“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/43/The-Selkie-Wife
«Vostra grazia?»
Edward alzò lo sguardo dai documenti sulla sua scrivania. «Mm?»
Una cameriera si inchinò. «La vostra signora moglie, vostra
grazia. È arrivato il momento.»
Edward saltò in piedi così in fretta che fece cadere la sedia.
Lasciò la scrivania e si precipitò alla porta. La cameriera si scansò dalla sua
strada appena in tempo per non essere travolta. Guardò il Duca mentre faceva le
scale tre alla volta nella sua impazienza. I suoi datori di lavoro erano strane
persone, ma erano anche le più felici che conoscesse.
Edward corse nella loro camera. Bella era andata al confinamento
solo pochi giorni prima, il massimo della concessione che avevano dato alla
tradizione, e l’aveva fatto restando semplicemente nella loro camera, invece
che crearsi una stanza solo per lei. La levatrice aveva schioccato la lingua di
fronte a questo e guardava le pareti con intenzione, come se lo incolpasse
della mancanza di arazzi. Lui avrebbe voluto dirle che non avrebbe badato a
spese per la sua amata moglie, se lei glielo avesse permesso, ma questo era
quello che aveva voluto Bella, e quello che lei voleva otteneva.
Il ritorno di Bella era stato salutato con gioia dalla famiglia e
da tutta la comunità. Il rifiuto di Edward di discutere dell’argomento, aveva
lasciato un’opportunità per il suo ritorno, anche se questo non era stato il
suo specifico intento. La spiegazione che diede fu che Bella era stata mandata
in un convento per essere assistita dalle monache finché fossero guarite le sue
lesioni, che era una pratica piuttosto comune al tempo, e comprensibile.
Naturalmente il Duca voleva aspettare per vedere se le sue ustioni sarebbero
guarite bene e se avrebbe perso il bambino. Se fosse rimasta sfigurata o troppo
menomata per averne un altro, sarebbe stata silenziosamente lasciata in
convento, messa da parte per un’altra moglie.
Entrò in camera e trovò Bella al davanzale della finestra che
annusava i fiori e rimase sulla porta a guardarla. Alice le incombeva
ansiosamente vicino, per paura che fosse colpita da una contrazione e avesse
bisogno del suo supporto, ma Bella svolazzava di fiore in fiore come un
folletto dei boschi, apparentemente non influenzata dal fatto di essere in
travaglio.
«Volete che faccia cosa, vostra grazia?»
«Voglio che trapianti i fiori in ciotole, così potremo portarli
dentro.» Bella aveva sospirato delusa all’idea di chiudersi nella sua camera
lontano dai fiori della dolce primavera. Così, Edward se n’era uscito con
un’idea: se Bella non poteva uscire nella primavera, avrebbe portato dentro la
primavera per lei.
Il giardiniere lo aveva guardato come se fosse diventato matto e
Edward aveva ridacchiato. «Vivranno, così, no?»
«Oh, sì, vivranno, vostra grazia, ma… perché?» Sperò
che il Duca non si arrabbiasse per la sua presunzione nel chiedere, ma lui non
aveva mai sentito una cosa simile e non ne capiva il fine.
Edward gli aveva spiegato cosa voleva e guardando intorno alle
decine di ciotole e vasi che ricoprivano ogni superficie piatta, traboccanti di
fiori colorati che profumavano l’aria, pensò che ci era riuscito.
Bella gli fece un gran sorriso quando lo vide e corse da lui per
un bacio, Alice sempre ansiosa al suo fianco.
«Oh, Edward, grazie!» disse Bella e gli buttò le braccia al collo.
«Sono così belli! Non avrei mai pensato a portare in giardino dentro casa! Come
sei ingegnoso!»
Lui era raggiante alle sue lodi. Dopo avergli dato un bacio sulla
guancia, si voltò ad accarezzare i morbidi petali di seta di un giglio.
«Pensi di riuscire a farla sedere?» chiese Alice. Si torceva le
mani per l’ansia.
«Quando sarà pronta», replicò Edward. «Fidati di lei, Alice.» Era
tutto ciò che poteva dire con le orecchie della levatrice tese verso di loro.
«La levatrice dice che il secondo figlio è più facile, e più
veloce. Ho paura che farà cadere il bambino direttamente sul pavimento.»
Edward rise. «Non aver paura, non succederà, te lo assicuro.»
«Camminare aiuta a far scendere il bambino», concordò la
levatrice. «Non vi preoccupate, Lady Alice.»
Alice era troppo preoccupata per correggere il titolo. Edward la
tirò da parte. «Non devi agitarti così. Bella conosce il proprio corpo…»
Fu interrotto quando Bella si immobilizzò e li guardò. Sul suo
naso c’era un punto giallo di polline. «È il momento», annunciò.
Edward la aiutò a salire sulla sedia da parto e le sussurrò
nell’orecchio, «Non dimenticarti di gridare.» Le lasciò la macchia gialla sul
naso, perché era adorabile.
Bella gemette a ogni spinta e abbinò il suo respiro con quello di
Alice. Alice le teneva la mano e le passava un panno umido sulla fronte. Le
pulì la macchia di polline prima che Edward potesse obiettare. Lui teneva
l’altra mano di Bella e sussurrava parole di lode e incoraggiamento. Non ci
volle molto. Nel giro di mezz’ora, il bambino scivolò tra le mani della
levatrice, urlando a un volume e con un vigore impressionanti.
La levatrice sospirò. «Una femmina, vostra grazia.» Il suo tono
era dolente, perché di norma i padri delle femmine erano molto delusi, e non
aggiungevano mai una mancia al normale compenso. Passò la bambina ad Alice,
dopo aver annodato e tagliato il cordone, così che la potesse lavare nella
bacinella di vino caldo.
La levatrice era rimasta stupita che la Duchessa avesse solo una
cameriera. Normalmente, decine di donne affollavano la stanza del parto, alcune
ingaggiate solo come “pettegole” per raccontare storie alla madre in
attesa, per distrarla dai dolori del parto. Fu ancora più scioccata di vedere
il Duca stesso nella camera, stupita che un uomo volesse vedere il parto di sua
moglie, ma di certo non era così spavalda da dirgli che non poteva.
«Una femmina», ripeté Edward, e non poté trattenere l’enorme
sorriso che gli apparve in faccia. «Abbiamo una figlia!» Avrebbe voluto
prendere su Bella dalla seggiola e farla girare in un girotondo gioioso.
La levatrice sembrò capire il suo intento. «Non ancora, vostra
grazia. Avrò finito con lei in un attimo.»
«Bella, è bellissima», annunciò Alice, alzando la voce per farsi
sentire sopra gli strilli indignati della bambina. «Ha i tuoi occhi. E la
tempra di suo padre, a quanto pare.»
«Ti prego sbrigati, voglio tenerla», pregò Bella.
La levatrice finì di fare ciò che doveva e fu deliziata quando il
Duca la ricompensò con una borsa di monete d’oro. Per quanto fossero strane
queste persone, non ne avrebbe parlato con nessuno. Guardò sgomenta mentre il
Duca sollevava gentilmente la sua sposa dalla seggiola da parto e la portava
nel letto. Lui salì di fianco a lei e Alice pose la bambina lavata e vestita in
mezzo a loro. Tutti e due tubarono con la bambina e esaminarono le piccole dita
delle mani e dei piedi deliziati. La levatrice poté solo scuotere la testa
stupefatta. Nessuno ci avrebbe creduto, pensò, anche se avesse deciso di
raccontare una simile storia.
Alice aiutò la levatrice a raccogliere le sue cose e poi la
allontanò garbatamente dalla stanza, seguendola e chiudendo la porta dietro di
sé.
«Non ho mai visto niente di simile», disse la levatrice
meravigliata. «Una tale contentezza all’arrivo di una femmina!»
«Il Duca ama tutti i suoi figli», disse Alice, un po’ sulla
difensiva.
La levatrice scosse la testa. «Non ho detto che è una cosa
sbagliata. È solo una cosa che si vede raramente, tutto qui.»
Alice sorrise. «Loro sono speciali», concordò. Accompagnò la
levatrice al portone e poi al suo cavallo. Jasper, che era appena ritornato dal
suo giro quotidiano del villaggio, la aiutò con galanteria a salire in sella.
«Il bambino è arrivato, allora?» chiese mentre la levatrice se ne
andava.
«Sì, una femmina», rispose Alice. «La bambina più bella che abbia
mai visto.»
Jasper scosse la testa. «Non bella come nostra figlia, perché lei
somiglia tutta a sua madre.» Prese Alice tra le braccia e le diede un bacio
sotto l’orecchio, un punto che la faceva sempre rabbrividire. Lei lo guardò
negli occhi quando lui si ritrasse. Lui la guardò di rimando con negli occhi
null’altro che amore, senza quell’ombra di senso di colpa che lo aveva
tormentato così a lungo. Quando erano tornati in Inghilterra, il padre di lei
aveva fatto una petizione alla chiesa perché il suo matrimonio venisse
annullato, ma una nota veloce da Edward alla Regina Elisabetta aveva risolto il
problema. Ripudiati entrambi dalle rispettive famiglie, lei e Jasper non
avrebbero mai avuto loro proprietà o un titolo da far ereditare ai loro figli,
ma erano felici, qui a alla Dower House (all’insaputa di entrambi, Edward stava
facendo costruire una casa per loro vicino alla chiesa del villaggio, dove
Jasper teneva le funzioni quando non era alla cappella della famiglia Cullen).
«Ti ho mai detto grazie per avermi rapito?» chiese lei.
Lui ridacchiò. «No, non credo.»
Lei
lo prese a braccetto. «Allora ritiriamoci nelle nostre stanze, dove potrò farlo
come si deve.»
«Mi piacerebbe chiamarla Maria», disse Bella. Accarezzò la fine
peluria rossa sulla testa di sua figlia. La bambina si era appisolata mentre
prendeva il latte, e Bella la mise tra le braccia di suo padre, mentre lei
chiudeva la scollatura della fine camicia che indossava.
«Perché?» Edward diede dei colpetti sulle spalle della figlia,
finché fece un bel rutto, poi la rimise stesa tra le sue braccia.
«Per la Regina, che un tempo è stata mia amica», disse Bella. «Questa Maria
sarà felice. Questa Maria avrà un padre che la ama e la coccola. Questa Maria
avrà un marito che la adorerà e dei bambini da amare. Questa Maria realizzerà
il suo potenziale e non dovremo mai chiederci come avrebbe potuto essere. E
anche per tua moglie, perché tu l’hai amata profondamente, un tempo, e ci ha
dato l’altra nostra bellissima, brillante ragazzina.»
«Dio solo sa da dove ha preso quell’intelligenza», disse Edward,
la voce bassa e aspra. «Di certo non da suo padre.»
Edward raramente menzionava la vera discendenza di Elizabeth.
Bella appoggiò la testa sulla sua spalla. «È un dono che ci è stato fatto. Non
dobbiamo sprecarlo, o darlo a qualcuno che non sappia apprezzarlo.»
Edward non disse nulla per un momento. Era già da un po’ che aveva
preso in considerazione la selezione di un marito per Elizabeth, ma aveva
pensato con mentalità dinastica, pensando di trovarle un marito degno della sua
linea di sangue. Quello che Bella stava proponendo, un matrimonio d’amore, era
impensabile nel loro mondo. Non erano più pretendenti al trono, ma erano sempre
i nobili di più alto rango della nazione. Di certo Bess non avrebbe mai
permesso per Ward o Elizabeth un matrimonio al di sotto della loro posizione.
Provò a trovare un modo di dirlo a Bella con gentilezza, ma le
parole non venivano. Lei non gli prestava attenzione, al momento, tutta presa
dalla loro nuova bambina. Prese una delle piccole mani di Maria e se la stese
sul palmo, meravigliandosi alla differenza di taglia. Il cuore di lui faceva
male al pensiero che quella bambina innocente non avrebbe mai conosciuto
l’amore che condividevano i suoi genitori perché lui era troppo legato alle
convenzioni da permettere a sua figlia di seguire il suo cuore.
Allungò il braccio per toccare la piccola mano distesa sul palmo
di sua moglie. «Lo prometto», disse. «Si sposeranno per amore, o non si
sposeranno affatto. Io non combinerò le loro unioni.»
Bella gli sorrise e lui la baciò, con dolcezza e a lungo. Si
accoccolarono vicini, la loro bella bambina tra di loro, felice, al sicuro e
amata, come sarebbe stata per il resto delle loro vite insieme.
FINE
Anche questa storia si è
conclusa. Ringrazio, anche a nome dell’autrice, tutti coloro che l’hanno
seguita. Un grazie particolare a quelli che hanno commentato i capitoli: anche
se non ho risposto, tutte le recensioni sono state lette e apprezzate.
Alla
prossima
beate