Louis
Senza sapere
come, Louis si ritrovò il giovane a cui era andato addosso in piedi davanti a
lui, con un braccio teso nella sua direzione. Il suo cervello era andato
completamente in tilt quando l’aveva visto: quel ragazzino era senz’altro
qualche anno più giovane di lui, ma si stava comportando come se il più giovane
fosse lui e si sentì uno stupido.
Lo aveva
stregato dal primo sguardo, si era perso dentro quegli occhioni verde smeraldo
e aveva avuto una strana voglia di affondare le mani dentro quei ricci ribelli
che, con i pezzi di cibo incastrati tra di essi, gli davano un aspetto buffo e
tenero. Proprio per questo motivo aveva iniziato a toglierglieli di dosso, non
riusciva a resistere a quella vocina dentro di sé che gli urlava di toccarlo. Inavvertitamente
gli aveva sfiorato una mano, e il contatto con quella pelle morbida gli aveva
provocato un brivido lungo tutta la spina dorsale.
Il
ragazzo lo guardò per alcuni secondi con un’espressione che non seppe
interpretare, «devo andare, scusami», gli disse, prima di dirigersi verso la
scalinata con passo spedito, passandosi una mano tra i ricci allo stesso tempo.
Louis
continuò a guardarlo finché non scomparve dalla sua vista; ancora imbambolato,
una grossa voce maschile lo destò dai suoi pensieri, «cameriere, stiamo ancora
aspettando i primi!».
«Arrivo
subito», borbottò, per poi finire di raccogliere ciò che gli era caduto.
Avrebbe
voluto seguire Harry, parlarci e conoscerlo, ma in quel momento proprio non
poteva andarsene.
Nonostante
quel piccolo “incidente” riuscì a servire i suoi tavoli con un minimo di
ritardo e nessuno si lamentò particolarmente, anche se gli vennero rivolte diverse
occhiatacce.
Finalmente
il suo turno finì, era stanchissimo e avrebbe voluto tanto dormire, ma
all’improvviso degli occhi verdi risplendettero nella sua mente e il suo cuore
iniziò a battere all’impazzata.
Così,
anziché tornare direttamente alla propria cabina, decise di raggiungere il
ponte di prima classe in incognito. Tutti
i passeggeri si erano ritirati a fumare, bere o dormire, perciò nell’aria si
diffondeva solo il rumore dei passi leggeri e veloci di Louis.
Tutti
i passeggeri si erano ritirati a fumare, bere o dormire, perciò nell’aria si
diffondeva solo il rumore dei passi leggeri e veloci di Louis.
Quando
arrivò alla sua meta, ebbe un tuffo al cuore quando vide che la persona che
cercava era dove sperava che fosse.
Harry
aveva le braccia appoggiate al parapetto, incrociate, e fissava qualcosa d’indefinito
nel vuoto; non sembrava essersi accorto della sua presenza.
Il più grande notò che tremava
lievemente a causa del freddo, quindi si sfilò il cappotto che aveva indossato
sopra la divisa da cameriere (trovato per puro caso dimenticato tra le sedie
del salone di prima classe e preso “in prestito” con l’intenzione di rimetterlo
al suo posto) e la pose sulle sue spalle, al che il più piccolo sussultò,
voltandosi di colpo e assumendo un’espressione di pura sorpresa.
Louis gli sorrise lievemente, «ciao», sussurrò, avvicinandosi.
«Ciao…
Louis, giusto?», gli rispose ancora sbalordito.
«Louis
Tomlinson», specificò, vergognandosi a morte per l’enorme imbarazzo provato
quella sera.
«Che
ci fai qui?», una domanda semplice e diretta che bastò a spiazzare l’altro.
«Non
sono bravo a mentire, perciò ti dico subito che ti stavo cercando», esclamò,
assumendo un atteggiamento spavaldo di cui si pentì subito.
Nessuno
gli aveva mai fatto quell’effetto prima: in genere era sempre sicuro di sé, con
la battuta pronta, capace di intrattenere e affascinare le persone.
Il
riccio si strinse nel cappotto e gli sorrise calorosamente, con le guance
leggermente arrossate e mettendo in mostra delle fossette che Louis trovò
stupende.
«Grazie»,
disse Harry, scrutandolo, «ma non voglio che tu ti raffredda a causa mia…».
«Non
preoccuparti», rispose, «sto bene così».
Rimasero
in silenzio per un po’.
«Parlami
di te, Louis», l’aristocratico interruppe il silenzio, guardandolo.
«Sono
un cameriere, ma questo lo sai già», ridacchiò, «ho diciannove anni, vengo da
Doncaster, il mio sogno è diventare uno chef e questo sono io, in poche
parole».
«E
se volessi sapere qualcosa in più?», chiese l’altro, con un sorriso di sfida.
«In
tal caso, dovresti raccontarmi qualcosa di te», rispose prontamente il più
grande, facendo un’imitazione dei passeggeri di prima classe che fece ridere
molto Harry.
Quando
smise, iniziò, «ho sedici anni, la mia famiglia mi fa pressione perché vuole
che mi sposa al più presto, suono, compongo canzoni e, alcune volte…»,
tentennò, «canto», concluse.
«Tu
canti?», chiese l’altro, ammirato, «mi piacerebbe sentire qualche tua canzone».
«Beh…»,
Harry si assicurò che non ci fosse nessun altro nei dintorni, pur sapendo che a
quell’ora in pochi giravano sui ponti, «potresti venire nel mio alloggio, se
vuoi».
Louis
rimase spiazzato per la seconda volta, «va bene», rispose d’impulso, «quando?».
«Domani
la mia famiglia passerà tutto il pomeriggio in giro per la nave, potrei trovare
una scusa per rimanere nella suite», gli fece l’occhiolino e Louis lo guardò
stupefatto.
«Ci
sto, verrò subito dopo pranzo».
Il
riccio lo guardò divertito, «comunque il cappotto è di mio padre, provvederò io
a restituirglielo».
Entrambi
ridacchiarono, si sorrisero e si guardarono alcuni secondi in assoluto
silenzio.
Il
cameriere fece per andarsene ma, prima di incamminarsi, avvicinò le labbra
all’orecchio del giovane per poi sussurrare, «buonanotte, Harry».
Mentre
si allontanava, riuscì a sentire di nuovo la sua voce.
«Buonanotte,
Louis».
Author's corner
Mi dispiace per essere letteralmente sparita, non sto attraversando un bel
periodo e di conseguenza scrivo pochissimo, cercherò di essere più
regolare (dal momento che ho anche altre fan fiction in programma).
Comunque, come promesso, ho scritto due capitoli (in realtà sarebbe
più un unico capitolo diviso in due) e niente, fatemi sapere cosa
ne pensate, se vi va.
A presto :)
-M