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Capitolo Ventiquattresimo - Il
legame che fa la differenza
-Tsk, che scocciatura...-
Sento Rin borbottare qualcosa di indecifrabile, mentre lo osservo
raccogliere la maglietta che pochi minuti fa ha lasciato cadere per
terra per poi indossarla con movimenti bruschi e nervosi.
Non oso proferire parola, mentre osservo il tessuto scuro coprire poco
alla volta quel fisico così perfettamente allenato ma allo
stesso tempo armonioso e per nulla massiccio, ed il mio viso assume
inesorabilmente una tonalità scarlatta.
Mi sento vagamente patetica, ma cerco di non darlo a vedere. Ho come il
terrore che il Rin che ho conosciuto alla Samezuka possa rispuntare da
un momento all'altro, pronto a schernirmi per i pensieri impuri che ora
affollano la mia mente. Perchè in fondo me lo aspettavo,
giusto?
Mi aspettavo che prima o poi avrei ceduto a lui, al suo sguardo, ai
suoi baci e alle sue parole. Oppure sono soltanto debole?
Oh, ma insomma Chiara!
Smettila con
queste paranoie... Rin è fuori di dubbio un ragazzo molto
attraente, che c'è di male se ti lasci andare? E poi ha
dimostrato più di una volta di tenere a te. Ha fatto cose
che
probabilmente prima non gli sarebbero mai passate per la mente! Dubito
che un atleta che ha deciso persino di allenarsi all'estero pur di
diventare qualcuno in ambito natatorio, non si curi di partecipare a
gare importanti se non per una causa per lui prioritaria.
Già, prioritaria.
Davvero sono diventata così importante per lui? E dire
che qualche mese fa non ci sopportavamo nemmeno.
Lui si divertiva a stuzzicarmi, con comportamenti fin troppo indecenti
persino per una ragazza occidentale, mentre io gli rifilavo sempre
qualche battuta velenosa giusto per chiudergli quella boccaccia.
Devo dire che siamo cambiati entrambi, molto.
Oppure siamo semplicemente cresciuti? Chi lo sa...
L'unica cosa di cui sono totalmente certa è che non riesco a
levargli gli occhi di dosso. Non dopo quello che è successo
nemmeno dieci minuti fa.
-Uhm.. forse è meglio se me ne torno in camera mia. Tra
poco i ragazzi torneranno in albergo e non mi sembra il caso
di
farli preoccupare ulteriormente...- provo a dire, alzandomi dal
materasso per poi tentare di riagganciarmi il reggiseno che il
signorino mi ha allegramente sfilato.
-Preoccupare? E di cosa?- risponde lui da dentro il piccolo bagno della
stanza, non senza lasciarsi sfuggire una risatina.
-Mah, non saprei. Forse per il fatto che mi hai letteralmente
trascinata via dalla piscina con una spalla dolorante? O forse per la
remota possibilità che se non mi trovano in camera
potrebbero un tantino
allarmarsi dato che non sono rintracciabile? Ti rocordo che le mie cose
le ha tua sorella...-
Lo sento scoppiare a ridere di gusto, ma il rumore dell'acqua corrente
del rubinetto copre leggermente il suono roco della sua voce.
-Sei così giudiziosa, piccola Chiara. Proprio una brava
ragazza!- Lo vedo uscire dal bagno con un piccolo asciugamano sul capo,
intento a frizionarsi i capelli color vinaccia mentre mi osserva con
aria divertita -anche se non credo che i tuoi amici la penseranno allo
stesso modo,
quando scopriranno quello che abbiamo fatto poco fa...- sorride
malizioso, avvicinandosi a me. La sua maglietta ha una scollatura a
barca che mette in risalto i muscoli del petto, le clavicole ed il
collo affusolato dal quale pende un sottile laccio di cuoio alla cui
estremità è legato un piccolo dente di squalo.
-Volevi dire, quello che stavamo per
fare. Io sono ancora casta e pura, sai?- ridacchio, accorgendomi troppo
tardi di quello che ho appena detto. Sento il mio sangue congelarsi
nelle vene in tempo zero mentre Rin, sbigottito, inizia a
fissarmi
con un'espressione attonita e per nulla rassicurante stampata in faccia.
-Vuoi... vuoi dire che tu non hai... non hai mai..?-
-...-
-Oh MERDA! Potevi dirmelo, accidenti! Stavamo per... per... IN UNA
STANZA D'ALBERGO!"-
-Cristo santo Rin! Abbassa la voce!- esclamo, terrorizzata, cercando di
tappargli la bocca con le mani, mentre sento guance, naso e orecchie
andare inesorabilmente a fuoco.
-Sei totalmente impazzita?!-
-Ma...-
-Non hai capito proprio nulla allora!-
-N-Non c'è niente da capire, Rin! È tutto okay!
Non devi preoccuparti per queste cose...-
-E invece sì che devo. Io sono serio con te, Chiara. Io...-
fa
una breve pausa in cui distoglie lo sguardo dal mio viso, per poi
puntare di nuovo le sue iridi cremisi nelle mie -...io vorrei fare le
cose per bene, ecco l'ho detto.-
A quelle parole sento un crack
in mezzo al petto, all'altezza del cuore.
Non poteva scegliere parole migliori per mandare in frantumi tutti i
dubbi che ancora mi attanagliavano.
Che mi sia davvero innamorata di lui?
Sicuramente.
Signore e signori, il Wall Chiara è ufficialmente stato
abbattuto.
*
Saluto Rin pochi minuti più tardi, cercando di uscire
furtiva
dalla sua camera, ma non appena faccio capolino dalla porta in legno
per sbirciare in corridoio mi ritrovo faccia a faccia con un Makoto
piuttosto stupito ed altamente confuso.
-Chiara-chan.. ma cosa..?- domanda, incredulo, facendo scorrere lo
sguardo dai miei capelli in disordine, fino alla maglietta stropicciata
ed indossata al contrario, per poi tornare a fissarmi dritta negli
occhi.
-Ah... e-ecco...- non faccio in tempo a finire la frase che sento la
mano di Rin sfiorarmi la spalla ferita mentre un brivido mi percorre da
capo a piedi. Potrei giurare di leggere un lampo di rabbia negli occhi
del dorsista ma un'altro pensiero mi attanaglia la mente.
Sono fottuta.
-...comunque non metterci il ghiaccio quando torni in
camera. Prova
piuttosto a rilassarti con un bagno caldo, dovrebbe aiutarti di
più.- non ascolto nemmeno una sillaba di quello che mi sta
dicendo il rosso, poichè ho un paio di
occhi smeraldini che
mi guardano fisso in cerca di spiegazioni.
-Oh, Makoto. Finite le gare del pomeriggio?- il ragazzo nemmeno lo
degna di risposta, mentre azzera la distanza tra loro due afferrando
lo squalo per il bavero della giacca.
-Tu, grandissimo idiota. Che le hai fatto, eh?!- esclama, furioso come
non l'ho mai visto prima di quel momento, mentre leggo nel suo sguardo
il desiderio ardente di prendere a pugni in faccia il ragazzo che ha di
fronte.
-No, Makoto! Fermati!!- mi aggrappo al suo braccio, cercando di
dividerli, ma Rin sembra riuscire a gestire perfettamente la situazione
poichè lo vedo liberarsi da quella presa in un secondo per
poi
dare le spalle al dorsista.
-Non ho fatto niente che lei non volesse. E adesso scusami ma ho
bisogno di riposarmi e concentrarmi per le gare di domani mattina!- lo
liquida freddamente, dandogli una risposta (a mio parere) piuttosto
ambigua.
Restiamo entrambi a fissare il legno scuro della porta, mentre un
silenzio piuttosto imbarazzante cala tra noi due.
Non voglio nemmeno immaginare a cosa penseranno gli altri ragazzi
quando
si accorgeranno che il loro ex capitano è diventato livido
di
rabbia.
Già.
Makoto... furioso.
Due parole che stridono come unghie che grattano su una lavagna.
Ed è stata tutta colpa mia.
Vorrei potergli dire qualcosa, spiegargi come stanno davvero le cose.
Che io Rin lo amo sul serio.
Ma è come se le mie corde vocali avessero smesso di
funzionare.
Per un attimo mi sembra di tornare a quel maledetto giorno di inverno.
Quel giorno in cui mi sono risvegliata ed ho visto Rebecca in lacrime
al mio capezzale.
Per un istante avevo creduto di essere morta.
Ma la sua mano era calda e mi stringeva le dita con dolcezza.
Piangeva.
Piangeva e io avrei soltanto voluto dirle che stavo bene e che non
doveva essere triste per me, se non fosse stato per quel maledetto tubo
di plastica che mi attraversava la trachea per permettermi di respirare
mentre ero ancora in coma.
Ecco, in questo momento mi sembra di essere tornata su quello schifo di
letto.
Muta e impaurita.
-Makoto io...- provo a dire, voltandomi improvvisamente verso di lui,
ma
il castano mi ha già dato le spalle per poi raggiungere la
sua
stanza a grandi falcate. Quelle parole escono a fatica dal mio petto,
raschiandomi dolorosamente la gola.
Chissà.
Chissà se riuscirà mai a perdonarmi.
*
-MALEDIZIONE!- il calcio del dorsista
colpisce in pieno il borsone scuro, sporcando la scritta bianca
"Iwatobi" con la suola della sua scarpa da ginnastica.
-Makoto, calmati...- la voce pacata di Haruka pare quasi un sussurro in
confronto al tono roco e profondo della voce del castano.
-Come fai a dirmi di calmarmi, Haru?! Tu dovresti essere il primo ad
essere furioso!- ribatte l'altro, lasciandosi cadere pesantemente sul
letto della sua stanza e passandosi con rabbia le mani sul volto. Un
silenzio carico di imbarazzo cala sui quattro ragazzi, mentre Nagisa e
Rei si lanciano un triste sguardo d'intesa.
-E perchè dovrei?- parla infine il moro, senza
però osare alzare lo sguardo dalla moquette.
-Non fingere. Lo so che lei ti piace!- ribatte il dorsista, stringendo
con forza il pugno della mano destra.
-Makoto-senpai...- tenta di intervenire Rei, rendendosi però
subito conto che il suo intervento potrebbe soltanto peggiorare la
situazione. Anche lui infatti si era accanito tempo prima contro Rin,
quindi perchè mai dovrebbe avere l'autorevolezza di imporre
al
compagno un comportamento diverso?
-Questo non ti riguarda...- ribatte Haruka, piantando finalmente le sue
iridi in quelle del suo migliore amico, leggendovi però
soltanto
ira.
-FINISCILA HARU! Non ne posso più del tuo continuo farti da
parte! Chiara è il nostro capitano, non è giusto
che lui
ce la porti via! LEI È NOSTRA!- sbraita il dorsista,
alzandosi
in piedi di scatto per poi accanirsi di nuovo contro il suo povero
borsone.
-Non trattarla come una bambola... lei ha il diritto di scegliere
liberamente chi amare- le parole sfuggono dalle labbra di Nagisa quasi
per sbaglio, ma sono abbastanza taglienti da perforare la barriera di
ostilità che Makoto ha innalzato intorno a sè,
toccandolo
nel vivo.
La reazione del castano, però, lascia tutti di stucco.
-Ah si? Allora forse avrebbe dovuto pensarci bene prima di farci
affezionare a lei con le sue parole dolci, i suoi abbracci ed i suoi
sorrisi. L'avete vista no? NON HA FATTO ALTRO CHE PRENDERCI IN GIRO!
Alla fine ci traditi tutt..- non termina la frase che le nocche di
Haruka lo colpiscono dritto sul mento, lasciandogli quattro profondi
segni rossi ed un'espressione di stupore stampata sul volto.
Il pugno lo stordisce al punto da non capacitarsi nemmeno del fatto
che è la prima volta che il suo amico di infanzia alza un
dito su di lui.
E che è anche la prima volta che lo vede piangere.
-Haru-chan! Ma cosa ..?!- esclama allarmato il biondo, facendo un passo
verso i suoi compagni ma subito fermato dal delfinista.
-Non... non permetterti mai più di dire certe cose su di
lei,
Makoto Tachibana.- il moro osserva il compagno, mentre si
massaggia il
viso arrossato, attraverso lo spesso velo di lacrime che gli offusca la
vista.
-Haru, io.. mi dispiace tanto... non so che mi è preso...-
balbetta l'altro, cadendo sulle ginocchia come se improvvisamente il
peso delle sue accuse gratuite nei confronti della ragazza gli fossero
gravate sulle spalle come un macigno -d-davvero... mi sento un perfetto
idiota... scusami... perdonami, Haru!- la voce rotta dai singhiozzi.
-Non è con me che devi scusarti, lo sai. Chiara
sarà
distrutta dopo la tua reazione di questo pomeriggio!- ribatte secco il
moro, distogliendo lo sguardo.
-Già...-
-Secondo me, tutti quanti dovremmo andare a parlarle- aggiunge Nagisa,
raggiungendo Haruka e appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Sì, credo sia la cosa più giusta. Siamo una
squadra,
no?- esclama Rei, raggiungendo gli altri e tendendo una mano a Makoto
-siamo suoi amici, come potremmo abbandonarla?-
Il chiasso era
assordante.
Tra le urla concitate degli atleti sugli spalti e degli allenatori a
bordo vasca, il rumore sordo e continuo dell'acqua rotta dalle
bracciate violente delle atlete e la voce metallica dello speaker che
annunciava l'ingresso delle ragazze che avrebbero gareggiato di
lì a pochi istanti, Chiara, Sara, Rebecca e Stefania
facevano persino fatica a capirsi.
Si erano precipitate all'addetto ai concorrenti una buona mezzora prima
dell'orario stabilito dal programma. Così, giusto per stare
tranquille.
Ma solo in quel momento si erano rese conto di quanto fossero
emozionate. Era la prima volta che gareggiavano ai nazionali in
staffetta e, anche se si trattava della piscina di Riccione e non di
quella enorme di Roma, la tensione iniziava a farsi sentire ugualmente.
-Rebe, dammi una mano con il costume. Mi sa che si è tutto
attorcigliato sulla schiena...- le lamentele di Sara ormai erano
diventate un rito. Era incredibile come quella ragazza non si facesse
mai nessun problema a farsi forare le orecchie, ma riuscisse a rompere
le scatole costantemente per un cavolo di costume.
-Non è attorcigliato, scema. È soltanto
più stretto del solito dato che l'abbiamo comprato due
giorni fa!- come per scaramanzia, infatti, le quattro ragazze avevano
deciso di indossare gli stessi identici costumi da competizione, neri e
talmente stretti da doverli tenere abbassati all'altezza del
petto per lasciare libere le spalle, altrimenti si sarebbero ritrovate
in pochi minuti con i muscoli tutti indolenziti.
-Sarà, ma a me sta uccidendo. Non vedo l'ora di buttarmi in
acqua...- ribattè Stefania, accasciandosi mollemente contro
il muro e sedendosi per terra in modo da poter distendere le gambe e
far circolare meglio il sangue.
Presto le altre tre staffettiste imitarono la compagna e si sedettero a
cerchio in modo da guardarsi tutte negli occhi.
Erano agitate, si vedeva. Ma non era il momento di distrarsi e perdere
la concentrazione.
In quel momento non dovevano esserci nè costumi,
nè lamentela, nè nulla.
Dovevano esserci soltanto loro.
E quella maledetta piscina.
-Ragazze, mi raccomando non perdiamo di vista l'obiettivo.
Concentriamoci e vedrete che andrà tutto alla grande. Ci
siamo allenate duramente, no? Possiamo farcela, possiamo giocarci il
podio- Chiara e quella determinazione che non l'abbandonava mai.
Le altre annuirono, improvvisamente rincuorate da quelle parole, e si
presero per mano come facevano sempre quando sentivano di dover
condividere qualcosa di davvero importante.
Il contatto tiepido delle loro dita era come in grado di trasmettere
loro una sorta di energia positiva.
Erano legate.
E questo le faceva sentire forti. Sicure. Unite.
Lo stesso non sembrava valere per le altre atlete che ora iniziavano ad
affollarsi intorno a loro, intente a riattivarsi i muscoli, aggiustarsi
la cuffia e gli occhialini sul capo, roteare le braccia mentre si
lasciavano trasportare dalla musica che risuonava dai loro auricolari.
Non sembravano appartenere a nulla.
I vari quartetti si riuscivano a riconoscere soltanto perchè
le atlete indossavano la stessa tuta, o la stessa cuffia. Ma non
parevano legate.
O meglio quella era la sensazione che avevano le ragazze, nel guardarsi
intorno.
Istintivamente ognuna strinse maggiormente la presa sulle mani delle
altre, per poi scambiarsi uno sguardo d'intesa.
Già, perchè a loro alla fin fine bastava.
Era quello il legame che faceva la differenza.
Lo sguardo
di Gou si posa lentamente sulla piccola immagine che tengo tra le dita
e che poco alla volta si sta inumidendo di piccole gocce salate. La
fotografia del nostro podio ai Campionati Nazionali.
Io, Rebecca, Sara e Stefania.
Tutte e quattro con quei costumi neri e le mani intrecciate in segno di
amicizia. Anche di vittoria, certo. Ma soprattutto di amicizia.
Le medaglie d'oro splendenti al collo.
Davvero speravo di poter creare un legame del genere anche con loro?
Mi sono davvero illusa di poter far parte di quel gruppo di ragazzi che
era già affiatato ancora prima che arrivassi in
Giappone? Io non sono indispensabile, sono soltanto una spettatrice.
Come potrei mai pensare
di inserirmi in un gruppo di atleti che si conoscono fin da quando
erano bambini?
-Chiara-chan...- la voce flebile della rossa mi riscuote dai miei
pensieri e le sue esili braccia mi cingono le spalle, come per
consolarmi.
-Gou, tu mi vuoi bene?- chiedo, con la voce rotta dai singhiozzi. Però... non voglio
restare sola. Non voglio.
-Ma certo tesoro, come potrei non volertene? Sei la mia
più cara amica. Non chiedermi mai più una cosa
del genere!-
-Grazie, anche io te ne voglio- le rispondo quasi meccanicamente,
abbozzando un sorriso.
Tuttavia la rossa non fa in tempo a dirmi altro, che sentiamo bussare
alla porta. Mi strofino malamente il viso con la manica della felpa e
corro ad aprire senza pensarci.
Inutile dire che per l'ennesima volta mi do della stupida per aver
pensato di non far parte di nulla.
Di non appartenere a niente.
Di non essere all'altezza dei miei compagni di squadra.
Di non avere alcun legame con loro.
Mi sento una vera ingrata, meschina e debole nell'aver pensato che per
loro non contassi nulla.
La me del passato probabilmente mi avrebbe dato un sonoro schiaffo.
Inutile dire che Makoto, Nagisa, Rei e Haruka sono qui davanti a me.
E io non posso fare altro che chiedere loro, tra le lacrime, di
perdonarmi.
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Angolo dell'autrice:
SANTODDIO RAGAZZI SCUSATEEEEEE!!! Ci ho messo un secolo ad aggiornare
ed è pure venuto fuori uno schifo di capitolo x_x spero
possiate perdonarmi ma l'università mi sta ammazzando.. non
sono abituata a questi ritmi stranissimi :(
Vi prego di perdonare anche eventuali errori grammaticali e/o
ripetizioni ma non ho avuto il tempo di rileggere perchè
avevo fretta di pubblicare!
Le correzioni avverranno nei prossimi giorni <3
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