liceali 4
Sollevata la busta ficcò il volantino in bocca e con
la mano libera afferrò gli altri due sacchetti.
Lentamente si avvicinò alla
porta e quella, rispettando il proprio nome, andò scorrendo lentamente e la fece uscire
dal supermercato, un vento freddo le ricordò che l’autunno aveva ceduto tutte
le sue foglie al vento. Ora l’inverno stava per sopraggiungere. Per non farsi
trovare impreparati in un sacco della spesa si trovavano, medicine biologiche
fra cui gocce per la gola, pillole alla liquirizia, soluzioni agl’agrumi e vari
estratti di più fiori e piante. Nello stesso sacchetto: fazzoletti colorati con
animaletti parlanti dei cartoni e una scatola sostanziosa di cerotti per le
frequenti sbucciature da ricoprire. Sedutasi in macchina ispirò a fondo. Il suo
riflesso nello specchietto rifletteva l’immagine di una giovane donna di età
indefinita. Sotto gli occhi profonde occhiaie e due rughe lievi ai lati delle
perle brune. A casa le luci erano quasi tutte spente. Solo in cucina e dalla
porta chiusa della stanza da letto le luci erano accese. Cotta la cena e
servita chiamò i gemelli a tavola e quelli, correndo e urlando la raggiunsero.
Andando a dormire si sentì stanca come sempre, come se mai prima di allora o
dopo avesse fatto un sonno completo. Il suo più grande sogno che elaborava da
qualche settimana era quella di usare stoffe delle logore tutine dei gemelli
per cucirgli nuovi abiti di carnevale. Tre giorni prima aveva visto il padre
dei bimbi. Seduto in una porche grigia metallica, Valentina Croce –al suo
fianco- sorrideva più magra e avvenente di quanto si ricordava.
Li aveva
ritrovati lì, per la tiburtina probabilmente persi mentre lei staccava dal suo
lavoro di otto ore da cuoca in una ditta di tendaggi. Vedendoli si era sporta
prima in avanti, per accertarsi che fossero veramente loro, e poi indietro,
timorosa loro riconoscessero in quella triste donna la loro secchiona compagna
di classe.
Subito dopo si era messa a correre verso la metro. A casa doveva
svolgere una ricerca per un liceale ricco e svogliato.
Ventisei anni e la sua vita non era come
quella che si aspettava …
Riscossa dal sogno vide dalla finestra l’aria
limpida e fresca sbattere lievemente contro il vetro. Il bambino, o bambini che
fossero, erano ancora piccoli feti che si notavano lievemente dalla panca
solitamente piatta di Costanza, erano ancora in una limpida primavera e lei non
aveva ancora scelto se tenere la creatura o abortire …
In
questo capitolo non parla Costanza in prima persona per creare un
distacco dal futuro astratto al presente tangibile, non si tratta di un
errore stilistico :)
Commentate se vi fa piacere...
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