50 Un posticino tranquillo
50 Un posticino tranquillo
Gwennis era calore. Calore nel cuore, sì, ma anche …
Il Nano si rese conto con orrore che il suo corpo stava
reagendo a quel contatto, e gli inviava straordinarie sensazioni
di benessere, oh sì, tienila stretta, ancora più vicina…
Chiuse gli occhi, del tutto incapace di controllare le sue
emozioni; il respiro corto, il cuore che accelerava i battiti ed
il sangue che correva più veloce nelle sue vene, e quel
calore…
Devo staccarmi da lei, e subito, o se ne accorgerà…
Ma le sue braccia non obbedivano, anzi.
Il ruggito che risuonò spaventosamente vicino fece
sussultare violentemente entrambi, ed i due si appiattirono a terra con
una reazione istintiva.
Il Nano rimase qualche secondo fermo, controllando il respiro, ad
occhi chiusi finchè non riuscì a ritrovare il
controllo. L’effetto era stato devastante.
E’ decisamente troppo, troppo tempo che non stai con una Nana, amico, lo sbeffeggiò la voce cinica della sua mente razionale. La prossima volta ti troverai senza testa.
Il Nano respinse il pensiero offensivo, raccolse tutta la sua
dignità e prese Gwennis per la manica, tirandola leggermente.
Quando lei si voltò, indicò con la testa la direzione
dalla quale era venuto.
Per di là.
Lei annuì, allungò il braccio senza far rumore ed afferrò le redini del pony arrotolandosele sulla mano.
“Vai avanti,” sussurrò. “Noi ti seguiamo.”
Fu una gioco a nascondino per un tempo che non riuscirono mai a
determinare, ma che probabilmente non superò la mezz’ora.
Quando ormai la luce stava decisamente calando, il Nano
condusse Gwennis fino ad un torrente, che d’estate doveva essere
poco più di un rigagnolo, ma ora scorreva impetuoso saltando di
masso in masso e sollevando schizzi gelati, fino ad una brusca
deviazione che nascondeva il corso superiore.
Strisciarono su una stretta cengia rocciosa, appena sopra il corso
d’acqua, e con pazienza anche il valoroso pony
riuscì a svoltare l’angolo. Sudata nonostante il freddo,
Gwennis esalò un sospiro di sollievo, notando il sentiero
davanti ai suoi piedi allargarsi in una roccia piatta, ed
alzò lo sguardo oltre la sagoma del Nano che la precedeva. E
rimase senza fiato.
Il sentiero finiva in un’ampia spaccatura della roccia
da cui il torrente defluiva. Davanti a loro, un’erta parete
rocciosa, liscia ed apparentemente invalicabile, delimitava uno spazio
circolare; proprio di fronte, svariati metri sopra la sua testa, il
torrente si slanciava in un’alta ed impetuosa cascata fino alla
pozza che si trovava ai piedi della parete con un salto
spumeggiante. Era uno spettacolo maestoso ed affascinante, ma
erano in trappola. Non vi era traccia di alcun pasaggio.
“Ci… ci nascondiamo qui?” chiese Gwennis.
Il Nano ridacchiò.
“Noto la tua mancanza di entusiasmo, e sono molto deluso.
Pensavo che ti sarebbe piaciuto un simile spettacolo.” La
guardava malizioso, con il suo solito sorrisetto ironico.
Gwennis non voleva apparire maleducata, o deluderlo. Le era
mancato così tanto, era stata così preoccupata, e
l’ultima cosa che voleva era litigare con lui, ma..
“Sì, certo è bellissimo, ma, Mastro
Nano… non c’è un posto un poco più
riparato?”
“Si,” rispose lui strizzando un occhio, “c’è.”
L’aria era piena di minuscoli schizzi, lo spostamento
d’aria causato dall’acqua in movimento toglieva quasi il
respiro, ed il rumore si faceva sempre più forte, mentre i due
con il pony al seguito aggiravano la pozza camminando con
precauzione sui sassi bagnati, fino a raggiungere il lato destro della
cascata. A quel punto il Nano si voltò.
“Alzati il cappuccio, copriti la testa più che
puoi,” disse, rialzando a sua volta la cerata orchesca sopra la
testa; “ e dammi la mano.”
Gwennis afferrò saldamente il Nano con la destra, e si
avvolse meglio sulla sinistra le redini del pony, avvicinandolo a
sé. I suoi occhi spalancati erano un enorme punto interrogativo.
Procedettero lentamente ancora qualche passo. La parete rocciosa
sembrava ripiegarsi su se stessa, per tornare a proseguire nella
direzione originaria, scomparendo sotto il flusso della cascata; il
Nano si insinuò nella piegatura, ampia a sufficienza anche per
il pony, ed agli occhi meravigliati di Gwennis apparve un varco, sul
fondo.
Le pareti erano molto vicine, e l’umidità penetrava
fin nelle ossa; ma dopo qualche metro, il cunicolo finì.
“Oooh!” sussurrò Gwennis, a bocca aperta.
Si trovavano in un’ampia caverna. La luce morente del giorno
penetrava da almeno tre punti: il più vicino, alla loro
sinistra, era un’apertura proprio dietro la cascata, larga almeno
quattro metri ed alta due. Dall’esterno non era minimamente
visibile, perché l’acqua la ricopriva, come una tenda
davanti ad una porta; la luce scintillava e si rifletteva sulle gocce,
creando strani effetti visivi all’interno della caverna.
E, dappertutto, cristalli la rimandavano, scindendola in
raggi di mille colori e sfumature, perfettamente distinguibili anche
con la luminosità ormai bassa del giorno morente.
Gwennis era senza fiato.
Lo spettacolo era fantastico, ancor più perché
inaspettato. Alzò gli occhi, alla ricerca delle altre
fonti di illuminazione, e rimase una volta di più a bocca aperta.
Molti metri sopra di loro, sulla volta, un inghiottitoio lasciava
passare un robusto flusso di acqua, che scendeva saltellando sui
gradini rocciosi fino a terminare, scivolando su un’ampia lastra
di pietra, in un piccolo laghetto, che a sua volta tracimava
rilasciando l’acqua alle spalle della cascata, a confondersi con
essa.
Il Nano aveva seguito il suo sguardo.
“C’è un fiume, lassù. Buona parte
dell’acqua scorre in superficie, e forma la cascata; il resto
finisce qua sotto. E’ bello, vero?”
“Come hai fatto a trovare questo posto? Da fuori non si vede nulla!”
Lui ridacchiò.
“Non sono entrato da lì.”
La prima sensazione fu di non avere un
punto del corpo che non facesse male, come se fosse appena emerso da
una rissa particolarmente accanita. Attorno a lui, non avvertiva alcun
movimento né alcun rumore, tranne lo scorrere dell’acqua.
Un torrente.
L’atmosfera era… strana.
Piano piano, fece l’inventario: un sacco di lividi e di
escoriazioni, probabilmente, ma niente di più serio. Niente
fratture.
Si mosse con cautela ed aprì gli occhi. E tutto fu chiaro.
L’atmosfera era strana
perché si trovava in una grotta. Giaceva su un cumulo di detriti
e residui di terra, foglie e rami secchi, il che spiegava la sua
mancanza di serie ferite; sopra di lui, nel soffitto della grotta, la
luce entrava da una buca mascherata dai rampicanti.
Ecco. Sotto i rami c’era il vuoto, e sono caduto di sotto. Lentamente,
si alzò, mormorando maledizioni ogni volta che scopriva una
nuova contusione, ed esaminò la situazione.
Era stato fortunato, la caduta non era
stata superiore ai tre metri; per un momento si preoccupò che i
Goblin potessero vedere l’apertura, ma presto venne rassicurato
dalla mancanza assoluta di movimento all’esterno.
Risolta quella preoccupazione, il Nano passò ad affrontare il problema successivo: come uscire da quel posto.
Studiò l’apertura sopra
di lui: niente da fare, da quella parte. Troppo lontana dalle pareti
della grotta, che si perdevano in lontananza, e niente da utilizzare
come scala.
Studiò la grotta stessa. Una
ventina di metri più in là, l’acqua entrava da un
inghiottitoio: impossibile risalire da lì verso la superficie.
Anche se le rocce potevano forse essere scalate, sarebbe annegato come
un topo prima di arrivare in cima. Quindi guardò verso il lato
opposto.
Oh, Mahal! L’acqua
scompariva in una voragine! Ora che i suoi occhi si erano abituati
all’oscurità, vide che si trovava su una larga piattaforma
rocciosa, che finiva nel vuoto una decina di metri più in
là.
Era in trappola.
“… ero esattamente lassù,” spiegò
il Nano a Gwennis, puntando il dito sulla sporgenza svariate decine di
metri sopra le loro teste, “e già pensavo che non sarei
più uscito. Invece…”
Non disposto a dichiararsi sconfitto,
non ancora, il Nano si avvicinò al bordo della piattaforma. Si
distese e si sporse leggermente, per vedere cosa ci fosse al di
là.
Il cuore gli sprofondò. Sotto
di lui la parete addirittura spariva, curvando verso l’interno.
Il fondo si vedeva a malapena. Senza una corda, che non aveva, non vi
era alcuna speranza di scendere da lì; ed anche se fosse
riuscito a scendere, cosa avrebbe ottenuto?
Scivolò a ritroso
allontanandosi dal bordo; si alzò e si diresse pigramente verso
il torrente, pensando che, quanto meno, sarebbe morto di fame e non di
sete. Molto consolante, pensò.
Arrivato al bordo del ruscello, si chinò, raccolse l’acqua
nelle mani a coppa e bevve a sazietà. Era fresca e pulita, ed
insolitamente corroborante.
Sentendosi un po’ rinvigorito,
lasciò spaziare lo sguardo oltre il corso d’acqua,
sull’altra riva, dove la grotta terminava in una parete.
“… è stato allora che ho visto: il torrente
scorre su una specie di scala naturale, vedi? Così sono sceso di
là per dare un’occhiata. Stavo già pensando di
buttarmi dalla cascata, per vedere dove sarei finito, quando ho visto
l’uscita.”
Prese la mano di Gwennis, ancora incantata ad ammirare le
cristallizzazioni con tutti i loro colori, e la condusse a destra, in
una zona avvolta nelle ombre.
“Guarda qui. Questo non è naturale.”
‘Questo’
sembrava una vasta nicchia, alta e larga un paio di metri, dai
bordi stranamente regolari; il Nano fece alcuni passi all’interno
e trovò la via sbarrata da una serie di massi.
“E’ un passaggio… o meglio lo era. Ad un certo
punto è crollata la volta, ma deve essere accaduto decenni fa,
se non secoli. Questa parete non è recente… e ti
dirò di più. Secondo me questa è opera dei
Nani. Quando mai gli Orchi o i Goblin fanno lavori da muratore o
scalpellino?”
“Nani!” Gwennis spalancò gli occhi. “Ma quanto è antico questo posto?”
“La domanda giusta è ‘dove portava questo passaggio?’
Non credo che lo sapremo mai. Ci vorrebbero molto tempo e molte braccia
per eliminare questa frana; ma in ogni caso possiamo sfruttare questo
posto, giusto? Riposare al sicuro…”
“Oh sì…” la voce di Gwennis si era fatta
sognante. “Legna per un fuoco, acqua… Mahal ha ascoltato
le mie preghiere!”
Un sorriso luminoso sfolgorò sul viso sporco.
“Posso fare un bagno! Meglio ancora… tu puoi fare un bagno!”
Il Nano la guardò un po’ sconcertato. Avrebbe dovuto sentirsi offeso?
ANGOLO AUTRICE
Ho sempre pensato che i libri che parlano di viaggi fantastici e di
ricerca siano sempre poco esaustivi riguardo questioni come
l’igiene personale. In tutto il viaggio verso Erebor, i Nani
sembrano essersi fatto un unico bagno… nelle fontane di Gran
Burrone. Ma mi chiedo: quanto dovevano puzzare?
Al bando le divagazioni. Se date un’occhiata, scoprirete che ho
modificato l’ordine dei capitoli, perché mi sembravano un
po’ confusi. Così la storia è molto più
lineare, e non saltella da una parte e dall’altra. La prossima
volta riparliamo di Kili e dei suoi problemi.
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