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Autore: Lissa Bryan    11/03/2016    6 recensioni
Ambientato durante il regno di "Maria la Sanguinaria" Tudor. Bella viene catturata da Edward per crescere sua figlia. Lui le promette di liberarla, un giorno, ma lo farà veramente? Intrighi di corte e pericoli dietro ogni angolo. Potranno, loro e il loro nuovo amore, sopravvivere?
Dal cap. 1
«Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.”
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/43/The-Selkie-Wife

 

 

«Vostra grazia?»

Edward alzò lo sguardo dai documenti sulla sua scrivania. «Mm?»

Una cameriera si inchinò. «La vostra signora moglie, vostra grazia. È arrivato il momento.»

Edward saltò in piedi così in fretta che fece cadere la sedia. Lasciò la scrivania e si precipitò alla porta. La cameriera si scansò dalla sua strada appena in tempo per non essere travolta. Guardò il Duca mentre faceva le scale tre alla volta nella sua impazienza. I suoi datori di lavoro erano strane persone, ma erano anche le più felici che conoscesse.

Edward corse nella loro camera. Bella era andata al confinamento solo pochi giorni prima, il massimo della concessione che avevano dato alla tradizione, e l’aveva fatto restando semplicemente nella loro camera, invece che crearsi una stanza solo per lei. La levatrice aveva schioccato la lingua di fronte a questo e guardava le pareti con intenzione, come se lo incolpasse della mancanza di arazzi. Lui avrebbe voluto dirle che non avrebbe badato a spese per la sua amata moglie, se lei glielo avesse permesso, ma questo era quello che aveva voluto Bella, e quello che lei voleva otteneva.

Il ritorno di Bella era stato salutato con gioia dalla famiglia e da tutta la comunità. Il rifiuto di Edward di discutere dell’argomento, aveva lasciato un’opportunità per il suo ritorno, anche se questo non era stato il suo specifico intento. La spiegazione che diede fu che Bella era stata mandata in un convento per essere assistita dalle monache finché fossero guarite le sue lesioni, che era una pratica piuttosto comune al tempo, e comprensibile. Naturalmente il Duca voleva aspettare per vedere se le sue ustioni sarebbero guarite bene e se avrebbe perso il bambino. Se fosse rimasta sfigurata o troppo menomata per averne un altro, sarebbe stata silenziosamente lasciata in convento, messa da parte per un’altra moglie.

Entrò in camera e trovò Bella al davanzale della finestra che annusava i fiori e rimase sulla porta a guardarla. Alice le incombeva ansiosamente vicino, per paura che fosse colpita da una contrazione e avesse bisogno del suo supporto, ma Bella svolazzava di fiore in fiore come un folletto dei boschi, apparentemente non influenzata dal fatto di essere in travaglio.

«Volete che faccia cosa, vostra grazia?»

«Voglio che trapianti i fiori in ciotole, così potremo portarli dentro.» Bella aveva sospirato delusa all’idea di chiudersi nella sua camera lontano dai fiori della dolce primavera. Così, Edward se n’era uscito con un’idea: se Bella non poteva uscire nella primavera, avrebbe portato dentro la primavera per lei.

Il giardiniere lo aveva guardato come se fosse diventato matto e Edward aveva ridacchiato. «Vivranno, così, no?»

«Oh, sì, vivranno, vostra grazia, ma… perché?» Sperò che il Duca non si arrabbiasse per la sua presunzione nel chiedere, ma lui non aveva mai sentito una cosa simile e non ne capiva il fine.

Edward gli aveva spiegato cosa voleva e guardando intorno alle decine di ciotole e vasi che ricoprivano ogni superficie piatta, traboccanti di fiori colorati che profumavano l’aria, pensò che ci era riuscito.

Bella gli fece un gran sorriso quando lo vide e corse da lui per un bacio, Alice sempre ansiosa al suo fianco.

«Oh, Edward, grazie!» disse Bella e gli buttò le braccia al collo. «Sono così belli! Non avrei mai pensato a portare in giardino dentro casa! Come sei ingegnoso!»

Lui era raggiante alle sue lodi. Dopo avergli dato un bacio sulla guancia, si voltò ad accarezzare i morbidi petali di seta di un giglio.

«Pensi di riuscire a farla sedere?» chiese Alice. Si torceva le mani per l’ansia.

«Quando sarà pronta», replicò Edward. «Fidati di lei, Alice.» Era tutto ciò che poteva dire con le orecchie della levatrice tese verso di loro.

«La levatrice dice che il secondo figlio è più facile, e più veloce. Ho paura che farà cadere il bambino direttamente sul pavimento.»

Edward rise. «Non aver paura, non succederà, te lo assicuro.»

«Camminare aiuta a far scendere il bambino», concordò la levatrice. «Non vi preoccupate, Lady Alice.»

Alice era troppo preoccupata per correggere il titolo. Edward la tirò da parte. «Non devi agitarti così. Bella conosce il proprio corpo…»

Fu interrotto quando Bella si immobilizzò e li guardò. Sul suo naso c’era un punto giallo di polline. «È il momento», annunciò.

Edward la aiutò a salire sulla sedia da parto e le sussurrò nell’orecchio, «Non dimenticarti di gridare.» Le lasciò la macchia gialla sul naso, perché era adorabile.

Bella gemette a ogni spinta e abbinò il suo respiro con quello di Alice. Alice le teneva la mano e le passava un panno umido sulla fronte. Le pulì la macchia di polline prima che Edward potesse obiettare. Lui teneva l’altra mano di Bella e sussurrava parole di lode e incoraggiamento. Non ci volle molto. Nel giro di mezz’ora, il bambino scivolò tra le mani della levatrice, urlando a un volume e con un vigore impressionanti.

La levatrice sospirò. «Una femmina, vostra grazia.» Il suo tono era dolente, perché di norma i padri delle femmine erano molto delusi, e non aggiungevano mai una mancia al normale compenso. Passò la bambina ad Alice, dopo aver annodato e tagliato il cordone, così che la potesse lavare nella bacinella di vino caldo.

La levatrice era rimasta stupita che la Duchessa avesse solo una cameriera. Normalmente, decine di donne affollavano la stanza del parto, alcune ingaggiate solo come “pettegole” per raccontare storie alla madre in attesa, per distrarla dai dolori del parto. Fu ancora più scioccata di vedere il Duca stesso nella camera, stupita che un uomo volesse vedere il parto di sua moglie, ma di certo non era così spavalda da dirgli che non poteva.

«Una femmina», ripeté Edward, e non poté trattenere l’enorme sorriso che gli apparve in faccia. «Abbiamo una figlia!» Avrebbe voluto prendere su Bella dalla seggiola e farla girare in un girotondo gioioso.

La levatrice sembrò capire il suo intento. «Non ancora, vostra grazia. Avrò finito con lei in un attimo.»

«Bella, è bellissima», annunciò Alice, alzando la voce per farsi sentire sopra gli strilli indignati della bambina. «Ha i tuoi occhi. E la tempra di suo padre, a quanto pare.»

«Ti prego sbrigati, voglio tenerla», pregò Bella.

La levatrice finì di fare ciò che doveva e fu deliziata quando il Duca la ricompensò con una borsa di monete d’oro. Per quanto fossero strane queste persone, non ne avrebbe parlato con nessuno. Guardò sgomenta mentre il Duca sollevava gentilmente la sua sposa dalla seggiola da parto e la portava nel letto. Lui salì di fianco a lei e Alice pose la bambina lavata e vestita in mezzo a loro. Tutti e due tubarono con la bambina e esaminarono le piccole dita delle mani e dei piedi deliziati. La levatrice poté solo scuotere la testa stupefatta. Nessuno ci avrebbe creduto, pensò, anche se avesse deciso di raccontare una simile storia.

Alice aiutò la levatrice a raccogliere le sue cose e poi la allontanò garbatamente dalla stanza, seguendola e chiudendo la porta dietro di sé.

«Non ho mai visto niente di simile», disse la levatrice meravigliata. «Una tale contentezza all’arrivo di una femmina!»

«Il Duca ama tutti i suoi figli», disse Alice, un po’ sulla difensiva.

La levatrice scosse la testa. «Non ho detto che è una cosa sbagliata. È solo una cosa che si vede raramente, tutto qui.»

Alice sorrise. «Loro sono speciali», concordò. Accompagnò la levatrice al portone e poi al suo cavallo. Jasper, che era appena ritornato dal suo giro quotidiano del villaggio, la aiutò con galanteria a salire in sella.

«Il bambino è arrivato, allora?» chiese mentre la levatrice se ne andava.

«Sì, una femmina», rispose Alice. «La bambina più bella che abbia mai visto.»

Jasper scosse la testa. «Non bella come nostra figlia, perché lei somiglia tutta a sua madre.» Prese Alice tra le braccia e le diede un bacio sotto l’orecchio, un punto che la faceva sempre rabbrividire. Lei lo guardò negli occhi quando lui si ritrasse. Lui la guardò di rimando con negli occhi null’altro che amore, senza quell’ombra di senso di colpa che lo aveva tormentato così a lungo. Quando erano tornati in Inghilterra, il padre di lei aveva fatto una petizione alla chiesa perché il suo matrimonio venisse annullato, ma una nota veloce da Edward alla Regina Elisabetta aveva risolto il problema. Ripudiati entrambi dalle rispettive famiglie, lei e Jasper non avrebbero mai avuto loro proprietà o un titolo da far ereditare ai loro figli, ma erano felici, qui a alla Dower House (all’insaputa di entrambi, Edward stava facendo costruire una casa per loro vicino alla chiesa del villaggio, dove Jasper teneva le funzioni quando non era alla cappella della famiglia Cullen).

«Ti ho mai detto grazie per avermi rapito?» chiese lei.

Lui ridacchiò. «No, non credo.»

Lei lo prese a braccetto. «Allora ritiriamoci nelle nostre stanze, dove potrò farlo come si deve.»

 

 

«Mi piacerebbe chiamarla Maria», disse Bella. Accarezzò la fine peluria rossa sulla testa di sua figlia. La bambina si era appisolata mentre prendeva il latte, e Bella la mise tra le braccia di suo padre, mentre lei chiudeva la scollatura della fine camicia che indossava.

«Perché?» Edward diede dei colpetti sulle spalle della figlia, finché fece un bel rutto, poi la rimise stesa tra le sue braccia.

«Per la Regina, che un tempo è stata mia amica», disse Bella. «Questa Maria sarà felice. Questa Maria avrà un padre che la ama e la coccola. Questa Maria avrà un marito che la adorerà e dei bambini da amare. Questa Maria realizzerà il suo potenziale e non dovremo mai chiederci come avrebbe potuto essere. E anche per tua moglie, perché tu l’hai amata profondamente, un tempo, e ci ha dato l’altra nostra bellissima, brillante ragazzina.»

«Dio solo sa da dove ha preso quell’intelligenza», disse Edward, la voce bassa e aspra. «Di certo non da suo padre.»

Edward raramente menzionava la vera discendenza di Elizabeth. Bella appoggiò la testa sulla sua spalla. «È un dono che ci è stato fatto. Non dobbiamo sprecarlo, o darlo a qualcuno che non sappia apprezzarlo.»

Edward non disse nulla per un momento. Era già da un po’ che aveva preso in considerazione la selezione di un marito per Elizabeth, ma aveva pensato con mentalità dinastica, pensando di trovarle un marito degno della sua linea di sangue. Quello che Bella stava proponendo, un matrimonio d’amore, era impensabile nel loro mondo. Non erano più pretendenti al trono, ma erano sempre i nobili di più alto rango della nazione. Di certo Bess non avrebbe mai permesso per Ward o Elizabeth un matrimonio al di sotto della loro posizione.

Provò a trovare un modo di dirlo a Bella con gentilezza, ma le parole non venivano. Lei non gli prestava attenzione, al momento, tutta presa dalla loro nuova bambina. Prese una delle piccole mani di Maria e se la stese sul palmo, meravigliandosi alla differenza di taglia. Il cuore di lui faceva male al pensiero che quella bambina innocente non avrebbe mai conosciuto l’amore che condividevano i suoi genitori perché lui era troppo legato alle convenzioni da permettere a sua figlia di seguire il suo cuore.

Allungò il braccio per toccare la piccola mano distesa sul palmo di sua moglie. «Lo prometto», disse. «Si sposeranno per amore, o non si sposeranno affatto. Io non combinerò le loro unioni.»

Bella gli sorrise e lui la baciò, con dolcezza e a lungo. Si accoccolarono vicini, la loro bella bambina tra di loro, felice, al sicuro e amata, come sarebbe stata per il resto delle loro vite insieme.

 

FINE

 

Anche questa storia si è conclusa. Ringrazio, anche a nome dell’autrice, tutti coloro che l’hanno seguita. Un grazie particolare a quelli che hanno commentato i capitoli: anche se non ho risposto, tutte le recensioni sono state lette e apprezzate.

Alla prossima

beate

 

 

 

 

 

  
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