Capitolo
13:Cambiamenti di rotta.
Niente.
Per
quanto avesse atteso quel momento non sentiva niente.
Né
un brivido, né una scossa.
Niente.
Le
farfalle avevano appena solleticato le pareti dello stomaco e poi
erano morte soffocate dai succhi gastrici.
Aveva
atteso quel bacio. Aveva vissuto in funzione di quel momento e adesso
che stava succedendo quel senso di apatia la stava facendo quasi
imbestialire.
Forse
era per quello che stava passando. Forse era tutto il dolore che
aveva provato nelle ultime ventiquattro ore, tutti i tumulti che
aveva dovuto affrontare che la facevano stare ferma immobile sulla
porta che dal purgatorio l'avrebbe portata al paradiso. Ferma senza
la volontà di fare un solo passo avanti.
Lo
baciò per quella che sembrò un'eternità, pur
sapendo che erano pochi secondi, stretta in quella lotta silenziosa
tra la sua e la lingua di Gerard.
Si
stava chiedendo a cosa avrebbe portato quel bacio quando le mani di
lui si poggiarono sui suoi fianchi e la scostarono.
Gli
occhi di Gerard la guardarono stupiti.
In
quel momento Edith capì di aver sbagliato.
Lo
vedeva dallo sguardo stupito e -possibile che lo stesse solo
immaginando?- risentito di Gerard. Che le aveva detto la testa?
Perché lo aveva baciato?
“Edith!
Che ti prende?”
Edith
guardò qualche secondo negli occhi l'amico e poi, chinando la
testa riuscì solo a mormorare:
“Scusami.
Non volevo!”
Gerard
annuì e rimase a fissarla per qualche secondo. Edith non seppe
mai se lo avesse fatto con rimprovero o con comprensione perché
rimase per quell'interminabile frazione di tempo con la testa china,
troppo interessata a guardare la punta delle sue scarpe per puntare
gli occhi su quelli dell'amico.
“Posso
rimanere senza rischiare di essere violentato?”
Edith
sollevò lo sguardo. C'era una nota divertita nella voce di
Gerard. Non era arrabbiato. E questo bastò per far tornare un
po' di buon umore alla giovane giornalista che abbracciando Gerard
disse:
“Non
so come scusarmi!”
Gerard
la strinse forte e disse:
“So
quello che è successo. E so come ci si sente. Quando le cose
non vanno come dovrebbero avere una reazione come la tua è il
minimo, credimi!”
Edith
annuì e indicando la casa disse:
“Se
vuoi sederti? Posso offrirti qualche cosa da bere?”
Gerard
si mise a sedere sul divano e guardandosi intorno disse:
“Dimmi
che hai dello scotch e giuro che stavolta sarò io a baciarti!”
Edith
rise e si rese conto che se lo avesse detto prima che avesse
l'avventata idea di baciare Gerard, molto probabilmente si sarebbe
sentita svenire per l'eccitazione.
“Ho
dello scotch...” e indicando la cucina chiese: “Con
ghiaccio o senza?”
Gerard
parve pensarci qualche secondo e rispose:
“Con
ghiaccio, grazie!”
Edith
si allontanò un attimo in cucina. Le serviva mettere qualche
metro tra lei e Gerard. Anche se lui aveva riso di quello che era
successo sapeva che quella sera stessa o, al più tardi, il
mattino dopo avrebbero dovuto parlarne.
Sistemò
i capelli con una mano e attivò il display mettendo un piccolo
contenitore sotto il dispenser ad incastro del frigo ultra moderno.
Il rumore del ghiaccio che sbatteva contro la plastica le fece
pensare che quello che stava succedendo era davvero strano.
Si
può desiderare così tanto una cosa e poi rendersi conto
di non volerla affatto?
A
te non piace. Tu non lo vuoi. Stai solo copiando l'immagine di
Orlando su di lui perché non vuoi ammettere con nessuno che
sei ancora innamorata di lui!
Le
parole di Rachel risuonarono come un monito nella testa di Edith.
L'amica glielo aveva detto chiaramente il giorno dopo che Mark era
nato: lei non amava Gerard, amava il fatto che tutto era cominciato
in maniera analoga alla sua storia con Orlando. Amava quello che le
faceva provare Gerard mettendola in discussione, proprio come faceva
Orlando all'inizio, quando le sputava in faccia quello che pensava di
lei, del suo essere terribilmente antipatica, del suo essere
terribilmente saccente.
-Tu
non ami Gerard. Tu ami Orlando.-
La
vocina dentro di lei tornò cattiva e sferzante, mentre cercava
una pinza per prendere il ghiaccio dentro un cassetto nella grande e
attrezzata cucina ultramoderna.
Che
non amasse Gerard lo aveva appurato qualche secondo prima con quella
che molto probabilmente era la peggior figura di tutta la sua vita.
Ma
Orlando? Che cos'era Orlando per lei?
Scosse
la testa e prendendo il secchiello tra le mani mise a tacere la
vocina dentro di lei prima che rispondesse a quelle domande senza che
nessuno glielo avesse chiesto, pensando che di lì a poco
avrebbe dovuto affrontare argomenti ancora più spinosi.
Tipo
sapere cosa avrebbe detto Gerard una volta che avrebbe cominciato a
sorseggiare il suo scotch.
Quando
uscì nel soggiorno Gerard era piegato in avanti e per quello
che Edith poteva vedere era profondamente concentrato a guardare la
punta delle sue dita.
La
giornalista sapeva che avrebbe dovuto affrontare quello che era
successo. Che non avrebbe potuto far cadere il tutto con un nulla di
fatto. Preferì decidere lei come e quando parlarne. E lo fece
porgendo lo scotch a Gerard che ricambiando con uno sguardo
interrogativo a quello determinato di Edith domandò:
“Per
caso è successo qualche cosa?”
Edith
sospirò e mettendosi a sedere vicino a lui sollevò un
sopracciglio quasi per dire: fai tu!
Gerard
sospirò e ridendo, scuotendo la testa replicò:
“No.
Non starai ancora pensando a quel bacio, spero?”
Edith
sbarrò gli occhi stupita da quell'affermazione e rispose:
“Certo
che ci sto pensando!” e abbassando la voce aggiunse:
“Mi
sento una stupida. Non dovevo baciarti. E non voglio perdere la tua
amicizia per quello che ho fatto. È che questo è un
momentaccio per me. Mia mamma sta peggiorando e poi quel dannatissimo
articolo...”
“Ho
visto qualche cosa quando ero in stazione!” disse Gerard serio.
Edith
annuì e rispose:
“Sono
a terra e quando ti ho visto mi è venuto spontaneo baciarti.
Non lo so nemmeno io. L'ho fatto rispondendo ad un impulso. E ho
sbagliato... Perché non ho sentito niente e solo adesso mi
rendo conto di quanto io possa essere stata ridicola...”
Gerard
poggiò il bicchiere e strinse Edith, con un sospiro sollevato.
“Tu
non sai quanto mi rende felice sapere che per te questo bacio non ha
significato nulla. Se fosse stato il contrario, giuro, avrei avuto
qualche problema!”
Edith
sospirò a sua volta. Sapere che Gerard non era arrabbiato con
lei la faceva sentire più sollevata. Sapeva di aver sbagliato
da quando aveva poggiato le labbra su quelle dell'amico e che aveva
messo a repentaglio molto più di quello che pensava con un
gesto così comune.
Gerard
la guardò fisso negli occhi e le domandò:
“A
che stai pensando?”
Edith
lo guardò e disse:
“Mi
vergogno talmente tanto!”
Gerard
sorrise malizioso e disse:
“Non
dovresti! Non baci poi così male!”
Edith
ci mise qualche secondo per registrare la risposta; poi sbarrò
gli occhi e prendendo un cuscino, cominciò a tirarlo contro il
suo amico che cercando di ripararsi come meglio poteva, disse, tra
una cuscinata e l'altra:
“Guarda
che era un complimento! Ahi! Piantala Norton! Peso quasi un quintale
e sono alto il doppio di te... Piantala Ahi!!”
Orlando
prese la valigia -tirando mentalmente un sospiro di sollievo- e
lasciò la sala del ritiro bagagli per tuffarsi in mezzo alla
ressa.
Non
lo riconobbero in molti, solo qualcuno lo chiamò e lo salutò
con la mano e una ragazzina con aria impaurita gli chiese di fare una
foto assieme.
Stava
per uscire dall'aeroporto quando il cellulare squillò:
“Va
bene che sei una superstar, ma non mi sembra il caso che non ti renda
conto che tua sorella è venuta all'aeroporto a prenderti!”
Orlando
sbarrò gli occhi e si voltò. Vide sua sorella
sorridergli. I lunghi capelli neri avevano qualche piccola striatura
di bianco ma era sempre la sua bella sorella maggiore.
“Sam!”
disse Orlando correndo verso la sorella e abbracciandola forte.
Samantha
l'abbracciò a sua volta sorridendo dolcemente.
“Dov'è
quella peste di Flynn?”
“Miranda
me lo porta la prossima settimana. Non vedo l'ora di vederlo!”
rispose Orlando cingendole le spalle con un braccio.
“Ed
Ella e David? Quando ce li porti a casa, a Canterbury?”
Orlando
sospirò e rispose:
“Penso
che per i giorni che starò qua saremo anche stufi di vederli!”
“Perché?”
domandò confusa Samantha.
“Non
ti ho detto perché sono tornato a Londra perché
riguarda una cosa molto privata della vita di Edith!” replicò
Orlando serio.
“Per
caso è successo qualche cosa di grave?” chiese ancora
Samantha, ormai preoccupata.
Orlando
annuì e abbassando la voce disse:
“Ricordi
Eloise Norton, la madre di Edith?”
Samantha
annuì e Orlando continuò:
“Sta
molto male!”
“Che
le è successo?” disse Samantha guardandolo preoccupata.
“Ha
il cancro. E sta molto male. A quanto pare le rimane molto poco da
vivere!”
Samantha
portò una mano alla bocca. Quel gesto bastò ad Orlando
per fargli sentire ancora di più il peso di quella situazione.
Da quando aveva saputo come stavano le cose non c'era stato un solo
momento in cui non si era sentito in colpa: dover stare a New York
per il primo vero lavoro dopo mesi gli costava molto di più di
quello che aveva pensato, specialmente ora che sapeva quanto Edith
avesse bisogno di lui a casa.
Anche
se non tutti la pensavano così.
Leveaux
era stato comprensivo e aveva accettato subito che Orlando partisse
per l'Inghilterra anche perché in quel momento stavano solo
provando e non ci sarebbero stati chissà quale danni.
Ricordava,
invece, come aveva reagito Robin quando gli aveva detto che avrebbe
dovuto lasciare per un po' le prove. Aveva gridato come una pazza,
chiedendogli cosa gli stesse passando per la testa in quel momento.
Provò
disgusto per Robin, con la quale i rapporti si stavano talmente
lacerando in quel periodo che ancora si chiedeva quando avrebbe
deciso una volta per tutte di mettere fine al loro rapporto
lavorativo.
Samantha
parve leggere nei suoi pensieri e gli domandò:
“L'hai
sentita?”
“No!”
rispose onesto. “Ho fatto tutto in fretta e adesso penso che
andrò al Guardian per vedere se è lì!”
Samantha
lo guardo perplessa. Mentre camminavano avevano raggiunto il posto
doveva aveva parcheggiato la sua macchina. Aprì il bagagliaio
e aiutando il fratello a sistemare la valigia disse, prima di entrare
nel lato destro, al posto di guida:
“Lo
sai che quando hai fatto delle sorprese ad Edith non è mai
finita bene, vero?”
Orlando
non poté non pensare che la sorella avesse ragione.
Ogni
volta che aveva provato a fare qualche sorpresa ad Edith era finita
sempre male. L'esempio più eclatante non era forse quando
avevano fatto il viaggio ai Caraibi e Violet aveva detto di aspettare
un figlio da lui. Era finita che avevano mandato a monte il loro
matrimonio e dopo poco si erano lasciati.
“Appena
arriviamo a casa la chiamo!” disse Orlando salendo in macchina.
Samantha
si mise al posto di guida e allacciando la cintura, mettendo le
chiavi nel quadro, disse:
“Dovevi
chiamare prima di partire da New York, OB, ma non sei mai stato
ferrato in materia...”
Orlando
fece finta di non aver sentito.
In
quel momento non aveva voglia di beccarsi con sua sorella. Sentiva,
invece, uno strano fastidio alla bocca dello stomaco e stava
cominciando a pensare che sua sorella non avesse sbagliato a fargli
notare questo piccolo dettaglio.
Edith
aveva lasciato Gerard davanti ad un hotel super lusso vicino casa
sua.
Si
erano messi d'accordo che quella sera si sarebbero visti avrebbero
cenato con i bambini a casa di Edith. Da quando lo aveva conosciuto,
Edith aveva davvero desiderato presentarlo ad Ella e David.
Specialmente ora che sapeva che lui sarebbe stato una presenza fissa,
lontana da ogni altro coinvolgimento come invece era stato per Jude.
E se proprio doveva essere sincera, Edith sapeva che Ella più
di David aveva sofferto per la loro separazione.
Stava
sistemando delle carte e delle bozze da correggere, quando il
telefono prese a squillare.
Prendendo
la cornetta, con il suo solito tono pratico, disse:
“Che
succede di tanto importante per rompermi le scatole mentre sto
lavorando al numero di domani?”
Laura
sghignazzò dall'altra parte e rispose:
“Non
ti avrei disturbata se non mi avesse chiamato il tuo avvocato!”
Edith
aggrottò la fronte e domandò:
“Come
scusa?”
“Il
tuo avvocato, Norton!” rispose Laura divertita.
Edith
rimase qualche secondo in silenzio. Poi tornando al suo tono deciso,
disse:
“Passamelo.
Non ho tempo da perdere!”
Laura
non disse nulla e lasciò che Edith se la sbrigasse con il suo
avvocato.
Ed
Edith, nei pochi secondi di attesa in cui la chiamata venisse
agganciata alla sua linea, si chiese mentalmente il motivo per cui
il suo avvocato la stesse chiamando.
Non
ebbe il tempo di cercare la risposta che dall'altro capo qualcuno
rispose:
“Pronto,
signora Norton! Sono Jason Donald. La stavo chiamando perché
tra un paio di giorni ci sarà la sua sentenza di divorzio e
noi non abbiamo ancora deciso la nostra linea difensiva. E visto la
fine burrascosa del suo matrimonio non vorrei che ci trovassero
impreparati!”
In
un attimo Edith ebbe chiaro il motivo per cui il suo avvocato aveva
deciso di chiamare. E una strana morsa allo stomaco la fece sentire a
disagio.
Doveva
andare in tribunale e rivedere suo marito. O meglio, quello che si
apprestava a diventare tale.
“Penso
che non ci sia bisogno di nessuna tattica giudiziaria. Jude non mi
farebbe mai una cosa simile... Lo conosco!” replicò
Edith seccata.
“Mi
permetta di dissentire, Miss Norton. Tutti conoscono la sua storia e
io conosco l'avvocato di suo marito e so che potrebbe usare questa
storia contro di lei per guadagnarci qualche cosa!”
Edith
si morse il labbro. Non aveva mai pensato che Jude potesse usare il
loro passato per farle del male. Aveva sempre creduto ciecamente nel
fatto che lui l'amasse troppo per poter anche solo pensare di farle
del male. Ma per come la stava mettendo il suo avvocato il quadro era
davvero molto chiaro. Jude era un uomo che era stato ferito. E lo
aveva ferito lei.
E
quando qualcuno è ferito tramuta il suo amore in odio.
Nonostante
questo Edith non voleva a priori darla vinta al suo avvocato e
rispose:
“Penso
che potremo usare il fatto che sia stato lui a lasciarmi e non io, ma
solo nel caso in cui usi i nostri trascorsi per, come dice lei,
guadagnarci qualche soldo!”
L'avvocato
dall'altro capo rimase zitto. Edith sapeva che non era contento del
fatto che Edith non stesse correndo ai ripari, ma non poté far
altro che prendere atto di quello che la sua cliente le aveva detto e
con voce impostata e con un tono untuoso rispose:
“Va
bene signora Law!” e il modo in cui disse il suo cognome da
sposata fece sollevare gli occhi al cielo alla giornalista che non lo
interruppe mentre senza lasciare il suo tono l'avvocato aggiunse,
concludendo: “Ci vediamo il venti in aula, allora!” e
salutando chiuse la comunicazione.
Edith
si lasciò andare nella poltrona. Era stanca. Quel periodo la
stava logorando lentamente. Rifare l'elenco di quello che le stava
succedendo le poteva solo fare del male e per di più, ogni
volta che lo faceva, sembrava quasi che il destino, il fato, il karma
o chi per lui aggiungesse qualche cosa alla lunga lista delle cose
che andavano male.
Guardò
fuori dalla finestra. Sospirò pensando che qualche anno prima
dentro quello stesso ufficio, quando ancora alla poltrona che lei
occupava insieme a tutti i suoi problemi, c'era Tom, era svenuta
davanti all'ineluttabile verità: non avrebbe potuto più
lavorare in Inghilterra finché Brian non avrebbe deciso il
contrario.
A
quel tempo, quando nessuna redazione avrebbe aperto nemmeno la porta
di uno stanzino per lei, le cose non erano così difficili.
Tutto si stava sgretolando, in quel momento. E tutto sembrava
impossibile, anche mettere due uova a friggere nello stesso tegamino.
Si
allungò verso il ricevitore e prendendolo attese che Laura
rispondesse:
“Laura.
Io sto uscendo un attimo. Se qualcuno ti chiede di me, almeno che non
stia scoppiando la Terza Guerra Mondiale, dì che sono occupata
nella correzione delle bozze per il prossimo numero!”
Laura
non rispose e lasciò che Edith chiudesse la comunicazione
senza aggiungere altro.
Edith
si alzò dalla sedia e sistemando la giacca del suo completo
uscì dall'ufficio con un plico di fianco. Stava davvero
correggendo le bozze ma aveva bisogno di farlo fuori da
quell'ufficio. Aveva bisogno che ci fosse qualche cosa più
alto della volta bianca del suo ufficio. Aveva bisogno del cielo,
quel giorno di un bel celeste, e dell'aria fresca che tirava leggera.
Aveva bisogno di sentirsi libera e di lasciare un po' della sua
zavorra sopra quella sedia.
Orlando
prese il cellulare e compose il numero di Edith.
Ricordava
che quando lavorava a Vanity, Edith all'ora di pranzo lasciava
l'ufficio e si concedeva un po' di tranquillità e pranzava da
sola in qualche parco o in qualche coffee shop.
Sperando
che avesse tenuto queste abitudini, attese che il telefono squillasse
e che Edith gli rispondesse.
Alla
fine aveva ceduto. Aveva seguito il consiglio di sua sorella e aveva
optato per chiamare Edith prima di andare a casa sua. Di una cosa era
certo: se qualche cosa doveva andare male ci sarebbe stata una
cornetta di mezzo.
Attese
qualche secondo e il telefono cominciò a squillare: una volta,
due volte, tre volte...
Fino
a che il fischio che annunciava la fine della chiamata non mise fine
all'attesa, Orlando non chiuse la comunicazione, lasciò che
fosse il telefono a farlo automaticamente.
Poi
guardò il suo Iphone con sguardo triste.
Tutto
immaginava meno che Edith non rispondesse. Era troppo abituato a
sentire la sua voce dall'altro capo ogni volta che la chiamava che il
solo fatto che non lo avesse fatto, lo faceva entrare in paranoia.
Era
successo qualche cosa?
Che
quelle foto l'avessero talmente sconvolta da non volergli nemmeno
rispondere?
Guardò
in silenzio il cellulare dove ancora si vedeva la finestra con su
scritto il nome e il numero di Edith. Voleva richiamare ma qualche
cosa lo bloccava. Non sapeva nemmeno lui che cosa. Ma sentiva che se
lo avesse fatto la situazione non sarebbe cambiata e lui sarebbe
stato ancora con il patema. Sospirò e rimise il cellulare in
tasca. Si guardò intorno e cercò di pensare a che cosa
potesse fare. E vedendo la macchina nel vialetto agì
d'impulso, come solo lui sapeva fare.
Salì
sul veicolo e prima che Samantha potesse uscire fuori di casa e
cercare di fermarlo, Orlando era già partito alla volta di
Londra.
Anche
se aveva paura e avrebbe davvero preferito affrontare la madre dei
suoi figli prima per telefono, visto che piega stavano prendendo le
cose, l'avrebbe raggiunta. E avrebbe cercato di sbrogliare quella
situazione in cui si era trovato.
Edith
dalla cucina stava preparando la cena, canticchiando una canzoncina
per bambini, divertita come non era più da tanto tempo.
Gerard, contro ogni aspettativa aveva deciso di farle una sorpresa e
si era presentato alla redazione del Guardian e l'aveva portata via,
dicendo che aveva anche lavorato abbastanza e che doveva
assolutamente riposare un po' con i suoi due figli.
Edith
aveva accettato che l'amico si mettesse alla guida della sua
macchina, che facesse amicizia con i suoi figli e che una volta
arrivati a casa mettesse a soqquadro il soggiorno di casa sua
giocando con Ella e David.
“Gerry!
Gerry!” gridò David che non riuscendo a dire bene Gerard
aveva deciso di chiamare l'attore con quel nomignolo.
Edith
sorrise sentendo Gerard fare un verso sfinito. Sapeva quanto energici
potessero suoi figli e quanto potessero sfinirti solo parlando.
“Dimmi
piccolo!” disse Gerard.
“Mi
fai volare di nuovo?” domandò il più piccolo
senza riuscire a nascondere l'eccitazione nella voce.
“Anche
a me! Anche a me!” gridò Ella.
“Prima
a me!” disse David con la vocina delusa.
Sentendo
inevitabilmente la tragedia avvicinarsi e una sfuriata da parte dei
due figli, Edith uscì fuori, portando un piatto con qualche
cosa da mangiare mentre Gerard cercava di spiegare che non poteva
prendere tutti e due assieme.
“Basta
ora!” disse con tono perentorio.
Sentendo
la voce della mamma i due bambini si bloccarono e con il broncio
dissero assieme:
“Sì
mamma!”
“Mettetevi
a sedere che mangiamo! E state attenti a non sporcarvi!”
continuò con tono severo Edith poggiando sul tavolino il
piatto da portata pieno di sandwich.
I
bambini fecero come ordinato e attesero che la madre porgesse loro un
panino, poi cominciarono a mangiare di gusto.
Gerard
guardò divertito e quando Edith si voltò verso di lui
scattò sull'attenti facendo ridere di gusto i due bambini.
“Mi
dica capitano!” fece con lo stesso tono di un militare che
aspetta un ordine.
Edith
scosse la testa e ridendo disse:
“Come
sei scemo!”
“Giusto
signor capitano!” continuò la sua pantomima Gerard.
Dietro
Ella e David ridevano come due matti. Gerard, con il mento in alto,
si tratteneva dal ridere a sua volta, mentre Edith, addentando un
sandwich disse:
“Hai
smesso di fare il cretino?”
Gerard
sorrise e abbassando il mento disse:
“Se
dai un sandwich anche a me la smetto con piacere!”
Edith
scosse al testa e diede il panino all'amico che addentandolo fece un
verso di piacere e mostrando il panino disse:
“Una
cena sana!” e si mise a sedere sul divano.
“Taci
Butler!” protestò Edith con un boccone ancora in bocca.
“Non sono brava a cucinare! Se vuoi mangiare meglio c'è
un ristorante qualche isolato più avanti!”
Gerard
scosse la testa e rispose:
“Non
mi sto lamentando. Stavo solo notando che sei una mamma atipica!”
Ella
annuì e rispose:
“Certo!
La mamma migliore del mondo!”
Edith
sorrise e stava per rispondere quando qualcuno suonò il
campanello. La giornalista e l'attore si guardarono aggrottando la
fronte. Poi, veloce, Edith si alzò e andò alla porta.
E
quando aprì vide Orlando, sorridente, che la guardava
sorridendo dolcemente.
Rimasero
in silenzio a guardarsi in silenzio. E lo fecero sicuramente a lungo
perché Gerard dal salotto disse:
“Edith?
Tutto apposto?”
Bastò
quella parola e il sorriso di Orlando si spense.
“Ho
provato a chiamarti! Ma non hai risposto!” cercò di dire
Orlando con voce insicura.
Edith
socchiuse gli occhi e si morse il labbro. Il cellulare lo aveva
lasciato in ufficio e quando era arrivata non aveva avuto nemmeno il
tempo di guardare chi l'avesse cercata che Gerard era piombato in
ufficio e l'aveva portata via.
“OB!
Posso spiegarti tutto!”
Gli
occhi di Orlando la fissarono con durezza. E in quel momento, Edith,
sentì il cuore spezzarsi. In quel momento capì cosa
aveva provato Orlando, tante volte, quando stava nella sua stessa
condizione.
E
non le piaceva per niente.
Prima
di tutto, anche se in ritardo, auguri di Buon Natale.
E
grazie a chiunque legge la mia storia. E soprattutto a chiaretta che
continua a recensirmi.
Mi
raccomando, fatemi sapere che ne pensate. Una recensione costa poco.
Un
bacio e alla prossima. Che spero sia molto prima. Un bacio a tutti.
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