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Autore: idrilcelebrindal    18/12/2015    2 recensioni
La Battaglia dei Cinque Eserciti è terminata, ed è stata una strage; ed anche se nessuno dei Durin ha trovato la morte sul campo, i Nani sono privi di guida. Thorin, menomato dalle ferite, in preda a spaventosi rimorsi e sensi di colpa, straziato dall'ansia per la sorte dei suoi ragazzi, medita di rinunciare al Trono per cui ha tanto combattuto.
Kili, privato di suo fratello disperso in battaglia, profondamente deluso dallo zio, si aggrappa disperatamente alla vita; in questa lotta, ha come solo conforto la presenza della sua dolce Liatris, e la convinzione che Fili non è morto, e prima o poi tornerà.
E intanto, molto più ad ovest, gli Orchi in fuga trascinano con loro alcuni prigionieri: uno, con un'astuta messinscena, prepara una rocambolesca fuga, senza sapere quali ostacoli incontrerà e se l'impresa non gli costerà la vita; un altro, alla disperata ricerca del suo passato, scoprirà che l'amicizia può fiorire anche in luoghi e momenti del tutto inaspettati. Non sa che questa amicizia lo trascinerà su una via oscura e piena di pericoli, ma anche di sorprese, ed alla fine potrebbe anche ritrovare se stesso ed il suo destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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50 Un posticino tranquillo
50 Un posticino tranquillo

Gwennis era calore. Calore nel cuore, sì, ma anche …
Il Nano si rese conto con orrore che il suo corpo  stava reagendo  a quel contatto, e gli inviava straordinarie sensazioni di benessere,  oh sì, tienila stretta, ancora più vicina…

Chiuse gli occhi, del tutto incapace di controllare le sue emozioni; il respiro corto, il cuore che accelerava i battiti  ed il sangue che correva più veloce nelle sue vene, e quel calore…
Devo staccarmi da lei, e subito, o se ne accorgerà…
Ma le sue braccia non obbedivano, anzi.

Il ruggito che risuonò spaventosamente vicino fece sussultare violentemente entrambi, ed i due si appiattirono a terra con una reazione istintiva.

Il Nano rimase qualche secondo fermo, controllando il respiro, ad occhi chiusi finchè non riuscì a ritrovare  il controllo. L’effetto era stato devastante.
E’ decisamente troppo, troppo tempo che non stai con una Nana, amico,  lo sbeffeggiò la voce cinica della sua mente razionale. La prossima volta ti troverai senza testa.
Il Nano respinse il pensiero offensivo, raccolse tutta la sua dignità e prese Gwennis per la manica, tirandola leggermente. Quando lei si voltò, indicò con la testa la direzione dalla quale era venuto.
Per di là.
Lei annuì, allungò il braccio senza far rumore ed afferrò le redini del pony arrotolandosele sulla mano.
“Vai avanti,” sussurrò. “Noi ti seguiamo.”

Fu una gioco a nascondino per un tempo che non riuscirono mai a determinare, ma che probabilmente non superò la mezz’ora.
Quando  ormai la luce stava decisamente calando, il Nano condusse Gwennis fino ad un torrente, che d’estate doveva essere poco più di un rigagnolo, ma ora scorreva impetuoso saltando di masso in masso e sollevando schizzi gelati, fino ad una brusca deviazione che nascondeva il corso superiore.
Strisciarono su una stretta cengia rocciosa, appena sopra il corso d’acqua, e con pazienza anche il valoroso pony  riuscì a svoltare l’angolo. Sudata nonostante il freddo, Gwennis esalò un sospiro di sollievo, notando il sentiero davanti ai suoi piedi  allargarsi in una roccia piatta, ed alzò lo sguardo oltre la sagoma del Nano che la precedeva. E rimase senza fiato.

Il sentiero finiva in  un’ampia spaccatura della roccia da cui il torrente defluiva. Davanti a loro, un’erta parete rocciosa, liscia ed apparentemente invalicabile, delimitava uno spazio circolare; proprio di fronte, svariati metri sopra la sua testa, il torrente si slanciava in un’alta ed impetuosa cascata fino alla pozza che si trovava ai piedi della parete con un salto spumeggiante.  Era uno spettacolo maestoso ed affascinante, ma erano in trappola. Non vi era traccia di alcun pasaggio.

“Ci… ci nascondiamo qui?” chiese Gwennis.
Il Nano ridacchiò.
“Noto la tua mancanza di entusiasmo, e sono molto deluso. Pensavo che ti sarebbe piaciuto un simile spettacolo.” La guardava malizioso, con il  suo solito sorrisetto  ironico.
Gwennis non voleva apparire maleducata, o deluderlo. Le era mancato così tanto, era stata così preoccupata, e l’ultima cosa che voleva era litigare con lui, ma..
“Sì, certo è bellissimo, ma, Mastro Nano… non c’è un posto un poco più riparato?”
“Si,” rispose lui strizzando un occhio, “c’è.”

L’aria era piena di minuscoli schizzi, lo spostamento d’aria causato dall’acqua in movimento toglieva quasi il respiro, ed il rumore si faceva sempre più forte, mentre i due con il pony al seguito  aggiravano la pozza camminando con precauzione sui sassi bagnati, fino a raggiungere il lato destro della cascata. A quel punto il Nano si voltò.
“Alzati il cappuccio, copriti la testa più che puoi,” disse, rialzando a sua volta la cerata orchesca sopra la testa; “ e dammi la mano.”

Gwennis afferrò saldamente il Nano con la destra, e si avvolse meglio sulla  sinistra le redini del pony, avvicinandolo a sé. I suoi occhi spalancati erano un enorme punto interrogativo.
Procedettero lentamente ancora qualche passo. La parete rocciosa sembrava ripiegarsi su se stessa, per tornare a proseguire nella direzione originaria, scomparendo sotto il flusso della cascata; il Nano si insinuò nella piegatura, ampia a sufficienza anche per il pony, ed agli occhi meravigliati di Gwennis apparve un varco, sul fondo.
Le pareti erano molto vicine, e l’umidità penetrava fin nelle ossa; ma dopo qualche metro, il cunicolo finì.
“Oooh!” sussurrò Gwennis, a bocca aperta.

Si trovavano in un’ampia caverna. La luce morente del giorno penetrava da almeno tre punti: il più vicino, alla loro sinistra, era un’apertura proprio dietro la cascata, larga almeno quattro metri ed alta due. Dall’esterno non era minimamente visibile, perché l’acqua la ricopriva, come una tenda davanti ad una porta; la luce scintillava e si rifletteva sulle gocce, creando strani effetti visivi all’interno della caverna.
E, dappertutto, cristalli  la rimandavano, scindendola in raggi di mille colori e sfumature, perfettamente distinguibili anche con la luminosità ormai bassa del giorno morente.
Gwennis  era senza fiato.
Lo spettacolo era fantastico, ancor più perché inaspettato. Alzò gli occhi,  alla ricerca delle altre fonti di illuminazione, e rimase una volta di più a bocca aperta.
Molti metri sopra di loro, sulla volta, un inghiottitoio lasciava passare un robusto flusso di acqua, che scendeva saltellando sui gradini rocciosi fino a terminare, scivolando su un’ampia lastra di pietra, in un piccolo laghetto, che a sua volta tracimava rilasciando l’acqua alle spalle della cascata, a confondersi con essa.
Il Nano aveva seguito il suo sguardo.
“C’è un fiume, lassù.  Buona parte dell’acqua scorre in superficie, e forma la cascata; il resto finisce qua sotto. E’ bello, vero?”
“Come hai fatto a trovare questo posto? Da fuori  non si vede nulla!”
Lui ridacchiò.
“Non sono entrato da lì.”

La prima sensazione fu di non avere un punto del corpo che non facesse male, come se fosse appena emerso da una rissa particolarmente accanita. Attorno a lui, non avvertiva alcun movimento né alcun rumore, tranne lo scorrere dell’acqua. Un torrente.
L’atmosfera era… strana. Piano piano, fece l’inventario: un sacco di lividi e di escoriazioni, probabilmente, ma niente di più serio. Niente fratture.
Si mosse con cautela ed aprì gli occhi. E tutto fu chiaro.
L’atmosfera era strana perché si trovava in una grotta. Giaceva su un cumulo di detriti e residui di terra, foglie e rami secchi, il che spiegava la sua  mancanza di serie ferite; sopra di lui, nel soffitto della grotta, la luce entrava da una buca mascherata dai rampicanti.
Ecco. Sotto i rami c’era il vuoto, e sono caduto di sotto. Lentamente, si alzò, mormorando maledizioni ogni volta che scopriva una nuova contusione, ed esaminò la situazione.
Era stato fortunato, la caduta non era stata superiore ai tre metri; per un momento si preoccupò che i Goblin potessero vedere l’apertura, ma presto venne rassicurato dalla mancanza assoluta di movimento all’esterno.
Risolta quella preoccupazione, il Nano passò ad affrontare il problema successivo: come uscire da quel posto.
Studiò l’apertura sopra di lui: niente da fare, da quella parte. Troppo lontana dalle pareti della grotta, che si perdevano in lontananza, e niente da utilizzare come scala.
Studiò la grotta stessa. Una ventina di metri più in là, l’acqua entrava da un inghiottitoio: impossibile risalire da lì verso la superficie. Anche se le rocce potevano forse essere scalate, sarebbe annegato come un topo prima di arrivare in cima. Quindi guardò verso il lato opposto.
Oh, Mahal! L’acqua scompariva in una voragine! Ora che i suoi occhi si erano abituati all’oscurità, vide che si trovava su una larga piattaforma rocciosa, che finiva nel vuoto una decina di metri più in là.
Era in trappola.

“… ero esattamente lassù,” spiegò il Nano a Gwennis, puntando il dito sulla sporgenza svariate decine di metri sopra le loro teste, “e già pensavo che non sarei più uscito. Invece…”

Non disposto a dichiararsi sconfitto, non ancora, il Nano si avvicinò al bordo della piattaforma. Si distese e si sporse leggermente, per vedere cosa ci fosse al di là.
Il cuore gli sprofondò. Sotto di lui la parete addirittura spariva, curvando verso l’interno. Il fondo si vedeva a malapena. Senza una corda, che non aveva, non vi era alcuna speranza di scendere da lì; ed anche se fosse riuscito a scendere, cosa avrebbe ottenuto?
Scivolò a ritroso allontanandosi dal bordo; si alzò e si diresse pigramente verso il torrente, pensando che, quanto meno, sarebbe morto di fame e non di sete. Molto consolante, pensò. Arrivato al bordo del ruscello, si chinò, raccolse l’acqua nelle mani a coppa e bevve a sazietà. Era fresca e pulita, ed insolitamente corroborante.
Sentendosi un po’ rinvigorito, lasciò spaziare lo sguardo oltre il corso d’acqua, sull’altra riva, dove la grotta terminava in una parete.

“… è stato allora che ho visto: il torrente scorre su una specie di scala naturale, vedi? Così sono sceso di là per dare un’occhiata. Stavo già pensando di buttarmi dalla cascata, per vedere dove sarei finito, quando ho visto l’uscita.”
Prese la mano di Gwennis, ancora incantata ad ammirare le cristallizzazioni con tutti i loro colori, e la condusse a destra, in una zona avvolta nelle ombre.
“Guarda qui. Questo non è naturale.”
Questo’ sembrava una vasta nicchia, alta e larga un paio di  metri, dai bordi stranamente regolari; il Nano fece alcuni passi all’interno e trovò la via sbarrata da una serie di massi.
“E’ un passaggio… o meglio lo era. Ad un certo punto è crollata la volta, ma deve essere accaduto decenni fa, se non secoli. Questa parete non è recente… e ti dirò di più. Secondo me questa  è opera dei Nani. Quando mai gli Orchi o i Goblin fanno lavori da muratore o scalpellino?”
“Nani!” Gwennis spalancò gli occhi. “Ma quanto è antico questo posto?”
“La domanda giusta è ‘dove portava questo passaggio?’ Non credo che lo sapremo mai. Ci vorrebbero molto tempo e molte braccia per eliminare questa frana; ma in ogni caso possiamo sfruttare questo posto, giusto? Riposare al sicuro…”
“Oh sì…” la voce di Gwennis si era fatta sognante. “Legna per un fuoco, acqua… Mahal ha ascoltato le mie preghiere!”
Un sorriso luminoso sfolgorò sul viso sporco.
“Posso fare un bagno! Meglio ancora… tu puoi fare un bagno!”
Il Nano la guardò un po’ sconcertato. Avrebbe dovuto sentirsi offeso?


ANGOLO AUTRICE
Ho sempre pensato che i libri che parlano di viaggi fantastici e di ricerca siano sempre poco esaustivi riguardo questioni come l’igiene personale. In tutto il viaggio verso Erebor, i Nani sembrano essersi fatto un unico bagno… nelle fontane di Gran Burrone. Ma mi chiedo: quanto dovevano puzzare?

Al bando le divagazioni. Se date un’occhiata, scoprirete che ho modificato l’ordine dei capitoli, perché mi sembravano un po’ confusi. Così la storia è molto più lineare, e non saltella da una parte e dall’altra. La prossima volta riparliamo di Kili e dei suoi problemi.
  
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