- Stick stava chiedendo a Karen, sempre
mantenendo il tono cortese ed educato con cui era entrato. Ovviamente,
l’uomo cercava Matt.
-Purtroppo non è qui al momento-
-Quando posso trovarlo?-
-A dire il vero…- la sentì rispondere, da dietro la porta, scalpitando
per non entrare e interrompere. La loro prassi era che fosse Karen ad
accogliere i potenziali clienti prima di introdurli ai due
avvocati.-Non lo sappiamo. Si è preso un periodo di pausa per problemi
personali e non sappiamo ancora quando sarà di ritorno-
-Oh… capisco- Stick era un ottimo attore, Foggy doveva ammetterlo, ed
era anche grato che Karen fosse convinta di dire la verità, perchè
sapeva che l’uomo stava proabilmente ascoltandole il cuore in cerca di
menzogne. -Ho sentito che è cieco… e speravo potesse aiutarmi con un
caso…-
Foggy non riusciva più a resistere alla tensione. Fanculo il
protocollo. Prese coraggio e aprì la porta del proprio ufficio,
entrando nella piccola reception.
-Possiamo occuparci noi del caso, se vuole. Sono Franklin Nelson, e
sarò lieto di ascoltarla-
Non gli tese la propria mano finchè non fu il cieco a sollevarla per
primo. Una delle cose che impari quando condividi la stanza con un non
vedente, e, in questo caso, un’ulteriore fortuna. Non aveva nessuna
voglia di offrire il benvenuto alla persona che aveva trasformato Matt
in un potenziale assassino.
-Credo che voi siate la mia unica speranza-
-Signor…-
-Stick-
-Signor Stick, perchè non ne parliamo a pranzo? C’è un posto qui vicino
molto discreto, dove potremo parlare senza essere disturbati- Sentì un
rivolo di sudore freddo scendergli lungo la schiena mentre attendeva
una risposta. Non sapeva esattamente quali fossero i poteri del
vecchio, ma non aveva dubbi sulla sua pericolosità, l’appartamento
distrutto di Matt ne era una prova. Era piuttosto sicuro che, come il
suo amico potesse indovinare cosa aveva mangiato una settimana prima,
Stick potesse annusare la sua paura e la sua tensione, mentre cercava
in tutti i modi di non coinvolgere Karen. Altrimenti, oltre agli
irrimediabili guai che che sarebbero conseguiti, l’identità segreta di
Matt non sarebbe stata più così segreta. -Ovviamente a carico nostro-
Aggiunse, come a stimolargli una risposta.
-Va bene, la ringrazio- e, per amore della commedia, Foggy gli offrì il
proprio braccio esattamente come era abituato a fare con il suo
migliore amico, toccandolo leggermente all’altezza del gomito. Stick
accettò l’offerta con un cenno del capo e lasciò che fosse l’avvocato a
guidarlo, Ovviamente, appena girato l’angolo, Foggy si staccò
bruscamente da lui.
-Allora non sei proprio uno stupido, Nelson-
-Che cosa vuoi?- Sì, ok, era una domanda stupida, ma quello che era
importante davvero era prendere tempo, evitare la domanda diretta che
avrebbe tradito le proprie bugie.
-Quel dannato moccioso-
-Mi spiace. Non ho figli-
-Ritiro quello che ho detto sulla tua intelligenza. Dov’è Matt?-
-Dimmelo tu. E’ con te che ha lasciato la città- fu la replica diretta.
Foggy sapeva di non avere molto tempo prima che il vecchio perdesse la
pazienza. Finora era riuscito a evitare la domanda, ma per quanto tempo
poteva ancora durare? Prima o poi sarebbe stato costretto a rispondere,
e a quel punto Stick avrebbe saputo che mentiva, e sarebbero stati
altamente fottuti.
Un’ordinaria pausa pranzo per il migliore amico del Diavolo di Hell’s
Kitchen.
-E’ scappato-
-Dovresti fare più attenzione ai tuoi animaletti allora-
La mano del vecchio si chiuse in un pugno stretto, e Foggy, nonostante
tutto, provò un brivido di soddisfazione per avergli fatto ammettere
che Matt non era più il suo soldatino fedele; tuttavia, sapeva bene di
stare rischiando tranto, forse troppo, ma finchè si fossero trovati in
un luogo pubblico come quella strada affollata, probabilmente sarebbe
stato al sicuro, o almeno così sperava.
All’improvviso il suo piede sinistro inciampò in qualcosa, e mentre
lottava per riguadagnare l’equilibrio prima di cadere con la faccia sul
cemento, riuscì a percepire che Stick lo aveva appena fatto inciampare
nel proprio bastone. Quante volte era stato vittima del bastone di Matt
da ubriachi?
-Fottiti-
-Dov’e’?- Ora la voce era appena un sussurro, ma il tono si era
decisamente indurito. Foggy non aveva certo bisogno dei loro
superpoteri per capire che si stava arrabbiando, tuttavia, doveva
cercare di tenere duro il più a lungo possibile.
Dannato Murdock e dannati ninja psicopatici e assassini.
***
Che cavolo era successo?
E che ci faceva lì Claire?
Calmati, Matty, calmati.
Così come molte altre volte nell’ultimo mese, la voce di Foggy entrò
nella sua testa, riportandolo alla ragione. Cercò di fare qualche
respiro profondo, cercando di schiarirsi la mente, ma qualcosa gli
impediva di riuscirci pienamente, come se ci fosse una sorta di nebbia
che ricopriva il suo cervello e creava una sorta di barriera tra lui e
il resto del mondo, tanto che a malapena riusciva a registrare le mani
di Claire sui sui avambracci, gentili, ma decise, che lo tenevano
attaccato al divano, probabilmente per impedirgli di cercare di
scappare. La cosa che lo allarmava di più, però era quella di non
ricordare praticamente nulla delle ore precedenti; l’ultimo particolare
di cui era a conoscenza risaliva a quando gli aveva infilato la felpa.
Si era addormentato? Le aveva fatto del male? Dio, l’aveva colpita?
Cercò di concentrarsi e di sforzarsi di ricordare un qualcosa, un
qualunque dettaglio che gli desse qualche informazione in più, ma
sembrava un’impresa impossibile per il suo cervello. Iniziò ad andare
in panico: sapeva di essere una persona estremamente pericolosa,
potenzialmente letale. Doveva scoprire se l’avesse picchiata, se
l’avesse ferita. Poichè la sua memoria era fuori gioco, cercò invece di
scandagliare il corpo della ragazza alla ricerca di lividi o ossa
incrinate, ma, di nuovo, anche quella semplice operazione fallì
miseramente, tutto si perdeva nei meandri della nebbia. Cercò di
scuotere la testa per cercare di schiarirsi… e si ritrovò piegato in
due dalla nausea e i giramenti.
Se le vertigini potevano essere fastidiose, per una persona che non
poteva contare su cielo e terra per ritrovare l’orientamento erano
anche peggio, era come trovarsi di notte su delle montagne russe
impazzite. Fortunatamente, la finta pelle del divano contro la sua
schiena e la sensazione del bracciolo dietro la nuca gli vennero in
soccorso.
-Matt? Che succede? Stai bene?-
-Sì- iniziò, ma poi si corresse, concentrandosi su quello che sentiva e
“vedeva”, il che, al momento, era molto meno del solito, il che era
tutto dire. Il mondo in fiamme era costantemente annebbiato, nascosto
da quella che era probabilmente una rappresentazione della fischia che
sentiva in testa. Le sue orecchie continuavano a ricevere impulsi,
troppi impulsi, che non riusciva a filtrare ma allo stesso tempo non
riuscivano a fargli del male perchè venivano attenuate senza che
riuscisse a controllarsi, e la stessa cosa era per tutti gli altri
sensi. Tutto era lì fuori, come sempre, ma allo stesso tempo non c’era
più. Iniziò ad ansimare, mentre il cuore gli pulsava (attutito) nelle
orecchie: era cieco, per davvero questa volta.
Matty. Calmati. Parla con Claire.
Foggy aveva ragione. Cercò di riprendere il controllo del suo respiro,
contando i respiri e cercando di calmarsi prima di parlare di nuovo.
-Forse no.-
-Che succede? La memoria? Ti ricordi della chiesa?-
Matt rimase per un secondo spiazzato, prima di accorgersi che non aveva
mai risposto alla sua domanda, e che quindi aveva logicamente pensato
che non ricordasse il loro incontro.
-No… No mi ricordo…. Mi sento… E’ strano-
Era difficile spiegare a parole quello che sentiva, perchè non aveva la
minima idea di cosa gli stesse succedendo e, non appena prese coscienza
di tutto questo, il terrore minacciò di riprendere il sopravvento e
l’unica cosa che riuscì a fare per aggrapparsi alla realtà fu cercare
disperatamente un contatto con Claire. Le mani dell’ìnfermiera
trovarono subito la sua e Matt ripartì da li, dal suo calore e dalla
sicurezza che gli dava per placarsi.
-Matt. Calmati, ti prego- La sua voce fu la mossa finale, un qualcosa
di chiaro e lucido nel mare di nebbia, qualcosa di piacevole da
ascoltare .-Posso aiutarti, ma devi parlarmi… Cosa senti?-
-E’ come… se fosse tutto annebbiato- cercò di spiegare -E’ come… avere
una coperta… che mi avvolge la testa… e… ci sono troppi rumori…- Cercò
di spiegarsi, mentre perfino la sua stessa voce gli suonava
insopportabile.
-Ho chiamato Foggy. Ha detto che appena può mi richiama, ma è molto
preoccupato- Ma Matt percepì appena le parole dell’infermiera, occupato
com’era a cercare di spiegare come si sentisse.
-Non riesci… a escluderli?- gli chiese Claire gentilmente, posandogli
una mano fresca sulla fronte -Non so… con la meditazione magari?-
-Non riesco… a concentrarmi-
-Matt, credo che ti stia salendo la febbre. Forse hai delle ferite
infiammate, o forse sono gli attacchi di panico… Posso misurartela?-
Matt riuscì soltanto ad annuire. La febbre, in effetti, avrebbe
spiegato molte cose, ed effettivamente, non è che negli ultimi tempi si
fosse preso particolarmente cura di sè stesso. Sicuramente i sintomi
avevano senso: il freddo, il dolore e la fatica che sentiva fin dentro
le osse, per finire con l’impossibilità di concentrarsi e il
conseguente offuscamento del suo senso radar.
Un attimo.
Aveva detto di aver chiamato Foggy?
Merda.
In quel momento, qualcuno suonò alla porta, e il rimbombo del pugno sul
legno gli penetrò direttamente in testa. Gemette di dolore mentre si
sforzava di isolare il battito cardiaco del loro ospite, preparando il
proprio corpo per un’eventuale lotta. Riconobbe il battito di Claire,
ma non riusciva ad avvertirne uno appena poco distante, e conosceva una
sola persona in grado di rallentare il proprio cuore fino a quasi a
fermarlo. Beh, due in realtà, ma Nobu era morto.
-Claire- Sussurrò, teso -Non aprire la porta-
Cercò di sedersi, infilando le dita nello schienale del divano per
sostenersi, mentre cercava disperatamente di pensare a un modo per
proteggerla, e disperandosi quando si rese conto che non ne era in
grado, non questa volta.
-Chi è, Matt?- La tensione nella sua voce, il battito accelerato del
suo cuore: Claire aveva paura, ed era lui che la stava spaventando. Lo
capiva e ne era dispiaciuto, ma questa volta era troppo debole per
lottare.
-E’ lui- rispose.
PERSONAL
SPACE: Un paio di noticine.
Per chi non fosse avvezzo ai
fumetti:
-Cornetto è uno dei soprannomi di Daredevil.
Ovviamente in inglese sarebbe Horn-Head (Cornuto XD), quindi in italia
è stato cambiato. Nella mia versione orginale io l'ho ritradotto
letteralmente dall'italiano... mi è uscita una cosa carinissima:
Little Horn. Sì lo so che non ve ne frega nulla, ma così, volevo
dirvelo XD
-Il Senso Radar è il sesto senso di Matt, quello
che effettivamente gli permette di tradurre le percezioni sensoriali in
immagini. Nella serie è stato cambiato in un mondo in fiamme (che
effettivamente è molto figo), ma se avete visto il film con Ben Affleck
ne avete una rappresentazione più fedele ai fumetti (ma se non avete
visto il film, fatevi un favore e NON guardatelo. Sono seria).
Nota generica:
-Vecchio bacucco,
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