PERSONAL SPACE: rieccomi!!! e con
questo capitolo tornano anche Matt e Foggy (finalmente!) grazie a tutti
quelli che leggono, specialmente a ragdoll_cat che si sforza sempre di
riuscire a recensirmi!
Eh, niente, per il marchetta
moment vi informo che ho sfornato un'altra one shot legata al college,
al natale e alla tenera stupidità di Matt... A family for
christmas è qui tutta per voi XD buona lettura!
Chapter 9:
Everyone in life should have a Foggy.
-Matt! Claire!-
Foggy?
Aveva pensato che la voce del suo migliore amico avrebbe aiutato Matt a
calmarsi.
Non si era mai sbagliata così tanto in vita sua.
Matt ricominciò a dare di matto, blaterando qualcosa che riguardava una
stecca che aveva trovato Foggy e Karen e che ora gliel’avrebbe fatta
pagare per la sua disobbedienza. A dire il vero, non gli prestò poi
molta attenzione: era il delirio di una persona ammalata, e la sua
salute era, al momento, la sua unica priorità.
-Matt. Matt. Calmati- la scarica di adrenalina gli aveva però regalato
nuova forza, una forza nata dalla disperazione e che Claire non sarebbe
riuscita a contrastare molto a lungo. Le sue parole tornarono a essere
inutili. Lo lasciò per cercare di raggiungere la porta, sperando che
non riuscisse a percepirla dato lo stato dei suoi sensi, ma con un
balzo le fu addosso e la buttò a terra, tenendola inchiodata al
pavimento con il proprio peso, ma senza, tuttavia, farle del male.
L’infermiera capì subito che voleva solo evitare che aprisse la porta.
Fece un nuovo tentativo di contrastarlo, ma, anche in quello stato, era
troppo forte.
-Ehi! Che succede lì dentro? Fatemi entrare!- Foggy stava gridando e
contemporaneamente bussava alla porta.
-Matt! Matt!- continuando a lottare per liberarsi dalla sua presa,
cercò nuovamente di attirare la sua attenzione, alzando la voce per
sovrastare quella di Foggy, ma finalmente vedeva dei segni di
stanchezza nel ragazzo . In qualche modo, riuscì a liberare le mani, e
non perse un secondo.
Gli prese il volto e lo costrinse a guardarla dritta negli occhi, solo
vagamente consapevole che il gesto era prettamente inutile. Al tatto,
la sua pelle era rovente, e questo la preoccupò non poco: la febbre non
era più solo un sospetto, adesso. -Matt. Concentrati. Ascolta la mia
voce- gli sussurrò, le labbra a pochi millimetri dalle sue.
Urlare, a quanto sembrava, non portava a niente, perciò stava tentando
un approccio diverso, che però sembrò funzionare. Smise completamente
di muoversi, pur continuando a impedirle di alzarsi, una delle proprie
gambe abilmente incastrata tra quelle della donna in modo da farla
cadere se per caso fosse riuscita a liberarsi. -Mi stai ascoltando,
Matt?- gli chiese nello stesso tono, a voce così bassa che a malapena
riusciva a sentirsi. Voleva che si concentrasse su qualcosa.
-Sì- rispose alla fine.
Bene
-Puoi sentire il mio cuore battere?-
Non che gliene importasse molto; era più che altro un test. I battiti
del cuore erano facili da sentire per lui, anche in pieno panico.
Una pausa. Matt chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, poi
inclinò leggermente la testa di lato, come se si stesse sforzando di
origliare una conversazione nell’altra stanza.
-No- disse infine, riaprendo gli occhi, e Claire vide la paura nelle
iridi marroni lucide di febbre.
Merda. Sta calma, Claire. Non andare
in panico.
-Concentrati- gli disse -So che puoi-
***
No, non ci riusciva, e la cosa lo stava spaventando a morte.
Senza il suo senso radar e i suoi sensi potenziati, non riusciva a
capire quante persone c’erano dietro quella porta, e nemmeno se il
panico che sentiva provenire dalla voce di Foggy fosse reale o meno,
come se essere completamente cieco non fosse già sufficiente.
Più cercava di concentrarsi, più la sua mente lo distraeva, facendogli
immaginare i suoi amici prigionieri di Stick, che aveva scoperto la sua
fuga forzata ed era tornato a Hell’s Kitchen, li aveva trovati e ora si
trovavano in pericolo solo perchè non era stato in grado di sostenere
la violenza e qualche omicidio.
La nebbia nella sua testa non lo aiutava a puntare l’attenzione su
altro per distrarsi.
E nemmeno la lotta che Claire stava facendo contro di lui per
liberarsi.
Non voleva farle del male, era l’ultima cosa che avesse voglia di fare,
ma doveva impedirle di aprire quella porta. Finchè tra loro e il suo
mentore ci fosse stata almeno quella, erano al sicuro.
Doveva riprendersi, però. E in fretta.
Ora poteva distintamente sentire la voce di Foggy, che aveva raggiunto
dei toni quasi isterici, pregarli di lasciarlo entrare, probabilmente
obbligato da Stick a comportarsi in quel modo. Si sentiva male alla
sola idea, ma non poteva permettersi di mettere Claire in pericolo, non
di nuovo. Foggy avrebbe capito.
-Matt. Concentrati- Di nuovo, la voce dell’infermiera era così bassa
che compì la magia e scacciò i brutti pensieri per costringerlo ad
ascoltarla oltre le urla di Foggy. -Cerca il mio cuore. Forza-
-Perchè?- sussurrò.
Non aveva senso. Con tutto quello che stava succedendo, doveva proprio
ascoltarle il cuore? Si sentiva anche molto stanco. Dio, era esausto.
Aveva ufficialmente finito la propria riserva di energie, tanto che
quel poco che era rimasto della sua “visione” iniziò a diventare
confusa e a creare un vortice su sè stessa, come se ci fosse un vento
vorticoso che trascinava con sè le fiamme, spegnendole a poco a poco….
ehi, era cenere quella?
Ormai il fuoco era quasi completamente estinto, avvolto dal buio.
No, per favore. Non ora. Non adesso!
Lottò finchè riuscì, poi svenne, intrappolandola sotto il suo peso
morto.
***
-Claire?! Matt! Aprite la porta!- adesso non era più occupata a
tranquillizzare Matt, riusciva a sentire chiaramente tutta la
preoccupazione nella voce dell’uomo, che stava ancora picchiando i
pugni contro la porta.
-Sto bene, Foggy!- gridò per rassicurarlo -Arrivo! Per favore, basta!-
“Sto arrivando” era, a dire il vero, una parola grossa, ma se Foggy
avesse continuato così i vicini avrebbero probabilmente chiamato la
polizia, e altri guai erano l’ultima cosa che servisse loro in quel
momento.
Prese un bel respiro e cercò di riordinare le idee; per prima cosa
doveva trovare il modo di riuscire a sfuggire alla presa di Matt senza
fargli del male.
Puntò gomiti e mani sul pavimento e cercò di scivolare indietro. Niente
da fare. Anche in pieno attacco di panico, era riuscito a essere
dannatamente efficace. Se voleva liberarsi, avrebbe dovuto farlo con le
cattive.
Scusa, Matt.
Posò entrambe le mani sulle spalle del ragazzo, afferrandole
saldamente, e spinse per sollevarlo. Nonostante fosse piuttosto esile,
i muscoli si facevano sentire, e non aiutava che fosse privo di sensi.
Prima che le venissero a mancare le forze, piegò un ginocchio, e lo usò
per fare leva e ribaltare Matt, che atterrò molto poco delicatamente
accanto a lei con un gemito di dolore, ma, fortunatamente, senza
svegliarsi. Sentì un tuffò al cuore, ma non le aveva lasciato altra
scelta, e allo stesso tempo sospirò di sollievo per il fatto che non si
fosse ripreso, non sarebbe riuscita a gestire un altro attacco di
panico, non in quel momento.
Si mise in piedi mentre cercava di calmarsi.
Sentì di stare tremando, probabilmente per una combinazione di paura e
tensione (perchè Matt l’aveva davvero spaventata a morte, questa
volta), ma riuscì comunque ad arrivare alla porta e a far entrare Foggy.
Si era aspettata di essere invisibile per lui, che si sarebbe
precipitato a prendersi cura di Matt, del resto, loro due si
conoscevano a malapena, e quella notte non l’avevano certo dedicata a
socializzare; per questo fu sorpresa quando Foggy la avvolse in un
abbraccio di quelli che possono solo scaldare il cuore, prima di
lasciarla e guardarla attentamente da capo a piedi, per accertarsi che
stesse bene.
Le sue attenzioni non la aiutarono certo a calmarsi, anzi, il fatto di
avere qualcuno in casa che si preoccupasse per lei sembrò autorizzare
il suo corpo a lasciarsi andare di nuovo allo shock.
-Claire?- le chiese stringendola ancora - Stai bene? Sembri… sconvolta-
-Sto… sto bene- rispose dopo un secondo di sorpresa. Finora non aveva
ancora degnato il suo migliore amico nemmeno di uno sguardo, troppo
occupato a rassicurarla. Matt aveva ragione riguardo a Foggy, era
davvero una persona straordinaria, e sembrava non conoscere il
significato della parola egoismo, o indifferenza. -O almeno… starò
bene- si corresse, cercando di mettere insieme un mezzo sorriso.
-Ti ha fatto del male?- Fece di nuovo un passo indietro e la guardò
negli occhi, come per accertarsi che non stesse mentendo per proteggere
Matt. Ovviamente, non tutti potevano sentire i battiti cardiaci.
-No… no.- rispose, prendendo un respiro profondo per cercare di
impedire alla propria voce di tremare, prima di riprendere e spiegarsi
-Quando ha sentito la tua voce ha… ha dato fuori di matto. Mi… mi....-
ripensare alla velocità (e alla facilità) con lui l’aveva buttata al
suolo le aveva fatto di nuovo perdere la calma. Inspira. Espira. Continuò così per
qualche secondo, cercando di smettere di tremare e di non cedere
definitivamente al panico. L’esperienza, evidentemente, l’aveva scossa
più del previsto. -Mi ha… bloccata a terra… e mormorava qualcosa
riguardo a una stecca o un bastone… non lo so…- Si scostò i capelli dal
viso con un gesto stanco della mano, sentendosi esausta e svuotata.
Respirò di nuovo, calmandosi definitivamente.
-Come sta?- le chiese finalmente, vedendola ora più tranquilla.
-Male- rispose, accogliendo l’offerta di Foggy di concentrarsi sul suo
paziente, e questo le fece anche recuperare un po’ del suo solito
sangue freddo -Anche se non so dirti esattamente quanto, perchè non è
una condizione fisica, non solo fisica, almeno. In più, non riesce a
concentrarsi. Sai… sentire il battito cardiaco e cose così…-
-Ha la febbre?-
-Stavo per misurargliela quando sei arrivato, ma penso di sì-
E all’improvviso Foggy, senza dire una parola, aveva cominciato a
muoversi: andò alla finestra e la chiuse, assicurandosi che non ci
fossero spifferi, poi fece lo stesso con tutte le porte, eccetto quella
del bagno, e sotto ognuna di esse mise qualcosa a chiudere i pochi
millimetri di spazio tra il legno e il pavimento. Claire seguì ogni sua
operazione, attonita, chiedendosi se non fosse diventato completamente
matto durante il viaggio da New York.
Al momento poteva occuparsi solo di Matt, non di entrambi.
-Posso chiedert…- cominciò, ma lui la interruppe.
-E’ la febbre- parlava in fretta, separando a malapena le parole una
dall’altra -Non l’avevo capito prima, al college pensavo che non
riuscisse a gestirla per via dei giramenti, ma adesso penso di sapere
il perchè… sai… con la storia dei supersensi e tutto il resto…-
Ok, per essere un avvocato, in quel momento Foggy non era proprio un
esempio di eloquenza, e il fiume di parole che gli stava uscendo dalla
bocca la stava confondendo non poco, anche se intuiva che quello che
cercava di dirle era probabilmente importante.
-Foggy, Foggy, Foggy- lo fermò, afferrandolo per le spalle -Per favore,
spiegati-
-Non… sono stato chiaro?-
Sul serio? Ok, poteva gestirlo, in qualche modo. Era solo un bambino
troppo cresciuto e spaventato.
-In confronto a te, Matt che parlava di una stecca che picchiava le
persone aveva perfettamente senso. Ora, prendi un bel respiro, riordina
i file nel tuo cervello e poi parla, ok?-
-Ok. Ok, ho capito. Ma non si riferiva a una stecca. A Stick. Stick è
una persona-
Che? Ok, una cosa alla volta. Prima Matt.
-Che cosa stavi dicendo riguardo a febbre e superpoteri?- gli chiese,
accantonando momentaneamente la questione di questo Stick
Foggy esitò un secondo prima di rispondere, le mani chiuse a preghiera
su naso e bocca come se stesse soppesando la risposta in modo da darle
più informazioni possibili.
-Quando Matt si ammalava al college, era orribile. Oltre ai brividi e
tutto il resto, di solito riusciva solo a dimenarsi a letto, con le
mani schiacciate sulle orecchie, e a volte piangeva, come se foss ein
preda a qualche dolore. Era completamente fuori controllo. Mi aveva
detto che i giramenti di testa sono peggiori per lui, perchè non può
usare cielo e terra per orientarsi visivamente…- Claire annuì e agitò
una mano per invitarlo a continuare; conosceva già quella parte -Ho
sempre pensato che il dolore venisse da quello… che fossero delle forti
emicranie, sai..-
-Sì, continua…- Claire si stava ancora chiedendo dove volesse andare a
parare.
-Ma adesso che mi ha spiegato come funzionano i suoi poteri, che so che
deve essere perennemente concentrato per evitare di impazzire a causa
di tutti i rumori…-
Ma certo! Come cavolo aveva fatto a non pensarci prima?
-Ma per via della febbre non può farlo- lo interruppe, resistendo a
stento alla voglia di baciarlo, perchè le aveva appena risolto almeno
la metà degli interrogativi che la stavano facendo impazzire, poi
aggiunse, facendo un ulteriore collegamento -E se questo Stick lo stava
ricattando, probabilmente è anche terrorizzato all’idea che qualcuno ti
faccia del male…-
-... o lo faccia a te-
-Dobbiamo abbassargli la temperatura- decise, ignorando la risposta di
Foggy e lasciando che il suo lato professionale prendesse il comando di
quell’assurda situazione. No. Un attimo.
-Come ci hai trovati? Pensavo avresti chiamato…-
-Sì… ma Matt è disperso da un mese quasi… e quando hai detto collasso
emotivo… dovevo venire a prenderlo e riportarlo a casa- l’uomo arrossì
e si strinse nelle spalle, un mezzo sorriso timido sul volto -Penserai
che sia stupido forse…-
Non riuscì a evitare di sorridere, mentre pensava che tutti nella vita
dovessero avere Foggy. Cioè, non davvero lui, ma qualcuno che si
prendesse cura di loro così come lui faceva con Matt. A Foggy non
importava che fosse cieco o, ancora peggio, che fosse un dannato
vigilante abbastanza forte (o pazzo) da cavarsela in ogni situazione
(quando non era svenuto in un cassonetto e non si stava dissanguando
nel proprio appartamento, ovviamente).
-Non è stupido- lo corresse dolcemente -Anzi… è davvero dolce da parte
tua. Ha bisogno di qualcuno come te-
-No. Sa badare a sè stesso-
-Gli serve qualcuno che gli ricordi chi è e lo aiuti a non vendersi
l’anima-
-Non sono il suo prete…-
-Sei la sua famiglia- concluse in un tono che suggeriva di non osare
replicare -Comunque, non mi hai risposto-
-Beh…- le disse dopo un attimo -Hai detto Boston, vicino all’MIT… e
così ho fatto qualche ricerca. Matt mi aveva detto mesi fa che eri
partita poco prima che inchiodassimo Fisk, quindi ho cercato tra gli
appartamenti affittati a Boston in quel periodo, e ti ho trovata- Detta
così sembrava così semplice che si stava chiedendo perchè nessuno
l’avesse trovata prima.
-Sono contenta che tu sia qui- gli sorrise, di nuovo, mentre provava la
febbre a Matt. Già sapeva che era l’alta, l’aveva sentito quando gli
aveva toccato la fronte, ma le serviva un numero -Ha bisogno di te-
-E non solo di me. E non solo perchè è ammalato e gli serve
un’infermiera-
No, no, no.
Non adesso.
Claire estrasse il termometro e imprecò sottovoce quando riuscì a
leggerlo.
Sapeva che era alta, ma non aveva pensato così tanto, addirittura sopra
i 40. Se non altro, era un’ottima scusa per evitare di rispondere a
Foggy.
-Fammi un favore- gli disse, tornando a essere un’infermiera in piena
operatività. Doveva esserlo. Non aveva intenzione di avere quella
conversazione con Foggy. Già sapeva quanto fosse importante per Matt,
ne era stata consapevole fin dal giorno in cui gli ha detto che sarebbe
partita, nel suo appartamento. Non era riuscita a togliersi dalla
testa la tristezza che aveva visto in quegli occhi ciechi ma
tremendamente espressivi, e il suo vano tentativo di nasconderla dietro
un sorriso timido, e il fatto che bastasse la sua voce o un suo tocco a
calmarlo erano un’ulteriore conferma di cui non aveva bisogno, non se
voleva evitare di rivedere la sua decisione. -Non possiamo aspettare
che le medicine facciano effetto; a dire il vero, non gli ho ancora
dato niente- e non c’era bisogno di spiegare perchè, la faccia
esasperata di Foggy diceva già tutto -Ma se le cose stanno così come
hai detto, dobbiamo far scendere la febbre nel più breve tempo
possibile. Credimi, non vuoi assistere a un suo attacco di panico. Vai
in bagno e aprì l’acqua fredda. Inizia a riempire la vasca. Torno
subito-
-Dove vai?-
-Alla macchina del ghiaccio che abbiamo nel seminterrato - replicò lei
chiudendosi la porta alle spalle.
***
La prima cosa che fece Foggy una volta rimasto solo fu obbedire agli
ordini. La seconda fu di chiamare Stick.
-Sei con lui?- gli chiese il vecchio, con il suo solito tono freddo.
-Ovvio- rispose, anche se avrebbe voluto davvero essere in grado di
mentirgli, di dirgli che era stato un buco nell’acqua e che di Matt non
aveva trovato traccia, ma era troppo preoccupato per Karen per osare
fare qualcosa di simile. Dopotutto, Matt era qui con loro, al sicuro,
mentre la ragazza era da sola nelle mani di quel tizio e della sua
banda di ninja scatenati.
-Riportalo indietro-
-Non se ne parla- da qualche parte, riuscì a tirare fuori il fegato di
fare da scudo a Matt -E’ ammalato. Deve riposare e rimettersi in sesto-
-Cazzate. Può farcela benissimo-
Non aveva nemmeno chiesto se fosse grave, o cosa avesse o, ancora, se
fosse in grado di muoversi, e Foggy iniziava a chiedersi se Stick fosse
davvero umano, o se fosse nato senz’anima. Era la persona che l’aveva
addestrato da piccolo, e che aveva passato con lui l’ultimo mese.
Com’era possibile che non gli fregasse niente del proprio allievo?
-No- Foggy non aveva intenzione di lasciargliela vinta. Anche se era
stato costretto a tradirlo, a introdursi in casa di Claire con
l’inganno, Matt era ancora il suo migliore amico, un membro della sua
famiglia, e Foggy avrebbe preferito farsi uccidere piuttosto che
cacciarlo nei guai. Avrebbe ceduto se l’avesse trovato in salute, ma
non in quello stato.
Dannazione, non era nemmeno scappato di sua spontanea volontà, era
collassato in una dannatissima chiesa! -Lo riporterò a casa, ma solo
quando riuscirà a stare in piedi-
Foggy sentì in quel momento l’uscio aprirsi e si affrettò ad attaccare
il telefono, ignorando le maledizioni e le minacce di Stick. Non gli
interessava, e comunque non sapeva dove fossero. Si concentrò
completamente sul suo migliore amico. Quando la donna mise piede in
casa, un minuto dopo, trascinando un secchio enorme pieno di ghiaccio,
lo trovò accucciato a terra, con una mano sulla sua spalla e l’altra
che teneva ferma sulla sua fronte la maglia nera inzuppata d’acqua. Non
avrebbe mai voluto usarla, la sua sola vista gli ricordava ancora
l’orrore di quella notte, e quello che ne era seguito, ma era l’unica
cosa che aveva trovato, e non voleva frugare tra le sue cose in cerca
di alternative.
Insieme, sollevarono il secchio e lo vuotarono nella vasca prima di
spogliarlo (non del tutto, gli lasciarono i boxer) e prenderlo per
spalle e piedi e infilarlo direttamente nel bagno gelato.
L’acqua fredda fece tornare Matt nel mondo dei vivi con un grido di
puro terrore, uno di quelli che nessuno dei due avrebbe mai più voluto
sentire, non da Matt, per lo meno. Il ragazzo iniziò ad agitarsi
convulsamente, cercando di uscire dalla vasca come se fosse caduto in
un acquario di piranha. Uno per lato, lui e Claire gli presero le mani,
sperando che li riconoscesse e non cercasse di ucciderli.
-Matt- sussurrò Foggy, memore di quanto gli davano fastidio i rumori in
università, mentre cercava disperatamente di tenergli la testa fuori
dall’acqua. -Siamo noi-
-Hai la febbre alta e dobbiamo abbassarla. Ti prego, tieni duro. Solo
per un pochino- lo pregò Claire, accarezzandogli il braccio e la fronte
per cercare di calmarlo.
Foggy non aveva idea di quale superpotere avesse Claire nelle mani o
nella voce, ma non appena intervenne, Matt smise di fare qualunque cosa
stesse cercando di fare (non era ben chiaro se stesse cercando di
uscire dall’acqua o ucciderli, o entrambe le cose contemporaneamente) e
si immobilizzò, la testa inclinata verso la donna, come se cercasse di
ascoltarne ogni singola cellula. Claire intravide la finestra di
lucidità e immediatamente gli prese la mano, continuando a parlargli
finchè non tornò pienamente cosciente, o quasi.
Finalmente, dopo pochi interminabili minuti, vide Matt riprendere il
controllo del proprio corpo, obbligarsi a rimanere fermo nonostante il
freddo o qualunque cosa gli stesse passando per la testa in quel
momento. Fece dei respiri profondi, e chiuse gli occhi. Solo allora
Foggy si azzardò a lasciarla sola con lui per andare a recuperare degli
asciugamani.
-Matt? Riesci a sentire il mio cuore?- gli stava chiedendo quando tornò.
-A malapena- la risposta non era che un sussurro -E’ difficile…
concentrarsi-
-Appena sei pronto ti tiriamo fuori da qui, ok?-
Alla fine non ci volle molto. Non appena il ghiaccio sparì
completamente, lo aiutarono ad uscire, e Foggy lo avvolse subito nei
panni asciutti, abbracciandolo forte e strofinandogli la schiena per
scaldarlo. Era tutto un tremore.
***
C’era qualcosa che non andava in Foggy.
Matt non ricordava esattamente cosa fosse successo dal momento in cui
aveva sentito la sua voce fuori dalla porta fino a quando si era
ritrovato in un bagno di acqua e ghiaccio, ma Claire gli aveva detto
che aveva avuto una sorta di attacco di panico prima di svenire. A
quanto gli aveva detto, era terrorizzato all’idea che Stick li rapisse
e facesse loro del male.
Alla fine, era stato tutto nella sua mente. Claire aveva chiamato Foggy
e lui aveva fatto tutto il possibile per raggiungerli più in fretta che
poteva, e Matt le credette senza nemmeno ascoltare il battito cardiaco.
Finora non gli aveva mai mentito, e, per di più, aveva ancora qualche
problemino a concentrarsi nonostante la febbre di fosse abbassava.
Dopo il bagno forzato, era riuscito a dormire un paio d’ore, e adesso
si sentiva meglio, nonostante Foggy e Claire non volessero che si
alzasse. Tuttavia, non potevano impedirgli di pensare.
-Vado a riposare, Matt- la voce di Claire gli arrivò da vicino
all’orecchio destro, bassa, per non urtare il suo udito ipersensibile,
la mano che prendeva la sua e la stringeva dolcemente. Anche attraverso
l’ormai familiare annebbiamento, riusciva a sentire quanto fosse
esausta, e si sentì in colpa per averla ridotta in quello stato. Se ne
era andata da New York proprio per non restare di nuovo immischiata nei
suoi drammi, e invece l’aveva di nuovo trascinata nel vortice. -questa
notte ci pensa Foggy a te. Chiamami se però ti serve aiuto, ok?-
-Claire?-
-No dirlo. Non di…-
-Mi dispiace- Non poteva non dirglielo.
In risposta, sentì le sue labbra appoggiarsi delicatamente sulla sua
fronte, così come il suo sorriso e, Dio, quanto avrebbe voluto
stringerla a sè e baciarla, lasciarsi tutto il resto alle spalle:
Daredevil, Stick e qualunque altra cosa minacciasse di allontanarli, ma
quello che fece fu stringerle a sua volta la mano, respingendo la
tentazione di attirarla contro il suo petto.
Si costrinse a fermarsi e lasciarla andare.
-Buona notte- le rispose, restituendole il sorriso, quasi certo che non
avesse visto niente della sua lotta interiore.
-Riposa- gli raccomandò -Sei al sicuro e Foggy è qui con te-
-Ci proverò-
-No! Provare no! Fare o non fare. Non c’è provare!-
Matt rise, riconoscendo la citazione, poi le lasciò le mani e appoggiò
la testa al cuscino sul divano.
Gli aveva proposto di lasciargli il letto, ma aveva rifiutato. Non ce
n’era bisogno. Era al sicuro, e con lui c’erano le persone a cui
teneva. Era tutto più che sufficiente per farlo dormire bene.
Ma doveva comunque parlare con Foggy.
Più riprendeva contatto con la realtà e riprendeva possesso di tutte le
sue facoltà, compresa la capacità di tenere a bada le proprie emozioni,
più riconosceva tutti i segnali di tensione provenienti dal suo
migliore amico.
Matt non l’aveva più visto così nervoso dal loro primo giorno alla
Landman & Zack, e non gli servivano certo i supersensi per capirlo,
aver condiviso con lui gli anni dell’università era stato più che
abbastanza.
Tuttavia, non era quello a preoccuparlo: tra loro due, era sempre stato
il biondo a essere quello nervoso e l’intera situazione in cui si era
trovato, con Claire che lo aveva chiamato dopo un mese di latitanza,
l’attacco di panico e tutto il resto, non si stupiva che fosse
sconvolto.
Ma non c’era solo quello. Poteva percepire che c’era qualcos’altro, di
più profondo. Matt cercò di concentrarsi ed espandere i propri sensi
per raggiungere il proprio amico, ma l’immediata vertigine che ne seguì
gli suggerirono che se avesse voluto sapere qualcosa di più, avrebbe
dovuto ricorrere alle maniere classiche. Niente scorciatoie, questa
volta.
***
Foggy era in agonia.
Eppure, agonia non era la parola adatta a descrivere la sua attuale
condizione e, al momento, considerava la febbre di Matt una vera e
propria benedizione, anche se lo rendeva incapace di fare praticamente
qualunque cosa. Ringraziava il cielo però che non potesse ascoltargli
il cuore, altrimenti sarebbe già stato scoperto.
Non vedeva l’ora che Matt si addormentasse, aveva bisogno di rimanere
solo, e forse anche di piangere.
Sentiva come se avesse un macigno sul petto che gli rendeva impossibile
respirare. Sentiva un dolore quasi fisico, come se la pietra stesse
spingendo un ago dritto nel suo cuore. Non aveva idea di come gestire
la cosa.
Il messaggio che Stick gli aveva lasciato l’aveva obbligato a scegliere
tra Karen e Matt e anche se sapeva di aver fatto la cosa giusta e che
Matt non gliene avrebbe mai fatto una colpa, non riusciva a trovare il
coraggio di pargliargliene, principalmente perchè sapeva che sarebbe
voluto tornare subito a New York e, ora come ora, sarebbe stata la sua
condanna a morte.
All’improvviso, non riuscì più a contenersi, non gli importava più se
Matt dormisse o meno; scoppiò a piangere, senza alcuna possibilità di
controllarsi e smettere.
-Foggy?-
***
Foggy non sapeva niente del segreto di Matt. Non all’inizio, al meno.
Non quando l’aveva salvata dai killer mandati dalla Union Allied.
La rivelazione la colpì mentre stava cercando di mangiare qualcosa con
l’unico braccio che avevano accettato di lasciarle libero.
Sfortunatamente, era il sinistro, e non era semplice riuscire a
nutrirsi con una sola mano quando non poteva nemmeno sedersi.
La sorpresa le fece cadere il cucchiaio, il cibo all’improvviso
dimenticato nel piatto.
Un altro pezzo del puzzle che andava al proprio posto.
Foggy aveva scoperto che Matt e il Diavolo di Hell’s Kitchen erano la
stessa persona la notte dell’”incidente d’auto”. Probabilmente era
stato proprio Foggy a trovarlo da qualche parte, così conciato
malamente che le era quasi preso un colpo quando era andata a trovarlo
qualche giorno dopo l’accaduto, e a scoprirne la vera identità.
Ecco perchè non si erano più parlati. Ecco perchè Matt era convinto che
la lite fosse stata totalmente colpa sua, e che Foggy non avesse avuto
alcuna colpa.
Per una qualche ragione, Karen aveva sempre pensato che fosse stata
colpa sua, che Foggy avesse scoperto la sua cotta per il suo collega e
che Matt, segretamente, ricambiasse la cosa. Tutto questo non perchè
fosse così narcisista da credersi al centro del mondo, ma semplicemnete
perchè entrambi le avevano a malapena rivolto la parola da quel giorno.
Aveva pensato, stupidamente, che solo un grave problema con una donna
avrebbe potuto dividerli, ma ora che ci pensava sopra, anche un cieco
che correva per la città e massacrava criminali, evidentemente grazie a
qualche tipo di superpotere, poteva essere una valida ragione.
Ma non era quella la cosa importante, ora.
Li avrebbe presi entrambi a calci in culo, ovviamente, ma ora voleva
solo sapere se quei due stavano bene.
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