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Autore: DalamarF16    17/12/2015    1 recensioni
Post stagione 1- Dopo essere riusciti a incastrare Fisk, Matt e Foggy sono diventati molto popolari a Hell's Kitchen e la loro amicizia si è rinsaldata. Il mondo di Daredevil ha ora una rassicurante routine, ma il ritorno di Stick rimescolerà le carte in tavola. Cosa vuole il vecchio ninja da Matt? Matt accetterà di aiutarlo anche a costo di uccidere qualcuno?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claire Temple, Foggy Nelson, Karen Page, Matt Murdock, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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PERSONAL SPACE: rieccomi!!! e con questo capitolo tornano anche Matt e Foggy (finalmente!) grazie a tutti quelli che leggono, specialmente a ragdoll_cat che si sforza sempre di riuscire a recensirmi!
Eh, niente, per il marchetta moment vi informo che ho sfornato un'altra one shot legata al college, al natale e alla tenera stupidità di Matt... A family for christmas è qui tutta per voi XD buona lettura!

Chapter 9: Everyone in life should have a Foggy.

-Matt! Claire!-

Foggy?
Aveva pensato che la voce del suo migliore amico avrebbe aiutato Matt a calmarsi.
Non si era mai sbagliata così tanto in vita sua.
Matt ricominciò a dare di matto, blaterando qualcosa che riguardava una stecca che aveva trovato Foggy e Karen e che ora gliel’avrebbe fatta pagare per la sua disobbedienza. A dire il vero, non gli prestò poi molta attenzione: era il delirio di una persona ammalata, e la sua salute era, al momento, la sua unica priorità.
-Matt. Matt. Calmati- la scarica di adrenalina gli aveva però regalato nuova forza, una forza nata dalla disperazione e che Claire non sarebbe riuscita a contrastare molto a lungo. Le sue parole tornarono a essere inutili. Lo lasciò per cercare di raggiungere la porta, sperando che non riuscisse a percepirla dato lo stato dei suoi sensi, ma con un balzo le fu addosso e la buttò a terra, tenendola inchiodata al pavimento con il proprio peso, ma senza, tuttavia, farle del male. L’infermiera capì subito che voleva solo evitare che aprisse la porta. Fece un nuovo tentativo di contrastarlo, ma, anche in quello stato, era troppo forte.
-Ehi! Che succede lì dentro? Fatemi entrare!- Foggy stava gridando e contemporaneamente bussava alla porta.
-Matt! Matt!- continuando a lottare per liberarsi dalla sua presa, cercò nuovamente di attirare la sua attenzione, alzando la voce per sovrastare quella di Foggy, ma finalmente vedeva dei segni di stanchezza nel ragazzo . In qualche modo, riuscì a liberare le mani, e non perse un secondo.
Gli prese il volto e lo costrinse a guardarla dritta negli occhi, solo vagamente consapevole che il gesto era prettamente inutile. Al tatto, la sua pelle era rovente, e questo la preoccupò non poco: la febbre non era più solo un sospetto, adesso. -Matt. Concentrati. Ascolta la mia voce- gli sussurrò, le labbra a pochi millimetri dalle sue.
Urlare, a quanto sembrava, non portava a niente, perciò stava tentando un approccio diverso, che però sembrò funzionare. Smise completamente di muoversi, pur continuando a impedirle di alzarsi, una delle proprie gambe abilmente incastrata tra quelle della donna in modo da farla cadere se per caso fosse riuscita a liberarsi. -Mi stai ascoltando, Matt?- gli chiese nello stesso tono, a voce così bassa che a malapena riusciva a sentirsi. Voleva che si concentrasse su qualcosa.
-Sì- rispose alla fine.
Bene
-Puoi sentire il mio cuore battere?-
Non che gliene importasse molto; era più che altro un test. I battiti del cuore erano facili da sentire per lui, anche in pieno panico.
Una pausa. Matt chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, poi inclinò leggermente la testa di lato, come se si stesse sforzando di origliare una conversazione nell’altra stanza.
-No- disse infine, riaprendo gli occhi, e Claire vide la paura nelle iridi marroni lucide di febbre.
Merda. Sta calma, Claire. Non andare in panico.
-Concentrati- gli disse -So che puoi-

***

No, non ci riusciva, e la cosa lo stava spaventando a morte.
Senza il suo senso radar e i suoi sensi potenziati, non riusciva a capire quante persone c’erano dietro quella porta, e nemmeno se il panico che sentiva provenire dalla voce di Foggy fosse reale o meno, come se essere completamente cieco non fosse già sufficiente.
Più cercava di concentrarsi, più la sua mente lo distraeva, facendogli immaginare i suoi amici prigionieri di Stick, che aveva scoperto la sua fuga forzata ed era tornato a Hell’s Kitchen, li aveva trovati e ora si trovavano in pericolo solo perchè non era stato in grado di sostenere la violenza e qualche omicidio.
La nebbia nella sua testa non lo aiutava a puntare l’attenzione su altro per distrarsi.
E nemmeno la lotta che Claire stava facendo contro di lui per liberarsi.
Non voleva farle del male, era l’ultima cosa che avesse voglia di fare, ma doveva impedirle di aprire quella porta. Finchè tra loro e il suo mentore ci fosse stata almeno quella, erano al sicuro.
Doveva riprendersi, però. E in fretta.
Ora poteva distintamente sentire la voce di Foggy, che aveva raggiunto dei toni quasi isterici, pregarli di lasciarlo entrare, probabilmente obbligato da Stick a comportarsi in quel modo. Si sentiva male alla sola idea, ma non poteva permettersi di mettere Claire in pericolo, non di nuovo. Foggy avrebbe capito.
-Matt. Concentrati- Di nuovo, la voce dell’infermiera era così bassa che compì la magia e scacciò i brutti pensieri per costringerlo ad ascoltarla oltre le urla di Foggy. -Cerca il mio cuore. Forza-
-Perchè?- sussurrò.
Non aveva senso. Con tutto quello che stava succedendo, doveva proprio ascoltarle il cuore? Si sentiva anche molto stanco. Dio, era esausto.
Aveva ufficialmente finito la propria riserva di energie, tanto che quel poco che era rimasto della sua “visione” iniziò a diventare confusa e a creare un vortice su sè stessa, come se ci fosse un vento vorticoso che trascinava con sè le fiamme, spegnendole a poco a poco…. ehi, era cenere quella?
Ormai il fuoco era quasi completamente estinto, avvolto dal buio.
No, per favore. Non ora. Non adesso!
Lottò finchè riuscì, poi svenne, intrappolandola sotto il suo peso morto.

***

-Claire?! Matt! Aprite la porta!- adesso non era più occupata a tranquillizzare Matt, riusciva a sentire chiaramente tutta la preoccupazione nella voce dell’uomo, che stava ancora picchiando i pugni contro la porta.
-Sto bene, Foggy!- gridò per rassicurarlo -Arrivo! Per favore, basta!-
“Sto arrivando” era, a dire il vero, una parola grossa, ma se Foggy avesse continuato così i vicini avrebbero probabilmente chiamato la polizia, e altri guai erano l’ultima cosa che servisse loro in quel momento.
Prese un bel respiro e cercò di riordinare le idee; per prima cosa doveva trovare il modo di riuscire a sfuggire alla presa di Matt senza fargli del male.
Puntò gomiti e mani sul pavimento e cercò di scivolare indietro. Niente da fare. Anche in pieno attacco di panico, era riuscito a essere dannatamente efficace. Se voleva liberarsi, avrebbe dovuto farlo con le cattive.
Scusa, Matt.
Posò entrambe le mani sulle spalle del ragazzo, afferrandole saldamente, e spinse per sollevarlo. Nonostante fosse piuttosto esile, i muscoli si facevano sentire, e non aiutava che fosse privo di sensi. Prima che le venissero a mancare le forze, piegò un ginocchio, e lo usò per fare leva e ribaltare Matt, che atterrò molto poco delicatamente accanto a lei con un gemito di dolore, ma, fortunatamente, senza svegliarsi. Sentì un tuffò al cuore, ma non le aveva lasciato altra scelta, e allo stesso tempo sospirò di sollievo per il fatto che non si fosse ripreso, non sarebbe riuscita a gestire un altro attacco di panico, non in quel momento.
Si mise in piedi mentre cercava di calmarsi.
Sentì di stare tremando, probabilmente per una combinazione di paura e tensione (perchè Matt l’aveva davvero spaventata a morte, questa volta), ma riuscì comunque ad arrivare alla porta e a far entrare Foggy.
Si era aspettata di essere invisibile per lui, che si sarebbe precipitato a prendersi cura di Matt, del resto, loro due si conoscevano a malapena, e quella notte non l’avevano certo dedicata a socializzare; per questo fu sorpresa quando Foggy la avvolse in un abbraccio di quelli che possono solo scaldare il cuore, prima di lasciarla e guardarla attentamente da capo a piedi, per accertarsi che stesse bene.
Le sue attenzioni non la aiutarono certo a calmarsi, anzi, il fatto di avere qualcuno in casa che si preoccupasse per lei sembrò autorizzare il suo corpo a lasciarsi andare di nuovo allo shock.
-Claire?- le chiese stringendola ancora - Stai bene? Sembri… sconvolta-
-Sto… sto bene- rispose dopo un secondo di sorpresa. Finora non aveva ancora degnato il suo migliore amico nemmeno di uno sguardo, troppo occupato a rassicurarla. Matt aveva ragione riguardo a Foggy, era davvero una persona straordinaria, e sembrava non conoscere il significato della parola egoismo, o indifferenza. -O almeno… starò bene- si corresse, cercando di mettere insieme un mezzo sorriso.
-Ti ha fatto del male?- Fece di nuovo un passo indietro e la guardò negli occhi, come per accertarsi che non stesse mentendo per proteggere Matt. Ovviamente, non tutti potevano sentire i battiti cardiaci.
-No… no.- rispose, prendendo un respiro profondo per cercare di impedire alla propria voce di tremare, prima di riprendere e spiegarsi -Quando ha sentito la tua voce ha… ha dato fuori di matto. Mi… mi....- ripensare alla velocità (e alla facilità) con lui l’aveva buttata al suolo le aveva fatto di nuovo perdere la calma. Inspira. Espira. Continuò così per qualche secondo, cercando di smettere di tremare e di non cedere definitivamente al panico. L’esperienza, evidentemente, l’aveva scossa più del previsto. -Mi ha… bloccata a terra… e mormorava qualcosa riguardo a una stecca o un bastone… non lo so…- Si scostò i capelli dal viso con un gesto stanco della mano, sentendosi esausta e svuotata. Respirò di nuovo, calmandosi definitivamente.
-Come sta?- le chiese finalmente, vedendola ora più tranquilla.
-Male- rispose, accogliendo l’offerta di Foggy di concentrarsi sul suo paziente, e questo le fece anche recuperare un po’ del suo solito sangue freddo -Anche se non so dirti esattamente quanto, perchè non è una condizione fisica, non solo fisica, almeno. In più, non riesce a concentrarsi. Sai… sentire il battito cardiaco e cose così…-
-Ha la febbre?-
-Stavo per misurargliela quando sei arrivato, ma penso di sì-
E all’improvviso Foggy, senza dire una parola, aveva cominciato a muoversi: andò alla finestra e la chiuse, assicurandosi che non ci fossero spifferi, poi fece lo stesso con tutte le porte, eccetto quella del bagno, e sotto ognuna di esse mise qualcosa a chiudere i pochi millimetri di spazio tra il legno e il pavimento. Claire seguì ogni sua operazione, attonita, chiedendosi se non fosse diventato completamente matto durante il viaggio da New York.
Al momento poteva occuparsi solo di Matt, non di entrambi.
-Posso chiedert…- cominciò, ma lui la interruppe.
-E’ la febbre- parlava in fretta, separando a malapena le parole una dall’altra -Non l’avevo capito prima, al college pensavo che non riuscisse a gestirla per via dei giramenti, ma adesso penso di sapere il perchè… sai… con la storia dei supersensi e tutto il resto…-
Ok, per essere un avvocato, in quel momento Foggy non era proprio un esempio di eloquenza, e il fiume di parole che gli stava uscendo dalla bocca la stava confondendo non poco, anche se intuiva che quello che cercava di dirle era probabilmente importante.
-Foggy, Foggy, Foggy- lo fermò, afferrandolo per le spalle -Per favore, spiegati-
-Non… sono stato chiaro?-
Sul serio? Ok, poteva gestirlo, in qualche modo. Era solo un bambino troppo cresciuto e spaventato.
-In confronto a te, Matt che parlava di una stecca che picchiava le persone aveva perfettamente senso. Ora, prendi un bel respiro, riordina i file nel tuo cervello e poi parla, ok?-
-Ok. Ok, ho capito. Ma non si riferiva a una stecca. A Stick. Stick è una persona-
Che? Ok, una cosa alla volta. Prima Matt.
-Che cosa stavi dicendo riguardo a febbre e superpoteri?- gli chiese, accantonando momentaneamente la questione di questo Stick
Foggy esitò un secondo prima di rispondere, le mani chiuse a preghiera su naso e bocca come se stesse soppesando la risposta in modo da darle più informazioni possibili.
-Quando Matt si ammalava al college, era orribile. Oltre ai brividi e tutto il resto, di solito riusciva solo a dimenarsi a letto, con le mani schiacciate sulle orecchie, e a volte piangeva, come se foss ein preda a qualche dolore. Era completamente fuori controllo. Mi aveva detto che i giramenti di testa sono peggiori per lui, perchè non può usare cielo e terra per orientarsi visivamente…- Claire annuì e agitò una mano per invitarlo a continuare; conosceva già quella parte -Ho sempre pensato che il dolore venisse da quello… che fossero delle forti emicranie, sai..-
-Sì, continua…- Claire si stava ancora chiedendo dove volesse andare a parare.
-Ma adesso che mi ha spiegato come funzionano i suoi poteri, che so che deve essere perennemente concentrato per evitare di impazzire a causa di tutti i rumori…-
Ma certo! Come cavolo aveva fatto a non pensarci prima?
-Ma per via della febbre non può farlo- lo interruppe, resistendo a stento alla voglia di baciarlo, perchè le aveva appena risolto almeno la metà degli interrogativi che la stavano facendo impazzire, poi aggiunse, facendo un ulteriore collegamento -E se questo Stick lo stava ricattando, probabilmente è anche terrorizzato all’idea che qualcuno ti faccia del male…-
-... o lo faccia a te-
-Dobbiamo abbassargli la temperatura- decise, ignorando la risposta di Foggy e lasciando che il suo lato professionale prendesse il comando di quell’assurda situazione. No. Un attimo.
-Come ci hai trovati? Pensavo avresti chiamato…-
-Sì… ma Matt è disperso da un mese quasi… e quando hai detto collasso emotivo… dovevo venire a prenderlo e riportarlo a casa- l’uomo arrossì e si strinse nelle spalle, un mezzo sorriso timido sul volto -Penserai che sia stupido forse…-
Non riuscì a evitare di sorridere, mentre pensava che tutti nella vita dovessero avere Foggy. Cioè, non davvero lui, ma qualcuno che si prendesse cura di loro così come lui faceva con Matt. A Foggy non importava che fosse cieco o, ancora peggio, che fosse un dannato vigilante abbastanza forte (o pazzo) da cavarsela in ogni situazione (quando non era svenuto in un cassonetto e non si stava dissanguando nel proprio appartamento, ovviamente).
-Non è stupido- lo corresse dolcemente -Anzi… è davvero dolce da parte tua. Ha bisogno di qualcuno come te-
-No. Sa badare a sè stesso-
-Gli serve qualcuno che gli ricordi chi è e lo aiuti a non vendersi l’anima-
-Non sono il suo prete…-
-Sei la sua famiglia- concluse in un tono che suggeriva di non osare replicare -Comunque, non mi hai risposto-
-Beh…- le disse dopo un attimo -Hai detto Boston, vicino all’MIT… e così ho fatto qualche ricerca. Matt mi aveva detto mesi fa che eri partita poco prima che inchiodassimo Fisk, quindi ho cercato tra gli appartamenti affittati a Boston in quel periodo, e ti ho trovata- Detta così sembrava così semplice che si stava chiedendo perchè nessuno l’avesse trovata prima.
-Sono contenta che tu sia qui- gli sorrise, di nuovo, mentre provava la febbre a Matt. Già sapeva che era l’alta, l’aveva sentito quando gli aveva toccato la fronte, ma le serviva un numero -Ha bisogno di te-
-E non solo di me. E non solo perchè è ammalato e gli serve un’infermiera-
No, no, no.
Non adesso.
Claire estrasse il termometro e imprecò sottovoce quando riuscì a leggerlo.
Sapeva che era alta, ma non aveva pensato così tanto, addirittura sopra i 40. Se non altro, era un’ottima scusa per evitare di rispondere a Foggy.
-Fammi un favore- gli disse, tornando a essere un’infermiera in piena operatività. Doveva esserlo. Non aveva intenzione di avere quella conversazione con Foggy. Già sapeva quanto fosse importante per Matt, ne era stata consapevole fin dal giorno in cui gli ha detto che sarebbe partita,  nel suo appartamento. Non era riuscita a togliersi dalla testa la tristezza che aveva visto in quegli occhi ciechi ma tremendamente espressivi, e il suo vano tentativo di nasconderla dietro un sorriso timido, e il fatto che bastasse la sua voce o un suo tocco a calmarlo erano un’ulteriore conferma di cui non aveva bisogno, non se voleva evitare di rivedere la sua decisione. -Non possiamo aspettare che le medicine facciano effetto; a dire il vero, non gli ho ancora dato niente- e non c’era bisogno di spiegare perchè, la faccia esasperata di Foggy diceva già tutto -Ma se le cose stanno così come hai detto, dobbiamo far scendere la febbre nel più breve tempo possibile. Credimi, non vuoi assistere a un suo attacco di panico. Vai in bagno e aprì l’acqua fredda. Inizia a riempire la vasca. Torno subito-
-Dove vai?-
-Alla macchina del ghiaccio che abbiamo nel seminterrato - replicò lei chiudendosi la porta alle spalle.

***

La prima cosa che fece Foggy una volta rimasto solo fu obbedire agli ordini. La seconda fu di chiamare Stick.
-Sei con lui?- gli chiese il vecchio, con il suo solito tono freddo.
-Ovvio- rispose, anche se avrebbe voluto davvero essere in grado di mentirgli, di dirgli che era stato un buco nell’acqua e che di Matt non aveva trovato traccia, ma era troppo preoccupato per Karen per osare fare qualcosa di simile. Dopotutto, Matt era qui con loro, al sicuro, mentre la ragazza era da sola nelle mani di quel tizio e della sua banda di ninja scatenati.
-Riportalo indietro-
-Non se ne parla- da qualche parte, riuscì a tirare fuori il fegato di fare da scudo a Matt -E’ ammalato. Deve riposare e rimettersi in sesto-
-Cazzate. Può farcela benissimo-
Non aveva nemmeno chiesto se fosse grave, o cosa avesse o, ancora, se fosse in grado di muoversi, e Foggy iniziava a chiedersi se Stick fosse davvero umano, o se fosse nato senz’anima. Era la persona che l’aveva addestrato da piccolo, e che aveva passato con lui l’ultimo mese. Com’era possibile che non gli fregasse niente del proprio allievo?
-No- Foggy non aveva intenzione di lasciargliela vinta. Anche se era stato costretto a tradirlo, a introdursi in casa di Claire con l’inganno, Matt era ancora il suo migliore amico, un membro della sua famiglia, e Foggy avrebbe preferito farsi uccidere piuttosto che cacciarlo nei guai. Avrebbe ceduto se l’avesse trovato in salute, ma non in quello stato.
Dannazione, non era nemmeno scappato di sua spontanea volontà, era collassato in una dannatissima chiesa! -Lo riporterò a casa, ma solo quando riuscirà a stare in piedi-
Foggy sentì in quel momento l’uscio aprirsi e si affrettò ad attaccare il telefono, ignorando le maledizioni e le minacce di Stick. Non gli interessava, e comunque non sapeva dove fossero. Si concentrò completamente sul suo migliore amico. Quando la donna mise piede in casa, un minuto dopo, trascinando un secchio enorme pieno di ghiaccio, lo trovò accucciato a terra, con una mano sulla sua spalla e l’altra che teneva ferma sulla sua fronte la maglia nera inzuppata d’acqua. Non avrebbe mai voluto usarla, la sua sola vista gli ricordava ancora l’orrore di quella notte, e quello che ne era seguito, ma era l’unica cosa che aveva trovato, e non voleva frugare tra le sue cose in cerca di alternative.
Insieme, sollevarono il secchio e lo vuotarono nella vasca prima di spogliarlo (non del tutto, gli lasciarono i boxer) e prenderlo per spalle e piedi e infilarlo direttamente nel bagno gelato.
L’acqua fredda fece tornare Matt nel mondo dei vivi con un grido di puro terrore, uno di quelli che nessuno dei due avrebbe mai più voluto sentire, non da Matt, per lo meno. Il ragazzo iniziò ad agitarsi convulsamente, cercando di uscire dalla vasca come se fosse caduto in un acquario di piranha. Uno per lato, lui e Claire gli presero le mani, sperando che li riconoscesse e non cercasse di ucciderli.
-Matt- sussurrò Foggy, memore di quanto gli davano fastidio i rumori in università, mentre cercava disperatamente di tenergli la testa fuori dall’acqua. -Siamo noi-
-Hai la febbre alta e dobbiamo abbassarla. Ti prego, tieni duro. Solo per un pochino- lo pregò Claire, accarezzandogli il braccio e la fronte per cercare di calmarlo.
Foggy non aveva idea di quale superpotere avesse Claire nelle mani o nella voce, ma non appena intervenne, Matt smise di fare qualunque cosa stesse cercando di fare (non era ben chiaro se stesse cercando di uscire dall’acqua o ucciderli, o entrambe le cose contemporaneamente) e si immobilizzò, la testa inclinata verso la donna, come se cercasse di ascoltarne ogni singola cellula. Claire intravide la finestra di lucidità e immediatamente gli prese la mano, continuando a parlargli finchè non tornò pienamente cosciente, o quasi.
Finalmente, dopo pochi interminabili minuti, vide Matt riprendere il controllo del proprio corpo, obbligarsi a rimanere fermo nonostante il freddo o qualunque cosa gli stesse passando per la testa in quel momento. Fece dei respiri profondi, e chiuse gli occhi. Solo allora Foggy si azzardò a lasciarla sola con lui per andare a recuperare degli asciugamani.
-Matt? Riesci a sentire il mio cuore?- gli stava chiedendo quando tornò.
-A malapena- la risposta non era che un sussurro -E’ difficile… concentrarsi-
-Appena sei pronto ti tiriamo fuori da qui, ok?-
Alla fine non ci volle molto. Non appena il ghiaccio sparì completamente, lo aiutarono ad uscire, e Foggy lo avvolse subito nei panni asciutti, abbracciandolo forte e strofinandogli la schiena per scaldarlo. Era tutto un tremore.

***

C’era qualcosa che non andava in Foggy.
Matt non ricordava esattamente cosa fosse successo dal momento in cui aveva sentito la sua voce fuori dalla porta fino a quando si era ritrovato in un bagno di acqua e ghiaccio, ma Claire gli aveva detto che aveva avuto una sorta di attacco di panico prima di svenire. A quanto gli aveva detto, era terrorizzato all’idea che Stick li rapisse e facesse loro del male.
Alla fine, era stato tutto nella sua mente. Claire aveva chiamato Foggy e lui aveva fatto tutto il possibile per raggiungerli più in fretta che poteva, e Matt le credette senza nemmeno ascoltare il battito cardiaco. Finora non gli aveva mai mentito, e, per di più, aveva ancora qualche problemino a concentrarsi nonostante la febbre di fosse abbassava.
Dopo il bagno forzato, era riuscito a dormire un paio d’ore, e adesso si sentiva meglio, nonostante Foggy e Claire non volessero che si alzasse. Tuttavia, non potevano impedirgli di pensare.
-Vado a riposare, Matt- la voce di Claire gli arrivò da vicino all’orecchio destro, bassa, per non urtare il suo udito ipersensibile, la mano che prendeva la sua e la stringeva dolcemente. Anche attraverso l’ormai familiare annebbiamento, riusciva a sentire quanto fosse esausta, e si sentì in colpa per averla ridotta in quello stato. Se ne era andata da New York proprio per non restare di nuovo immischiata nei suoi drammi, e invece l’aveva di nuovo trascinata nel vortice. -questa notte ci pensa Foggy a te. Chiamami se però ti serve aiuto, ok?-
-Claire?-
-No dirlo. Non di…-
-Mi dispiace- Non poteva non dirglielo.
In risposta, sentì le sue labbra appoggiarsi delicatamente sulla sua fronte, così come il suo sorriso e, Dio, quanto avrebbe voluto stringerla a sè e baciarla, lasciarsi tutto il resto alle spalle: Daredevil, Stick e qualunque altra cosa minacciasse di allontanarli, ma quello che fece fu stringerle a sua volta la mano, respingendo la tentazione di attirarla contro il suo petto.
Si costrinse a fermarsi e lasciarla andare.
-Buona notte- le rispose, restituendole il sorriso, quasi certo che non avesse visto niente della sua lotta interiore.
-Riposa- gli raccomandò -Sei al sicuro e Foggy è qui con te-
-Ci proverò-
-No! Provare no! Fare o non fare. Non c’è provare!-
Matt rise, riconoscendo la citazione, poi le lasciò le mani e appoggiò la testa al cuscino sul divano.
Gli aveva proposto di lasciargli il letto, ma aveva rifiutato. Non ce n’era bisogno. Era al sicuro, e con lui c’erano le persone a cui teneva. Era tutto più che sufficiente per farlo dormire bene.
Ma doveva comunque parlare con Foggy.
Più riprendeva contatto con la realtà e riprendeva possesso di tutte le sue facoltà, compresa la capacità di tenere a bada le proprie emozioni, più riconosceva tutti i segnali di tensione provenienti dal suo migliore amico.
Matt non l’aveva più visto così nervoso dal loro primo giorno alla Landman & Zack, e non gli servivano certo i supersensi per capirlo, aver condiviso con lui gli anni dell’università era stato più che abbastanza.
Tuttavia, non era quello a preoccuparlo: tra loro due, era sempre stato il biondo a essere quello nervoso e l’intera situazione in cui si era trovato, con Claire che lo aveva chiamato dopo un mese di latitanza, l’attacco di panico e tutto il resto, non si stupiva che fosse sconvolto.
Ma non c’era solo quello. Poteva percepire che c’era qualcos’altro, di più profondo. Matt cercò di concentrarsi ed espandere i propri sensi per raggiungere il proprio amico, ma l’immediata vertigine che ne seguì gli suggerirono che se avesse voluto sapere qualcosa di più, avrebbe dovuto ricorrere alle maniere classiche. Niente scorciatoie, questa volta.

***

Foggy era in agonia.
Eppure, agonia non era la parola adatta a descrivere la sua attuale condizione e, al momento, considerava la febbre di Matt una vera e propria benedizione, anche se lo rendeva incapace di fare praticamente qualunque cosa. Ringraziava il cielo però che non potesse ascoltargli il cuore, altrimenti sarebbe già stato scoperto.
Non vedeva l’ora che Matt si addormentasse, aveva bisogno di rimanere solo, e forse anche di piangere.
Sentiva come se avesse un macigno sul petto che gli rendeva impossibile respirare. Sentiva un dolore quasi fisico, come se la pietra stesse spingendo un ago dritto nel suo cuore. Non aveva idea di come gestire la cosa.
Il messaggio che Stick gli aveva lasciato l’aveva obbligato a scegliere tra Karen e Matt e anche se sapeva di aver fatto la cosa giusta e che Matt non gliene avrebbe mai fatto una colpa, non riusciva a trovare il coraggio di pargliargliene, principalmente perchè sapeva che sarebbe voluto tornare subito a New York e, ora come ora, sarebbe stata la sua condanna a morte.
All’improvviso, non riuscì più a contenersi, non gli importava più se Matt dormisse o meno; scoppiò a piangere, senza alcuna possibilità di controllarsi e smettere.
-Foggy?-

***

Foggy non sapeva niente del segreto di Matt. Non all’inizio, al meno. Non quando l’aveva salvata dai killer mandati dalla Union Allied.
La rivelazione la colpì mentre stava cercando di mangiare qualcosa con l’unico braccio che avevano accettato di lasciarle libero. Sfortunatamente, era il sinistro, e non era semplice riuscire a nutrirsi con una sola mano quando non poteva nemmeno sedersi.
La sorpresa le fece cadere il cucchiaio, il cibo all’improvviso dimenticato nel piatto.
Un altro pezzo del puzzle che andava al proprio posto.
Foggy aveva scoperto che Matt e il Diavolo di Hell’s Kitchen erano la stessa persona la notte dell’”incidente d’auto”. Probabilmente era stato proprio Foggy a trovarlo da qualche parte, così conciato malamente che le era quasi preso un colpo quando era andata a trovarlo qualche giorno dopo l’accaduto, e a scoprirne la vera identità.
Ecco perchè non si erano più parlati. Ecco perchè Matt era convinto che la lite fosse stata totalmente colpa sua, e che Foggy non avesse avuto alcuna colpa.
Per una qualche ragione, Karen aveva sempre pensato che fosse stata colpa sua, che Foggy avesse scoperto la sua cotta per il suo collega e che Matt, segretamente, ricambiasse la cosa. Tutto questo non perchè fosse così narcisista da credersi al centro del mondo, ma semplicemnete perchè entrambi le avevano a malapena rivolto la parola da quel giorno.
Aveva pensato, stupidamente, che solo un grave problema con una donna avrebbe potuto dividerli, ma ora che ci pensava sopra, anche un cieco che correva per la città e massacrava criminali, evidentemente grazie a qualche tipo di superpotere, poteva essere una valida ragione.
Ma non era quella la cosa importante, ora.
Li avrebbe presi entrambi a calci in culo, ovviamente, ma ora voleva solo sapere se quei due stavano bene.




   
 
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