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“Eri meravigliosa,
lo eri sul serio.
Non perché
tu fossi bellissima, c’erano tante altre ragazze
più belle di te, ma tu eri tu e questo significava la
più splendida di tutte le cose.
Avevi stupito ogni
studente il primo giorno, quando ti eri presentata in aula con quel
vestito blu tempestato di stelle (erano brillantini, lo so, ma a me
sembrarono stelle). Ricordo anche che, sconvolgentemente per me, eri
senza trucco: pelle rosea e occhi porpora. Ti sei seduta di fianco a me
e non ti sei curata di null’altro che non fosse la lezione.
Alla fine sei uscita e non ti sei più fatta vedere fino alla
lezione successiva.
Ti sedevi sempre nello
stesso posto ogni giorno di ogni settimana e mi sorprendevi ogni volta
con le tue piccole manie: tappi di penna mordicchiati, la sciarpa
perennemente al collo, gli orecchini abbinati alle scarpe e quel tuo
modo particolare di giocare con le ali d’angelo della tua
collana.
Senza volerlo ho
cominciato a seguirti: ero nascosto tra gli studenti, tra le persone
nella strada, dietro le colonne e negli angoli bui
dell’università.
Mi piaceva guardarti
mentre sfioravi le unghie dallo smalto trasparente, quando ti tiravi su
la frangia o legavi i boccoli biondi e ti ricadevano sulle
spalle…
Ti seguivo anche al
cinema e cercavo di sedermi sempre dietro di te: alla fine uscivo
qualche minuto prima per vedere il tuo viso e la tua espressione.
Aveva qualcosa di
poetico il tuo viso, liscio e roseo. Gli occhi erano strani: rosso
chiaro nell’iride e nerissima la pupilla. La prima volta mi
spaventai nel guardarli eppure dopo un po’ mi sono abituato e
li ho adorati perché quando sorridevi, sorridevano con te.
Loro si illuminavano, le labbra si distendevano e tutto intorno a te
diventava tranquillo, sereno… Unico.
Sento ancora il
profumo fruttato di quando ti ho abbracciata. Eri in un angolo,
accucciata come una bambina in punizione, e piangevi.
Io non ho resistito.
Ti ho stretta a me e
ho pregato per non lasciarti mai più: non volevo che
piangessi per nessun motivo; desideravo tenerti a me più
forte e non farti mai allontanare.
Dopo quella volta ti
ho abbracciata tante altre: alle feste, durante i film, in tutte le
foto delle vacanze con gli amici, al locale dove
cantavi…”
Chiudo la busta e la
imbuco.
Non voglio continuare a leggere e ricordare ancora le piccole gioie
dell’averla accanto.
Quando torno a casa
mia moglie sta già cucinando la cena. Pollo al curry, mi
dice, e io penso a quando cucinava lei la domenica a pranzo, dopo aver
studiato l’intera mattinata. Guardo i miei figli seduti di
fronte a me e mi chiedo perché non abbiano gli occhi rossi:
mi sarebbero piaciuti, sarebbero stati diversi, sarebbe stati i suoi.
A tavola
c’è una grande confusione questa sera: Michela
è entusiasta per la gita al planetario che farà
il prossimo mese con la scuola ed Ernesto… Beh, lui
è sempre felice e chiacchierone. Nulla sembra poter scalfire
la sua gioia di vivere. Cerco di essere partecipe della loro allegria
ma non ci riesco, e allora guardo mia moglie cercando di trovare
qualcosa di lei: non ha niente. Non ha il sorriso, la risata facile, lo
sguardo intelligente da so-tutto-io, la serietà con cui mi
fissava lei quando mi rimproverava e quel modo di scompigliarmi i
capelli così intimo e privato che mi mandava in estasi; la
mia buona moglie è opprimente e invadente. L’ho
sposata e per anni ho creduto di amarla. Almeno fino alla sua lettera:
quella mi ha sconvolto. Mia moglie è elettrizzata mentre io
ne sono terrorizzato. Non le ho ancora parlato della risposta che ho
inviato, forse non lo farò nemmeno.
Potevo rispondere solo in un modo, altrimenti sarebbero nati almeno un
milione di problemi.
Vado a guardare la
televisione anche se nulla mi interessa: i film d’amore mi
fanno ricordare le occasioni che ho sprecato, i telegiornali mi
deprimono e sono troppo grande per i cartoni animati che piacciono
tanto ad Ernesto. Però rimango a fissare lo schermo quasi
tutta la notte.
Domani al lavoro sarò un zombie, ma va bene lo stesso.
La mia famiglia dorme
profondamente e così esco, porto la presenza ingombrante
della mia mente fuori dalla casa. Per strada ripenso alla lettera che
ho scritto, chiedendomi se ho fatto la scelta giusta: la mia coscienza
mi risponde.
Non
l’hai fatta sciocco, non l’hai mai fatta.
“Penso alla
prima volta che ti ho sentita cantare, credo fosse la sera di San
Valentino, al ‘The Hatter’. Il padrone del locale,
un ragazzo di qualche anno più grande di noi, suonava il
pianoforte ed un nostro compagno di corso vi accompagnava con il
violino. Tu cantavi seduta sul bordo del seggiolino del piano.
Sembravi un angelo, e
forse lo eri davvero.
Indossavi un abito
bianco in pizzo e uno scialle nero che ti copriva le spalle, un nastro
bianco raccoglieva i boccoli in un coda.
Non ti
avevo ancora abbracciata in quel periodo, eravamo quasi estranei.
Ricordo che avevo
deciso di ubriacarmi perché, per l’ennesima festa
degli innamorati, ero solo come un cane… Persino i cavalli
delle giostre avevano più compagnia di me. Poi hai iniziato
a cantare e mi hai incantato con la tua voce celestiale, dolce e
sottile. Mi hai fatto dimenticare il mio proposito. Mi parlavi con la
tua voce; mi infondevi allegria, speranza, voglia di fare: hai
scacciato il disgusto per quelle coppiette che si baciavano in
continuazione e si sussurravano ti amo senza valore. Il mio amore per
te tendeva all'infinito; il loro non avrebbe resistito nemmeno fino
alla Pasqua."
Adesso i San Valentino
sono diversi: porto mia moglie a cena fuori, le regalo delle rose rosse
e solo ora mi rendo conto che anche i miei “ti amo”
non hanno valore, io non la amo. Trovo strano pensare solo ora, dopo
sette anni di matrimonio, che avrei potuto agire diversamente e che, se
lo avessi fatto, lei sarebbe stata mia.
Cammino molto senza
accorgermene e mi ritrovo in centro città, di fronte a un
pub storico, aperto. Ordino una birra e il ragazzo al bancone mi guarda
scettico: forse non si aspettava di trovare un trentacinquenne depresso
alle tre di notte seduto su un seggiolino traballante.
Appena ho finito torno
a casa e mi distendo sul divano: guardo le ore scorrere
sull’orologio e alle sette sveglio mia moglie. La saluto con
un bacio sulla guancia ed esco nuovamente, stavolta per andare a lavoro.
A scuola la classe
è più silenziosa del solito: la professoressa di
letteratura ha assegnato un libro da leggere. Mi dicono che si tratta
di ‘Jane Eyre’.
“Ricordo
quando mi parlavi dei tuoi libri preferiti: avevi una strana luce negli
occhi, come se i personaggi fossero reali e tu discutessi con loro;
come se ci fosse qualcosa di magico che nessuno a parte te era in grado
di comprendere e che, nonostante ciò, cercavi di spiegare
agli altri. Conoscevi a memoria i passaggi più belli e non
mi stupirei se adesso li recitassi ai tuoi studenti. In particolare
adoravi Jane Eyre, la ammiravi per forza e determinazione: lei si
rialzava dopo le cadute sempre fedele al suo cuore, amava Mr. Rochester
con affetto sincero.”
Parlo agli studenti
del libro con le tue stesse parole: sono incise a fuoco nella mia
memoria. Mi sorprendo dell’effetto che producono: attiro la
loro attenzione e seguono con interesse la mia lezione sugli
Impressionisti. Sono così felice di ciò che esco
dall’aula con un grande sorriso e i colleghi mi fissano
stupiti.
“Con te
capivo chi affermava che il Paradiso fosse sopravvalutato. Io potevo
essere interessante, simpatico, forse intelligente ma tu… Tu
eri il sole che illuminava le mie giornate e la luna e le stelle nelle
notti. Le stanze brillavano della tua presenza e la tua anima si legava
a quelle delle persone che erano con te. Come un incantatore di
serpenti, ci catturavi con la parlantina vivace e il gesticolare delle
mani che scandiva il ritmo del discorso.”
Mangio fuori e torno a
scuola per le udienze con i genitori: una triste routine che odio da
sempre ma che oggi sopporto con leggerezza. Il tempo scorre in fretta e
sono a casa per un’altra cena. Mia moglie mi chiede se ho
risposto alla lettera: le dico che tutto è stato annullato
per problemi che non conosco.
Non voglio che sappia
la verità.
“Mi sono
reso conto di amarti davvero sull’altare, dopo aver baciato
mia moglie, quando a fissarmi adoranti ho visto due occhi verdi come
smeraldi, ma ho represso la consapevolezza. Ora tu sposi un
uomo che sicuramente ti ama più di me, che ha saputo
meritarti, donarti anima e corpo… Un uomo che odio con tutto
il cuore…”
La giovane smette di leggere. Ha le lacrime agli occhi e non riesce a
credere di essere stata tanto insensibile e cieca. Aveva visto lo
sguardo speciale che lui le riservava, aveva percepito che cercava di
trasmetterle qualcosa di fondamentale quando l'abbracciava, ma lo aveva
ignorato comportandosi come un’amica. Ma adesso si sente in
colpa per averlo fatto soffrire, per il tormento che lo aveva spinto a
scriverle un declino tanto amorevole e si chiede se, con un po'
più di attenzione, non avrebbe potuto evitare di farlo
soffrire per tanti anni.
Chiude gli occhi e sente il padre entrare nella stanza, la prende sotto
braccio e la consegna a suo marito. Ballano e volteggiano per la sala
del ricevimento, si baciano e lei sa di averlo sposato
perché lui è l’unico che ama, l'unico
che ha sempre amato, ancora prima di conoscere quel timido studente di
Storia dell'Arte.
“Non
ci sarò alla tuo giorno dei sogni, ma sii felice con
l’uomo che ami, amore mio.”
Coro dell'autrice.
Da
molto tempo, e precisamente dalla fine di Victims, non scrivevo
più su Efp e tornare, anche se con uno scritto
così breve, mi rende felicissima.
In realtà non ho molto altro da aggiungere se non che, come
al solito, sono il beta-reader di me stessa e ciò potrebbe
implicare la presenza di piccoli errori di battitura ma credo (spero)
che non ce ne siano.
Spero ancora di più invece che questa One-shot vi piaccia.
Sto considerando l'idea di svilupparla e creare un background
e una storia a questo sfortunato innamorato ma tutto
dipenderà dal tempo che riuscirò a risparmiare
dallo studio per la Maturità e gli esami in lingua inglese
e, soprattuto, dal tempo che potrò sottrarre ad un' altra
storia che sto scrivendo e su cui lavoro alacremente da un po'
più di un anno.
Lasciatemi un parere, positivo o negativo, per farmi sapere la vostra
opinione!
Un bacio e a presto!
Izumi.
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