Desclaimers: I Tokio
Hotel non mi appartengono; Sophie e gli altri personaggi invece si.
Questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro ed i
fatti narrati sono di pura fantasia. Ogni riferimento a persone
realmente esistenti o fatti relamente accaduti è da ritenrsi
puramente casuale.
Sophie's
Flight
Our Christmas Carol
“Alexander per favore rallenta o giuro che ti riporto a
casa!”
Una
figurina leggera, avvolta in un lungo cappotto cammello e con il volto
semi nascosto da una sciarpa bianca di lana grossa, scese rapidamente
dal taxi nero che l'aveva condotta in centro insieme al suo bambino.
Alex,
dal canto suo, era decisamente elettrizzato quel giorno e Sophie non
riusciva a capire perchè.
Aveva
insistito affinchè andassero a Piccadilly per fare gli
acquisti di Natale, nonostante una fitta nevicata stesse affliggendo
Londra da quasi due giorni.
La
madre aveva provato a convincerlo a desistere, ma qualsiasi parola si
era rivelata vana e così aveva infine chiamato un taxi,
visto che di muovere la macchina non se ne parlava, e che raggiungere
la metro con quel tempo sarebbe stato poco indicato, se volevano
arrivare a Natale con tutti gli arti integri.
Così
quella mattina, un freddo sabato 22 dicembre, Sophie Catherine
Grossvenor era uscita di casa seguendo il suo pestifero primogenito, e
per fortuna anche ultimo, di 6 anni, cercando invano di infilargli un
cappellino.
Forse,
se avesse avuto meno fretta, avrebbe notato il sorrisetto che aleggiava
sulle labbra di un'infebbrata Julia e le avrebbe chiesto spiegazioni,
ma così non fu.
Il
taxi nero lasciò madre e figlio in Piccadilly, all'incrocio
con Regent Street, ed il piccolino non diede nemmeno il tempo alla
madre di aspettare il resto.
“Tenga
il resto, grazie!” gridò rivolta al tassista
chiudendo rapidamente le portiera.
“Mamma
ti sbrighi?!”
“Alexander
vieni subito qui e non farmi gridare per favore, altrimenti giuro che
Babbo Natale riceverà chiarissime istruzioni su cosa fare
dei tuoi regali.”
Il
bambino si fermò, sbuffando, ed infilando le mani nelle
tasche del cappotto blu; Sophie approfittò della distrazione
per infilargli finalmente il cappellino.
Era
così dolce con quel visetto ancora paffuto ed i capelli
biondi che gli uscivano a ciuffetti disordinati dal cappello, e lei
faceva fatica a stare seria quando era il caso di sgridarlo.
“Ora
capiamo dove è finita zia Liz e decidiamo che giro fare.
Mano!”
Ubbidiente
il bambino allungò la manina che la madre strinse, mentre
con l'altra prendeva il cellulare per chiamare Elizabeth Harris.
“Siamo
in zona, dove sei?”
“Windmill,
al Trocadero, mi raggiungete? Sto comprando i regali per Paul e
mamma!”
“Ci
provo, spero che mio figlio non faccia il testone, ti raggiungiamo,
coordinate?”
“Negozio
di casalinghi che adora tua madre.”
“Ok,
arriviamo.” disse Sophie chiudendo la telefonata e girandosi
per parlare con Alex.
“Tesoro
dobbiamo andare dall'altra parte.”
“Ma
uffa! Ma perchè? Io non ci voglio venire di là,
voglio andare al Pavillion!”
Erano
davvero strani tanti capricci da parte di Alexander e, considerato lo
strato di neve che ricopriva i marciapiedi, Sophie ebbe il suo bel da
fare a gestire il bambino e a cercare di stare in piedi, mentre lui la
trascinava altrove.
“Oggi
non capisco che cosa ti succede sai? Chiamo Liz, ma sappi che la tua
lista da Babbo Natale sarà notevolmente decurtata per colpa
di questi capricci. E non dire un altro uffa perchè mi
arrabbio. Andiamo.”
Si
infilò con il bambino dentro al primo bar aperto che
incontrò sulla piazza e si accaparrarono un tavolino accanto
alla vetrata.
“Liz,
scusa, ma mio figlio oggi ha deciso che deve farmi arrabbiare, vuole
andare al Pavillion. Ti aspettiamo al bar Loson.”
“Va
bene, datemi dieci minuti, e ordinatemi un te bollente, fa un
freddo!”
Sophie
rise e ripose il cellulare nella borsa che aveva buttato su una delle
poltroncine che stavano attorno al tavolo.
Alex
era già corso a sbirciare la vetrina con i dolci e Sophie
stava cercando di capire come fare a dirgli di no...quel giorno era una
cosa impossibile.
Raccolse
i capelli in un nodo alla base della nuca e sistemò la
collana di pietre dure che portava sopra la dolcevita marrone.
Ordinò
te per tutti, e qualche biscotto per fare contento Alex, anche se
probabilmente il bambino avrebbe preferito di gran lunga una fetta di
cheese cake; ed in effetti, al suo ritorno al tavolo, non perse
occasione per farlo presente alla madre.
“Guarda
Alex non so esattamente cosa mi trattenga dal chiamare un taxi e
riportarti a casa ora. Nevica, si fa fatica a stare in piedi per strada
e tu fai i capricci. Mi spieghi cosa ti succede oggi?”
“Niente!”
La
risposta breve del bambino non convinse minimamente Sophie, ma
qualsiasi domanda non avrebbe ottenuto alcuna risposta percui la donna
si arrese; presto o tardi Alex avrebbe abbassato le difese ed avrebbe
confessato tutto alla madre.
Un'ora
dopo il gruppo, che ora annoverava anche Elizabeth tra i suoi
componenti, si diresse con non poche difficoltà, verso il
Pavillion.
Non
c'era molta gente in giro; in compenso i fiocchi di neve erano persino
aumentati ed erano enormi.
Un
fiocco si posò sulla punta del naso di Alex che, fermo al
semaforo pedonale, guardò in alto, verso la madre, facendola
scoppiare a ridere.
“Cavolo
guarda là che coda!” esclamò Sophie,
mentre si avvicinavano all'edificio.
“Cavoli,
ma cosa succede?” aggiunse Liz.
“Ci
sarà qualcuno di famoso, no?” propose il bambino,
con assoluta limpidezza.
Arrivarono
dall'altra parte della strada e Sophie si fermò,
abbassandosi per parlare al suo adorato bambino.
“Alexander
c'è qualcosa che mi devi dire?”
“No
mamma, niente, perchè?”
“Non
ci posso credere!” esclamò Elizabeth guardando
oltre Alex e Phe “Nick Stallberg! Che ci fai qua?”
Sophie
si girò, restando accovaciatta davanti ad Alex, e vide un
bel ragazzo camminare verso di loro.
Le
scarpe di vernice ed i pantaloni grigi dal taglio elegante
contrastavano notevolmente con il giaccone sportivo che portava.
“Liz
Harris! Ma come, ora Vogue manda i pezzi grossi per le
interviste?”
Sophie
si alzò in piedi, sussurrando al suo piccolo “Dopo
facciamo i conti io e te.”
Elizabeth
salutò il ragazzo e rispose alla sua domanda con tono
decisamente sarcastico “E tu invece? Da quando la tua agenzia
ti manda ad organizzare i saldi invernali al Pavillion?”
“È
sempre un piacere parlare con te Liz.”
“Sono
d'accordo. Sophie, lui è Nick Stallberg, della
Morris&Philsmore, una delle agenzia di pubbliche relazioni
più importanti di Londra. Nick, loro sono...”
“Sophie
Catherine Grosvenor e suo figlio Alexander Thomas. Liz, non vorrai
davvero credere che io non sappia riconoscere delle persone
così importanti per il nostro Regno!”
“E
ti pareva! Sempre il solito modesto.”
Sophie
allungò la mano e lui la baciò con deferenza
“Molto piacere.” disse la ragazza cercando di
nascondere il rossore dietro la sciarpa.
“Il
piacere è mio, hai idea di quante volte avrei voluto mettere
le mani sull'organizzazione di uno di party dei Grosvenor?”
“Mi
spiace, ma mia madre è dell'opinione che deve fare tutto da
sola.”
“La
capisco: Lady Grosvenor è una leggenda! E tu invece devi
essere Alex, molto piacere.” disse porgendo la mano
al bambino che la strinse allegro, esclamando a sua volta
“Piacere!”
“Allora
Lizzie, che ci fai qua?” chiese scortando il gruppetto verso
il Pavillion.
“Accompagno
Sophie...”
“E
tu Sophie, che ci fai qui?”
“Accompagno
Alex!”
“Ah
ecco, allora è più chiaro! Sei anche tu un loro
fan, Alex?”
“Si,
ovvio!! Ho tutti i loro cd e mi piacciono un sacco, solo che siamo
arrivati tardi e mi sa che non riuscirò a
conoscerli...”
“Non
c'è problema, vedrò di farvi passare avanti, stai
tranquillo.”
“Scusate,
ma io e Sophie non ci stiamo capendo un accidente...di chi state
parlando?”
“Ma
come? Non vi ha detto Alex che oggi ci sono i Tokio Hotel a firmare gli
autografi?”
In
quel momento Sophie sentì decisamente la terra mancarle
sotto i piedi.
Non
poteva essere, non doveva essere, lei era assolutamente impreparata
e..forse si era sognata tutto. Era l'unica possibilità, si,
doveva aver capito male.
“Phe,
tutto bene?” chiese Liz passandole una mando davanti al
volto, mentre Alex camminava poco più avanti insieme a Nick.
“Ha-ha
appena detto quello che penso?”
“Tokio
Hotel?”
Sophie
annuì, continuando a fissare un punto indefinito sulla
schiena di suo figlio.
“Temo
proprio che l'abbia detto...”
“Io
non posso, non ci riesco...”
“Non
devi fare nulla, se non te la senti posso stare io con Alex, sta
tranquilla, ti prego Phe, non voglio vederti così.”
Non
si era aspettata di poter vedere di nuovo Tom, era del tutto
impreparata, ma la cosa più spaventosa, in
realtà, era che non sapeva nemmeno lei se voleva o non
voleva vedere il padre di suo figlio.
Senza
nemmeno rendersene conto si ritrovò davanti all' entrata.
Vedere
tutte quelle ragazze, in coda per incontrare la loro band preferita,
fece scontrare Sophie con la triste realtà che Tom, di
donne, ne aveva a disposizione di ogni tipo ed età, e
difficilmente si sarebbe ricordato di lei.
Più
questa idea si radicava in lei, più cresceva la perversa
voglia di vedere di nuovo Tom, per l'ultima volta, solo per verificare
se era come se lo ricordava lei.
“Ok,
potete passare, vieni Alex!”
Il
piccolo, allegro e trotterellante, aveva già oltrepassato la
porta facendo sorridere le imponenti guardie che controllavano la
sicurezza; Sophie, invece, rimase indietro.
“Sophie
resta fuori, te ne prego, penso io ad Alex.” fu l'appello
accorato di Elizabeth.
“Mamma
sbrigati, devi davvero conoscerli sono bravissimi!” fu invece
la richiesta del suo bambino.
Scelse
di ascoltare il suo bambino e lo raggiunse, varcando infine la soglia.
Nick
li scortò fino alla sala dove avrebbero dovuto aspettare
l'arrivo delle quattro star che, ovviamente, si stavano facendo
attendere dalla folla in delirio.
Alex
non stava più nella pelle, finalmente avrebbe incontrato i
Tokio Hotel...zia Julia sarebbe stata orgogliosa di lui, e forse lo
avrebbe anche invidiato un po', visto che sarebbe riuscito a tornare
con i cd autografati, mentre lei era stata atterrata dal raffreddore.
Tolse
il cappotto ed estrasse dalle tasche i cd che si era portato appresso
quella mattina.
“E
questi da dove spuntano?” chiese Sophie prendendo le custodie
dalle mani del figlio.
“Me
li ha regalati zia Julia. Dice che se mi piacciono posso ascoltarli, e
che anche se tu dici di no, io devo seguire le mie
preferenze.”
“Ricordami
che devo parlare con Julia. E comunque Alex perchè non mi
hai detto che volevi venire qua?”
“Io...dovevo
venirci con zia Julia, ma poi lei si è ammalata e io non
potevo perdermeli. So che a te non piacciono, perciò non ti
ho detto niente per non farti arrabbiare, mamma.”
Sophie
pensò alla scatola che teneva nell'ultimo ripiano
dell'armadio in camera sua, piena zeppa di cd e singoli dei Tokio Hotel
Pensò
al file di “Angel”, sempre ben in vista sul desktop
del suo portatile, e alle migliaia di volte che, in ufficio, aveva
infilato gli auricolari per ascoltare i Tokio Hotel senza disturbare i
suoi colleghi.
“Non
mi piacciono, però ti voglio bene, e sai che ti avrei
accompagnato lo stesso.”
“Anche
con la neve?”
“Si.”
“Grazie
mamma!” urlò il piccolino lanciandosi tra le
braccia di Sophie, sotto lo sgurdo commosso di Liz.
“Il
mio angioletto, ma lo sai che ti adoro e farei di tutto per
te.” come aveva pronosticato, alla fine, Alex aveva ceduto, e
le aveva raccontato tutto. Scostò i ciuffetti biondi dalla
fronte del bambino e vi posò un bacio dolce.
In
quell'istante capì che qualcosa non andava: Alex era
bollente.
Preoccupata
posò la mano sulla propria fronte, poi nuovamente su quella
del bambino: non c'erano dubbi.
“Alex
ma tu scotti, hai la febbre!”
“Dici
sul serio Phe?” chiese Elizabeth avvicinandosi ai due.
“Ma
no mamma, io sto benissimo.” replicò il bambino,
abbassando gli occhi, resi lucidi dalla febbre.
Sophie
si buttò a sedere sul divanetto e fece sdraiare Alex accanto
a sè, coprendolo con il suo cappotto, mentre Elizabeth
andò a cercare Nick.
“Eccomi,
scusate, ma avevano bisogno di me. Sophie ti ho trovato questo e
un'aspirina.” esordì Nick entrando nel piccolo
salottino qualche minuto dopo il ritorno di Liz e porgendo l'aspirina
ed il termometro a Sophie.
Alex
si era addormentato nel frattempo, ed ora giaceva beato con la testa
posata sul grembo della madre.
“99,
non è altissima, ma credo che si
alzerà.” spiegò un'apprensiva Sophie,
porgendo il termometro al ragazzo; poi proseguì
“ti ringrazio per tutto Nick, ma credo che ora sia meglio
portarlo a casa.”
“Già...i
ragazzi stanno per arrivare, hanno avuto problemi con l'atterraggio
vista la neve. Però è un peccato, sembrava
così felice di conoscerli.”
“Almeno
lui, lo era.” replicò laconica Sophie alzandosi
con cautela per evitare di far svegliare il bambino.
“Aspetta,
lasciami i cd, te li farò avere in tempo per Natale,
così potrai fargli una sorpresa.”
“Bella
idea Nick, Sophie, dagli i cd.”
Sophie
rimase in silenzio per qualche minuto, poi alzò il braccio
in cui teneva le custodie e le passò a Nick, spiegando
“Va bene, ma per favore, loro non devono sapere come si
chiama; per loro è solo Alex, va bene?”
Nick
non comprese la richiesta della ragazza, ma per fortuna Elizabeth si
dimostrò più perspicace “Phe facciamo
così: tu torni a casa con Alex, mentre io resto qui con i cd
e poi te li riporto a casa, almeno Nick può continuare a
preoccuparsi per l'organizzazione e non rischia di dimenticare gli
autografi, va bene?”
“O-ok,
grazie Liz, a proposito un cd è doppio, credo che una sia la
copia di Julia, immagino quella con il libretto dei testi consumato,
visto che Alex ancora non sa leggere...”
“Capito,
ci vediamo più tardi.” rispose Liz, facendole
l'occhiolino.
Sophie
annuì e si piegò sul suo bambino, preoccupandosi
di coprirlo con il suo cappottino blu e rivestendosi anche lei, pronta
per affrontare di nuovo la neve, e le paranoie di una nonna isterica.
“Sophie,
lui è Hans, fa parte della scorta dei ragazzi, ti
accompagnerà all'uscita secondaria. C'è
già una macchina che vi aspetta.”
spiegò Nick indicando l'uomo che era appena entrato dalla
porta.
“Grazie
mille Nick, non so davvero come ringraziarti per tutto.”
“Bhe,
spero che avrai voglia di farmi organizzare qualcosa per voi prima o
poi...a proposito Hans parla solo tedesco, spero abbia capito cosa deve
fare.” rispose il ragazzo stringendo la mano che Sophie gli
porgeva.
“Hans,
danke fur deine Hilfe, das ist meiner Kinder.” disse Sophie
all'omone che annuì e si sposto verso il divano, sollevando
senza fatica il bambino.
“Bene,
mi sa che gli spiegherai tutto tu meglio di quanto potrei fare io,
allora...” commentò Nick.
“Il
mio tedesco è notevolmente arrugginito, ma ci
proverò. Graize ancora. Liz, ci sentiamo dopo e grazie anche
a te.”
Elizabeth
fece un passo verso l'amica e l'abbracciò, cogliendo al volo
l'occasione per chiederle “c'è qualcosa che posso
fare per te?”.
Sophie
ci pensò su per qualche minuto, ma alla fine la sua unica
preoccupazione era il piccolo influenzato che ora giaceva tra le
braccia della montagna umana dietro di lei: non aveva tempo per
perdersi in altre questioni, perciò rispose semplicemente
“No, è a posto così, grazie.”
Si
avviarono fuori lei ed Hans, con Alex stretto saldamente tra le braccia
della guardia del corpo; Sophie si ritrovò a pensare che,
con quelle stesse mani, quell'uomo poteva avere respinto
chissà quante fan in delirio...
Camminarono
velocemente lungo un corridoio laterale, incontrando pochissima gente,
per la maggior parte commessi annoiati dei negozi del Pavillion,
deserti a causa dell'invasione dei Tokio Hotel, e qualche componente
della squadra che gravitava attorno alla band.
Fu
proprio la frase che un'altra montagna umana rivolse ad Hans che fece
aumentare l'ansia in Sophie.
“Hans,
Sie sind hier!”
“Gut,
5 Minuten, bitte.”
Sophie
tenne lo sguardo puntato verso la porta davanti a sè, era la
sua salvezza, e non vedeva l'ora di varcarla per sedersi in macchina e
riportare a casa il suo bambino.
Percepiva
chiaramente le gocce di sudore colarle lungo la schiena, ma
cercò di non farci caso e represse i brividi.
Erano
a pochi metri dalla porta quando questa si spalancò facendo
entrare urla lontante, una folata di vento gelido e un gruppetto di
persone.
Sophie
distinse chiaramente il cappellino di Gustav, che spuntava dietro il
braccio di una guardia del corpo, e la chioma corvina di Bill che si
intravedeva dallo spazio tra due guardie.
A
quel puntò non potè far altro che abbassare lo
sguardo, nella speranza di non vedere altro, ma quelle scarpe bienche e
quei pantaloni extralarge li notò al volo.
Si
ritrovò a pregare affinchè Alex non si
svegliasse: se lo avesse fatto probabilmente a lei sarebbe preso un
infarto e non doveva essere una cosa piacevole...
Udì
una voce femminile impartire ordini secchi e precisi alle guarrdie ed
ai ragazzi stessi, poi una voce maschile implorare “Bitte,
Hanna...” era chiaramente Gustav e quell'Hanna aveva come
l'impressione di conoscerla da una vita.
Continuò
a mettere un piede davanti all'altro, sprofondando il viso nella
sciarpa, e tenendosi il più possibile vicina ad Hans che con
la sua imponenza la nascondeva agli sguardi altrui.
Una
delle body guard chiese ad Hans cosa stesse facendo, e lui
spiegò che stava aiutando una donna a portare in macchina un
bambino con la febbre e che li avrebbe raggiunti al volo.
Hanna
disse che lo avrebbero aspettato lì, e si rivolse a lei
dicendo, in un perfetto inglese, “Spero che suo figlio si
rimetta.”
Sophie
continuò a mantenere lo sguardo puntato a terra, con i
capelli che le coprivano il volto insieme alla sciarpa, l'amica avrebbe
potuto riconoscerla dalla voce?
Si
limitò a sussurrare un “Grazie”
stentato, cercando di alterare il più possibile il suo tono
acuto, ed ebbe l'impressione di non aver destato sospetti in Hanna.
Hans
varcò la soglia e posò Alex sul sedile posteriore
della Mercedes nera con i vetri oscurati che Nick aveva fatto preparare
per riportare a casa lei e il suo piccolino.
Sophie
ringraziò l'uomo mettendogli nella mano una banconota da
cinquanta sterline e si affrettò a raggiungere a sua volta
il veicolo.
Stava
per infilarsi in macchina quando pensò che forse poteva
concedersi una sbirciatina.
Alzò
piano gli occhi e li rivide tutti, fortunatamente girati di schiena,
intenti a guardare verso Hanna che stava ancora parlando.
La
capigliatura di Bill aveva raggiunto un'estensione quasi pericolosa; le
spalle di Georg erano ancora più ampie ed i capelli erano
legati in una coda bassa; Gustav invece, di tre quarti, esibiva uno dei
suoi consueti dolcissimi sorrisi; ed infine c'era lui...Il solito
cappellino che tratteneva i rasta ribelli e la solita felpa extra
large, nonostante il tempo gelido.
Sophie
sorrise ed una lacrima le solcò il volto, andando a morire
sulla neve accanto ai suoi piedi.
Ad
un tratto percepì chiaramente il bisogno di sedersi e di
chiudere la portiera e, proprio mentre si stava abbassando, vide Tom
girarsi verso di lei.
Fu
un attimo, ed i loro occhi non si incorciarono solo per miracolo, ma da
dietro il finestrino oscurato Sophie rivide il ragazzo della chitarra
che le aveva rubato il cuore e che le aveva donato il piccolo
angioletto che continuava imperterrito a dormire accanto a lei.
Chiuse
gli occhi e diede all'autista l'indirizzo di casa sua.
E
mentre si allontanavano il suo cuore traditore perse il solito battito.
Abbracciò
forte il suo bambino e sorrise: ora aveva cose più
importanti a cui pensare, ma quell'attimo in cui aveva potuto rivedere
di nuovo dal vivo il suo chitarrista le sarebbe rimasto marchiato a
fuoco nella memoria, per sempre.
N.d.A.
Una mezza vita che non aggiorno questa raccolta, vero?
In effetti i motivi sono tanti, ma credo che non vi interessino,
perciò, vi dico solo che questa shot natalizia è
decisamente in ritardo, ma spero che vi sia piaciuta, almeno un pochino.
Che dite me lo fate sapere, magari tramite una bella recensione? Grazie
per essere passate di qua!!
Ringrazio God
Father e simmyListing
per le recensioni all'ultimo capitolo (scusate se non rispondo, ma
sappiate che siete sempre nei miei pensieri!).
E grazie anche alla Bru's
girl che mi ha dato una mano con le frasi in tedesco,
visto che io sono lievemente arrugginita.
Per le traduzioni abbiamo nell'ordine:
"Hans, grazie per l'aiuto, questo è mio figlio."
"Hans, loro sono qui!"
"Bene, 5 minuti, per favore."
|